Il metodo per il proporzionamento degli ordini elaborato dal Vignola nel trattato Regola delli cinque ordini d’architettura del 1562, viene ripreso nel 1876 da Giuseppe Boidi in I cinque ordini del Vignola ossia Manuale di disegno architettonico … ad uso … delle scuole tecniche. Torino 1876. Fedele alla codificazione cinquecentesca, il Boidi vi apporta un notevole contributo di chiarezza espositiva nella parte testuale e rappresentativa nelle tavole, producendo efficaci confronti – piante, ipografie, sezioni caratterizzanti – tra i vari aspetti degli elementi di ciascuno dei cinque ordini.
“Quest’ordine venne chiamato Toscano, perché i Pelasgi … edificarono i primi templii ed edifici così fatti. Esso si distingue dagli altri quattro ordini, perché il più semplice e in pari tempo il più solido e robusto, e viene di preferenza usato nei monumenti rustici, come … arsenali, caserme….“. G. Boidi
Il Boidi, riproponendo l’ordine toscano codificato dal Vignola, indica le proporzioni tra trabeazione, colonna e piedistallo, definite in moduli; tali rapporti, e quelli dei livelli più specifici, sono organizzati schematicamente.
Nel caso dell’ordine toscano alla trabeazione corrispondono 3 moduli e 6 parti, alla colonna 14 moduli, al piedistallo 4 moduli e 2/3.
Oltre a raffigurazioni complessive, il Boidi si dedica anche a esplicazioni delle singole componenti dell’ordine. Indica misure e proporzioni anche per il piedistallo dell’ordine toscano, benchè sia raro che quest’ordine stesso ne sia provvisto.
Diviso in basamento, dado e cimasa, il piedistallo è raffigurato unitamente alla base della colonna, ed entrambi sono rappresentati mediante piante, ipografie, sezioni, prospetti e grafici di dettaglio, corredati delle relative indicazioni in merito a moduli e parti di ogni elemento.
“Formato il quadro del disegno… Si farà la somma di tutti i moduli e delle loro parti, che il Vignola assegna all’altezza del piedestallo, la quale si troverà di moduli 4 e 8 parti e secondo questo totale si dividerà l’altezza per ottenere il modulo…“.
G. Boidi
La trabeazione, suddivisa in architrave, fregio (liscio) e cornice, ed il capitello del medesimo ordine sono raffigurati mediante una rappresentazione in alzato, un profilo in sezione ed un’ipografia.
“Per descrivere la trabeazione toscana si farà, come si è fatto per il piedistallo la somma di tutte le quote indicanti l’altezza dei vari membri di essa e del capitello, tenendo anche calcolo del luogo occupato dall’ipografia o proiezione orizzontale… Per la proiezione orizzontale della trabeazione si abbasseranno tante linee perpendicolari alla linea XY dalle diverse modanature, indi, fissato sull’asse il centro della colonna, si formerà l’ipografia del capitello“.
G. Boidi
La V tavola del trattato del Boidi è dedicata alla rastremazione della colonna e all’intercolumnio dell’ordine toscano. Il particolare profilo del fusto della colonna, nei due terzi superiori dell’altezza, è definito da una curva detta éntasi che ne stabilisce la legge di variazione, dal diametro massimo al diametro minimo. Il restringimento del fusto si dice rastremazione. Il Boidi ne propone un metodo per la rappresentazione grafica che, fondandosi sulla differenza tra i diametri estremi, quello all’imoscapo e quello al sommoscapo, definisce la posizione di n punti appartenenti alla curva ricercata.
Per la rappresentazione dell’intercolumnio, il trattatista torinese usa due colonne, prive di piedistallo, ma dotate di base, appoggiate su un basamento gradonato e sormontate dalla trabeazione. La dimensione dell’ intercolumnio è da intendersi come distanza da fusto a fusto, misurata entro il primo terzo, laddove il fusto è cilindrico, e corrisponde a 4 moduli e 8 parti; la distanza tra gli assi delle due colonne si dice interasse e corrisponde alla dimensione di 6 moduli e 8 parti.
Le immagini delle pagine 1, 2, 3, 4 sono tratte da Giuseppe Boidi, Manuale di disegno architettonico, Torino 1876.
L’immagine di pagina 5 è tratta da Riccardo Migliari, Il disegno degli ordini e il rilievo dell’architettura classica: Cinque pezzi facili, in “disegnare idee immagini”, anno II, n. 2, giugno 1991.
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