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Alessandra Pagliano » 4.Cenni di storia della scenografia: le scenografie di Alessandro Sanquirico


La moderazione degli eccessi barocchi

Gli effetti meravigliosi e stupefacenti del teatro barocco vennero aspramente criticati dal Milizia come causa della decadenza dei contenuti morali e sociali delle opere rappresentate: da qui la necessità di realismo e correttezza dell’ambientazione storica e geografica del soggetto rappresentato.

La formula teatrale iniziò a cercare nei nuovi ideali della ragione la sua nuova modernità.
L’esigenza di scenografie che veritieramente descrivano le ambientazioni e i luoghi, il ritorno del fascino dell’antico anche se in forma di rovina, l’equilibrio compositivo e luministico sono solo alcuni dei temi di ricerca della nuova messa in scena neoclassica che mira a non alterare in alcun modo le opere rappresentate, il cui testo deve essere raccontato nella sua verità artistica ed espressiva.

Il Milizia pone inoltre al centro della riflessione, ancora oggi in corso, sulla libertà espressiva della scenografia rispetto al testo analizzato in chiave interpretativa e critica, piuttosto che descrittiva, il tema del rapporto tra testo, ambientazione storica, evocazione stilistica e libera astrazione.

La nascita del teatro d’opera

Nel 1778 si concluse la costruzione del teatro alla Scala di Milano, dell’architetto Piermarini, che divenne il fulcro dell’intera produzione scenografica italiana; lo stesso Piermarini vi fondò l’Accademia di Brera, centro d’insegnamento delle arti applicate, volto alla formazione di architetti, pittori, scultori e, soprattutto, scenografi.
Rigore storico delle ambientazioni, gusto cimiteriale ispirato ai ritrovamenti archeologici delle tombe egizie, equilibrio della composizione e delle forme rispetto al colore furono i temi maggiormente trattati durante i corsi dell’Accademia.

L’unica grande innovazione teatrale del periodo neoclassico si verifica sul piano del colore e dell’illuminazione, attraverso l’abolizione delle abbaglianti file di lumi lungo il proscenio, a favore di un’illuminazione di tipo tonale, di intensità diversificata a seconda delle varie parti della scena e in grado di dosare sapientemente zone di luce e di ombra.

Teatro Alla Scala di Milano. Fonte: Regioni italiane

Teatro Alla Scala di Milano. Fonte: Regioni italiane


Le scene di Alessandro Sanquirico

Ad Alessandro Sanquirico, il più famoso degli scenografi operanti alla Scala di Milano all’inizio del XIX secolo, si deve la scelta singolare di tenere in ombra gli elementi architettonici in primo piano, al fine di convogliare lo sguardo degli spettatori verso i luminosi scorci prospettici dei fondali riccamente dipinti, anticipando la radicale svolta operata in seguito dall’invenzione dell’illuminazione elettrica, che permise un veloce oscuramento della sala durante le rappresentazioni: il pubblico, totalmente immerso nel buio, poteva finalmente godere di una perfetta illusione, concentrando l’attenzione unicamente sulla scena.

La pressante ricerca di un perfetto realismo spinse gli scenografi ad adottare con sempre maggior frequenza scenari costituiti da elementi plastici, al fine di creare uno spazio nel quale gli attori potessero liberamente agire senza denunciare l’illusione prospettica in atto.
L’illuminazione elettrica, inoltre, poneva urgentemente la necessità di una maggiore accuratezza nella realizzazione dei fondali dipinti, fino ad allora fortemente suggestivi proprio perché lasciati nella penombra del palcoscenico barocco.

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L’ultimo giorno di Pompei, 1827

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L'ultimo giorno di Pompei, 1827

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L’ultimo giorno di Pompei, 1827

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L'ultimo giorno di Pompei, 1827


Le scene di Alessandro Sanquirico (segue)

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L’ultimo giorno di Pompei, 1827

Alessandro Sanquirico, bozzetto per L'ultimo giorno di Pompei, 1827


Il teatro d’opera

Alla tipologia architettonica del teatro d’opera, largamente diffusa nelle maggiori capitali europee del XIX, si deve la creazione di un inscindibile rapporto tra il punto di proiezione della geometria dello spazio scenico V e il punto di fuga F della prospettiva solida attraverso la chiara individuazione della posizione dell’osservatore privilegiato per il quale l’intero sistema prospettico deve essere progettato e calibrato.
Espressione di una comunità classista e poco omogenea, tendente a trasferire nelle sale di spettacolo le stesse convenzioni che regolano rigidamente i rapporti della vita sociale, la struttura dell’edificio teatrale prevedeva la coincidenza di V con l’osservatore seduto nel palco reale, il più importante dell’intera sala al secondo piano lungo l’asse di simmetria del teatro.

Teatro Alla Scala di Milano: la sala e il palco reale

Teatro Alla Scala di Milano: la sala e il palco reale


L’osservatore privilegiato nel teatro d’opera

Lungo la retta orizzontale passante per V, all’intersezione con l’ideale piano verticale del boccascena, viene così a cadere il punto V0 , punto principale di fuga del bozzetto inteso come quadro pittorico coincidente con l’apertura disvelata dall’apertura del sipario.
Di conseguenza, lungo la stessa retta orizzontale per V e V0, si individua la posizione del punto F della prospettiva solida, all’intersezione con il piano inclinato del palcoscenico: in tale sistema proiettivo e architettonico si consolida, nella pratica degli allestimenti teatrali del XIX secolo, l’uguaglianza delle distanze dei punti V ed F dal piano del boccascena e dunque VV0= V0F, con F che tradizionalmente viene posto al di fuori dello spazio a disposizione sul palco, in posizione dunque non accessibile.

Schema assonometrico di un teatro d’opera

Schema assonometrico di un teatro d'opera


La riforma wagneriana dell’edificio teatrale

Negli ultimi anni dell’Ottocento l’opera di Richard Wagner in Germania avvia una significativa riforma in ambito teatrale, globalmente rivolta all’intero edificio teatrale, nonché ai principi dell’allestimento scenico.

L’innovazione wagneriana consiste nella democratica unificazione del pubblico in un unico ordine di posti; in luogo della platea a forma di ferro di cavallo risorge il cuneo della cavea classica, coronato in sommità da una galleria, mentre lo sviluppo del palcoscenico prende il sopravvento a discapito dell’orchestra.

Il progetto di Wagner porta alle estreme conseguenze la contrapposizione tra sala e palcoscenico, aspirando alla possibilità di un pubblico unitario, interamente concentrato nella contemplazione dell’illusione scenica, per la quale risultò necessario l’occultamento dell’intero apparato tecnico; anche lo spazio dell’orchestra venne nascosto alla visione degli spettatori, creando la tipica struttura a fossa alla base del proscenio denominata golfo mistico.

Il teatro wagneriano

Infine, per garantire la perfetta idealità del quadro visivo delle scene, fu necessario eliminare ogni elemento che potesse servire da riferimento metrico tra lo spazio della sala e quello del palco; la suggestione dello spettacolo doveva essere dunque composta da ‘quadri scenici’ appartenenti a un mondo ideale.

La riforma wagneriana si pone in tal senso come termine del percorso di separazione e dualità spaziale tra la sala e la scena, percorso iniziato con la scenografia italiana del Rinascimento al fine di massimizzare l’effetto illusorio della scenografia che, come quadro a tre dimensioni, si disvela magicamente al pubblico solo al momento dell’apertura del sipario, nascondendo con accurata maestria l’insieme dei trucchi e degli artifici che concorrono alla formazione della voluta suggestione.

Pianta schematica del teatro wagneriano

Pianta schematica del teatro wagneriano


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