L’UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite, si occupa dei cambiamenti climatici.
Oramai si è ottenuto il più vasto consenso sulla causa umana di quel fenomeno, sugli effetti disastrosi che avrebbe per la vita del pianeta, minacciando la scomparsa del genere umano e di molte altre forme di vita, nel giro di mezzo secolo, qualora non si modifichi l’attuale tendenza.
A Kyoto il tentativo di concordare una politica comune dei governi per raggiungere obiettivi di riduzione delle emissioni capaci di garantire un percorso di rientro dal pericolo si è scontrata con irrisolvibili conflitti. Un nuovo tentativo di accordo si ripropone a Copenhagen nel prossimo dicembre 2009.
L’UNEP ha ritenuto che il settore delle costruzioni influisce in maniera determinante nel generare quei gas serra che provocano il riscaldamento globale.
Per questo motivo ha realizzato un apposito studio teso a analizzare a livello globale l’apporto del settore e le opportunità che esistono al suo interno per realizzare strategie di mitigazione.
L’Italia si colloca tra i primi posti per gli investimenti nel settore che ammontano a 200 miliardi di dollari. Nel biennio 2004-2005 la crescita è stata tra le più sostenute al mondo.
Questi dati così vivaci avranno subito negli anni successivi dei rallentamenti per effetto della crisi dei mutui, ma indicano il peso del settore nel nostro paese.
Allo scopo di ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera, responsabili del riscaldamento globale, bisogna, nel campo delle costruzioni, interrogarsi in prima istanza, sulle funzioni che li generano.
Si tratta, in generale dei diversi dispositivi messi a punto per consentire e rendere l’abitare più confortevole. Nel corso della storia tali dispositivi si sono evoluti, ma nel mondo contemporaneo esistono comunità a diversi stadi di sviluppo che ripropongono modelli abitativi in altre regioni geografiche sorpassati da stadi tecnologici più avanzati. Tali modelli corrispondono anche ai livelli di reddito. Quando questi sono più bassi troviamo forme dell’abitare tradizionali e, crescendo, prima quelle alimentate dall’abbondanza di carburanti e poi quella più moderna ed avanzata che accede alle tecnologie informatiche.
La prima si limita al ricorso all’illuminazione, riscaldamento e cucina, consumando biomasse e candele o batterie; la seconda aggiunge i trasporti, la refrigerazione e il pompaggio dell’acqua utilizzando carburanti o elettricità; la terza aggiunge l’informatica nelle più svariate applicazioni fino alla domotica, consumando elettricità.
Le variazione nel consumo energetico non variano solamente per effetto del reddito. Esse accompagnano il ciclo di vita dei fabbricati che può essere distinto in cinque fasi.
La prima corrisponde al momento in cui i diversi materiali che saranno impiegati nella costruzione, vengono prodotti (estraendoli da cave o fabbricandoli industrialmente) che comporta un consumo di energia che chiamiamo incorporata.
La seconda fase riguarda il loro trasporto fino al cantiere nella quale si utilizzerà una energia grigia.
Nella terza fase si consumerà l’energia indotta per la vera e propria costruzione del fabbricato o delle infrastrutture pubbliche.
Nella quarta fase si utilizzerà una energia operativa che serve al normale funzionamento. Questa fase è quella di maggiore durata ed assolve agli scopi per cui l’opera è stata realizzata.
Una corretta chiusura del ciclo dovrebbe considerare la demolizione ed il ripristino dei luoghi ed il riciclo dei materiali con il corrispondente impiego di energia.
Per il risparmio energetico è necessario operare in ciascuna delle cinque fasi.
Escludendo le abitazioni, ci sono aree e fabbricati non residenziali specializzati in alcune attività richiedenti strutture particolari. I loro consumi energetici sono molto variabili e dipendono tanto dalla quota relativa della loro estensione nel totale delle superfici utili quanto dal tipo e durata di uso.
La loro incidenza nei consumi totali deve influenzare le priorità delle politiche come anche l’attenzione nelle soluzioni urbanistiche sostenibili.
La priorità quindi spetta ai negozi commerciali al dettaglio ed ai palazzi per uffici, dopo ci sono scuole e edifici sanitari. Seguono le residenze collettive (studentati, ostelli, …), poi alberghi e ristoranti. Chiudono le attrezzature sportive e le stazioni.
In Europa, gli edifici residenziali consumano circa il 27% del totale di energia, mentre quelli non residenziali solo circa 11%. Pertanto restano la priorità essenziale delle politiche di risparmio energetico, dato che, con l’applicazione di tutte le tecnologie disponibili già sarebbe possibile dimezzare quei consumi.
I consumi energetici variano in funzione delle zone climatiche, come appare in questa indagine nordamericana dove si può osservare la loro diversa incidenza nel realizzare il microclima abitativo. Da ciò appare evidente come questo obiettivo si ponga come centrale nella ricerca progettuale perché possa ottenersi con soluzioni a basso consumo.
Uso dell'energia elettrica negli USA per tipo di fabbricato. Il riscaldamento usa l'elettricità raramente. Negli edifici residenziali il raffreddamento e la ventilazione sono unificati. Fonte: UNEP, Buildings and Climate Change, 2007
Selezionando la zona climatica mediterranea, vediamo come debbano essere particolarmente favorite,in primo luogo, la ventilazione naturale e quella notturna; le costruzioni con elevati spessori delle murature per un buon isolamento termico; il riscaldamento ottenuto con l’utilizzazione dell’energia solare così come la protezione dall’eccessivo riscaldamento solare con sistemi di ombreggiamento o controllo dell’insolazione; il ricorso alla luce naturale, evitando illuminazione artificiale.
Le materie prime per il settore delle costruzioni sono estratte, trasportate, lavorate e assemblate in cantiere nella fase della costruzione e, alla fine, eliminate in discarica. Ci sono materiali che hanno elevate quantità di energia incorporata come il cemento, l’alluminio e l’acciaio. Si tratta di quei materiali la cui fabbricazione richiede lavorazioni lunghe e con impiego di energia.
L’energia operativa è quella che deriva dall’utilizzazione degli edifici e copre il tempo più esteso del loro arco di vita. Normalmente quando pensiamo al risparmio energetico, in realtà ci riferiamo a questo periodo temporale.
Per ottenere risparmi dell’energia operativa, si vanno escogitando sempre nuovi accorgimenti, oppure recuperando elementi e criteri della tecnologia passata abbandonati per la sostituzione con innovazioni poco attente all’isolamento termico. In passato ci si avvantaggiava anche delle condizioni naturali del sito. Queste precauzioni sono state abbandonate potendo sopperire ad esse con l’impiego di carburanti a basso costo.
Quando per il riscaldamento era disponibile solamente la legna ed il carbone e non esistevano impianti di condizionamento dell’aria, la protezione dagli agenti climatici avversi si otteneva ponendo molta attenzione alla realizzazione di costruzioni con un buon isolamento termico. Pareti molto spesse con materiali naturali ma con proprietà isolanti (come il tufo, nel napoletano), tetti di legno e tegole di argilla erano in grado di assicurare un isolamento nettamente superiore alle costruzioni in cemento armato con tompagni in lapil-cemento e coperture orizzontali, molto più economiche e di rapida esecuzione, che si sono diffuse nel dopoguerra.
Oggi le stesse norme per il risparmio energetico hanno determinato una svolta e la fase successiva della loro applicazione, nell’immediato futuro renderanno impossibile continuare con quei metodi di costruzione.
Oltre alla ripresa dei saggi criteri del passato assistiamo continuamente alla sperimentazione di nuove idee per realizzare edifici in cui si possa ridurre il consumo di energia.
Tra di esse si possono ricordare l’impiego dei tetti giardino e delle facciate verdi le quali non solo concorrono a bilanciare l’uso dell’energia al loro interno, ma contribuiscono anche a ridurre l’inquinamento e il riscaldamento urbano all’esterno.
Allo stesso modo incorporare delle serre nei fabbricati contribuisce al riscaldamento dello spazio interno e consente, allo stesso tempo, la coltivazione di piante di abbellimento o produttive per il consumo familiare di frutta fresca e verdura.
Edifici a bassa energia.
In primo luogo si cerca di realizzare un edificio che utilizzi tecnologie che conservano l’energia, puntando su un elevato isolamento termico, poi si pensa ad utilizzare l’energia solare con procedimenti passivi (come quelle che sfruttano l’effetto serra o una buona esposizione), infine si procede allo stadio più avanzato che è quello del solare attivo, ovvero di convertire in energie elettrica o termica le radiazioni solari.
I sistemi solari passivi possono condurre a guadagni rilevati per il riscaldamento dello spazio interno a qualsiasi latitudine e non portano all’eccessivo riscaldamento se sono associati con sistemi di protezione dal sole appropriati come i frangisole o altre modalità di ombreggiamento e circolazione interna dell’aria.
Il movimento dell’aria riscaldata si può usare per la ventilazione ed esistono sistemi per recuperarne il calore.
Gli edifici a zero energia sono quelli nei quali l’energia consumata è uguale a quella prodotta nel medesimo sito. Il fabbricato o il quartiere – comunque l’unità urbanistica – contiene al suo interno la capacità di produzione di energia da fonti rinnovabili sufficiente a coprire completamente il proprio fabbisogno.
Per ottenere questo scopo è necessario ricorrere a microimpianti di produzione dell’energia quali:
Quartiere Bedzed a Londra. Sono state sperimentate varie tecniche di riduzione dell'energia. Fonte: BioRegional
Una casa passiva è un fabbricato nel quale un clima interno confortevole può essere mantenuto senza sistemi di riscaldamento e raffreddamento attivi.
Le caratteristiche di questi fabbricati sono:
Copenhagen, Nordhavnen, facciate verdi. Fonte: Legambiente
Il miglioramento dell’efficienza energetica in edilizia si può ottenere non solamente sulle nuove costruzioni, ma si può intervenire anche sul patrimonio edilizio esistente per migliorare la performance.
Questo appare anche un campo molto promettente per dare un contributo in assoluto alla riduzione delle emissioni perché anche piccoli risparmi per unità abitativa si vanno a sommare al numero complessivo che si può trattare con interventi di riqualificazione.
In questi casi si può ricorrere al miglioramento dell’isolamento termico con il “cappotto”, la qualità degli infissi, il controllo della ventilazione ed il recupero del calore dall’aria esausta, teleriscaldamento a basse temperature, apparecchi elettrici domestici efficienti, generazione di acqua calda con l’uso di energia da fonti rinnovabili o rigenerative (solare geotermico, ecc.).
Hannover, Ecoquartiere Kronsberg 1996-2000. 3.000 unità abitative. 75% di riduzione di CO2, rispetto a costruzioni convenzionali, attraverso sistemi costruttivi a basso consumo energetico, certificati, reti di teleriscaldamento, 2 impianti eolici. Fonte: Legambiente
1. Le città ed i cambiamenti climatici
2. La mitigazione dei cambiamenti climatici nel settore delle costruzioni
3. Strategie di mitigazione e di adattamento degli insediamenti ai cambiamenti climatici
5. I cambiamenti climatici nei piani urbanistici
6. I cambiamenti climatici nei piani urbanistici: Europa
7. Modelli di città ecologiche. Schemi basati sui trasporti
8. La Parigi del dopo Kyoto: la proposta del gruppo Rogers
9. La Parigi del dopo Kyoto: la proposta del gruppo Castro
10. La Parigi del dopo Kyoto: la proposta degli altri gruppi
11. Principi di progettazione urbanistica della città ecologica
12. Principi di progettazione urbanistica della città ecologica (seconda parte)
13. Densificazione