Una fase importante nell’evoluzione del metodo delle proiezioni, dall’antichità fino a Monge, viene segnata nel 1811 da Giuseppe Tramontini, nel trattato Delle Proiezioni grafiche e delle loro principali applicazioni. Riprendendo alcune premesse già espresse dal Monge circa l’opportunità di utilizzare le applicazioni del metodo della prospettiva ed intendendo per “prospettiva” tanto quella ottenuta da un centro proprio, quanto quella che si ottiene per proiezione da un punto improprio, il trattato del Tramontini insegna a costruire la “prospettiva parallela”, quella che oggi chiamiamo semplicemente assonometria.
In seguito William Farish con l’opera On Isometrical Perspective del 1820, per ovviare alle difficoltà nell’esprimere intuitivamente i volumi ed ottenerne una rappresentazione misurabile, introdusse una proiezione parallela che riferiva l’oggetto da rappresentare ad una terna di assi cartesiani, mutuamente ortogonali.
Il metodo del matematico inglese William Farish si rifaceva in realtà ad un procedimento più antico, teorizzato da Girard Désargues nel 1648: una proiezione ove l’immagine di ogni punto è riferita all’immagine di tre assi.
Peraltro, l’antica grafica orientale e molta iconografia rinascimentale documentano come alcuni dei modelli grafici che attualmente si inquadrano nel caso generale di assonometria fossero praticati, sebbene intuitivamente, assai prima delle due pubblicazioni suddette.
Il metodo assonometrico è anche un importante riferimento della rappresentazione architettonica per il Movimento Moderno, in particolare per gli architetti olandesi che costituirono le avanguardie di inizio Novecento, come Theo Van Doesburg.
L’architettura razionalista e spazio-funzionale che essi concepirono richiedeva una lettura contemporanea di tutti gli spazi della casa nei loro rapporti esatti, senza deformazioni, raccorciamenti, punti di fuga prospettici, prediligendo pertanto il disegno in assonometria.
Quelle che oggi sono denominate assonometria cavaliera ed assonometria cavaliera militare, sono raffigurazioni ottenibili per via puramente intuitiva, quando si faccia riferimento al fenomeno fisico della proiezione delle ombre; esse sono osservabili in natura rispettivamente come ombra di un solido appoggiato a un muro e ombra di un solido posato a terra, laddove al centro di proiezione del modello assonometrico corrisponde la fonte della luce solare, ‘infinitamente’ lontana e dunque generante raggi paralleli tra loro.
Il prodotto della proiezione assonometrica è una figura unica che, generalmente, mostra tre facce fondamentali dell’oggetto e, pertanto, gli conferisce sul piano della rappresentazione, un effetto di allusione alla tridimensionalità. Muovendo da unità di misura opportunamente predisposte sui singoli assi, la costruzione dell’immagine assonometrica stabilisce relazioni metriche lineari tra rappresentazione e configurazione reale dell’oggetto, consentendo di risalire alle sue vere dimensioni.
Il problema geometrico della costruzione assonometrica utilizza il concetto di proiezione parallela o cilindrica e consiste in una proiezione operata da un centro improprio C∞, unico, su un piano di proiezione π, detto anche quadro, secondo una direzione ortogonale oppure obliqua. Il riferimento spaziale associa all’oggetto una terna di assi cartesiani triortogonali x, y, z, generati dall’intersezione dei tre piani coordinati di riferimento, che vengono proiettati, insieme all’oggetto, sul piano π. La disposizione dell’oggetto rispetto alla terna cartesiana può essere scelta arbitrariamente, benché sia più conveniente disporlo con gli spigoli principali paralleli agli assi x, y, z; in generale, libera è anche la scelta della direzione di proiezione e la giacitura del piano π. Tuttavia, la varietà delle combinazioni possibili nella reciproca collocazione degli enti nello spazio, è determinante nella rappresentazione delle caratteristiche angolari e metriche dell’oggetto.
Tra le molteplici combinazioni che gli enti possono assumere è possibile individuare delle classi e dei tipi di assonometria che rappresentano sostanzialmente dei casi particolari.
Una prima suddivisione si opera a partire dalla direzione del centro improprio e individua le seguenti due classi: l’assonometria ortogonale e l’assonometria obliqua.
Esse corrispondono a una direzione di proiezione, rispettivamente, ortogonale e genericamente inclinata rispetto al piano di proiezione.
Per l’assonometria ortogonale, si configurano le condizioni geometriche proprie delle proiezioni ortogonali mongiane. In tal senso, la proiezione del sistema di assi e piani coordinati e con essi dell’oggetto della rappresentazione, produce una immagine assonometrica propriamente detta solo a condizione che assi, piano e oggetto assumano inclinazioni e giaciture non parallele, né ortogonali, al piano di proiezione; altrimenti l’assonometria degenera in una rappresentazione mongiana.
Il processo generativo dell’assonometria obliqua, invece, consente la disposizione della terna di riferimento e dello stesso oggetto con giaciture ed inclinazioni sia parallele che ortogonali al piano π, determinando il vantaggio di poter giungere a disegnare assonometrie che lasciano invariati alcuni piani dell’oggetto.
L’assonometria obliqua consente di disporre i piani orizzontali dell’edificio da rappresentare parallelamente al piano di proiezione π, determinando il favorevole caso di sostanziale coincidenza tra la pianta data in proiezione ortogonale e la pianta assonometrica. In tali condizioni, i piani orizzontali non subiscono alcuna deformazione, né angolare, né metrica rientrando l’immagine assonometrica nel caso particolare di assonometria cavaliera militare.
Analogamente, è possibile disporre piani verticali dell’edificio parallelamente al quadro π, ottenendo una assonometria in cui la rappresentazione del piano verticale frontale coincide con il prospetto mongiano, determinandosi il caso particolare della cosiddetta assonometria cavaliera.
Le due esemplficazioni a lato rappresentano, rispettivamente, i due casi suddetti e sono state elaborate da allievi del corso.
Sul piano della rappresentazione π, in rapporto agli angoli che vengono a determinarsi tra gli assi assonometrici e alle relative unità di misura, cioè alle scale assonometriche, si distinguono vari ulteriori tipi di assonometria.
Nell’ambito delle assonometrie ortogonali, si può verificare la condizione dell’assonometria ortogonale trimetrica, in cui gli angoli tra gli assi consecutivi, risultano diversi tra loro, così avviene anche per le relative unità di misura; la condizione per l’assonometria ortogonale dimetrica, quando due dei tre angoli assumono la stessa grandezza e lo stesso accade per i valori che regolano la deformazione delle rispettive unità di misura; la condizione per l’ assonometria ortogonale monometrica o isometrica, quando si determina un’equa tripartizione dell’angolo giro, risultando tre settori di 120° tra gli assi consecutivi e un accorciamento unitario per tutte le tre unità di misura.
Tra le assonometrie oblique possono determinarsi, ancora, i tre seguenti tipi di immagini assonometriche: la assonometria obliqua trimetrica, quando gli angoli tra gli assi assonometrici e le relative unità di misura risultano diseguali; la assonometria obliqua dimetrica o cavaliera, quando si ottiene una coppia d’assi x-y, tra loro perpendicolari, che conservano invariata l’unità di misura originaria e un terzo asse y, liberamente inclinato, sul quale le misure risultano scorciate; la assonometria obliqua monometrica o cavaliera militare, quando si determina, sul piano della rappresentazione, l’ortogonalità tra gli assi x-y, comunque inclinati rispetto all’asse z, lasciando inalterate tutte le tre unità di misura.
Nella pagina seguente viene riportato un interessante schema degli angoli delle proiezioni assonometriche, opportunamente determinati per ottenere rapporti semplici tra le unità di misura sui tre assi, le varie combinazioni e i relativi risultati grafici.
Prendendo spunto dal dubbio circa la legittimità, dal punto di vista proiettivo, del fenomeno della proiezione delle ombre, K. Pohlke elaborò, a metà Ottocento, un teorema di fondamentale importanza per la comprensione delle proiezioni assonometriche. Ritenendo evidentemente giustificabili, anche a livello geometrico, quelle proiezioni che avevano una evidenza sperimentale, si propose di trovare le condizioni in cui assegnata una terna di segmenti uguali ed ortogonali Ux, Uy, Uz, questa poteva dar luogo, in seguito a una proiezione, a tre segmenti U’x, U’y, U’z, arbitrariamente assegnati sul piano di proiezione corrispondente al foglio da disegno.
I suoi studi lo portarono ad affermare il seguente enunciato: “Scelti, sul piano di quadro π, tre segmenti U’x, U’y, U’z, uscenti da uno stesso punto O’, aventi lunghezze e direzioni arbitrarie, esiste sempre un centro di proiezione, a distanza infinita, individuato dalla direzione l, tale che essi possono sempre essere considerati come proiezione su π, dalla direzione l, di tre segmenti di uguale lunghezza U e a due a due perpendicolari tra loro”.
Ciò comporta, sorprendentemente, che comunque appaiano angolati e deformati i tre segmenti U’x, U’y, U’z possono sempre intendersi come la corretta rappresentazione degli spigoli di un cubo.
La prima proiezione mongiana (pianta) e la prima proiezione assonometrica (pianta assonometrica) sono legate da una affinità omologica che consente di trasformare la prima nella seconda.
La costruzione si esegue considerando le proprietà di una omologia piana:
a) punti corrispondenti sono allineati con il centro
b) rette corrispondenti si incontrano sull’asse
e tenendo presente che, nel caso specifico, l’asse dell’omologia coincide con l’asse assonometrico x, mentre il centro dell’omologia è il punto improprio S∞ della retta che congiunge i punti corrispondenti Y1 e Y’.
Nella pagina seguente sono riportate le immagini assonometriche di un parallelepipedo disposto, rispettivamente, con facce parallele al quadro e con facce oblique rispetto al quadro.
L’immagine di pagina 4 è tratta da A. Baculo, Napoli in Assonometria, 1992.
Le immagini delle pagine 3, 5, 6, 7, 10, 11 sono tratte da M. Docci, R. Migliari, Scienza della rappresentazione, 1992.
Le immagini delle pagine 12, 13 e 14 sono tratte da A. Sgrosso, La rappresentazione geometrica dell’architettura, 1996.
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