Prima di affrontare direttamente il tema del Concept Book, introduciamo innanzitutto quello che è il suo più precedente più prossimo, cioè il manuale di immagine coordinata. Si tratta di un manuale operativo che raccoglie l’insieme delle prescrizioni finalizzate a gestire l’immagine aziendale nel tempo e nello spazio.
Nel manuale di immagine coordinata tutti i temi affrontati danno luogo a delle soluzioni fondamentalmente autonome (logotipo, applicazioni grafiche a stampa, packaging, mezzi aziendali, spazi commerciali, ecc.) ma manifestano un’identica matrice concettuale ed una espressività coerente.
Nella realtà italiana, uno dei primi esempi esempi di manuale di immagine coordinata fu quello progettato per conto della Rinascente/Upim da Tomàs Maldonado e Gui Bonsiepe, nel 1967- 69, appena giunti in Italia dopo aver interrotto il rapporto di conduzione della Hochschule fur Gestaltung di Ulm (Maldonado direttore, Bonsiepe professore). Tale manuale ha un valore particolare sia per il periodo in cui è stato elaborato, in anticipo cioè su altre operazioni del genere in Italia, sia per l’alta sistematicità con cui è stato_condotto, che ne farà un esempio di riferimento per gli analoghi studi successivi.
Altro esempio risalente allo stesso periodo, è il noto progetto di immagine coordinata curato da Clino Castelli, H. Von Klier e P.A. King nel 1971 per Olivetti. Denominato dei “Libri Rossi”, era strutturato per temi (elementi base, identificazione degli stampati, i prodotti, gli ambienti, i mezzi di trasporto, la pubblicità istituzionale).
Esso si presentava composto da due raccoglitori ad anelli, di colore rosso, contenenti dieci fascicoli protetti da altrettanti custodie rosse, con allegato un kit per la riproduzione del logotipo. La suddivisione in fascicoli intercambiabili, nasceva dall’esigenza di gestire la complessità del progetto attraverso un periodo di sei anni, dal 1971 al 1977 e da quella di indirizzare il manuale alla destinazione di uffici e competenze differenti.
In esso ritroviamo, quindi, indicazioni attinenti le attrezzature di vendita, la segnaletica interna al negozio, la cartellonistica, l’organizzazione dello spazio, gli allestimenti delle vetrine, sino ad aspetti di completamento, come il packaging, la pubblicità all’esterno del luogo di vendita, il vestiario del personale, la grafica apposta sui mezzi di trasporto aziendali. La conclusione di un processo di progetto che utilizzi lo strumento del manuale di immagine coordinata porterà ad una progettazione sistematica ed omogenea dei punti vendita appartenenti alla catena, secondo una logica di replicabilità di un unico modello espressivo.
Questo approccio ha prodotto una manifestazione del progetto che, nella sua forma corrente, rappresenta una delle principali ragioni del proliferare di architetture commerciali prive di qualità, proprio perché fondate su una eccessiva omologazione rispetto a principi di identità della marca e di ripetitività di un identico contenuto progettuale. Da questo processo progettuale, in stridente contrasto con le tendenze alla personalizzazione se non addirittura alla individualizzazione del prodotto industriale che caratterizzano la condizione neomoderna, si ricava una anacronistica persistenza dei modelli del “tutto uguale”, tipici della prima industrializzazione. Benché il tema, sia dibattuto da anni, non ha ancora generato risposte qualitativamente soddisfacenti, mentre continua l’afflizione ambientale generata da tanti spazi commerciali che, realizzati secondo il principio definibile del “design dell’immagine coordinata”, continuano a condizionare pesantemente il paesaggio urbano.
All’opposto della corrente manualistica di progetto si pongono i quaderni di tendenza, detti anche Trend Book, si possono presentare sotto una duplice natura, sia quella di strumenti previsionali, di anticipazione di tendenze future con riferimento ad aspetti espressivi specifici quali orientamenti cromatici, texture, materiali, che quella di interpretazione, sotto gli stessi aspetti, di un soggetto tematizzabile.
Questi book costituiscono una peculiare modalità espressiva, basata sulla documentazione visiva e sulla presentazione, anche attraverso campionature reali, di materiali e finiture, che precede ed accompagna l’attività progettuale vera e propria. I Trend Book rappresentano, quindi, una modalità di documentazione estesa che attraverso un insieme di suggestioni e di informazioni possono fornire un utile complemento all’attività creativa.
I Trend Book sono utilizzati principalmente nella moda e in alcuni settori specifici del product ed exhibit design, per fornire al designer un appropriato sistema di riferimenti, attraverso il quale procedere alla elaborazione tematizzata di collezioni o alla creazione, all’interno di un documentato sistema di rimandi materiali e visivi, di soluzioni di prodotto o di allestimenti espositivi.
Per realizzare tali ricerche, le agenzie che se ne occupano si servono di un appropriato sistema di “sensori”, sia mediante personaggi definiti, appunto, cacciatori di tendenze (cool hunter), che attraverso una analisi critica diretta o attraverso delle modalità di interrelazione con testimoni privilegiati che si ritiene siano in grado di indicare i prossimi orientamenti del gusto collettivo. I quaderni di tendenza rappresentano, da un punto di vista della metodologia di approccio, un caso interessante perché esprimono una integrazione di considerazioni di tipo sociologico, relative alle inclinazioni di consumo, con documentazioni ed interpretazioni che attengono la cultura materiale e visiva.
Un ulteriore elemento di interesse, relativamente al loro utilizzo, è dato dal fatto che i quaderni di tendenza, ricercando l’espressione visiva di un soggetto, ne forniscono i riferimenti contestuali che rappresentano un indispensabile materiale necessario alla successiva costruzione di uno spazio tematizzato.
I quaderni di tendenza, quindi, si pongono all’estremo opposto rispetto ai manuali di immagine coordinata, proprio perché rappresentano uno strumento che pur contribuendo all’elaborazione progettuale, agisce esclusivamente sul piano di una contestualizzazione del progetto e non di una sua risoluzione specifica attraverso prescrizioni esecutive.
1. Commercio e dimensione urbana
2. Gli spazi di vendita della moda e il design: la vetrina e il magazzino moderno
3. Riconoscibilità della marca e spazi di vendita: le origini
4. Gli anni Sessanta: Biba, Mary Quant e la Swinging London
5. Gli anni Settanta e Ottanta: verso un nuovo atteggiamento progettuale
6. Il punto vendita come esperienza della marca
9. Espressività della marca e diversificazioni commerciali: i multibrand
10. Il Pop-Up Retail: una classificazione degli spazi commerciali temporanei
11. Principali esemplificazioni di pop up retail
13. Arte e consumo negli spazi di vendita: lo spazio della vetrina e la mostra surrealista del 1938
14. L'apporto della Pop Art: Keith Haring e il Pop Shop
15. Esemplificazioni recenti: Prada Marfa
16. Una nuova modalità di rappresentazione della marca: i concept book