La volontà di connotare il Laboratorio di Costruzione come un’esperienza progettuale e il continuo esercizio alla “convivenza” con i docenti delle altre aree, mi hanno portato a interrogarmi nuovamente sul ruolo che le discipline tecnologiche ricoprono nella formazione dell’architetto e quindi sul ruolo della tecnologia nell’elaborazione del progetto di architettura. Pertanto ho ritenuto giusto partire dalle posizioni espresse negli ultimi anni dagli studiosi della questione.
Fatta salva una sparuta minoranza che sostiene, forse solo provocatoriamente, che un buon progetto di architettura sia indifferente alle tecniche utilizzate per realizzarlo, è oggi diffusa la convinzione che il principale ruolo della tecnica in architettura sia di garantirne la realizzabilità e che essa intervenga per rendere concreta l’idea, per attribuire agli elementi pensati i giusti materiali e le giuste dimensioni. In definitiva, così come il progetto esecutivo seguiva il progetto di massima, così la risoluzione dei problemi tecnici segue quella delle questioni formali e funzionali. Tale è il ruolo che in genere i docenti appartenenti alle altre aree disciplinari riservano alla questione tecnica e, per estensione, ai docenti dell’area tecnologica. Tale posizione è compiutamente espressa da Vittorio Gregotti che, nel 1982, “elogiando” il ruolo della tecnica sosteneva (segue):
(segue) «certo il progetto non dipende da essa (la tecnica), non vi sono, né mai vi sono state peraltro, deducibilità dirette: essa non è più modello razionale della produzione né mimesi linguistica dei suoi atti; tuttavia in quanto capace di formare uno spessore alla traccia del progetto, si può dire che, in qualche modo, la formazione di senso della figura architettonica sia sotto la sua costante sorveglianza e garanzia»
Vittorio Gregotti, Elogio della tecnica, «Casabella» n.480, maggio 1982
La formazione di senso della figura architettonica avviene secondo Gregotti in una prima fase, mentre la tecnica interviene successivamente a ’sorvegliare’ le tappe del percorso che essa compie per approdare sulle sponde della realtà e a ‘garantire’ il buon esito dell’intera operazione. Probabilmente essa non può avere un ruolo nel processo di ‘attribuzione di senso’ all’architettura, che avviene suo malgrado.
Una seconda schiera di studiosi pare condividere la posizione espressa da Guido Nardi che sosteneva: «fin dai primi abbozzi del progetto, nella sua fase euristica, forma, funzione e tecnica si esprimono secondo rapporti di reciproche determinazioni ed intervengono – o dovrebbero intervenire – contemporaneamente nello sviluppo della realizzazione progettuale, secondo un processo di interazione e di determinazione reciproca. La tecnica, in particolare, proprio nel suo essere vincolo normativo, è uno degli elementi che strutturano l’atto creativo, ed è quindi un’irrinunciabile condizione di pensabilità dell’oggetto architettonico, un suo “a priori” imprescindibile» (Guido Nardi, La cultura del progetto in architettura oggi, il Rosalba La Creta, Carlo Truppi (a cura di), L’architetto tra tecnologia e progetto, Angeli, Milano, p.127).
La tecnica, secondo Guido Nardi, definita come “vincolo normativo”, assurge al ruolo di “a priori imprescindibile” per l’oggetto architettonico, ed è reinserita nel gioco di “reciproche determinazioni” già durante la fase euristica del progetto.
Una terza posizione sul ruolo e sui tempi di posizione della questione tecnica è quella sostenuta da Eduardo Vittoria: «nel caso dell’architettura, questa tecnica è mezzo e attività dell’edificare per restituire all’uomo cose che nascono e sussistono per crescita propria. Il che significa passare da una tecnica delle costruzioni a una tecnica dell’immaginazione, per immaginazione intendendo non solo la creazione improvvisa e eccezionale che va sotto il nome di poesia, ma l’attività dell’immaginare, e cioè, quel processo stesso della formatività spaziale il cui valore primario risiede nell’accomunare i dati dell’esperienza sensibile alla strumentalizzazione delle cose» (Eduardo Vittoria, Le tecnologie devianti dell’architettura, in Marcello Fabbri, Daniela Pastore (a cura di), Architetture per il Terzo Millennio, Fondazione Adriano Olivetti, Roma, 1988, cit. in Giovanni Guazzo (a cura di), Eduardo Vittoria, Gangemi, Roma, 1995, p.136).
Vittoria conia per questo atteggiamento il termine di costruttivismo progettante in cui la tecnica diventa risorsa dell’invenzione stessa.
Considerate egualmente legittime le tre posizioni sopra descritte, nel corso dell’attività formativa, con un atteggiamento più laico possibile, si lasciano liberi gli studenti di privilegiarne una e si tende a guidarli verso l’elaborazione di un progetto che, non ancora definibile esecutivo, giunga a un livello di approfondimento tale da consentire di porre, e magari risolvere, il maggior numero di problemi costruttivi possibile. In tal senso si possono distinguere tre tipi fondamentali di lavori: quelli che definiremo a matrice formal-funzionale, quelli che partono dall’interpretazione dei principali tipi costruttivi da utilizzare che definiremo a matrice tipologico-strutturale e infine quelli in cui si pone l’invenzione tecnica all’origine dell’iter progettuale. Nel caso dei progetti che privilegiano gli aspetti formali vengono approfonditi gli aspetti della coerenza interna e dell’appropriatezza del progetto, intendendo con ciò il controllo della ‘misura’ delle scelte tecnologiche ed esecutive, e del loro adeguamento formale, tecnico ed economico al tipo di intervento da eseguire, in modo che il dettaglio non comprometta l’intenzione espressiva e comunicativa magari solo intuita durante la fase euristica del progetto.
Il secondo tipo di lavori (a matrice tipologico-strutturale) fa scaturire il progetto dai ragionamenti sugli aspetti tecnologici del tema assegnato, che porta il suo baricentro sul tema dell’identità dei sistemi costruttivi, non già per assegnare una tecnologia rigida e immutabile in grado di determinare univocamente il progetto, ma per interrogarsi costantemente sul senso tettonico rappresentato dagli elementi strutturali e sul portato figurativo nonché sul ruolo funzionale di tali elementi. Nell’ultimo tipo di lavori rientrano i progetti che utilizzano la tecnica come punto di partenza del percorso inventivo: il ruolo della tecnica, in questo caso, non si esaurisce nel fornire all’invenzione passaporti per la realtà, né nel consentirle di passare dal mondo delle idee a quello dei fatti, ma va a formare l’ordito laddove l’invenzione rappresenta la trama nel complesso tessuto della creazione; è quindi dalla consapevolezza della consistenza e dei comportamenti di alcuni materiali, oppure dalla conoscenza esatta del funzionamento delle macchine utensili necessarie per lavorarli o ancora dal padroneggiare i cataloghi degli elementi offerti dalla produzione industriale e dalla capacità di ricontestualizzarne l’offerta nei termini del progetto di architettura, che si sostanzia quell’atteggiamento progettuale che Renzo Piano fa discendere da una “fabrilità colta e attrezzata”.
2. Costruire assemblato a secco lettura tecnologica di casi studio
3. Costruzioni Low cost – Low energy, Life cycle thinking
4. Costruzioni Low cost – Low energy, Riciclo dei rifiuti
5. Costruzioni leggere in legno e sostenibilità caso studio: Gridshell
6. Gridshell: il concetto di grid e shell, superfici a doppia curvatura
8. Coperture di grande luce: innovazione per forma, strutture reticolari e cupole
9. Coperture di grande luce: innovazione per forma, strutture a guscio e reti di cavi
10. Coperture di grande luce: innovazione per nuovi materiali, lamellare, precompresso e palloni
11. Le parti e il tutto: progetto e sistema
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