L’analisi intrapresa sulla successione di alcuni momenti singolari della riappropriazione del lessico architettonico classico, comporta che la complessità del reale venga filtrata e decifrata per confluire nella fase rappresentativa e nei suoi vari livelli, in prima istanza quello del disegno dal vero.
Apprendere la teoria e la pratica del disegno architettonico vuol dire acquisirne le modalità attraverso la formazione di immagini mentali dell’architettura stessa.
Il continuum complesso ed articolato della realtà architettonica che il disegno si propone di discretizzare, rende finitamente scomponibile una simile eterogeneità e la sottopone agli occhi della mente nella sua interezza.
Il processo ricognitivo e di ricongiunzione con l’architettura che si esplicita attraverso il disegno trova il suo originario e fondante approccio nel valore primo dell’esperienza diretta, intesa come operazione di contatto, di analisi, di conoscenza e di appropriazione consapevole dell’architettura, base fertile per ogni successiva elaborazione.
La fase del contatto diretto con l’architettura, e dell’appropriazione che se ne ottiene attraverso il disegno dal vero, restituisce un’immagine delle suggestioni interpretative della realtà osservata; un fitto gioco di rimandi tra la figura percepita e quella restituita graficamente costituisce il fulcro della metabolizzazione che, attraverso il figuratore, si anima.
Paul Valéry in proposito afferma: “La guida della mano da parte dello sguardo è del tutto indiretta. Intervengono numerosi passaggi, tra i quali la memoria. Ogni occhiata al modello, ogni linea tracciata dall’occhio diventa elemento istantaneo di un ricordo; da tale ricordo la mano sulla carta trae la legge del proprio movimento“.
Sulla scorta dello studio delle rappresentazioni di maestri del XVIII e XIX sec., l’esperienza in situ con il lessico classico delle architetture doriche di Paestum è spunto per un primo approccio interpretativo al manufatto architettonico e per una sua graficizzazione cosciente.
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