La presente lezione propone uno schematico e sintetico processo di restituzione di un ideale bozzetto teatrale mediante il metodo della fotogrammetria applicata all’architettura.
Immaginiamo di aver creato un bozzetto di scena, prospettiva di uno spazio che rappresenti l’interno di una stanza.
Per ora tralasciamo le vibranti atmosfere luminose che caratterizzano espressivamente tali immagini per concentrare il processo geometrico descritto alla sola spazialità da trasporre in scena.
Il bozzetto si immagina come un enorme quadro verticale da collocare in coincidenza del boccascena: realizzato in prospettiva piana, l’immagine deve essere esattamente equivalente alla percezione delle retrostanti scene in prospettiva solida da parte l’osservatore privilegiato.
Mediante i procedimenti geometrici della fotogrammetria applicata all’architettura è possibile ottenere la restituzione della pianta e delle sezioni dello spazio architettonico che fornisce al centro di proiezione V un’immagine coincidente con quella del bozzetto.
Dai grafici mongiani dello spazio architettonico restituito dal bozzetto è possibile ottenere infiniti spazi scenici equivalenti in prospettiva solida.
Al variare della distanza dal boccascena del punto di fuga fittizio F si determinano prospettive solide più o meno accelerate dello spazio scenico, la cui immagine percepita da V sarà sempre coincidente con quella del bozzetto.
Esistono tuttavia dei gradi di libertà limitati che condizionano le scelte scenotecniche dell’allestimento.
Il piano del palcoscenico, inclinato verso la platea per garantire la buona visibilità delle scene, deve essere senza sforzo percorribile dagli attori.
La pendenza dunque varia tra un minimo del 3% ad un massimo del 6%.
L’inclinazione del palco determina la posizione del punto F, all’intersezione con la retta orizzontale, ortogonale al boccascena, passante per il centro della proiezione V (osservatore privilegiato).
Per uno stesso bozzetto, la prospettiva accelerata della scena allestita su un palco di declivio pari al 3% avrà una profondità di gran lunga maggiore di quella dell’equivalente scena il cui piano del palco si inclina del 6%.
Il piano inclinato del palco. Fonte: Iteatri
Sezione del palcoscenico del teatro Sistina. Fonte: Il Sistina
Realizzati i grafici mongiani delle scene è necessario procedere a una serie di scelte che riguardano più strettamente il campo della scenotecnica.
Poiché il bozzetto che abbiamo immaginato di creare rappresenta la prospettiva frontale di un ambiente chiuso, la soluzione scenotecnica che meglio ne traspone sul palco la spazialità viene denominata parapettata, e si compone di una parete di fondo parallela la boccascena, due fianchi che vanno in fuga nel punto F della prospettiva solida accelerata, e un telaio spesso dipinto detto plafone, inclinato verso il fondo della scena ma che simula l’orizzontalità di un generico soffitto.
Una progettazione completa dell’allestimento scenico deve necessariamente prevedere anche il problema degli sfori visivi, non solo per il centro di proiezione V (osservatore privilegiato per il quale viene progettato il bozzetto) ma anche per gli spettatori più svantaggiati che occupano i posti più laterali: si tratta di individuare quei corridoi visivi lungo i quali lo spettatore potrebbe scorgere il limite dei pannelli di scena dunque scoprire l’illusione in atto.
Di definisce quindi sforamento l’inopportuna vista del retro palco dalla sala, attraverso parti non ben connesse o disposte dello scenario. Il termine viene usato anche per indicare la luce non voluta di un proiettore che illumina un particolare della scena.
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