La rappresentazione delle ombre trova applicazione per suggerire la profondità spaziale, per creare la terza dimensione illusoria sul piano del foglio, e per indicare la posizione spaziale dell’oggetto.
Nella geometria descrittiva il disegno delle ombre deve essere costruito correttamente e richiede quindi precise conoscenze geometriche.
Ha collaborato alla redazione di questa lezione l’arch. A. Paolillo.
I primi studi sulla costruzione geometrica delle ombre in Prospettiva risalgono al 1600 ed in particolare sono quelli di Guidobaldo Del Monte nel suo Perspectivae Libri Sex.
In particolare, in riferimento alla costruzione geometrica delle ombre in Proiezione ortogonale, è opportuno riferirsi alle Lezioni all’Ecoles Normales di G. Monge (XVIII-XIX sec).
La conclusione del processo di codificazione si riscontra nel Traite’ de la Perspective Lineaire di La Gourneire (1862) e in La teoria delle ombre e del chiaro scuro di D. Tessari (1880).
La teoria delle ombre: definizione
Lo studio geometrico che consente, una volta fissata la sorgente luminosa di costruire, attraverso una serie di operazioni grafico-geometriche, l’andamento delle ombre proprie e delle ombre portate di un determinato oggetto, prende il nome di “Teoria delle Ombre”.
(Da M. Docci, “Manuale di disegno architettonico“)
La rappresentazione delle ombre in pittura ha consentito fin dalle sue origini, di aumentare il senso di realismo e di profondità nei disegni. Le prime ombre nella storia della pittura si possono attribuire a Masaccio, le cui figure sono corpi reali, pesanti, dalla volumetria ben definita. Come tutti gli oggetti opachi hanno un’ombra.
Masaccio, San Pietro guarisce gli infermi con la sua ombra, 1426-1427. Fonte: Wikimedia Commons
L’invenzione della luce artificiale e quindi la possibilità di avere una luce stabile e puntiforme ha consentito di ottenere delle ombre statiche. Con i primi studi relativi alle ombre degli oggetti, viene formulata la Teoria delle Ombre sulla base dei principi della geometria proiettiva. La teoria delle ombre compare sui trattati di disegno e di architettura dove si vedono finalmente le prime corrette applicazioni delle ombre in prospettiva.
- S sorgente di luce posta a distanza finita rispetto all’oggetto.
- S∞ sorgente di luce posta a distanza infinita rispetto all’oggetto.
In analogia con il metodo delle proiezioni centrali o coniche, nel quale gli enti fondamentali della rappresentazione sono il centro di proiezione, i raggi proiettanti, l’oggetto della rappresentazione ed il quadro, nella teoria delle ombre gli enti geometrici che determinano il disegno dell’ombra di un oggetto sono:
In analogia con il metodo delle proiezioni parallele, nel quale gli enti fondamentali della rappresentazione sono il centro di proiezione infinito, i raggi proiettanti paralleli tra loro, l’oggetto della rappresentazione ed il quadro, nella teoria delle ombre gli enti geometrici che determinano il disegno dell’ombra di un oggetto in proiezione parallela sono:
Nella teoria delle ombre l’ombra di un corpo si definisce in due modi:
Un’ombra propria è quella che si manifesta sull’area di un solido non direttamente illuminata. L’ombra si manifesta, nel senso che toglie qualcosa all’oggetto, e cioè parte della luminosità. L’insieme dei punti di intersezione dei raggi luminosi tangenti al corpo determinano sul corpo stesso il contorno di ombra propria o separatrice d’ombra.
I raggi luminosi che sono tangenti al corpo delimitano alle sue spalle una zona d’ombra che si definisce cono d’ombra. Quando tali raggi incontrano una qualunque superficie che interseca il cono d’ombra, i punti di intersezione con tale superficie definiscono una linea che è detta contorno d’ombra portata.
Nel metodo delle proiezioni ortogonali, data la doppia proiezione del punto P , P’ e P”, si assegnano le doppie proiezioni della retta L∞ scelta come sorgente di luce L’∞ ed L”∞ . Si tracciano le parallele rispettivamente al L’∞ passante per P’ e L”∞ passante per P”. Dalla intersezione di tali rette con la linea di terra si mandano le verticali e si determinano così le ombre del punto P sui due piani di proiezione. Nella figura 1 il punto P rappresenta la prima proiezione dell’ombra di P sul piano orizzontale П’. Nella figura 1 2 sono invece rappresentate prima e seconda proiezione dell’ombra del punto P.
In figura 1: L’ombra di un punto P su di un piano П, si determina come punto d’intersezione del raggio luminoso l passante per il punto P con il piano П.
In architettura generalmente ci si trova di fronte a corpi parallelepipedi la cui superficie è caratterizzata da spigoli. Per determinarne l’ombra è sufficiente definire il contorno d’ombra propria e quello di ombra portata, cioè definire quale parte dell’edificio è in ombra e quale ombra proietta l’edificio sul terreno o su edifici vicini. Inoltre la fonte luminosa si fa coincidere con la luce solare e quindi si considera come fonte di luce all’infinto assegnando la direzione dei raggi solari nello spazio. Il fascio di rette parallele che incontra l’edificio definisce il cilindro d’ombra dell’edificio. In proiezione ortogonale, sui prospetti si individuano le parti in ombra (ombra propria) cioè le ombre determinate dalle parti in aggetto, mentre in pianta si individua l’ombra che l’edifico proietta sul suolo (ombra portata).
In figura 2: rappresentazione delle ombre in prospetto ed in pianta. Si assegnano le doppie proiezioni L’∞ ed L”∞ in prima e seconda proiezione.
In pianta si tracciano le prime proiezioni dell’ombra determinata dagli spigoli dell’oggetto e da quelli orizzontali dei piani di copertura. Si disegna così il contorno d’ombra in pianta (linea in rosso in fig. 3).
Anche se in alcuni casi non è la scelta ottimale ai fini della resa grafica, spesso risulta di notevole utilità pratica adottare una direzione dei raggi solari inclinata a 45° rispetto al piano orizzontale. Infatti in questo caso, la restituzione dell’ombra sul piano di terra può avvenire anche in assenza della seconda proiezione (prospetto) esclusivamente conoscendo le caratteristiche altimetriche dell’oggetto rappresentato.
In figura 4: avendo assegnato ai raggi solari direzione inclinata a 45° rispetto al piano orizzontale, la profondità dell’ombra h sarà pari all’altezza h dell’edificio.
Sovrapponendo al disegno della pianta delle coperture di un edificio l’ombra ottenuta nell’ipotesi di raggi solari inclinati a 45° rispetto al piano orizzontale si ottiene un tipo di planimetria che prende il nome di planovolumetrico. L’effetto dell’ombra restituisce infatti la terza dimensione sul piano orizzontale permettendo di cogliere contemporaneamente sia gli aspetti dimensionali di pianta che quelli in alzato, dando quindi informazioni metriche relative ai volumi rappresentati.
Per la rappresentazione delle ombre sul disegno dei prospetti è necessario definire la direzione di provenienza dei raggi luminosi che, come nel caso del planovolumetrico, si ipotizzano tutti paralleli tra loro (sorgente di luce coincidente con un punto improprio, cioè all’infinito). Sempre in analogia con quanto avviene nel disegno del planovolumetrico, la direzione dei raggi luminosi si stabilisce con un inclinazione di 45° rispetto al piano orizzontale. La scelta della direzione di provenienza della luce può essere suscettibile di variazioni badando comunque di evitare di far provenire la luce da nord.
Le ombre in prospetto si costruiranno con rette inclinate di 45° rispetto all’orizzontale e passanti per gli spigoli significativi delle parti aggettanti del prospetto, cioè per tutte quelle parti che proiettano ombra propria.
La profondità dell’ombra sarà uguale alla profondità degli aggetti delle singole parti.
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