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Riccardo Florio » 22.Nascita e codificazione del disegno architettonico I


La doppia figura dell’architetto-costruttore

In epoca rinascimentale si inizia a delineare il progressivo allontanamento della figura dell’architetto da quella del costruttore e a sancire la completa indipendenza dell’attività intellettuale da quella manuale ormai sempre più appannaggio delle maestranze impegnate nei cantieri. La perdita di materialità nell’attività dell’architetto verrà postulata nel 1570 da John Dee nella prefazione alla prima edizione inglese degli Elementi di Euclide. La volontà di separare la doppia figura dell’architetto-costruttore, già espressa nell’ultima fase del Medioevo, nel Quattrocento si concretizza nell’accettare la pratica del disegno quale attività esclusiva dell’architetto. L’Alberti sin dal prologo del De Re Aedificatoria promuove le qualità intellettuali dell’attività progettuale assumendola come momento decisivo dell’esperienza culturale dell’uomo e della sua storia e più avanti, nel primo libro dedicato al Disegno, afferma: “L’architettura nel suo complesso si compone del disegno e della costruzione“.

Domenico di Michelino, Dante e i tre Regni, 1465

Domenico di Michelino, Dante e i tre Regni, 1465


Il contributo di Villard de Honnecourt

La progressiva indipendenza dell’architetto dall’attività manuale della esecuzione dell’opera all’interno del panorama sociale e culturale è resa possibile grazie all’autonomia che il disegno inizia ad assumere come strumento di controllo dell’architettura in virtù della riattivazione dei metodi di progettazione architettonica che, abbandonati nel Medioevo, furono ripresi a partire dal Gotico. A parte uno degli esempi più interessanti di disegni medievali basati su una matrice geometrica modulare, quale è la pianta del monastero di San Gallo, databile intorno all’820, nel quale si traccia un impianto architettonico con piccoli accenni agli alzati di alcuni porticati, è con il prezioso contributo di Villard de Honnecourt, maestro d’ opera medievale, che si dà avvio al processo di razionalizzazione dei metodi rappresentativi.

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims


La corrisponenza tra interno e esterno

Il suo Livre de Portraiture, taccuino destinato agli allievi della Loggia di mastri muratori, è denso di disegni in pianta di edifici, dettagli di alzati, particolari costruttivi, schizzi tecnici di carattere ingegneresco, figure umane, motivi fitomorfici, ed altro. Ciò che risulta, comunque, di straordinario interesse è la capacità dimostrata di restituire più o meno esattamente la pianta della Cattedrale di Cambrai o di mettere in relazione diretta gli alzati interni ed esterni della Cattedrale di Reims. “Nessun’epoca precedente in effetti aveva cercato una simile corrispondenza tra la costruzione esterna e quella interna e aveva concatenato tra loro in maniera così stretta i singoli elementi del corpo della costruzione per mezzo di assi e cornici“.

Christoph Luitpold Frommel

Un altro disegno, riferibile all’alto Gotico, il Palinsesto con progetto per la Cattedrale di Reims, manifesta senza riserve l’importanza riacquistata dalle linee quali assi portanti delle proiezioni ortogonali per la figurazione architettonica.

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims

Villard de Honnecourt, Cattedrale di Reims


Le linee per l’architetto

L’asciuttezza lineare del tratto unita alla volontà sempre più manifesta di collegare nello spazio grafico della rappresentazione elementi restitutivi delle qualità dimensionali, legate all’impianto ed agli elevati interni della costruzione architettonica, sono significativamente rintracciabili nel disegno di Antonio di Vincenzo per i rilievi del duomo di Milano. La disposizione planimetrica delle campate delle navate del corpo longitudinale è interrotta da una semisezione verticale, opportunamente ribaltata e in corrispondenza delle linee della pianta, nella quale le basi delle colonne e, in parte, i capitelli sono presentati con una incerta fuga prospettica, quasi ad assegnare loro una dimensione materica.

Le linee sono per l’architetto come i colori del pittore e le immagini per lo scultore. Il suo mestiere si posa sopra una linea retta o frastagliata: una pratica materiale lunga e costante che si chiarisce al punto da diventare puro contorno o sottile sagoma: un pensiero fine e immateriale che si fa a poco a poco materia o pietra, scoprendo uno stile“.

Manlio Brusatin

Antonio di Vincenzo, Pianta e sezione del Duomo di Milano, 1390

Antonio di Vincenzo, Pianta e sezione del Duomo di Milano, 1390


Il ruolo-cerniera di Giotto

La potenza rivoluzionaria della linea, della sua capacità di esprimere “il luogo in cui spirano le superfici e i solidi“,

E. Guillaume

permetterà a Giotto, nel suo ruolo formidabile di cerniera tra le esperienze attive sul versante ultimo del Medioevo e le fibrillazioni teoriche e spaziali del Rinascimento ormai incipiente, di preannunciare la diversa dimensione che il disegno manuale assumerà rispetto alle botteghe medievali. Tale sua prerogativa è celebrata dal Vasari nella sua descrizione della prova che Giotto fornisce al papa: “… prese un foglio e in quello con un pennello tinto di rosso, fermato il braccio al fianco per farne un compasso, e girata la mano, fece un tondo sì pari di sesto e di profilo che fu a vederlo una meraviglia“.

G. Vasari

Giotto, Sogno del Palazzo e delle armi, 1304

Giotto, Sogno del Palazzo e delle armi, 1304

Giotto, Apparizione del Santo al Capitolo di Arles, 1304

Giotto, Apparizione del Santo al Capitolo di Arles, 1304


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