Non è in senso metaforico che si ha il diritto di confrontare una città a una sinfonia o a un poema; sono infatti oggetti della stessa natura. Più preziosa ancora, forse, la città si pone alla confluenza della natura con l’artificio (…) la città, per la sua genesi e per la sua forma, risulta contemporaneamente dalla processione biologica, dalla evoluzione organica e dalla creazione estetica. Essa è, nello stesso tempo, oggetto di natura e soggetto di cultura; individuo e gruppo; vissuta e sognata; cosa umana per eccellenza.
(Claude Lévi-Strauss)
La città, quale si rivela nella storia, è il punto di massima concentrazione dell’energia e della cultura di una comunità. In essa i raggi irradiantisi da parecchie sorgenti di vita sono messi a fuoco guadagnando in significato ed efficacia sociale. Perché il tracciato e la forma della città esprimono in modo visibile gli sviluppi della vita associata e perpetuano in una forma stabile gli sviluppi transeunti della storia.
(Lewis Mumford)
Noi possiamo studiare la città da molti punti di vista, ma essa emerge in modo autonomo quando la consideriamo come dato ultimo, come costruzione, come architettura.
(Aldo Rossi)
La città è un organismo vivente di vita propria.
(Marcel Poète)
Saper leggere la città significa saperne cogliere la struttura e saperne individuare gli elementi costitutivi. Il testo che gli studenti sono chiamati a interpretare è la parte storicizzata della città di Napoli, quella che nel linguaggio urbanistico è definita centro storico. Leggere la città è difficile: si tratta di una cosa molto complessa. Per cominciare è necessario semplificare con consapevolezza, ridurre a pochi gli elementi da riconoscere. La lezione racconta l’evoluzione della città di Napoli, riducendo – appunto – all’essenziale l’interpretazione della forma urbana: si guarda alla geografia, agli elementi infrastrutturali, ai grandi monumenti che influenzano la struttura della città, ai tessuti edilizi e ai grandi vuoti; e si individuano le loro relazioni fatte di rapporti di continuità e discontinuità.
Agli studenti viene chiesto di ridisegnare la parte centrale della città di Napoli, sulla base di una planimetria in scala 1/4000 e di mettere in evidenza la struttura urbana attraverso la individuazione e il ridisegno degli elementi principali dell‘architettura della città. La prova viene svolta in aula.
L’esercizio porta alla costruzione di una sorta di mappa della città: attraverso un’operazione di selezione della grande quantità di informazioni contenute nella planimetria di base, si arriva a una rappresentazione sintetica della città. Tra gli elementi da ridisegnare ci sono i tessuti edilizi e in particolare quello dei Quartieri Spagnoli.
Descrizione di alcuni dei caratteri principali della città di Napoli. Fonte: elaborazione di Paola Scala
Questo tipo di rappresentazione mette in evidenza i vuoti e in particolare le strade e le piazze, i "tracciati" della città storica, che a Napoli rappresentano un elemento di grande persistenza
Lo sviluppo della città è segnato da una forte persistenza della sua parte più antica, la Neapolis fondata dai Greci intorno alla metà del V secolo a.C.
A partire da questo nucleo, e su questo nucleo, la città si è sviluppata nel corso dei secoli senza mai negare, almeno fino alla fine dell’Ottocento, la centralità non solo geografica della sua struttura originaria. La principale conseguenza di questo sviluppo è stata la persistenza del tracciato di fondazione che ancora oggi resta a testimoniare la regolarità della trama greca e poi romana a decumani e cardines.
Il dato più significativo della persistenza dei tracciati nella struttura urbana napoletana è che essa non si limita al centro antico ma si estende a tutta la città sviluppatasi fino alla metà dell’Ottocento, momento in cui prende l’avvio un processo di crescita e di trasformazione urbana segnato da nuove logiche.
Fino a quel momento alla persistenza dei tracciati nella città murata, che determinava una continua trasformazione della città su se stessa, si era accompagnata una crescita per parti, formatesi nel tempo con una serie di specificazioni formali molto ricche ed articolate, legate per lo più alla configurazione geomorfologica della conca che le ospitava, racchiusa tra l’arco delle colline di Posillipo, del Vomero e di Capodimonte e il mare.
La città aragonese, raccolta dalla imponente murazione, riassume in una forma compiuta la struttura regolare del nucleo greco-romano ribadendo la sua centralità e dando nuovo ordine alle espansioni medioevali, segnate anche dalla volontà di proiettarsi sul mare.
Alcune delle parti della città nascono con un preciso disegno fondativo (il caso più tipico è costituito dai Quartieri Spagnoli); altre nascono e si sviluppano spontaneamente, fuori dal circuito della città murata, costituendone i borghi.
Napoli è una città costretta – nei borghi per motivi geografici e nel centro antico per motivi legislativi – ad una edificazione incessante all’interno degli stessi tracciati, un’edificazione cha a poco a poco riempie tutti gli spazi vuoti e si spinge poi, per successive aggiunte, fino ad altezze inverosimili rispetto alla dimensione dei percorsi stradali.
Se una rilettura del ruolo e del significato della struttura greco-romana sostiene l’interpretazione della città chiusa aragonese, una analoga considerazione delle potenzialità di quest’ultima di diventare il centro di un sistema aperto sembra ispirare la concezione della città settecentesca, altro momento di cuspide nella storia dello sviluppo urbano napoletano. Un momento non a caso coincidente con una fase felice della storia civile, politica e culturale partenopea in cui la città, sotto il dominio di Carlo III, assume un ruolo di capitale europea.
La logica ottocentesca di crescita della città, basata essenzialmente sulle nozioni di ampliamento e di attraversamento (che nel caso del tessuto della città storica napoletana, così denso e compatto, diventa automaticamente sventramento), interrompe il processo fino a quel momento organico di crescita per parti della città. La trasformazione ottocentesca, nella sua incapacità di sostituire un nuovo modello a “quello organico” che aveva guidato la crescita della città fino alla fine del Settecento, si costituisce come una sorta di anello mancante; non riesce a porsi come elemento di mediazione e di guida per la trasformazione moderna della città, finendo così con il provocare nella struttura urbana una frattura molto vistosa tra città della storia e città contemporanea.
Nel Novecento accadono molte cose: la città cresce smisuratamente, scavalca le colline, si salda agli abitati esterni. Ma, benché il centro storico sia investito da una grande quantità di trasformazioni puntuali – che portano a riempire quasi tutti gli interstizi vuoti -, la sua struttura complessiva non subisce alterazioni profonde: le trasformazioni più significative avvengono in epoca fascista e poi negli anni Cinquanta e riguardano alcuni luoghi urbani centrali (Piazza Municipio, l’area dei Guantai Nuovi, la Stazione Marittima) o periferici (la Mostra d’Oltremare) destinati a diventare parti rappresentative della città pubblica e della città direzionale.
La storia molto particolare della formazione e dello sviluppo della città storica, la persistenza dei tracciati, la crescita per parti, la trasformazione quasi sempre per frammenti di queste parti, il rifiuto che la città sembra aver sempre opposto alle trasformazioni globali della sua struttura complessiva e anche a quelle delle sue singole parti, consentono, naturalmente con un certo grado di approssimazione, di considerare alcune di queste parti come segnate in maniera preminente da un determinato tempo storico che corrisponde naturalmente a una certa idea dello spazio e della forma della città: è il caso dei Quartieri Spagnoli, la cui originaria struttura a griglia (castrum), per quanto alterata nei singoli elementi che la compongono, manifesta una straordinaria capacità di persistenza morfologica e tipologica.
2. Architettura
3. Città
5. I caratteri dell'edificio: scomposizione e ricomposizione
6. I caratteri del vuoto: progetto di uno spazio pubblico
A.A.V.V., "Il centro antico di Napoli", Napoli, 1971
Giancarlo Alisio, "Napoli e il Risanamento", Napoli, 1980
Salvatore Bisogni, Agostino Renna, "Il disegno della città", Napoli, 1974
Guido D'Agostino, "Storia e disegno urbano" in A.A.V.V., "Napoli una storia per immagini", Napoli, 1985