Abbiamo cominciato questo corso con la domanda: “che cos’è l’Architettura?”.
Nella nostra tradizione culturale, abbiamo trovato la risposta: “L’Architettura è un’Arte che indica nella Natura le sue origini”.
Avremmo potuto accontentarci di questa autorevole ed antica definizione.
Abbiamo invece voluto appropriarci fisicamente di questo enunciato, verificarne la sua attuale validità come reale nutrimento per la nostra immaginazione. Abbiamo allora abbandonato la consapevolezza storica ed i supporti concettuali, ed abbiamo cercato di gettare sull’Architettura uno sguardo ignaro e selvaggio.
Abbiamo guardato all’Architettura: prima di tutto, semplicemente, come ad un’ “arte”, un’azione umana sulla terra. Poi, semplicemente, come ad un “corpo” fisico. E ancora, seguendo l’analogia antropomorfa, abbiamo osservato quegli aspetti strutturali e morfologici di essa che, consciamente o inconsciamente, noi percepiamo, a somiglianza con le nostre azioni corporee, come “gesti”.
Abbiamo effettuato questa ricognizione percorrendo il tempo della storia in tutte le epoche dall’antichità fino al passato più recente, e lo spazio delle costruzioni umane in tutte le direzioni ed i continenti del mondo.
Abbiamo incontrato così un patrimonio universale di tracce consolidate della presenza umana, immenso serbatoio di ricchezza materiale e immateriale.
Ma guardiamo ora: come si costruisce oggi nel mondo?
Come si costruisce oggi nel mondo: un esempio paradigmatico.
Negli Emirati Arabi Uniti fino a quindici anni fa il paesaggio era il deserto.
Negli ultimi 10 anni il “caso Dubai” ha mostrato il paradigma di una crescita urbana esplosiva, senza radici e senza limiti.
A Dubai si sta costruendo il grattacielo più alto del mondo: Burj Dubai, altezza 818 metri.
A Dubai si possono costruire grattacieli che ruotano su se stessi: Rotating Tower; e grattacieli che danzano: Dubai Towers.
A Dubai si può fare di tutto.
A Dubai non si vuole limite al consumo delle risorse non rinnovabili.
A Dubai si scia indoor anche se la temperatura esterna è di 50°.
A Dubai si costruiscono isole artificiali che imitano i cinque continenti del mondo.
Con quali modalità si costruisce oggi nel mondo?
Cosa si produce così nella trasformazione dell’ambiente e nella costruzione dell’habitat umano?
Il tracciato ortogonale infinito di Chicago. Fonte: Zokazola © mordac.com
Il modello di sviluppo della crescita senza limiti ha avuto origine nel mondo occidentale alla fine del sec. XIX.
Nei giorni 8-10 ottobre 1871 un grande incendio devastò la città di Chicago. La ricostruzione di Chicago fu realizzata con edifici di tipo nuovo, non più concepiti secondo le universali tradizioni dell’architettura come strutture sintattiche (organismi costruttivi aventi un inizio nelle fondazioni ed una fine nel tetto, e parti composte in modo gerarchico tra terra e tetto; organismi aventi ruoli principali e secondari nell’occupazione del suolo), ma come strutture paratattiche (volumi costruttivi seriali, a crescita verticale e ripetitività orizzontale sul suolo potenzialmente illimitate).
Un edificio della “Scuola di Chicago”, fine sec. XIX. Fonte: Architettura e viaggi
Il modello di sviluppo della crescita seriale senza limiti ha prodotto nella prima metà del sec. XX le grandi metropoli americane (Chicago, New York), espandendosi sempre più anche a dispetto del rischio sismico (San Francisco, Los Angeles), ed ha alimentato i sogni pionieristici dell’architettura nordamericana (si pensi al disegno “One Mile Skyskraper” di Frank Lloyd Wright, 1956).
Nella seconda metà del sec. XX il modello della crescita seriale senza limiti si è propagato nelle capitali d’Europa, nonostante la forza delle loro identità urbane storiche, antiche e consolidate (Londra, Parigi, Madrid, Mosca).
Ma soprattutto, scavalcato il Pacifico, e incontrando i grandi numeri delle popolazioni ed il fortissimo tasso di sviluppo delle economie asiatiche, è letteralmente esploso nelle immense metropoli asiatiche (Hong Kong, Kuala Lumpur, Tokyo, e infine anche Pechino).
Il modello di sviluppo della crescita seriale senza limiti ha costi ambientali, politici, sociali, economici, culturali altissimi ed insostenibili.
Suoi effetti sono:
….
Abitanti del mondo
che vivono in condizioni subumane
2007: 1,1 miliardi di persone
previsione 2020: 1,4 miliardi
Fonte: UN Habitat, Agenzia ONU per gli Insediamenti Umani
Il modello di sviluppo della crescita seriale senza limiti ha prodotto anche, alla fine del sec. XX, il fenomeno mediatico di una pseudo-architettura, omogenea agli pseudo-valori del mondo occidentale avanzato.
Già negli anni ‘80 si era venuto affermando uno star system dell’architettura (K.Frampton): una élite sempre più esclusiva di architetti «che costeggiano i canali della moda, del design, dello spettacolo, del marketing e spesso cercano una scorciatoia verso una posizione riconosciuta, che li esima da una continuazione della ricerca» (L.Benevolo).
Dagli anni ‘90, è dilagata nel mondo una costruzione mediatica secondo cui, a fronte di una mutazione epocale dell’habitat così complessa e problematica, l’architettura sembrerebbe aver sorprendentemente mutato natura: non più opera corale e collettiva, ma opera esclusiva di una élite di “geni”.
Con una pratica analoga a quella con cui alcune multinazionali hanno brevettato il patrimonio genetico di alcuni cibi primari, espropriandone le popolazioni storicamente coltivatrici, all’architettura si è voluto imporre un brand.
Perfino il nome che si è voluto dare a questo tipo di architetti (“archistar”) è stato coniato come un brand (G.Lo Ricco, S.Micheli).
Secondo questa costruzione mediatica, a fronte della crisi planetaria – anzi: noncurante di essa – quest’architettura sembrerebbe godere di ottima salute e di grande successo.
Alle cosiddette “archistars”, rese onnipotenti e planetariamente vistose dalla disponibilità di enormi risorse finanziarie, softwares sofisticatissimi, esonero dal rispetto delle normative, una critica ed una storiografia abbagliate e compiacenti regalano la qualifica di “architetti”, e addirittura di “geni dell’architettura”. Sono in realtà professionisti dello spettacolo, icone pubblicitarie di grandi complessi multinazionali che mirano ad aggiudicarsi l’appalto delle grandi opere nei vari paesi del mondo.
In realtà, se realmente l’architettura contemporanea fosse ridotta al fenomeno mediatico delle “archistars”, sarebbe oggi una disciplina non più utilizzabile.
Nelle prossime lezioni, cercheremo di cogliere altrimenti altre, e ben più interessanti, suggestioni della contemporaneità e capire con quali strumenti possiamo attrezzarci per continuare ad alimentare lo sviluppo del pensiero autenticamente creativo in architettura.
1. Creatività
3. Misure
4. Abitare
5. Corpi
6. Gesti
8. La mutazione
Donatella Mazzoleni, La città e l'immaginario, Officina, Roma 1985
Kenneth Frampton, Le Star System, Maitre du jeu, in Le Moniteur d'architecture n.44, 1993
Gabriella Lo Ricco e Silvia Micheli, Lo spettacolo dell'architettura. Profilo dell'archistar©, Mondadori, Milano 2003
Donatella Mazzoleni, L'architettura e le sue meraviglie, conferenza nel ciclo “Come alla Corte di Federico II”, marzo 2008, in Come alla Corte di Federico II