Nella Lezione precedente (Lezione 27) si è parlato dell’insediamento nella città portuale di Napoli delle comunità straniere e degli ipotetici trasferimenti o spostamenti di nationi di stranieri già presenti in città tramite lo studio delle fonti di archivio scritte e cartografiche.
Nella lezione odierna parleremo della individuazione del processo di urbanizzazione del territorio peri-urbano di Napoli e la sua costruzione alla fine del Quattrocento, tramite le fonti documentarie di archivio e cartografiche.
Le fonti di archivio per la ricostruzione del processo di urbanizzazione
Si ha la possibilità infatti di registrare la Costruzione di una parte della città storica di Napoli, ossia di una ben determinata area d’ampliamento urbano tra la fine del Quattrocento ed il primo trentennio del Cinquecento tramite le Platee monastiche.
Le fonti di mano religiosa sono di grande utilità ad attestare la costruzione della città storica in un momento successivo quando con le prime “Platee” o “Descrizioni dei Beni” gli enti monastici elencano tutte le fasi di questo processo urbano ed edilizio ed enumerano tutti i loro enfiteuti, tra i quali, come si è già detto nella Lezione precedente (Lezione 27) anche cittadini provenienti da località straniere.
Con le testimonianze dei “Registri” catastali monastici abbiamo una più precisa riconoscibilità di tutte le fasi del processo di costruzione di una parte della città storica. Più particolarmente di quella parte della città in origine, proprietà fondiaria di quel monastero e pertanto registrata negli Archivi di quei monasteri. (da T. Colletta, Napoli. La cartografia pre-catastale…, 1985)
Le fonti d’archivio cartografiche: le carte pre-catastali
Le piante pre-catastali, come più volte si è affermato danno la possibilità di perimetrare i vasti territori di proprietà monastica in città e di seguire tramite la documentazione di archivio la loro urbanizzazione. (per la cartografia pre-catastale vedi le lezioni 5-6)
Il ricco monastero di San Pietro Martire per donazioni angioine possedeva: “il territorio inferiore” detto anche l’ “Arena grande”, lungo la marina da Porto Salvo fino alla chiesa di S.Andrea degli Scopari e il territorio superiore detto di Santa Marta.
Le “carte” delle Platee delle proprietà monastiche danno la possibilità di seguire il processo di edificazione, lungo e costante della zona di proprietà fin dalla prima donazione regia e di ricostruire tutte le fasi del processo in più di due secoli .
Si constata anche l’elenco dei cittadini napoletani e “stranieri”, censuari al monastero coinvolti nella costruzione ed acquisizione dei lotti nelle nuove aree di urbanizzazione.
La lettura della Platea d’archivio di San Pietro Martire riguardante il “territorio di Santa Marta”, Ossia della pianta pre-catastale della zona di proprietà monastica unitamente ai fascicoli d’archivio annessi ci ha dato indicazioni a proposito della localizzazione degli stranieri nel Cinquecento. (per la cartografia pre-catastale e catastale vedi le lezioni 4, 5 e 6)
Dall’ultimo ventennio del Quattrocento nuovi censuari sono documentati nelle aree di nuova urbanizzazione, ben collegate con la residenza reale aragonese, tramite il grande stradone dell’Incoronata, punto nevralgico della nuova città in espansione verso occidente. (oggi via Medina)
L’insediamento è strettamente legato alle possibilità offerte dalle aree di nuova costruzione per nuove possibilità di rendite posizionali, sia anche per le opportunità offerte in queste zone in costruzione di poter edificare grandi architetture religiose ma anche congreghe, teatri, ospedali e case palaziate etc. da parte delle comunità straniere più radicate nella città portuale napoletana.
Il fenomeno insediativo ed edilizio proseguirà ininterrotto per tutto il Cinquecento fino a costituire in questa zona di “S. Marta” il quartiere di San Giuseppe ed anche l’insediamento di nuove colonie straniere, come sarà il caso di “Genova nuova”. (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile…, 2006, cap.V)
Le aree di ampliamento occidentali della città mercantile aragonese: l’area di “Santa Marta” urbanizzata dal monastero proprietario tra il 1458-1487 e proseguita fino ai primi anni del Cinquecento.
L’ “area di Santa Marta” era una grande zona suburbana a nord “delle Corree o Corregge” -l’antica strada, ove si svolgevano le corse e giostre- di congiunzione tra la città murata, fuori la Porta Petruccia delle mura angioine occidentali, ed il castello reggia. Era così denominata per una piccola chiesa ed annesso ospedale ivi edificata fin dal 1373-1374 da parte della più nota arciconfraternita mercantile di Napoli: la Confraternita della Disciplina di Santa Marta.
La zona periurbana a monte della strada delle Corregge – l’attuale via Medina – era stata in parte già edificata dagli angioini durante il Trecento: il grande stradone che dalla porta Petruccia conduceva allo Chateau neuf, che prese il nome di stradone dell’Incoronata, dal nome della fabbrica angioina nel primo Trecento, raggiunse nell’ultimo trentennio del secolo una discreta edificazione, ma sparsa, per la sua vicinanza all’area portuale e alla sede della corte francese. L’area alle Corregge era fondamentalmente destinata ad attività ospedaliere: l’una da parte della Confraternita a carattere popolare di Santa Marta e l’altro l’Incoronata da parte dei sovrani angioini, principalmente di Giovanna.
Napoli. Individuazione in blu dell'area del territorio di Santa Marta tra Via Toledo e via Medina sulla pianta al 2000 del Comune di Napoli (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile….2006, cap.V)
La zona, benchè fosse in pessime condizioni edilizie alla metà del Quattrocento, era di grande attrattiva urbana, in una città in pieno sviluppo di traffici mercantili e furono certo queste le ragioni, come è facile pensare, che indussero i domenicani, solamente in parte proprietari dell’area, ad un’operazione finanziaria ed immobiliare di compra vendita di altri suoli ed edifici che si andò accrescendo anche con acquisti successivi.
Come si legge dai documenti di archivio la proprietà originaria donata in età angioina al monastero di San Pietro Martire, fu dai padri domenicani incrementata tra il 1449 ed il 1452 con acquisti dalla stessa confraternita di Santa Marta, da cui il nome dato alla proprietà, e da privati “civis et mercator“, nonché con lasciti e da donazioni regie, fino a raggiungere nel 1458 con la donazione della Regina Isabella d’Aragona un totale di circa 4 ettari.
La proprietà fondiaria ed immobiliare domenicana di S. Marta” nel 1458 riuscì a comprendere l’area delimitata a nord dalla grande proprietà fondiaria “Campanaro” dell’abbazia cistercense di S. Maria di Real valle presso Scafati e parte delle mura angioine lungo la Corsea e a sud il Largo Castel Nuovo, rimanendo chiusa tra la strada dell’ Incoronata ad est e la proprietà della certosa di San Martino -detta di “San Biase”- ad ovest: diremo oggi tutta la zona a valle di via Toledo: l’odierno rione Carità.
In effetti l’abitato costruito tra ‘400 e ‘500 fu completamente raso al suolo negli anni 1937 per realizzare il “Rione Carità”, su progetto dell’ing. Carnelli: un quartiere di speculazione immobiliare con edifici multipiano che riuscì a salvare “solamente” alcune emergenze monumentali religiose, nell’ottica culturale
allora proposta ed attuata da Gustavo Giovannoni e dalla sua Commissione.
. Il nostro interesse per questa parte di città, oggi totalmente perduta, è da riscontrarsi in ragione della verifica possibile di tutte le fasi della sua urbanizzazione dopo la metà del Quattrocento, e del suo successivo inserimento all’interno della nuova cinta muraria aragonese occidentale alla fine dello stesso secolo.
La lettura delle Platee di archivio dell’ “area di Santa Marta” dal 1636 alla metà del XVIII secolo: ben quattro Platee complete dei beni del monastero domenicano conservate all’Archivio di Stato napoletano ci hanno consentito di ricostruire l’intensa urbanizzazione ivi verificatasi.
Come più volte si è sottolineato, nelle precedenti lezioni (nn. 6-7), la ricostruzione della proprietà del suolo in determinate epoche storiche, con il reperimento delle fonti coeve scritte e cartografiche, agevola la ricostruzione del processo di edificazione di quelle aree mettendo in luce come effettivamente si è verificato anno dopo anno nelle successive fasi cronologiche l’accorpamento dei terreni la pianificazione dell’area e infine la costruzione dell’abitato lungo le strade.
La testimonianza preziosa delle Platee dell’ “area di Santa Marta” ad iniziare dal 1636, con accluse numerose piante pre-catastali dell’area, registrano in più di cinquecento pagine, prima l’urbanizzazione della zona, con una prima suddivisione in strade parallele ovest-est e poi l’edificazione lungo i fronti strada con una successione di fabbriche costituitisi, con “censuazioni seu concessioni” a privati.
Il monastero mise in atto un processo di edificazione ex novo secondo una strategia di pianificazione regolare, condotta quale ente proprietario, nell’obiettivo di un miglior uso dell’area, un territorio di grande estensione (“moggia 12″, ossia circa 4 ettari) in una così rilevante posizione, vicina all’ attracco portuale e alla reggia aragonese.
I lavori urbanistici iniziarono subito a cui seguì un’intensa attività edificatoria, intuendo molto bene i padri domenicani le enormi possibilità di rendite connesse alla cessione di parti del territorio con le concessioni ad edificare ai privati, previo assenzo apostolico del Papa Innocenzo VIII, rinnovato nel 1494 dal Papa Alessandro VI, nonostante le liti con il confinante monastero di San Martino.
Con la morte della Regina Isabella nel 1465 si sospesero invece i lavori alla nuova fabbrica religiosa di San Vincenzo, in luogo della cappella di Santa Marta: solamente nel 1519 con le rendite ottenute tramite “le censuazioni seu concessioni”, i domenicani ripresero i lavori per mantenere fede alle volontà della Regina.
La pianificazione urbanistica del “Territorio di Santa Marta”: le cinque strade parallele ortogonali alla strada dell’Incoronata
L’azione di pianificazione svolta nel “Territorio di Santa Marta” è registrata dai padri domenicani nei loro documenti di archivio, inizia con la suddivisione dell’area proprietaria, così come perimetrata, prima in cinque strade pubbliche tra loro parallele ed in declivio confluenti, in leggera pendenza, ortogonalmente nella “strada dell’Incoronata” (l’antica strada del Borgo delle Corregge, oggi via Medina), da ritenersi il collegamento prioritario alla metà del Quattrocento tra la città di antico impianto e la reggia fortificata ed il porto.
Nel territorio di Santa Marta furono in primo luogo tracciate 5 strade pubbliche ortogonali alla via dell’Incoronata, attuale via Medina.
Riportiamo dalla Platea del 1694: “Nel quale territorio per il nostro monastero si sono fatte cinque strade pubbliche grandi e diverse piccole pubbliche, la I la strada della porta piccola, 2 la strada della porta grande di San Giuseppe, 3 la strada di Santo Giovanni dei Fiorentini, 4 la strada detta delli Greci e molte strade per mezzo piccole: 5 et la strada del Ballivo Uriez hoggi detta mattonata. Quali strade cominciano in loro termini dalla strada dell’Incoronata su detti termini, et dal nostro monastero si sono fatte diverse censuazioni a diverse persone del modo che appresso distintamente descriveremo”.
La concessione in enfiteusi dei singoli lotti o di parti di essi dette inizio nel 1487 alla edificazione vera e propria da parte dei privati cittadini di case, case palaziate, palazzi con giardino, chiese, conventi etc…. Dalle Platee è possibile effettuare la ricostruzione del processo di edificazione di ogni singola “isola”, degli edifici e delle continue trasformazioni.
Ad iniziare dal 1487, data delle prime concessioni enfiteutiche e delle prime suddivisioni delle “isole”, l’operazione proseguì fino al 1520 e poi ancora durante tutto il Cinquecento ed il Seicento, succensendo e frazionando per nuove edificazioni i lotti originari
(da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile… 2006 ,cap.V)
La lottizzazione in insule del territorio di Santa Marta
Si effettua cioè una una vera e propria lottizzazione di mano religiosa e tramite i documenti delle Platee d’Archivio si registra l’edificazione e il debito di censo di ciascun concessionario al monastero proprietario: talchè è possibile individuare la storia edilizia di ciascun edificio, ed in tale lettura anche i nomi dei rispettivi proprietari.
L’autorità religiosa stabilisce non solamente le direttrici di sviluppo della zona di cui è proprietaria lungo le strade definite, la conseguente lottizzazione e le regole dell’edificazione nel momento della “concessione enfiteutica”.
La lottizzazione è condotta dall’autorità religiosa, secondo un preciso metodo di intervento urbanistico, attuato dai proprietari del suolo su tutta l’area, che precede l’azione della cessione ad edificare, ed investe la pianificazione di aree urbane, ben delimitate alla fine del Quattrocento e che hanno “pubblica utilità”.
La pianificazione urbanistica regolare del territorio di Santa Marta, detto anche “superiore” nei documenti d’archivio domenicani, per differenziarlo da quello “marittimo”, situato vicino al mare, ad una quota ben inferiore all’altro, è da confrontarsi per l’identica pianificazione attuata un ventennio prima (1458-1460): il tracciamento di nuove vie “quali strade di pubblica utilità” e successiva edificazione con concessioni enfiteutiche “per guadagnare di più”, in un’articolata e sapiente gestione della forma patrimoniale.
Napoli. La pianta pre-catastale “in bella copia” del “Territorio di Santa Marta” proprietà dei domenicani di San Pietro Martire (da T. Coolletta, Napoli città portuale e mercantile…, 2006, cap.V).
I padri domenicani consapevoli della rilevanza della pianificazione da loro eseguita fanno redigere una planimetria della zona di “Santa Marta”, come si legge nella Platea: “La pianta di tutto questo territorio fatta in carta reale si conserva nel nostro archivio, unita con la pianta dell’altro territorio quale comincia dalla chiesa di Santa Maria di Porto Salvo sino alla chiesa di S. Andrea alli Scopari”.
La pianta in prospettiva, conservata insieme ad altre cartografie in un unico volume conservato, sempre all’Archivio di Stato di Napoli, ma separatamente dalla Platea, nei riordini effettuati dagli archivisti napoletani.
Il tessuto urbano ben organizzato in lotti ben si legge nella pianta in prospettiva e a colori del “Territorio di santa Marta”, la “bella copia” redatta dal tavolario Antonio Galluccio prima del 1695 e nelle altre tre piante pre-catastali conservate in archivio, in differenti soluzioni grafiche.
La loro redazione pertanto è da ascriversi ad un momento successivo al tracciamento di via Toledo, che compare nelle mappe, ed alla realizzazione delle fabbriche religiose di San Giovanni dei Fiorentini, San Tommaso d’Aquino, San Giorgio dei Genovesi tutte edificate nella prima metà del Cinquecento e qui rappresentate di prospetto e sulle quali torneremo a parlare nel prossimo capitolo.
Tutti i palazzi e le “case palaziate”, ossia gli edifici più prestigiosi, vale notare, vengono raffigurati con le facciate prospettanti sulla strada dell’Incoronata tra il 1458 e il 1530 e solamente, dopo l’apertura di via Toledo alla metà del Cinquecento.
L’autorità religiosa stabilisce non solamente le direttrici di sviluppo della zona di cui è proprietaria lungo le strade definite, la conseguente lottizzazione e le regole dell’edificazione nel momento della “concessione enfiteutica”.
L’area di Santa Marta è una figura già perimetrata tra il percorso della cinta muraria occidentale aragonese, futuro percorso della via Toledo (1540) e la “strada dell’Incoronata”, l’attuale via Medina.
Area che è stato possibile identificare con precisione e perimetrare, tramite i documenti di archivio e la cartografia pre-catastale del principio del Seicento.
La situazione del primo Cinquecento ci appare ben delineata nella pianta pre-catastale a colori, prima cioè che su questo fronte di aree verdi a ridosso delle mura si edificheranno, alla fine del secolo XVI, le nuove costruzioni edilizie tutte prospettanti sulla nuova strada di Toledo.
L’area di Santa Marta di circa 4 ettari, già totalmente urbanizzata ed in parte edificata, verrà inserita nelle mura aragonesi occidentali la cui costruzione inizia nel 1494 e si protarrà fino ai primi anni del Cinquecento: ad iniziare dalle mura monastiche di Monteoliveto e a proseguire secondo l’allineamento della futura via Toledo si congiungeranno alla cinta di Castelnuovo, all’incirca all’inizio dell’odierna via Santa Brigida, ove era la porta di Santo Spirito o del Castello. (Per le mura aragonesi di Napoli vedi le lezioni 24 e 25 )
Le quattro Platee d’archivio riguardanti l’area di Santa Marta ad una lettura più puntuale documentano anche la presenza di alcune colonie straniere: dal momento che è registrata l’edificazione da parte di privati non napoletani, tramite concessioni in enfiteusi a cittadini di comunità forestiere e straniere, ma su queste asserzioni torneremo a parlare nei prossimi paragrafi riguardanti l’età vicereale. (per le colonie straniere in città vedi la lezione 27 )
Nel volume della Platea del 1723, ma che riporta i dati di una Platea più antica (del 1555) si registra una suddivisione in Partite , ben 150 sono elencate: ogni partita ha più censi enfiteutici per un ammontare di circa 500 possessori che dovevano il censuo annuo al monastero di San Pietro Martire: i possessori sono tutti indicati con i loro nomi e la loro provenienza. Per molti di essi dopo il nome e la provenienza c’è anche specificata la qualifica professionale di artigiano: fabbricatore, pasticcero, falegname etc… La descrizione di tutte le case e chiese dei relativi possessori sono descritte seguendo isola per isola lungo le strade.
La lettura della Platea d’archivio di San Pietro Martire riguardante il “territorio di Santa Marta” ci ha dato la possibilità di individuare alla fine del Quattrocento-primi anni del Cinquecento la localizzazione nelle nuove zone di espansione più vicine alla corte di alcune comunità straniere: di greci, di fiorentini e di genovesi.
Dalla lettura attenta dei “Registri delle censuazioni” si evince come molte censuazioni a privati dei nuovi lotti da edificare sono in gran parte effettuate in favore di abitanti di nazioni straniere.
Leggiamo tra i censuari una serie di membri delle comunità: greche, fiorentine e principalmente genovesi.
Di queste comunità oggi conserviamo le chiese “salvate” dal progetto di “Rione Carità”.
Un processo di insediamento di stranieri, strettamente legato alle possibilità offerte dalle aree di nuova costruzione per le opportunità offerte in queste zone libere di poter edificare grandi architetture religiose ma anche congreghe, teatri, ospedali e case palaziate etc. da parte delle comunità straniere più radicate nella città portuale napoletana.
Il fenomeno insediativo ed edilizio proseguirà ininterrotto per tutto il Cinquecento fino a costituire in questa zona di “S. Marta” nuove colonie straniere, come sarà il caso di “Genova nuova”. (Vedi lezione 27)
La fonte monastica trova poi conferma nella toponomastica quattro-cinquecentesca delle vie e slarghi di quest’area.
Non differentemente di quanto si è rilevato nei capitoli precedenti circa la permanenza della toponomastica medievale riguardanti una serie di toponimi relativi alle attività di artigiani che si svolgevano in alcune strade o piazze.
Toponimi e titoli quattro-cinquecenteschi che vale notare permangono fino a tutto il primo Novecento e per alcune fabbriche a tutt’oggi.
La cartografia pre-catastale ed il primo catasto di Napoli del 1889 confermano quanto andiamo enunciando: così identicamente si evince l’antica suddivisione della zona nella planimetria di confronto redatta prima della completa demolizione, tra la pianta del quattrocentesco quartiere di Santa Marta e la sovrapposizione del piano di riedificazione del nuovo “rione Carità”, la variante del 1934, evidenzia il minuto parcellare di un catastale anteriore alla bonifica e ai nuovi isolati (in celeste).
L’area di ampliamento dell’area commerciale di Napoli in periodo aragonese, la vasta area di Santa Marta, gravitante, tramite le strade trecentesche, verso la città bassa, la marina e il porto è oggi la city napoletana.
La foto zenitale che segue mostra l’attuale configurazione della zona del rione Carità tra via Toledo e via Medina.
Napoli. La foto area zenitale mostra il Rione Carità oggi tra l'asse di via Toledo sulla destra della immagine e la strada di via Medina al centro in direzione di Castelnuovo (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile, cap.V, 2006).
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La lezione è la sintesi delle ricerche da me condotte sulla cartografia pre-catastale napoletana e delle relazioni e partecipazioni a Convegni, particolarmente incentrate sulla città portuale e mercantile di Napoli. Si rimanda pertanto al volume di testo del corso: T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile. La città bassa il porto ed il mercato dall'VIII al XVIII secolo, Roma, Kappa, 2006.
Per un maggiore approfondimento della tematica svolta nella lezione:
T. Colletta, Napoli. La cartografia pre-catastale, numero doppio monografico di “Storia della città”nn.34-35, 1985, ove sono raccolte più di un centinaio carte pre-catastali napoletane.
T. Colletta, Naples Medieval metropolis. The foreigner merchants' contribution to the development of the most relevant city-port of Southern Italy, International Medieval Congress," Medieval Cities", 2007, IMC, 9-12 luglio 2007, Centre of Medieval Studies , University of Leeds, Il saggio è sul sito web del Centro di Leeds (sommario e testo).