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Antonella di Luggo » 22.Tematismi del rilievo: il rilievo del degrado


Tematismi del rilievo: il rilievo del degrado

Il tempo trasforma l’architettura: ne trasforma i materiali, la statica, le funzioni, il ruolo nel contesto e nel relativo quadro storico – critico. Le trasformazioni che un edificio subisce durante tutta la sua esistenza sono praticamente ininterrotte.

Nel momento in cui la sua costruzione viene terminata, l’atmosfera, la luce, le variazioni di temperatura, il sole, il gelo ed il vento incidono sulla materia dell’architettura, così come le variazioni sociali e culturali incidono sui suoi ruoli e sui suoi significati. Tali trasformazioni determinano una particolare attenzione su tutti quegli aspetti che fanno apparire una architettura come degradata alle generazioni che si susseguono e che, con atteggiamento critico e metodologie diverse, si impegnano a contrastarne il degrado.

Ha collaborato alla redazione di questa lezione l’arch. A. Paolillo.

Rilievo del patrimonio architettonico

Ogni rilievo deve fondarsi su tre momenti fondamentali:

  1. conoscenza geometrica dell’oggetto utile alla comprensione tecnico-costruttiva ai fini di un corretto intervento e stima dei costi;
  2. conoscenza dell’oggetto relativa alle tecniche costruttive e alle condizioni di alterazione e degrado;
  3. elaborazione tematica delle tavole di rilievo per la conoscenza dell’oggetto inteso come primo documento di sé stesso.

Tematismi del rilievo

Ai fini del rilievo è necessario predisporre una documentazione che rechi informazioni relative non solo alle determinazioni metriche, ma anche specifici tematismi capaci di documentare la complessità dell’architettura. Accanto al rilievo cosiddetto “muto” (relativo alle piante prospetti e sezioni), al rilievo metrico (indicativo di procedure e quote), al rilievo architettonico (relativo alle piante prospetti sezioni con proiezioni e caratterizzazioni) ed al rilievo dei particolari costruttivi e decorativi, sarà necessario produrre delle letture tematiche sull’edificio volte a documentare:

  • il rilievo delle murature;
  • il rilievo dell’umidità (tavola delle acque);
  • il rilievo del quadro fessurativo;
  • il rilievo o del degrado.

In particolare il rilievo del degrado potrà essere completato attraverso la documentazione relativa ad indagini strumentali quali:

  • prove invasive (carotaggi, martinetti piatti);
  • prove non invasive (prove soniche, termovisione);
  • monitoraggi.

Rilievo delle murature

Il rilievo delle murature va effettuato con il metodo diretto o fotogrammetrico e va rappresentato in scala 1:20, 1:10, analizzando:

  • il tipo di materiale;
  • la finitura;
  • lo spessore;
  • verticalità/orizzontalità dei giunti.

In molti casi ai fini della conoscenza della storia delle trasformazioni del manufatto è opportuno predisporre carte tematiche relative all’analisi delle murature ed una cronologia delle stesse.


Rilievo dell’umidità: tavola delle acque

La presenza di umidità all’interno delle murature può essere dovuta a:

  • risalita capillare:
    • se l’acqua proviene da una falda freatica sotterranea, l’altezza di risalita è costante nelle strutture simili per materiale e orientamento;
    • se proviene da acque disperse la concentrazione è irregolare e differenziata.
  • Dilavamento– Discesa dell’acqua dall’alto.
  • Infiltrazioni: si concentra nelle zone di ristagno.
  • Condensa (igroscopicità):  si distribuisce in modo disomogeneo

Il tematismo può essere rappresentato in modo differente a seconda del tipo di umidità. Può essere indicato in modo mimetico evidenziando il percorso dell’acqua piovana o ancora può essere schematizzato indicando l’entità di umidità di risalita.


Tavola delle acque

Tavola delle acque. Fonte: Carbonara, 1990

Tavola delle acque. Fonte: Carbonara, 1990

Tavola delle acque. Fonte: Accardo et a., 1987

Tavola delle acque. Fonte: Accardo et a., 1987


Rilievo del quadro fessurativo

Il rilievo del quadro fessurativo è di estrema complessità e deve essere eseguito con cura ed esattezza perché dalla sua analisi è possibile risalire alle cause che lo hanno determinato.

Il rilievo delle lesioni può essere effettuato con il metodo diretto o fotogrammetrico.

Si possono distinguere:

  • cedimenti fondali;
  • lesioni da trascinamento e scorrimento;
  • lesioni da redistribuzione;
  • lesioni da schiacciamento e frantumazione;
  • lesioni concentrate di forze;
  • lesioni derivanti da vuoti interni alla muratura;
  • lesioni da martellamento;
  • lesioni da torsione;
  • lesioni da ribaltamento.

Rilievo del quadro fessurativo (segue)

Avendo valutato il tipo di lesioni e facendo riferimento ad opportune simbologie si perviene alla redazione del quadro fessurativo che reca una mappatura delle diverse tipologie di lesioni opportunamente graficizzate e localizzate nei disegni in pianta, prospetto e sezione.


Rilievo del quadro fessurativo (segue)


Rilievo del degrado

Le modificazioni che si possono rilevare su di un edificio si distinguono in:

  • alterazioni: modificazioni del materiale che non implica necessariamente un peggioramento delle caratteristiche sotto il profilo conservativo;
  • degrado: modificazione del materiale che implica un peggioramento delle caratteristiche sotto il profilo conservativo;
  • difettosità: mancanza di qualità del materiale, a livello tecnico ed estetico, derivante da errori verificatisi durante il processo di fabbricazione.

Rilievo del degrado (segue)

Nell’ambito del rilievo è opportuno indagarne le cause del degrado che possono dipendere da:

  • cause estrinseche legate a: vulnerabilità, umidità, aggressione biologica o biodeterioramento, inquinamento, fattori geologici, fattori metereologici;
  • cause intrinseche dovute:a difetti della progettazione, all’esecuzione, ai materiali utilizzati, alla destinazione d’uso;
  • cause estrinseche antropiche ad azione diretta.

Il degrado, in riferimento all’alterazione dello stato di conservazione delle facciate delle architetture, nell’ambito del presente corso, è stato classificato come degrado di superficie o materico in riferimento al degrado dovuto a cause naturali e come degrado ambientale quello determinato dall’azione diretta dell’uomo quali superfetazioni di vario tipo (insegne pubblicitarie, antenne ed impianti impropri, sostituzioni di parti architettoniche, integrazioni non conformi).

Il degrado di superficie

Il degrado di superficie (o materico) riguarda gli intonaci e le pitture (A), gli stucchi (B), gli elementi lapidei (C), gli elementi in legno e in ferro. La classificazione distingue una serie di classi a seconda delle cause che hanno provocato il danneggiamento di tali superfici.

Tavola di analisi del degrado superficiale sulla facciata di un edificio storico

Tavola di analisi del degrado superficiale sulla facciata di un edificio storico


Il degrado ambientale

Il degrado ambientale non è codificato secondo criteri valutativi e grafici unificati, ma viene documentato da innumerevoli studi sull’architettura e sui centri storici, per i quali sussistono normative, leggi e piani di recupero che articolano in modo sistematico il rilievo, la classificazione, la rappresentazione dello status quo e degli interventi previsti. Con il termine di degrado ambientale si intendono tutti gli interventi impropri operati dall’uomo che alterano lo stato originario dell’architettura, come superfetazioni, impianti a vista in facciata (elettrici, idraulici, telefonici, di condizionamento, eccetera), modifica delle aperture (vani finestre, porte e balconi, vetrine), soprattutto per quanto riguarda la parte basamentale dove spesso i locali al piano terreno sono occupati da attività commerciali e dalla presenza delle relative vetrine ed insegne luminose.

Analisi del degrado ambientale e del degrado di superficie sulla facciata di un edificio storico

Analisi del degrado ambientale e del degrado di superficie sulla facciata di un edificio storico


Il degrado ambientale (segue)

Prospetto principale di un edificio storico con rappresentazione del degrado ambientale

Prospetto principale di un edificio storico con rappresentazione del degrado ambientale

Legenda dei simboli utilizzati

Legenda dei simboli utilizzati


Il rilievo del degrado ambientale e di superficie

Legenda dei simboli relativi al degrado di superficie ed al degrado ambientale

Legenda dei simboli relativi al degrado di superficie ed al degrado ambientale

Rappresentazione sovrapposta del degrado di superficie e del degrado ambientale

Rappresentazione sovrapposta del degrado di superficie e del degrado ambientale


Il rilievo del degrado ambientale e di superficie (segue)

Tavola di rilievo relativa all’analisi del degrado di superficie e del degrado ambientale

Tavola di rilievo relativa all'analisi del degrado di superficie e del degrado ambientale


Lessico normal

Viene fornita di seguito la descrizione del Lessico Normal per la graficizzazione del degrado:

  • alterazione cromatica: variazione naturale, a carico dei componenti del materiale, dei parametri che definiscono il colore. È generalmente estesa a tutto il materiale interessato; nel caso l’alterazione si manifesti in modo localizzato è preferibile utilizzare il termine macchia;
  • colonizzazione biologica: presenza riscontrabile macroscopicamente di micro e/o macro organismi (alghe, funghi, licheni, muschi, piante superiori);
  • alveolizzazione: presenza di cavità di forma e dimensioni variabili (alveoli), spesso interconnesse e con distribuzione non uniforme;
  • alterazione da alghe e licheni;
  • corpo estraneo: materiale di forma propria, non pertinente al manufatto, ma ad esso aderente e compenetrato.

Lessico normal (segue)

  • Crosta: modificazione dello strato superficiale del materiale lapideo. Di spessore variabile, generalmente dura, distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi anche spontaneamente dal substrato che, in genere, si presenta disgregato e/o polverulento;
  • deformazione: variazione della sagoma o della forma, che interessa l’intero spessore del materiale;
  • degradazione differenziale: perdita di materiale dalla superficie, che evidenzia l’eterogeneità della tessitura e della struttura;
  • disgregazione: decoesione con caduta del materiale sotto forma di polvere o minutissimi frammenti. Talvolta viene usato anche il termine Polverizzazione;
  • distacco: soluzione di continuità tra strati di un intonaco, sia tra di loro che rispetto al substrato, che prelude, in genere, alla caduta degli stessi. Soluzione di continuità tra rivestimento ed impasto o tra due rivestimenti;
  • efflorescenza: formazione superficiale di aspetto cristallino o polverulento o filamentoso, generalmente di colore biancastro.
Mappatura tematica del degrado. Fonte: G. Carbonara

Mappatura tematica del degrado. Fonte: G. Carbonara


Lessico normal (segue)

  • Erosione: asportazione di materiale dalla superficie, che nella maggior parte dei casi si presenta compatta;
  • esfoliazione: formazione di una o più porzioni laminari, di spessore molto ridotto e sub-parallele tra loro, dette sfoglie;
  • fratturazione o fessurazione: soluzione di continuità nel materiale che implica lo spostamento reciproco delle parti;
  • materiali ceramici: nel caso di fratturazione incompleta e senza frammentazione dell’oggetto si usa il termine cricca o, in presenza di un rivestimento vetroso, il termine cavillo;
  • Fronte di risalita: limite di migrazione dell’acqua che si manifesta con la formazione di efflorescenze e/o perdita di materiale. È generalmente accompagnato da variazioni della saturazione del colore della zona sottostante;
  • incrostazione: deposito stratiforme, compatto e generalmente aderente al substrato. Si definisce concrezione quando il deposito è sviluppato preferenzialmente in una sola direzione non coincidente con la superficie lapidea e assume forma stalattitica o stalagmitica;
  • iridescenza: aspetto cangiante del rivestimento vetroso (di una ceramica) o della superficie di un vetro.

Lessico normal (segue)

  • Lacuna: perdita di continuità di superfici (intonaci, dipinti murali, porzioni di impasto o di rivestimento ceramico, tessere di mosaico, ecc.);
  • macchia: variazione cromatica localizzata della superficie, correlata sia alla presenza di determinati componenti naturali del materiale (es. pirite nel marmo), sia alla presenza di materiale estraneo (prodotti di ossidazione di metalli, ecc.);
  • mancanza: perdita di elementi tridimensionali; opacizzazione (ceramiche e vetri); perdita di trasparenza di una vetrina o di un rivestimento, che può essere accompagnata da una parziale diminuzione della brillanza;
  • patina: modificazione naturale della superficie, non collegabile a fenomeni di degrado e percepibile come una variazione del colore originario;
  • patina biologica: strato sottile, omogeneo, costituito prevalentemente da microrganismi, variabile per consistenza, colore e adesione al substrato;
  • pellicola: strato superficiale, trasparente o semi-trasparente di sostanze coerenti fra loro ed estranee al substrato (pellicola protettiva, pellicola con funzioni estetiche, ecc.);
  • pitting: formazione di fori ciechi, numerosi e ravvicinati. I fori hanno forma tendenzialmente emisferica, con diametro massimo di alcuni mm;
  • rigonfiamento: sollevamento superficiale localizzato, di forma e consistenza;
  • scagliatura: presenza di parti di forma irregolare, spessore consistente e non uniforme (scaglie), generalmente in corrispondenza di soluzioni di continuità del materiale originario.

Diagnostica

La sicurezza di un edificio può modificarsi nel tempo a causa di situazioni di degrado progressivo delle strutture. Ogni intervento di consolidamento deve fondarsi su di un insieme di operazioni conoscitive, propedeutiche ad ogni intervento sul manufatto. In tal senso, accanto all’indagine storica ed al rilievo metrico e tecnologico è opportuno predisporre una serie di indagini sulle caratteristiche  strutturali al fine di individuare il comportamento dei materiali ai quali è demandata la funzione portante, nonché di constatarne il degrado, valutarne le sollecitazioni in atto e determinare quindi la resistenza residua.

Obiettivo della diagnostica è quello di valutare la sicurezza delle costruzioni nello stato attuale avvalendosi di prove meccaniche di tipo distruttivo, eseguite su campioni prelevati dalla struttura il più possibile indisturbati, e prove non invasive che non arrecano alcun danno al manufatto.

Tavola di analisi del degrado superficiale sulla facciata di un edificio storico

Tavola di analisi del degrado superficiale sulla facciata di un edificio storico

Tavola di analisi del degrado di superficie sulla facciata di un edificio storico

Tavola di analisi del degrado di superficie sulla facciata di un edificio storico


Diagnostica – Prove non invasive

Tra le prove non invasive che è possibile effettuare:

  • la termografia;
  • le prove soniche.

La termografia è un tipo di acquisizione immagini nel campo dell’infrarosso. Attraverso l’utilizzo di una termocamera (strumento per eseguire controlli di tipo termografico) si eseguono controlli non distruttivi e non intrusivi. Le termocamere rilevano le radiazioni nel campo dell’infrarosso dello spettro elettromagnetico e compiono misure correlate con l’emissione di queste radiazioni. Questo strumento è in grado di rilevare le temperature dei corpi analizzati attraverso la misurazione dell’intensità di radiazione infrarossa emessa dal corpo in esame. Il principio si basa sulla misura della distribuzione delle temperature superficiali dell’oggetto, quando viene sollecitato termicamente. L’analisi termografica è utilizzata nel campo della ristrutturazione e della manutenzione preventiva per la diagnostica delle patologie edilizie. Utile per valutare distacchi di intonaco, difetti strutturali nascosti, umidità di risalita.


Prove soniche

Queste indagini consistono nel misurare ed analizzare le caratteristiche di propagazione delle onde elastiche all’interno dei solidi murari.

Scopo delle prove è:

  • verificare l’omogeneità di un elemento strutturale;
  • valutare qualsiasi mutamento delle proprietà dei materiali a causa di fenomeni di degrado;
  • esaminare i difetti in elementi strutturali (cavità, fessurazioni, strati superficiali danneggiati, …);
  • Stimare l’ordine di grandezza della resistenza dei materiali utilizzati.

La strumentazione di prova è costituita da una sorgente di emissione di onde elastiche, un captatore dell’energia sonica e un’apparecchiatura di rilevazione e registrazione dei segnali. Le prove soniche sono basate sulla misura del tempo di propagazione di un impulso meccanico tra la sonda trasmettitore e la sonda ricevente. Tale velocità dipende dall’elasticità e dalla resistenza del materiale: maggiore è la velocità, maggiore sarà il modulo elastico e quindi la resistenza, essendo infatti ogni interruzione od eterogeneità del materiale, causa di un ritardo del segnale.


Diagnostica – Prove invasive

Le prove invasive consentono di indagare un manufatto provocando un’alterazione più o meno significativa a seconda se si prelevino campioni per sottoporli a prove di laboratorio o che si pratichino piccoli fori o tagli nella muratura.

  • Verifica dello stato di sollecitazione con martinetti piatti: tale indagine consente di misurare lo stato di sollecitazione locale esistente in un punto della struttura muraria, in base al rilascio tensionale causato da un taglio piano, eseguito normalmente alla superficie della muratura, generalmente praticato lungo un corso di malta. Poiché tali prove arrecano un danno alla struttura occorre programmare opportunamente le operazioni.
  • Carotaggio: tale indagine richiede che venga prelevato un campione, provino di materiale da una muratura per sottoporlo ad una prova di laboratorio.

Diagnostica – Monitoraggio

In presenza di lesioni è opportuno monitorare l’andamento delle stesse nel tempo al fine di verificare se si tratti di lesioni di tipo statico, ossia ferme nel tempo, oppure dinamico, che tendono ad evolversi.

Il monitoraggio consiste dunque nel controllo del comportamento nel tempo di lesioni, rotazioni, cedimenti, deformazioni, vibrazioni.

Dovrà essere effettuato ad intervalli di tempo regolari, così da notare le evoluzioni del fenomeno.

Il fessurimetro è uno strumento che consente di tenere sotto controllo l’andamento delle lesioni presenti in una struttura.

I fessurimetri sono formati da 2 piastre parzialmente sovrapposte, per il controllo delle lesioni alle pareti. La piastra superiore è incisa con un reticolo, quella inferiore calibrata in mm sia in senso orizzontale che verticale e con l’azzeramento sulle 4 parti mediane.

La misura del movimento della lesione viene indicata in mm leggendo lo sfasamento tra la piastra con reticolo e quella millimetrata sottostante.


Le lezioni del Corso

I materiali di supporto della lezione

Baculo A., Campi M., di Luggo A., Florio R. , F. Maglioccola,"I fronti urbani di Napoli", Electa Napoli.

Carbonara G., Trattato di restauro architettonico, Utet, Torino, 1996, Vol. II.

Docci M., Maestri D., Manuale di rilevamento architettonico e urbano, Laterza, Roma-Bari, 1994.

Torsello B.P., La materia del restauro. Tecniche e teorie analitiche, Marsilio Ed., Venezia, 1988.

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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