La fotografia riveste una notevole importanza nella documentazione architettonica e costituisce uno strumento insostituibile nel rilevamento architettonico vuoi come documentazione di completamento ai grafici di rilievo, vuoi come strumento ausiliario nelle operazioni di rilievo.
Il potere evocativo della fotografia si fonda sulla capacità della nostra memoria di immagazzinare le immagini in maniera più efficace e stabile che i prodotti di altre percezioni.
La percezione di un oggetto architettonico è frutto di una vasta esperienza che include, oltre all’osservazione visiva, anche sensazioni tattili, misurazioni compiute nel muoversi in relazioni all’oggetto, elaborazioni concettuali e storiche.
Gli obiettivi si suddividono generalmente in grandangolari, normali e teleobiettivi. Questa classificazione dipende dalla lunghezza focale dell’ottica, che viene solitamente espressa in millimetri. Essa determina il campo di ripresa, l’ingrandimento e la profondità di campo dell’ottica.
Nel formato 35 mm le lunghezze focali comprese tra i 20 e i 35 mm sono considerate grandangolari. Producono una maggiore profondità di campo e un maggiore angolo di ripresa, ma rimpiccioliscono i soggetti. Un supergrandangolo, o fisheye, consente un angolo di ripresa di 180° o più ampio.
Gli obiettivi con lunghezza focale compresa tra i 45 e i 55 mm sono detti normali, perché sono quelli che più si avvicinano all’occhio umano per la prospettiva e le proporzioni degli oggetti osservati.
Gli obiettivi con focale più lunga, oltre gli 85 mm, sono chiamati teleobiettivi: schiacciano la prospettiva e diminuiscono la profondità di campo, ingrandendo molto il soggetto.
Gli zoom, altro tipo di obiettivi, sono strutturati in modo da consentire di variare la lunghezza focale impiegando un’unica ottica. Sono particolarmente utili con le reflex, in quanto permettono un controllo agile e continuo nella composizione dell’immagine.
L’inquadratura: è un taglio arbitrario della scena.
E’ necessario quindi controllare che contenga tutte le informazioni utili al fine voluto (vedute d’insieme, di elementi architettonici, quali portali e finestre, di particolari, elementi ripresi di prospetto, in prospettiva con linee verticali parallele, di scorcio…)
Il punto di vista
È dato dalla posizione della fotocamera in rapporto all’oggetto della ripresa e non dalla focale dell’obbiettivo utilizzato, che determina solo la porzione del campo visivo che si vuole fotografare.
Condizione necessaria e indispensabile perché un’immagine fotografica sia priva di prospettiva è che il piano della pellicola sia parallelo alla facciata dell’oggetto della ripresa.
Se il piano della pellicola è ruotato rispetto ad una retta verticale parallela alla facciata, l’immagine sarà in prospettiva con le linee verticali parallele e quelle orizzontali in fuga.
Guardando verso l’alto o verso il basso, l’occhio (o camera) percepisce gli oggetti in prospettiva, e questo anche se colui che guarda riesce a stimare l’oggetto privo di deformazioni.
La prospettiva di un grigliato regolare, produce un grigliato irregolare e deformato.
L’esempio riportato in figura rappresenta schematicamente l’effetto geometrico deformante di una qualsiasi fotografia.
I valori numerici delle deformazioni in corrispondenza dei singoli punti possono essere ricavate dalle coordinate immagine x,h e dalle coordinate oggetto X, Y.
Queste deformazioni variano da punto a punto dell’immagine e in funzione delle direzioni considerate (analogo al discorso delle deformazioni di una rappresentazione cartografica generale).
Se la superficie dell’oggetto è un piano, la prospettiva assume la forma generica rappresentata in figura:
Nel caso di oggetto piano, se il piano dell’immagine e quello dell’oggetto sono paralleli, il fotogramma è identico all’oggetto e ne rappresenta l’ortofoto ad un prefissato rapporto di scala (rapporto tra distanza principale e distanza di presa).
Per eliminare la deformazione delle immagini fotografiche si possono utilizzare due procedimenti differenti.
Raddrizzamento: è un procedimento applicabile solo a oggetti perfettamente piani o con differenze altimetriche tali da generare errori di altezza trascurabili alla scala della rappresentazione. Il fotogramma viene trasformato in una proiezione centrale dell’oggetto, che è uguale, a meno di un fattore di scala, alla proiezione ortogonale dell’oggetto stesso.
Raddrizzamento differenziale: è un procedimento applicabile a oggetti di forma qualunque. Il fotogramma viene diviso in piccole porzioni considerabili piane e ognuna di esse viene sottoposta ad un processo di raddrizzamento.
Raddrizzamento
La prospettiva centrale di un piano degenera nelle equazioni della omografia generale, che mettono in relazione il piano dell’immagine e il piano dell’oggetto mediante otto parametri. Per determinare questi parametri è necessario conoscere le coordinate oggetto e immagine di quattro punti.
Raddrizzamento
Dall’equazione dell’errore di altezza si nota che per fare un raddrizzamento:
occorre usare solo le parti centrali dei fotogrammi;
occorre usare immagini riprese con obiettivi a focale adeguata (per ridurre le deformazioni).
Una volta fissata la porzione di fotogramma da utilizzare e la distanza principale della camera da presa si può determinare il massimo spostamento dal piano oggetto, ammissibile affinché gli errori di altezza siano trascurabili alla scala della rappresentazione.
Raddrizzamento differenziale
Se i dislivelli presenti non consentano l’uso della tecnica del raddrizzamento, occorre procedere ad un raddrizzamento differenziale.
Si considerano piccole porzioni di fotogramma che possono essere considerate piane e le si sottopone ad un processo di raddrizzamento.
Le singole porzioni raddrizzate vengono poi mosaicate, formano così l’ortofotocarta dell’oggetto.
Fotopiano: immagine composta da fotografie che hanno subito un trattamento dal punto di vista geometrico per poter diventare delle proiezioni ortogonali ad una determinata scala ed essere perciò direttamente misurabili.
La fotografia, dal punto di vista proiettivo è una proiezione centrale nella quale gli oggetti cambiano forma e dimensione in funzione della loro distanza dal centro di presa.
Dal punto di vista analitico, stabilito il sistema di riferimento, le relazioni tra fotogramma e oggetto dipendono da 9 parametri che descrivono la posizione della lastra nello spazio (orientamento esterno) e le caratteristiche geometriche della camera (orientamento interno).
Orientamento interno:
Orientamento esterno:
Il presupposto fondamentale per l’impiego del metodo del raddrizzamento è che l’oggetto da rilevare sia piano.
Nella realtà operativa questa condizione geometrica non è mai riscontrata in modo completo: basti pensare alle ondulazioni del terreno o alle sporgenze su una facciata di un edificio. Quando si raddrizza una fotografia è necessario perciò valutare gli errori causati dallo scostamento dal piano di riferimento sul quale giacciono i punti o le linee di controllo.
Il raddrizzamento viene considerato corretto se lo spostamento in ogni punto dell’immagine è contenuto entro l’errore di graficismo.
Nei fotopiani si considera come piano di riferimento il piano di campagna (p.e. il piano stradale); la verifica va dunque fatta non alla quota di gronda (dove in pratica si è sempre fuori tolleranza) ma al piede degli edifici.
Una volta ottenuti, i fotogrammi raddrizzati si possono unire in modo da ottenere un mosaico che costituisce la carta fotografica.
L’obiettivo delle tecniche di mosaicatura digitale è di mantenere la precisione geometrica delle singole immagini generando un’unica immagine somma delle altre ed eliminando le differenze radiometriche esistenti tra le immagini di partenza, dovute alla differente illuminazione in fase di presa o ad errori della scansione.
Dal punto di vista geometrico, generalmente si chiede che le due immagini di partenza abbiano lo stesso sistema di riferimento assoluto mentre, per l’aspetto radiometrico, visto che nell’area di sovrapposizione delle due immagini vanno determinati nuovi valori dei livelli di grigio o di colore, è ovvio che più le immagini sono simili come tonalità, migliore sarà il risultato del procedimento.
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