Dopo le lezioni svolte sulla città portuale (Lezioni 21-22-23-24) abbiamo iniziato a svolgere alcune lezioni su un tema di storiografia urbanistica strettamente legato alle difese delle città portuali.
Tema al quale ci si è dedicati fin dagli anni ‘80 svolgendo ricerche su città dell’Italia meridionale.
“La città e le sue mura” è una tematica che risponde pienamente alle odierne tendenze storiografiche di approccio alla disciplina e alle più consone metodologie storiche di lettura basate sulle fonti, sia tradizionali, che innovative.
Su questo patrimonio di base teorico-scientifico impostiamo queste Lezioni su una tematica di particolare rilievo all’interno della ricerca storica sulle città di antico regime , ovvero sulle città antecedenti il periodo della rivoluzione industriale.
In tal senso abbiamo costruito le Lezioni 25 e la presente per dare modo di entrare nello spirito della storia urbanistica analizzandone temi specifici e caratterizzanti le città storiche, cioè determinanti nella costruzione della città in un lungo periodo.
Le mura determinano il limite delle città dal paesaggio urbano e dal suo territorio circostante e sono elemento fondante della città stessa e per i suoi abitanti durante tutto l’antico regime, ossia prima della rivoluzione industriale.
Il discorso sul tema delle “Mura”, è da noi ritenuto determinante per l’approfondimento della ricerca stessa nel campo di studi di storia della città affrontato da questo Corso universitario.
Il tema di per se molto vasto e complesso ha affrontato nella prima parte la città e le mura dall’Antichità al Periodo di Transizione, ossia tra primo Quattrocento e Cinquecento (lezione 25), facendo specifico riferimento alle Fortificazioni marittime delle città portuali e di Napoli in particolare.
Nella seconda parte affrontiamo il tema delle Fortificazioni bastionate o “a la moderna” e il superamento delle mura e delle cinte nel corso dello sviluppo urbano di una città o la loro conservazione nel caso non si sia avuto sviluppo urbano del centro murato.
L’esemplificazione individuerà in partiocolare le fortificazioni marittime napoletane vicereali ed i castelli e i forti del periodo Toledano, ancora in situ a Napoli.
4.Le fortificazioni bastionate tardo-quattrocentesche e cinquecentesche italiane ed europee
Nasce verso la fine del Quattrocento , dopo l’opera innovatrice del maestro senese Francesco di Giorgio , proseguita dai suoi collaboratori una nuova maniera di fortificare le città.
Questa nuova maniera si incentra sull’articolazione della muraglia, non più in singoli avancorpi, ma con numerosi bastioni e puntoni per tutta la sua articolazione di cinta intorno all’abitato. Tutte le città progettano il rinnovo delle cerchie urbane medievali con torri secondo la nuova maniera articolata con bastioni.
I disegni esemplificativi delle trasformazioni dell’arte fortificatoria nel primo Cinquecento sono da riscontrarsi nei progetti delle nuove cinte bastionate delle città italiane, da parte dei più famosi architetti del Rinascimento:
Fortificazioni queste ultime di cui parleremo in dettaglio nel corso della Lezione.
L’espansione europea delle teorie sulla nuova maniera di fortificare le città, conduce alla realizzazione di nuove cinte bastionate per molte città murate.
La scuola di ingegneri militari in Francia, in Fiandra, in Champagne e l’affermazione degli ingegneri ed architetti italiani. In Belgio: la cittadella di Anversa 1567-72 costruita da Francesco De Marchi, Francesco Paciotto e Bartolomeo Campi.
Le grandiose fortificazioni bastionate di Valletta (1566) nell’isola di Malta con il Forte S.Elmo e la costruzione e l’ampliamento della città cinquecentesca da parte di PierPaolo Floriani (1635).
Solamente per portare qualche esempio, ma molti altri centri in tutta Europa furono fortificati secondo le indicazioni italiane sul “Bastione”.
Tali teorie furono raccolte in voluminosi trattati militari di ingegneri militari italiani e poi anche delle altre “scuole nazionali di fortificazione”, cioè la francese, l’olandese e la tedesca.
La teorizzazione della nuova maniera di fortificare le città alla fine del Cinquecento può leggersi nei trattati seicenteschi.
5. I forti, le cittadelle isolate o fortezze, le piazzeforti
La concretezza delle esperienze verificatesi negli assedi e nelle difese delle fortezze conduce alla geometrizzazione e alla progettazione di sempre più avanzati sistemi fortificatori, anche per allestire difese capaci di opporsi ai sempre più perfezionati procedimenti seguiti nelle operazioni di assedio . Ciò comportò la progettazione di sempre più’ complicati tipi geometrici di cinte fortificate con corpi avanzati e opere lanciolate.
Abbiamo cioe’ un altro momento importante nella storia delle fortificazioni e superato il momento di passaggio dalla” difesa statica” o piombante attuata nel Medioevo alla “difesa attiva” dei forti e delle fortezze bastionate, si avvia alla fine del Seicento al concetto innovatore della “difesa elastica”.
Cioe’ alla concentrazione in alcuni complessi fortificati, strategicamente collocati sul territorio, i punti chiave di una fitta rete militare, fondando cosi’ la difesa solamente su questi capisaldi muniti quali vere piazzeforti in nuovo disegno difensivo.
E’ l’attuazione della nuova morfologia della fortificazione “moderna”, ispirata a quella tecnica militare, ormai diffusa in tutta Europa, per merito del Vauban, che tende con “le opere avanzate” a sviluppare le fortezze secondo una propria logica interna di simmetria, di rigore tecnico formale che non dialoga più con la citta’ civile abitata. (da Teresa Colletta, Piazzeforti di Napoli e Sicilia. Le carte Montemar, Napoli 1981)
Le città -piazzaforte
La tecnica Vaubaniana della difesa avanzata e il perfezionamento dei procedimenti di assedio con la creazione della tecnica delle trincee parallele.
Le nuove cinte e i nuovi fronti bastionati alla Vauban delle citta’ francesi e delle cittadelle di confine. Le cortine coperte da opere addizionali , dette tenaglie, in asse con il rivellino evitano le brecce al muro di scarpa delle cortine.
Le piazze-forti francesi dopo il Vauban e le varie esemplificazioni di opere addizionali, dopo il 1698. Il sistema poligonale delle cinte urbane :il fronte bastionato.
Le piazzeforti del Sud e le difese avanzate al momento dell’invasione di Carlo di Borbone, influenzate nella progettazione da parte di ingegneri spagnoli e austriaci dall’opera del Vauban. Il piano strategico delle piazzeforti del sud, leggibile tramite le “carte Montemar” del 1730-1734. Le piazzeforti meridionali di Gaeta, Civitella, Capua, Pescara, la cittadella di Messina e di Trapani in Sicilia.
L’elemento fondamentale dell’impianto urbano: le mura e la cinta si sviluppano e si modificano con l’ampliamento e lo sviluppo del centro.
Il superamento delle mura avviene con l’inglobamento delle vecchie mura o con la loro demolizione e con l’inclusione all’interno della nuova cinta dei borghi e sobborghi di nuova costruzione, prima esterni alla città muraria.
Il superamento delle antiche cinte si verifica in tutte le città turrite maggiori di antico impianto: Napoli, Parigi, Ferrara, Firenze, dall’epoca antica fino alll’età moderna quando si costruiscono le cinte bastionate.
La conservazione delle cinte murarie si ha oggi nei centri che non hanno avuto uno sviluppo urbano successivo al primitivo impianto murario della cinta urbana.
Molti centri urbani non hanno nel corso dei secoli attuato il superamento delle antiche cinte con un continuo sviluppo urbano, talchè si conservano le cinte originarie: cinte medievali turrite e cinte bastionate cinquecentesche.
Si pensi in Campania all’insediamento di Vairano Patenora che conserva l’antica cinta turrita quattrocentesca o a Capua che conserva la cinta bastionata vicereale ed il forte di Carlo V a 4 bastioni lanceolati.
La distruzione e demolizione delle cinte murarie nelle grandi città ed i progetti ottocenteschi dello sviluppo urbano
Il momento dell’ inutilità delle cinte murarie si verifica alla fine del Settecento: avvengono parziali distruzioni e puntuali demolizioni di elementi separati delle mura come delle porte urbane. E’ il caso di Napoli e di moltre altre città di grandi dimensioni che aumentarono i confini dell’abitato. La conservazione delle mura evidenzia lo stato di stasi di quel centro a quella data epoca: Alife romana, Alatri medievale, Vairano Patenora tardo-quattrocentesca, Capua rinascimentale,Valletta sei-settecentesca capitale di Malta.
L’abbattimento della cinta di mura di Vienna e la creazione del Ring, così come il superamento delle mura settecentesche di Parigi sono due esempi emblematici della tematica del “superamento delle mura”.
Per Vienna era stata la necessità di costruzione di nuove infrastrutture pubbliche: palazzi reali, teatri, biblioteche , musei, scuole, ferrovie, metropolitane, e poi anche nuovi assi viarii alberati e per il passeggio e le carrozze a determinare l’abbattimento della cinta bastionata e l’occupazione dell’area demaniale del Glacis. Per Parigi le nuove espansioni dei borghi e la creazione dei boulevards ottocenteschi comportano la demolizione delle mura.
Si farà ora un’ esemplificazione di come l’elemento fondamentale dell’impianto urbano la cinta muraria si avanza e si modifica con l’ampliamento e lo sviluppo del centro urbano, descrivendo il caso di Napoli e delle sue fortificazioni marittime.
Ferrante e le mura aragonesi meridionali e orientali (1484-1487). Le opere di difesa concentrate a Castelnuovo e al Castello-forte “Lo Sperone”.
Il precario stato della murazione che gli Aragonesi ereditarono dagli Angiò – Durazzo, non dovette essere in così grave stato di fatiscenza, se decisero di rivolgere le loro attenzioni in primis al miglioramento della città la riedificazione di Castel nuovo (1443-57) e i cospicui interventi pubblici nella città portuale e mercantile (1454-58)- e solamente nel 1484 si decisero per il rifacimento delle mura orientali e nel 1490 a quelle occidentali.
Le nuove esigenze di difesa vanno viste in relazione all’avvenuto ampliamento dell’abitato e furono determinanti nella scelta di Ferrante di erigere il nuovo circuito difensivo per la città seguendo nella scelta del tracciato dei limiti ben precisi e già segnati dalla città, così come si veniva costruendo: a sud la riva del mare, ad est con il superamento del Lavinaio, o canale/fosso, e ad occidente il confine tra due grandi proprietà fondiarie monastiche.
Il nuovo tracciato difensivo prevedeva l’inglobamento all’interno del nuovo perimetro delle tre zone d’ampliamento: a sud tutta l’area urbanizzata sulla riva dopo il terremoto del 1456: ad occidente l’area di Santa Marta lungo la via delle Corregge e l’altra ad oriente la lunga e vasta area oltre il Lavinario da San Giovanni a Carbonara al Carmine.
La cinta aragonese tardo-quattrocentesca era più razionale, seguiva schemi adatti alle nuove tecniche d’assalto, già sperimentati e collaudati con criteri innovativi negli anni 1443-50 dai maestri catalani nel costruire la nuova reggia fortificata, “pur non essendo coerente con le più aggiornate tecniche militari” alla data del 1484.
Di quanto il bagaglio di Francesco di Giorgio Martini fosse aggiornato e realisticamente realizzabile in materia di difese urbane penso possa essere fatto esempio l’attività del maestro a Napoli tra il 1492-1498.
La cinta aragonese impostava l’inizio della nuova difesa presso la chiesa del Carmine, angolo estremo sud-orientale della città, confine urbano presso il mare che assumeva importanza cruciale per la difesa ponendosi come baluardo simmetrico rispetto al complesso occidentale costituito da Castelnuovo fortificazioni marittime che dovevano proseguire lungo la costa con cortine e torri circolari fino a ricongiungersi all’arsenale-molo e a Castelnuovo, di cui però non abbiamo documentazione se non quella iconografica; a differenza della cortina orientale con 21 torri ancora parzialmente visibile e ben studiata analiticamente da più studiosi. Mura merlate della città aragonese sul fronte marittimo che sono parzialmente visibili anche nelle illustrazioni della Cronaca quattrocentesca del Ferraiolo.
Gli studi sulla murazione aragonese di Napoli orientale sono numerosi, essendo l’unica parte di cinta muraria della città ancora in situ, non essendo stata mai demolita nella totalità, sebbene fortemente degradata, ma inglobata nelle successive edificazioni. La cinta muraria costituirà un limite orientale per Napoli anche per la situazione geo – idrologica delle aree oltre tale cinta: paludose e malsane, limite che non verrà superato per tutto il periodo vicereale e fino all’Ottocento.
Bisogna evidenziare la necessità con il tracciamento della nuova murazione della traslazione dei nuovi fornici urbani dal lato orientale e dei nuovi collegamenti viarii tra queste porte ed il tessuto edilizio: rimandiamo ai numerosi e validi saggi ed alla ricca storiografia sia per l’andamento della cinta che per le tecniche della fortificazione adoperate, sia per lo stato di conservazione attuale e lo studio dei singoli 21 torrioni superstiti, che per la configurazione architettonica rinascimentale delle porte urbane ancora in loco. (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile…, cap.V, 2006)
La grande torre dello Sperone, ricostruita da Carlo di Durazzo nel 1382, venne riedificata in occasione della ribellione dei baroni e quindi può essere considerata la prima opera difensiva urbana aragonese.
Per la struttura architettonica turrita del castello del Carmine e per la sua configurazione ci viene in aiuto la cartografia storica illustrata ad iniziare dalla famosa e più volte studiata Tavola Strozzi del 1473, alla pianta prospettica in alzato di Sebastian Munster.
Il fronte marittimo delle mura è ben individuato nella Tavola Strozzi , il più importante ed antico documento iconografico della città, una vera topografia urbana quattrocentesca. In un vario e disordinato alternarsi di mura, di torri e di porte, il fronte marittimo si riallacciava dal Carmine al fronte di difesa turrito dell’arsenale angioino-aragonese, che apriva direttamente sul mare.
Napoli. Le fortificazioni marittime aragonesi superstiti tra le strade a scorrimento veloce della via marina, viste dall'alto (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile…,2006).
Le fortificazioni marittime “Toledane” attuate dal vicerè Pietro de Toledo
La trasformazione del fronte a mare con le nuove fortificazioni marittime (1537-1543) e l’apertura di nuove porte urbane si ebbe da parte del vicerè Toledo, dopo la visita di Carlo V a Napoli e le direttive imposte per la difesa della capitale del viceregno. Il Toledo provvide alle nuove difese per la capitale del viceregno spagnolo già dal 1537.
La costruzione di una valida sicurezza difensiva per Napoli inizia proprio dal fronte meridionale, ben conoscendo il Toledo lo stato precario della murazione già esistente dalla parte del mare.
La necessità di una maggiore difesa del fronte a mare comportò la volontà di prevedere una nuova fortificazione “a la moderna” per la difesa da attacchi dal mare lungo il litorale.
Il completamento dell’opera grandiosa del recinto bastionato che circondava il Castelnuovo con una recinzione massiccia amplia l’area difensiva in una vera e propria cittadella, con grandi e bassi torrioni circolari e bastioni ed ampio fossato intorno si inserisce in questo piano.
Le fortificazioni marittime del vicerè Toledo (1537-45)
La ben nota mappa del Duperac-Lafrery del 1566 mostra già attuate le fortificazioni Toledane ed il recinto bastionato intorno Castelnuovo, con il bastione avanzato cuneiforme verso oriente operato nella rifortificazione del viceré Toledo. Unica testimonianza certa e documentata, si può ben dire, della fortificazione marittima cinquuecentesca, non essendoci testimonianze e reperti in situ, né una documentazione archivistica delle operazioni effettuate per la sua realizzazione.
Del tratto corrispondente al litorale tra i due castelli, scrive Roberto Pane: “non si conoscono le forme e i modi con i quali fu operata la sutura tra la murazione nuova (vicereale) e quella lasciata interrotta dagli aragonesi e cioè che cosa fu conservato e che cosa fu demolito nel compimento della sutura stessa“.
Napoli. Le fortificazioni marittime Toledane nella pianta prospettica Duperac – Lafrery del 1566. (Museo di San Martino)
L’architetto militare Antonio Marchesi da Settignano proseguì l’opera della cittadella ossia della cinta intorno Castelnuovo secondo i disegni forniti dal maestro anche durante il viceregno spagnolo 1503-1509.
La cittadella è ben visibile però in tutta la sua potenza di artiglieria e con ampi dettagli descrittivi nel famoso disegno dello spagnolo Francisco de Hollanda nel 1538.
Con il vicerè Toledo un potenziamento difensivo si rese necessario per un’azione maggiormente vantaggiosa dell’offesa e difesa delle artiglierie del Castelnuovo, furono pertanto eseguiti fossi e relative controscarpe per realizzare più ampie ed articolate fortificazioni bastionate sul mare.
Per attuare l’ ampliamento del recinto bastionato intorno l’antica reggia aragonese ed il completamento delle nuove fortificazioni con baluardi di Castelnuovo si resero necessari cospicui abbattimenti di fabbriche costruite nei secoli precedenti vicino al molo ed al bacino portuale e conseguenti “spianate”.
Il vicerè Toledo ordinò di demolire la chiesa ed ospedale di San Nicola al molo, per rendere più facile l’accesso al molo grande, in quegli stessi anni ampliato in larghezza. (da T. Colletta, Napoli città portuale …, 2006)
La cortina di mura si apriva sul molo costituendo il primo accesso in città, tramite la porta del castello, ed un’altra porta verso est collegava il molo all’arsenale -la porta dell’arsenale; entrambe le porte poste in posizioni strategiche.
Del recinto cinquecentesco, abbattuto con i lavori di isolamento della fabbrica turrita nei primi anni del Novecento, è venuto recentemente in luce durante i lavori della Metropolitana di Napoli, del 2001-2002, in piazza Municipio, il grande torrione est della cortina -detto dell’Incoronata- confermando la dimensione della cinta fino all’inizio della via Medina attuale.
Il castello aragonese, cinto da questa imponente mole di fortificazioni a recinto e fossati, divenne una vera e propria cittadella bastionata, posta sul mare, dal quale però rimane distaccato con le nuove opere.
L’insieme della cittadella e della nuova cinta marittima risultava un unico nucleo bastionato con il carattere di fortezza. Le nuove murazioni separavano la reggia turrita aragonese dal mare e dal porto, anch’esso rinnovato e ben difeso militarmente.
La grande isola fortificata-recinto di Castelnuovo-molo-arsenale vicereale
si collegava alla fortificazione bastionata dell’intero fronte sul mare, iniziato nel 1537, cingendo con una cortina muraria tutta la città bassa.
La nuova murazione marittima era ben più avanzata rispetto al fronte tardo quattrocentesco, a spessore con torri, ed occupava uno spazio ben maggiore in larghezza, con una muratura scarpata articolata a cortina, con un solo baluardo alla porta di S. Andrea; nelle cui rientranze si aprivano le numerose porte civiche.
La murazione vicereale marittima tra Castelnuovo ed il Carmine seguiva un percorso non lineare, più volte descritto, dal Torrione del Carmine alla Porta del molo piccolo, per proseguire fino a Castel dell’Ovo; tracciato, di più di 2 km, del quale è stato operato una ipotetica restituzione grafica sulla base del rilievo a grande scala del 1889, con l’identificazione delle porte, oggi totalmente scomparse.
Nel volume di testo “Napoli città portuale e mercantile” potete ritrovare la descrizione e la collocazione- restituzione di tutte le porte urbane meridionali che raddoppiano di numero rispetto alle porte della cinta muraria angioino-aragonese. Notevole aumento numerico in ragione dell’incremento edilizio dell’abitato lungo la riva, ad iniziare dall’indomani del terremoto del 1456, e proseguito con nuove edificazioni sul litorale in quasi un secolo di espansione verso la riva.
(da T. Colletta, Strategie difensive e ri-fortificazione delle città portuali del regno di Napoli tra la fine del Quattrocento ed il primo trentennio del Cinquecento … 2009),
Si verifica anche nella costruzione della murazione vicereale la traslazione di molte porte urbane già esistenti, principalmente lungo alcuni percorsi urbani di maggior traffico: le nuove porte sono strettamente connesse alle strade principali del quartiere e seguono il nuovo andamento della costa ed i punti di sbarco delle merci sulla riva.
In ragione dell’ulteriore intensificarsi dell’abitato e della popolazione, verso Chiaia si determinò la necessità dei nuovi accessi dal mare per agevolare i traffici di mercanzie di largo consumo; talchè i fornici urbani verso il mare nel Seicento andranno ancora ad aumentare.
Gli antichi castelli sul mare divengono fortezze marittime: il Carmine e Castel dell’Ovo sono ristrutturati secondo i canoni della “fortificazione a la moderna” per la primaria funzione difensiva da attacchi dal mare da est e da ovest e a protezione della cinta marittima Toledana. (da T. Colletta, Piazzeforti di Napoli e…, cap.II, 1980)
Nella “pianta ricostruttiva”, da noi operata sulla base della pianta al 200 (in scala 1:200) del 1889 redatta dall’Ufficio Tecnico del Comune per il “Risanamento di Napoli nella cinta muraria marittima tra la fine del Cinquecento ed il principio del Seicento abbiamo individuato ben 18 Porte che si aprivano sulla riva. Oggi tutte perdute. (da T. Colletta, Napoli città portuale e .., cap.VI, 2006)
Le fortificazioni e le porte urbane seicentesche del tracciato murario costiero, saranno date in concessione a privati, come in altre zone della città, non essendoci stati né progettati, né realizzati ulteriori potenziamenti difensivi marittimi dopo quelli del Toledo.
Le piante prospettiche di Carlo Theti del 1560 e del Duperac-Lafrery del 1566 mostrano il fronte a mare napoletano, dopo gli interventi toledani, con l’accentramento delle funzioni portuali in un unico luogo urbano tra il molo grande angioino ed il molo piccolo, tra il recinto di Castelnuovo e l’arsenale angioino-aragonese. Arsenale che venne ristrutturato ed ampliato nel 1540 in concomitanza con la demolizione della chiesa di San Nicola al molo.
I problemi di una mancata complessiva riorganizzazione dell’intero polo portuale si andranno ad accentuare maggiormente alla fine del Cinquecento quando si rivelerà con l’urgenza delle terribili mareggiate, la necessità della progettazione di un nuovo e più ampio bacino portuale in relazione all’arsenale vicereale del 1577. Il nuovo porto per alterne vicende, su cui ci soffermeremo in seguito, non fu realizzato, e nella seconda metà del Seicento la costruzione di una nuova darsena completerà la trasformazione del fronte a mare in senso politico militare, più che mercantile.
Una trasformazione del fronte a mare d’epoca vicereale senza eguali in altre città europee di cui abbiamo parlato nelle lezioni 23 e 24 alle quali rimandiamo.
Delle fortificazioni bastionate Toledane occidentale oggi rimane il solo bastione della Trinita’ delle Monache, che si ebbe sotto la collina San Martino a testimoniare la cinta bastionata vicereale.
Il centro della cinta vicereale toledana si concretava nella progettazione di un nuovo forte sulla collina di San Martino: Il Forte di S.Elmo. Forte stellare a sei punte, Caput sulla città nei disegni e nel progetto originario del 1537- di PierLuigi Escrivà architetto valenzano. Mentre il progetto di trasformazione del forte di Sant’Elmo e di ampliamento con una nuova cinta a bastioni del 1639, nei disegni conservati a Simancas, non fu mai attuato. La nuova cinta bastionata intorno al forte stellare a sei punte, sfruttava i dislivelli della collina del Vomero che si ergeva sulla città, non differentemente dall’attuale configurazione.
Nel Sud vennero costruiti altri forti nel viceregno di Napoli e Sicilia: il forte dell’Aquila progettato dallo stesso architetto Escrivà e il forte di Carlo V o cittadella di Capua.
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28. Napoli città portuale e mercantile. La costruzione della “a...
Questa Lezione si basa sulle mie ricerche storico urbanistiche sulle città piazzeforti del regno meridionale e su Napoli e le sue fortificazioni marittime
Vedi il volume di testo:
T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile. La città bassa il porto ed il mercato …, Roma, Kappa 2006.
Per ulteriori approfondimenti:
T. Colletta, Piazzeforti di Napoli e Sicilia. Le carte Montemar, Napoli, ESI, 1981.
T. Colletta, Strategie difensive e ri-fortificazione delle città portuali del regno di Napoli tra la fine del Quattrocento ed il primo trentennio del Cinquecento, in “Storia dell'Urbanistica” ,n.s.,n.1, 2009 su “Pier Francesco da Vlterbo e l'architettura militare italiana del primo Cinquecento”, pp. 145-161.