Nel Rinascimento, ad opera di alcuni artisti-scienziati, quali Leon Battista Alberti, Piero della Francesca e lo stesso Leonardo, venne codificata in maniera scientifica la cosiddetta perspectiva artificialis; in campo scenico ritroviamo, attraverso alcuni significativi esempi, i momenti della svolta verso la nuova concezione dello spazio.
Ambrogio Lorenzetti, Annunciazione, 1344, Pinacoteca Nazionale, Siena. Fonte: Wikimedia Commons
Si stabilì un saldo e immediato rapporto tra scenografia e architettura che per alcuni secoli vide una sostanziale coincidenza dei due termini che, fra contaminazioni e interpolazioni, formarono un binomio inscindibile nelle tematiche del disegno e della rappresentazione dello spazio architettonico.
La misura nella quale la ricerca dell’illusionismo prospettico abbia influenzato l’evoluzione della scenografia, e viceversa, può essere ricercata in una serie di celebri opere pittoriche nelle quali i rimandi tra la composizione pittorica e la teatralità della scena appaiono con maggiore evidenza.
Per una più ampia trattazione del tema si consiglia: Alessandra Pagliano (a cura di), La scena svelata. Architettura, prospettiva e spazio scenico, Libreria Internazionale Cortina, Padova 2005.
Anonimo, Città ideale, 1480-1490 circa, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino. Fonte: Wikimedia Commons
Un significativo esempio del nascente sviluppo del teatro rinascimentale e della scenografia è testimoniato dal Teatro Olimpico di Vicenza di Andrea Palladio, con le prime scenografie costruite in prospettiva solida da Baldassarre Perruzzi.
Per prospettiva solida accelerata si intende quella costruzione geometrica che, imponendo studiate deformazioni agli elementi plastici della scena, permette di simulare illusoriamente profondità molto maggiori di quelle realmente disponibili lungo il piano del palco.
In seguito tratteremo con maggiore approfondimento le costruzioni geometriche e le possibilità illusorie di tale metodo.
Teatro Olimpico, Vicenza, XVI secolo: le scene lignee di Vincenzo Scamozzi visibili oltre la porta regia del proscenio. Fonte: Wikimedia Commons
Il Teatro Olimpico di Vicenza, foto del proscenio e delle scene fisse. Fonte: Wikimedia Commons
Le sette prospettive solide accelerate sono costituite da scene fisse e immutabili che servirono per la prima rappresentazione dell’Edipo re e raffigurano le vie di Tebe.
Le tre principali si dipartono dalla porta regia (varco centrale del fronte scena), due dagli hospitalia (archi laterali) e altre due dalle porte delle versure.
La via regia, pavimentata in legno come tutte le altre, si sviluppa in una profondità reale di 12 m., ma la sua apparente estensione viene notevolmente accresciuta dagli artifici adottati dallo Scamozzi: la finta strada infatti è soggetta a una forte accelerazione prospettica nei due lati in fuga dovuta al restringimento verso il fondo della sezione trasversale; il ripido pavimento presenta una pendenza del 20% e le rette di colmo dei vari edifici che la fiancheggiano tendono a un punto di comune convergenza.
Avendo funzione assolutamente illusoria, le vie dello Scamozzi non devono essere percorse dagli attori che, paragonati alla dimensione reale delle scene, apparirebbero giganteschi, denunciando così la finzione spaziale in atto.
Teatro Olimpico, pianta 1776. Fonte: Wikimedia Commons
Sezione del Teatro Olimpico di Vicenza. Fonte: Wikimedia Commons
Il primo trattato sulla costruzione delle scene, pubblicato nel 1545 dall’architetto e geometra Sebastiano Serlio, dà inizio a una lunga tradizione di trattatistica sulla scenografia teatrale, che tuttavia si riallaccia ancora ad autori del passato quali Vitruvio ed Euclide.
Va riconosciuto al Serlio il merito di aver intuito per primo che il punto di fuga F delle rette ortogonali al fronte del palco non coincide con il punto principale P della prospettiva dipinta sul fondale, ma si trova oltre il piano stesso, verso il quale quelle rette convergono con il metodo del “traguardare”.
Il trattato del Serlio descrive poi i tre tipi essenziali di scene che, seguendo la tradizione vitruviana, sono la tragica, la comica e la satirica. La solennità dell’evento narrato nella scena tragica è simboleggiata dagli edifici nobiliari in perfetto stile rinascimentale mentre nella seconda scena, invece, compaiono case popolari di stampo tardo-medievale.
A partire da questo autore un numero sempre crescente di trattatisti comincia a dedicare intere parti della propria opera alla scenografia teatrale, e al modo di adattarvi le leggi prospettiche.
Le principali caratteristiche del successivo teatro barocco sono la creazione di “atmosfere suggestive”, mediante l’ausilio di effetti ottici e sonori volti a un godimento dello spettacolo di natura prevalentemente sensuale e la spettacolarità, ossessivamente ricercata. La necessità di stupefacenti e frequenti mutamenti di scena stimolò la fantasia degli scenografi barocchi verso la ricerca di nuovi meccanismi per facilitare la rapidità delle sostituzioni. Mutevoli paesaggi marini, nuvole cupe improvvisamente incombenti dall’alto, scorci di strade cittadine, caverne e rocce possenti sono solo alcuni degli elementi sui quali il teatro barocco basava la sua spettacolarità.
Sebastiano Serlio, La scena tragica, 1545. Fonte: Vitruvio.ch
Sebastiano Serlio, La scena comica, 1545. Fonte: Italica
Proprio in quegli anni la progettazione degli edifici teatrali ebbe il suo massimo sviluppo, arrivando a un modello largamente accettato da tutte le nazioni: la pianta a ferro di cavallo, l’area riservata agli orchestrali, la ricchezza del boccascena e l’estensione del palco condizionata dalla presenza dei nuovi macchinari.
Per rendere possibili tali spettacolarità fu necessario abbandonare la disposizione a casamenti della scenografia rinascimentale, formata da ingombranti elementi volumetrici, per adottare soluzioni progettuali più agili quali ad esempio i pannelli a telaio, assolutamente piatti, in posizione frontale rispetto agli osservatori, e ripetuti in serie uno dietro l’altro. Il soggetto viene dunque scomposto in una serie di immagini pittoriche disposte per lo più parallelamente al boccascena: la scenografia barocca dunque non costruisce più lo spazio ma lo raffigura dipinto al fine di rendere più agevole l’illusione di paesaggi fantastici.
E’ possibile cogliere il passaggio dalla scena costruita rinascimentale a quella dipinta nelle scenografie di Giacomo Torelli, nella quali la visionarietà barocca diventa la protagonista dell’immagine e dello spazio della scena.
Giacomo Torelli, scena per le Nozze di Peleo e Teti, Parigi 1654. Fonte: operabaroque.fr
Giacomo Torelli, scena per La finta Pazza, Parigi 1645. Fonte: operabaroque.fr
Il gesuita Andrea Pozzo, nel suo trattato Perspectiva pictorum et architectorum, propone chiare regole prospettiche per la costruzione delle scene.
Il problema geometrico, affrontato chiaramente per la prima volta, consiste nell’individuare nella sala il punto di visione privilegiato, centro della proiezione che regola lo spazio prospettico della scena (indicato nel testo originale con la lettera F).
Prolungati i fianchi del palco, i relativi allineamenti risulteranno convergenti verso un unico punto (punto di fuga della scena in prospettiva solida), la cui distanza, ribaltata dal lato del pubblico, individuerà il punto di vista cercato.
Dai disegni dello stesso autore, il centro di vista così definito cade in una zona inaccessibile agli spettatori, così da non privilegiare alcuna specifica posizione in sala. Sebbene con alcune non sostanziali modifiche, il sistema proiettivo definito da Andrea Pozzo, ancora oggi rappresenta la base della moderna prospettiva solida teatrale.
Il teatro barocco mostra dunque con orgoglio il suo valore di “illusione”: in tale clima comincia ad affermarsi un nuovo tipo di scena grazie alla prospera attività della famiglia Bibiena, audaci propositori della “scena d’angolo”, caratterizzata dalla posizione accidentale di ogni elemento rispetto al piano del boccascena. Non è più la facciata di un edificio ad apparire in primo piano ma piuttosto un suo spigolo, dal quale dinamicamente si dipartono le rette verso punti di fuga diversi dall’unico centrale presente nella scenografia rinascimentale. Lo spigolo respinge in tal modo lo sguardo dello spettatore, inducendolo a scivolare lungo le facciate laterali, liberandolo dalla necessità di collocarsi in posizione centrale per la migliore percezione dello spazio scenico.
La fama dei Bibiena e della scenografia italiana fu così vasta da varcare i confini nazionali, creando larghi consensi di pubblico, soprattutto in Francia.
Giovanni Galli Bibiena, Atrio magnifico, Bozzetto di scena, 1740. Fonte: Univirtual
Giovanni Galli Bibiena, Scena teatrale in occasione degli sponsali del principe di Baviera, 1740. Fonte: Univirtual
1. Obiettivi e finalità del corso
2. Cenni di storia della scenografia: dal teatro greco alle rappresentazioni medioevali
3. Cenni di storia della scenografia: la scenografia rinascimentale e barocca
4. Cenni di storia della scenografia: le scenografie di Alessandro Sanquirico
5. Cenni di storia della scenografia: la scenografia del XX secolo
6. Cenni di storia della scenografia: la scena contemporanea
8. La prospettiva solida accelerata
9. La restituzione fotogrammetrica applicata all'architettura
10. La restituzione fotogrammetrica applicata alla scena
11. Un quadro a tre dimensioni: dal bozzetto al palcoscenico
12. Tosca, Aida e Madama Butterfly: tre proposte di allestimento