L’ultimo esempio che proponiamo ritrova singolari analogie con quello della precedente lezione su piazza Navona. Nell’ edificio per la sede dell’ Enso-Gutzeit di Alvar Aalto ad Helsinki, infatti, ancora una volta è possibile riconoscere un medesimo metodo che sottende il progetto, sebbene si tratti di soluzioni differenti e condizioni storiche e geografiche differenti tra loro.
Il progetto di Aalto doveva prendere forma in una posizione cardine tra una delle principali direttrici della città storica, l’Esplanadi, caratterizzata da edifici di grande valore storico e simbolico, e l’isola della Katajanokka, estremità est dell’Esplanadi, quartiere declassato dal soffocamento della zona portuale e militare.
Alla ricerca di una linea logica che leghi queste strutture neoclassiche al di là della questione stilistica, Aalto studia i rapporti esistenti tra gli edifici dalla cattedrale alla chiesa greco-ortodossa, due emergenze alle estremità di un discorso architettonico animato da un’unica forza compositiva che plasma le singole forme ed è, nello stesso tempo, tesa verso tutto l’ambiente nel suo insieme.
Lo si riconosce dalla chiarezza della sequenza delle architetture e dalla cadenza ritmica che, modulando le facciate attraverso gli interspazi delle aperture, stabilisce un rallentamento o un’accelerazione della scansione, in funzione della maggiore o minore altezza dell’edificio. Aalto coglie il principio d’ordine che struttura il contesto e ne traduce tutti gli stimoli in un’opera completamente originale che, rileggendo le stratificazioni della storia e i suoi segni, si prefigura come un organismo edilizio in piena solidarietà col contesto.
Individuando il punto di sfaldamento della cortina di Esplanadi, Aalto riequilibra con il nuovo edificio tutta la composizione tra la cattedrale e la chiesa ortodossa, caratterizzandosi come emergenza urbana a conclusione di un discorso architettonico secolare e allo stesso tempo inizio di uno nuovo per l’isola di Katajanokka.
La volumetria, le facciate e l’articolazione planimetrica nascono da un rapporto di interrelazione con gli edifici preesistenti e con il tessuto urbano. La ritmica degli edifici neoclassici è un preciso riferimento per il reticolo della facciata: infatti la scansione orizzontale si rallenta in proporzione con la maggiore altezza, così come nella cortina neoclassica.
Le sfaccettature degli elementi orizzontali e verticali, ottenute con l’uso di piani inclinati di raccordo tra le parti strutturali dalla facciata e le specchiature delle vetrate, il rivestimento in marmo bianco di Carrara, trasformano il reticolo cartesiano in un piano di fortissima plasticità.
I prospetti si caratterizzano a seconda dei rapporti con l’intorno, ma ovunque, in sintonia con la struttura degli edifici del contesto, prevale il pieno sul vuoto. Ma è sul lato nord-est che viene raggiunta la massima articolazione: di fronte al volume della chiesa ortodossa, la facciata si arretra per creare un profondo vuoto, come se volesse lasciarle spazio, ma, allo stesso tempo, le si sovrappone con un’articolata volumetria.
Il discorso di metodo appare quindi preliminare perché la nuova architettura possa dar corpo alle sue potenzialità quando si inserisce tra le preesistenze. Non ci sono regole scritte, ma queste vanno di volta in volta formulate partendo dall’esperienza, senza però lasciarsi inibire dal contesto, ma attualizzandolo. Non bisogna procedere in maniera mimetica, ma esaltando le caratteristiche dei luoghi facendo un discorso di valore, cioè di qualità architettonica, dove l’intervento instauri il suo dialogo col passato e non ne costituisca la devastazione.
Più il progetto ritrova il suo spazio definendosi nei valori concettuali più ci allontaniamo dai pericoli della distruzione. La storia come strumento di conoscenza e di valutazione è la base fondamentale per gli interventi nelle preesistenze, ma la qualità architettonica è frutto di elaborazioni teoriche fondate sulla prassi e di quelle capacità espressive che si liberano attraverso il rigoroso controllo della dimensione fisica dell’architettura e non praticano gli spazi della passiva imitazione o della disinvolta improvvisazione.
Le immagini delle slide 1, 4, 6, 8, 9 sono tratte da: www.flickr.com
Le immagini delle slide 2, 3, sono tratte da: Virtual Earth
L’immagine della slide 7 è tratta da: www.alvaraalto.fi
1. Conoscenza e consapevolezza nel percorso didattico
2. Elementi e principi della composizione architettonica
3. La modellistica nel processo progettuale
4. Il processo progettuale: un esempio da Alvar Aalto
5. Tradizione e Innovazione: Brunelleschi e la cupola di Santa Maria del Fiore
6. Tradizione e Innovazione parte 2. Le Corbusier e l'Ospedale di Venezia
7. Tradizione e Innovazione parte 3. Sant'Agnese in Agone
8. Tradizione e Innovazione parte 4. Alvar Aalto e la sede della Enso-Gutzeit