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Teresa Colletta » 16. La storia delle piazze: le piazze seicentesche e i larghi degli ordini religiosi a Napoli, nel centro antico e nei borghi


Le piazze, i larghi e gli slarghi napoletani

Le piazze seicentesche a Napoli e l’iniziative degli Ordini religiosi

Nella vasta bibliografia sulla città partenopea non molti sono i testi che riguardano le piazze, a confronto con altre città di minore stratificazione-storica.
Le ragioni, come vedremo, sono da ricercarsi innanzi tutto nella storia stessa di Napoli che non presenta un gran numero di piazze monumentali e d’autore, prima dell’epoca borbonica; inoltre, mancando di palazzo comunale, fino all’Ottocento non ha mai avuto una piazza principale che rappresentasse la città.

Napoli infatti è fra le poche città che ha conservato l’antico reticolo per strigas d’impianto greco, con le plateai e stenopoi, poi decumani e cardini in età romana, trasformando i templi antichi in cattedrali e l’antico foro-agorà in mercato e spazio-sagrato di più edifici conventuali.

La gran parte dei larghi o piazze aperte all’interno del nucleo originario greco-romano e nel centro storico sono quasi tutti d’epoca cinque-seicentesca e presentano una stratificazione storica complessa nella quale è difficile riconoscervi un solo modello progettuale, rigidamente programmato, a cui fare riferimento. Questa lezione sarà dedicata alla formazione e trasformazione dei luoghi urbani, larghi e piazze di Napoli del periodo vicereale. Per questa mi rifarò al saggio storico-urbanistico dedicato alle piazze napoletane e alla loro formazione durante il lungo processo storico, con le successive tappe della loro costruzione e non solo come descrizione dei principali monumenti in essi presenti: palazzi, chiese, fontane, guglie.

Il saggio pubblicato nel 1989 è stato accluso, con le immagini e le piante ricostruttive, a questa lezione in pdf.

L’ampliamento della città in epoca vicereale ed i Borghi

Le trasformazioni del tessuto urbanistico ed il nuovo sistema di collegamenti nell’ampliamento della città in periodo vicereale, quali la strada nuova di Toledo e i Quartieri a monte, non riuscirono costituire alcun nuovo spazio libero nella serrata edificazione.
L’aumento continuo della popolazione e la razzia dei suoli da parte dei religiosi avviò il grande sviluppo dei borghi extra-urbani al di fuori delle principali porte urbiche della cinta toledana.

Proprio in queste aree che risalgono le pendici collinari, ritroviamo nella maggiore disponibilità di spazio, il maggior numero di larghi e piazze dovute non alla mano pubblica, ma ai privati. Saranno le organizzazioni religiose, e le famiglie nobili a condurre una politica di acquisizione delle aree migliori, dal punto di vista urbanìstico.

Gli ordini religiosi, fortemente presenti, dopo aver edificato le proprie fabbriche monumentali avvertono la necessità di lasciare libere le aree antistanti per costruirvi larghi e piazze, anche di grandi dimensioni non previsti dal governo vicereale. Su questi numerosi spazi aperti di iniziativa privata, solamente in un secondo momento divenuti pubblici, è possibile oggi costruire un discorso sulle piazze napoletane.

Copertina del volume di “Storia della città”, 1989, ove è inserito il mio saggio su Napoli, accluso a questa Lezione nei Materiali di studio.

Copertina del volume di “Storia della città”, 1989, ove è inserito il mio saggio su Napoli, accluso a questa Lezione nei Materiali di studio.


La cartografia pre-catastale fonte per la storia delle piazze napoletane

Nella Lezione vogliamo cioè porre l’attenzione sulla possibilità offerta alla costruzione di questi luoghi urbani pubblici e rappresentativi, siano essi prodotti dalla mano privata o pubblica, tramite una fonte d’archivio privilegiata, quale la documentazione iconografica inedita della cartografia pre-catastale. Alla quale va poi aggiunta la messe di immagini e vedute e la cartografia urbana storica della città.

La cartografia pre-catastale napoletana, fonte cartografica per la storia delle piazze

Per questa, come si è rilevato, intendiamo il rilevamento planimetrico e in scala delle proprietà religiose e private in città, quasi un catasto ad uso privato interno, non ancora fiscale (cfr. T. Colletta, Napoli. La cartografia pre-catastale, numero monografico di “Storia della città”, 1985.) Abbiamo fatto riferimento a questa fonte cartografica nelle Lezioni 5, 6 e 7).

La paziente lettura operata nei primi anni 1980 dei Libri, Campioni, Registri e Platee dei monasteri soppressi proprietari di gran parte del suolo urbano, e in base alla prima schedatura delle piante e carte topografiche accluse a questa documentazione, fornimmo una prima analisi delle trasformazioni morfologiche attuate in quella aree in gran parte di proprietà ecclesiastica, ma anche nobiliare. Molte “carte” davano la possibilità di registrare la volontà degli ordini monastici, come dei privati proprietari a costituire larghi e piazze, davanti alle loro fabbriche. Questi spazi aperti, i Larghi napoletani, spesso considerati casualmente determinati o ancora quali spazi di risulta, venivano invece a delinearsi, dalla lettura delle fonti di archivio, come fortemente voluti da parte degli ordini religiosi, anzi pianificati nella loro formazione e registrati in carte. Le carte storiche evidenziavano anche alcuni interventi dettati dal governo vicereale per sistemare i luoghi pubblici più rappresentativi o anche specifici provvedimenti volti ad organizzare quelli lasciati liberi fuori le mura. (Vedi Lezione su piazza Mercato, Lezione n. 17).

Le piante pre-catastali e i tavolari napoletani

Dalle planimetrie rilevate delle piazze costruite dagli ordini monastici scaturisce una prima articolazione di modelli storici, ovvero di rapporti codificati di natura progettuale, prospettico-visiva, proporzionale, quali creazioni della cultura e della tecnica di una città e di un periodo storico ben definito; sottraendo finalmente questi interventi urbanistici all’arbitrio delle interpretazioni istintive.

Sulla base della cartografia pre-catastale sei-settecentesca redatta da tecnici esperti, in qualità di periti geometri – i tavolari napoletani – si può approfondire la storia della costruzione delle piazze-larghi , offrendo queste planimetrie la possibilità di un confronto con l’attuale tessuto ed in tal senso un valido strumento di analisi.

Le planimetrie, redatte dai tecnici geometri – tavolari – documentano o il momento dell’acquisizione dello spazio o dei beni circostanti per effettuare le demolizioni e pertanto costituiscono l’atto di nascita del Largo.

Altre evidenziano alcune tappe del processo di formazione: nuove acquisizioni, edificazioni, aperture di nuovi collegamenti, realizzazione di arredi fissi o mobili, oggi perduti.

Napoli. Largo DonnaRegina, innanzi l’omonima fabbrica religiosa  di DonnaRegina nuova  in fronte all’ingresso dell’Arcivescovato su via SS. Apostoli (foto dell’a. 2007).

Napoli. Largo DonnaRegina, innanzi l'omonima fabbrica religiosa di DonnaRegina nuova in fronte all'ingresso dell'Arcivescovato su via SS. Apostoli (foto dell'a. 2007).


Gli spazi urbani di uso pubblico, privato e degli ordini religiosi

Quindi da un lato bisogna considerare gli spazi urbani d’uso pubblico e rappresentativi e dall’altro quelli religiosi e sacrali: per entrambi la cartografia pre-catastale riusciva ad individuare dei momenti fondamentali della loro costruzione, unitamente alle vedute e piante prospettiche della città.
Nella lettura delle piazze napoletane abbiamo separato gli spazi d’uso pubblico da un lato:
1. Le grandi aree pubbliche di rappresentanza: il Largo di Palazzo (di cui si è parlato nella lezione precedente, Lezione n.15) e il Largo del Castello, l’area intorno la cittadella murata di Castelnuovo.
Dall’altro:
2. I grandi spazi pubblici fuori le mura o ai margini di queste: il Mercatello, il Largo delle Pigne e la piazza del Mercato (di cui parleremo nella prossima Lezione in dettaglio).
I grandi spazi pubblici, prima ricordati, il Largo di Palazzo e il Largo del Castello, avevano un carattere prevalentemente militare e di parata, quelli a diretto contatto con il pomerio delle mura toledane e dei principali accessi nella grande circonvallazione viaria alla città murata – il Mercatello, il Largo delle Pigne e la piazza Mercato (di cui parleremo nella prossima lezione (Lezione n. 17), solamente in seguito e per volere di Carlo di Borbone, questi larghi assumeranno i caratteri della piazza pubblica: il Mercatello divenuto Foro Carolino, oggi piazza Dante, il Largo delle Pigne: piazza del Museo, con chiari e precisi progetti d’architettura; non differentemente dai progetti di epoca francese per il largo di Palazzo a Foro Murat.

E separatamente abbiamo considerato un terzo gruppo di luoghi urbani sui quali ci soffermeremo:
3. Gli spazi urbani d’uso privato in gran parte dovuti agli ordini religiosi, sia all’interno della città murata che all’esterno nei Borghi.

La progettazione degli spazi urbani degli ordini religiosi

La progettazione degli spazi urbani da parte degli ordini religiosi nella città murata e nei borghi.
Dobbiamo riconoscere agli ordini religiosi la capacità di una migliore organizzazione dello spazio urbano oltre le mura, anche se orientato ai propri fini di maggiore visibilità ed uso delle chiese.
I condizionamenti operati sul disegno della città dalla proprietà ecclesiastica, è vasta e decisiva, in campo urbanistico, più forte nei borghi che non nel centro urbano.
Lo studio sulle piazze storiche evidenzia l’interferenza degli ordini religiosi nella progettazione degli spazi urbani quale dato tra i più rilevanti nella costruzione della città vicereale.
I numerosi monasteri napoletani del centro storico, ciascuno con una sua complessità d’insediamento in rapporto al tessuto urbano organizzano e formano un largo innanzi alla fabbrica religiosa con una sua individualità.

È necessario evidenziare come la loro formazione non si ritrovi tanto in una volontà progettuale unitaria, quanto nel desiderio di acquisizione di un proprio spazio di pertinenza, da lasciare volutamente libero e vuoto da edificazioni.

Napoli, piazzetta dei Banchi nuovi lungo la via omonima, innanzi ai Banchi pubblici, adattati a chiesa dei SS. Cosma e Damiano nel Seicento, oggi chiusa (foto dell’a. 2006).

Napoli, piazzetta dei Banchi nuovi lungo la via omonima, innanzi ai Banchi pubblici, adattati a chiesa dei SS. Cosma e Damiano nel Seicento, oggi chiusa (foto dell'a. 2006).


La costruzione degli slarghi religiosi per tappe successive

La progettazione dei Larghi innanzi le chiese non è tanto un grande processo creativo collettivo, ma si identifica nelle dècisioni dell’ordine religioso di una ricerca di un elementare “decoro” nonchè per ottemperare alle proprie necessità di celebrazione di riti e festività, unitamente al desiderio di realizzare un rapporto visuale scenografico, oltre che funzionale, tra la facciata monumentale e lo spazio vuoto.

Volontà progettuale di realizzare uno spazio libero che si coglie dalla successione di interventi nel medesimo contesto; tappe ripercorribili tramite le platee d’archivio dei medesimi ordini religiosi (acquisto, demolizione, rifacimenti).

Questi interventi pur se non si configurano come veri e propri progetti delle piazze, esprimono da parte della committenza la precisa volontà di lasciare liberi alcuni spazi urbani in una città sovraffollata e intensamente edificata già nel Seicento.

I modelli di questi interventi sono da ricercarsi come allargamento di un percorso, un lato del quale è occupato dal fronte monumentale della fabbrica e la parte opposta arcuata per una migliore osservazione e fruizione del complesso religioso.
Solo in un secondo momento lo slargo è arricchito da elementi di arredo centrali o viene riprogettato scenograficamente, secondo modelli visuali e funzionali codificati, con l’esaltazione della facciata e la costruzione di fontane e “guglie”.

Napoli. Piazzetta Teodoro Monticelli innanzi la chiesa di San Demetrio e Bonifacio, oggi aula magna della Facoltà di architettura (foto dell’a. 2006).

Napoli. Piazzetta Teodoro Monticelli innanzi la chiesa di San Demetrio e Bonifacio, oggi aula magna della Facoltà di architettura (foto dell'a. 2006).


La logica di formazione degli slarghi religiosi

La logica di formazione e di trasformazione di questi larghi o slarghi della città vicereale, come si è potuto verificare, è identica all’interno del perimetro fortificato, come nei borghi.

Terminata la prima fase d’insediamento dell’ordine religioso all’interno dell’area di pertinenza, suddivisa la proprietà, delimitata dalla rete viaria primaria, le vie pubbliche, si organizza la rete stradale all’interno di ogni singola proprietà, le vie vicinali, volte alla migliore utilizzazione dello spazio da parte del monastero proprietario dell’area e della sua nuova sede conventuale in relazione alla strada pubblica e alle altre fabbriche: palazzi e case.

Successivamente all’interno della maglia viaria principale di percorrenza l’ordine religioso proprietario regola alcune aree edificabili con nuove acquisizioni per organizzare lo spazio costruito, e alcune aree rende libere con demolizioni per realizzare innanzi alla propria fabbrica religiosa uno spazio libero, un largo.
Questa necessità, rilevabile dalle numerose carte precatastali, è da porsi in relazione sia con il miglior afflusso di popolazione per un idoneo svolgimento dei riti processionali e delle feste religiose, sia con criteri urbanistici di migliore visibiità della fabbrica.

Si verifica così nei Borghi alla fine del Seicento un processo di costituzione delle piazze e slarghi identico a quanto si era verificato nel centro antico, fenomeni, spesso, rilevati da piante.

I larghi degli ordini religiosi nel centro e nei Borghi

Tra queste piazze e larghi volute dagli ordini religiosi si deve pensare: nel centro antico al largo dei Girolamini lungo il decumanus major, al Gesù delle Monache vicino porta S. Gennaro, al largo Ecce Uomo, al Largo di S. Maria Maggiore della Pietrasanta, al Largo Donnaregina, alla piazza del Carmine, ai larghi della Carità, di Montecalvario, di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, alle perdute piazze di San Giovanni dei Fiorentini, e della regia Dogana, alle ben note piazze del Gesù Nuovo e di Monteoliveto (di cui ora diremo in dettaglio).

Per tutte queste piazze le carte pre-catastali, conservate nelle platee dei monasteri proprietari, testimoniano il momento della perimetrazione dell’area da lasciare libera avanti le fabbriche architettoniche e per alcune anche il successivo momento di caratterizzazione di quello spazio con fontane, guglie, scalinate e arredi mobili.
Per esemplificare il discorso ci soffermeremo prima su due fra le più note piazze del centro storico napoletano e poi su due piazze dei borghi collinari piazze-sagrato napoletane di grande rilevanza urbana.
Tutte le planimetrie, carte pre-catastali ed immagini sono nel saggio accluso in pdf a questa Lezione.

Le piazze religiose nel centro antico: Piazza del Gesù

Piazza del Gesù e piazza di Monteoliveto
Il largo del Gesù nasce come piazza ad uso privato della famiglia Sanseverino nel tardo Quattrocento dopo la costruzione del palazzo dei Sanseverino, principi di Salerno (1470) al termine del prolungamento del decumano inferiore e a fianco della cinta della monastica di S. Chiara e a diretto contatto con la porta reale angioina (demolita nel 1528). Ubicazione urbana quindi di grande prestigio nella Napoli aragonese, non lontana dalla residenza reale turrita di Castelnuovo. La famosa residenza dei Sanseverino – secondo il Pane di ampia risonanza urbanistica oltre che storica, per godere di aria e luce non fu limitata alla semplice edificazione di una splendida residenza patrizia. Il potere dei Sanseverino indirizzò il programma della loro residenza urbana “al superamento di tutto ciò che era stato realizzato dalle altre famiglie nobili, sfidando il prestigio delle stesse residenze reali”. Al principe infatti si deve la decisione di censuare, nel 1510, dal monastero delle clarisse, proprietario dell’area antistante il palazzo e di lasciarlo inedificato, nell’intenzione di spianarlo per formarne una piazza. Ciò è testimoniato da una piccola pianta conservata nella platea d’archivio del monastero francescano, ove unitamente al percorso delle mura aragonesi è delimitata già nel 1510 la perimetrazione del largo (da T. Colletta, Le piazze seicentesche, 1989).

Napoli. Il campanile di Santa Chiara e del Gesù dalla collina di San Potito (foto dell’a.2006).

Napoli. Il campanile di Santa Chiara e del Gesù dalla collina di San Potito (foto dell'a.2006).


Piazza del Gesù (segue)

Si deve alla mano privata in accordo con la proprietà religiosa l’impianto di una delle rare piazze di Napoli nei primi anni del ‘500 con la specifica volontà messa in atto di censuare per non edificare da parte della famiglia nobiliare.

Le ben note vicende della famiglia Sanseverino (condanna di Ferrante Sanseverino nel 1522) non consentirono la realizzazione di questo spiazzo: il palazzo passò per diverse mani fino a che fu venduto nel 1584 per volere della corte di Madrid ai Gesuiti. I religiosi per costruire la loro nuova chiesa trasformarono il più celebrato palazzo della città, ma non dettero una configurazione unitaria al largo innanzi, che rimase però libero. Durante il viceregno, come le carte pre-catastali evidenziano, questo spazio libero fu suddiviso in aree di rispetto fra gli enfiteuti: da una parte le clarisse, dall’altra i Gesuiti, e ultimi i Pignatelli di Monteleone, proprietari della grande casa prospettante anch’esso nel largo. Le piante di queste suddivisioni, testimoniano il frazionamento dello spazio fra gli enfiteuti, le operazioni urbanistiche e le numerose divergenze sorte in relazione al continuo incremento edilizio.

Al centro, fra questi spazi privati contigui, la mano pubblica, riconosciutone il ruolo di nodo centrale fra l’antico centro e le nuove espansioni, innalzò la statua equestre di Filippo V alla fine del ‘500 e costruì in asse con questa una grande strada basolata di collegamento tra il prolungamento del decumano e la via Monteoliveto-Medina: lo stradone di calata Trinità.

Distrutto il monumento equestre nei moti popolari della metà del Seicento, i Gesuiti si impegnarono per la costruzione in quel luogo di un obelisco in onore della Vergine (1705). L’obelisco, a differenza della statua, allineata lungo lo stradone, venne collocato in asse visivo con la fontana di Monteoliveto, una delle poche fontane napoletane, ancora nel sito per la quale era stata progettata nel 1668, lungo la strada Rivera, l’attuale via Medina-Monteoliveto, a chiusura della piazza di Monteoliveto.

Le piazze religiose nel centro antico: la Piazza Monteoliveto

La piazza rettangolare allungata, chiusa su tre lati fu voluta dagli olivetani innanzi alla loro chiesa S. Maria di Monteoliveto (1411) e costituente con il grande complesso conventuale (ben 4 chiostri) il margine occidentale della cinta muraria angioino aragonese. La piazza sagrato fu aperta sul grande “stradone dell’Incoronata” poi ampliata dal viceré Parafan de Rivera nel 1559, in attuazione del piano urbanistico del Toledo. Solamente alla metà del Seicento con l’ampliamento del monastero, da parte di Gennaro Sacco, fu creato il fondale architettonico porticato di accesso all’edificio conventuale. Si diede una sistemazione dello spazio aperto fortemente scosceso con una gradinata continua angolare tra la chiesa e il porticato al termine dello spazio rettangolare, come è illustrato nella veduta del Baratta (1629). A chiusura di questo spazio religioso e punto nodale della città vice-reale nel 1668, fu costruita per ordine del viceré Pietro d’Aragona, da Donato Cafaro la fontana trilobata al cui sommo si erge la statua del giovane re Carlo II.
La configurazione tardo quattrocentesca della piazza si venne a modificare, nella sua primitiva forma chiusa, con l’apertura nel 1748 di due strade (via D. Lioy e via T. Caravita) verso Toledo e lo Spirito Santo; l’operazione è registrata da una carta pre-catastale.

Napoli. Piazza del Carmine. Slargo innanzi la chiesa e al campanile del Carmine in una cartolina del primo Novecento (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile…cit. 2006).

Napoli. Piazza del Carmine. Slargo innanzi la chiesa e al campanile del Carmine in una cartolina del primo Novecento (da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile…cit. 2006).


Le piazze e i larghi religiosi nei Borghi di Napoli

Nei Borghi queste piazze e spazi inedificati risultano ben maggiori, dal punto di vista dimensionale, perché maggiori erano anche le possibilità di acquisire aree libere o di lasciarle inedificate.

E per la volontà dei medesimi ordini religiosi che nascono nel Borgo di Gesù e Maria: la piazzetta omonima e la piazzetta di San Francesco a Pontecorvo; nel Borgo di S. Maria della Stella: il largo di Sant’Agostino degli scalzi o Santa Maria della Verità, il largo della Stella, il largo di S. Efremo nuovo; nel Borgo dei Vergini: la piazza di Santa Maria della Sanità, la piazza dei Miracoli, il largo San Severo a Capodimonte, il viale alberato di S. Maria degli Angeli alle Croci, il largo di S. Maria della Vita alle Fontanelle; nel Borgo di Chiaia: la sistemazione a verde del sagrato delle Crocelle al Chiatamone, il largo S. Maria a Cappella nuova secondo un disegno preciso e molto oculatamente condotto con una politica di acquisizione delle aree in vista di una loro migliore utilizzazione, i cui dati, tempi e prezzi sono fedelmente registrati dalle carte planimetriche d’archivio e mai fino ad oggi attentamente valutate nella continua considerazione di spontaneità affidata all’urbanistica dei borghi.

E se è pur vero che queste piazze nulla hanno a che vedere con le piazze pubbliche e monumentali di Roma o di Firenze o di Venezia, realizzate nel corso del Cinquecento e del Seicento, come spazi progettati con un criterio unitario e monumentale, è pur necessario riconoscere una volontà progettuale nella costruzione di tali spazi in lotta e in deroga con i privati che tendono all’edificazione di ogni spazio libero ed anche con il governo vicereale che vuole rendere pubblici questi spazi inedificati, su cui invece il monastero tiene fortemente a mantenere la propria giurisdizione proprietaria, anche con termini “marmorei”.

La piazza della Sanità nel Borgo dei Vergini

La piazza della Sanità e il Largo San Severo nel borgo dei Vergini.

All’interno di questi spazi nei borghi collinari la costruzione delle piazze innanzi gli edifici religiosi (la Sanità, S. Severo, I Miracoli, S. Agostino) comportò, oltre la creazione dello spazio libero, previe cospicue demolizioni, anche la sistemazione dell’incanalamento delle copiose acque piovane defluenti dalle colline. La cartografia storica della proprietà evidenzia in più occasioni la suddivisione operata di questi spazi aperti, con differenti quote, per ovviare al pubblico dei fedeli l’inconveniente del deflusso delle acque collinari.
Così ad esempio la sistemazione della piazza della Sanità, antistante l’omonima chiesa e convento ed il vicino largo di San Severo sono documentate nella loro formazione dalle carte pre-catastali. Le piante ne individuano la perimetrazione e ne accertano il disegno tra il 1633 e il 1688 con demolizioni e nuove costruzioni secondo un disegno preordinato dall’ordine domenicano, proprietario dell’area sia di demolizioni di fabbriche civili prospettanti le fabbriche religiose, sia di interventi viarii per lasciare liberi alcuni spazi per il forte dilavamento delle acque collinari e creare nuove possibilità all’accesso in chiesa.

Napoli. La fontana Medina innanzi la chiesa dell’Incoronata a via Medina (foto dell’a. 2007).

Napoli. La fontana Medina innanzi la chiesa dell'Incoronata a via Medina (foto dell'a. 2007).


La piazza dei Martiri nel Borgo di Chiaia

Il largo di S. Maria a Cappella nuova nel Borgo di Chiaia, futura piazza dei martiri

Differente la situazione invece si presenta nel Borgo di Chiaia nell’ex Largo di S. Maria a Cappella nuova, oggi piazza dei Martiri.
Qui le successive trasformazioni urbanistiche coinvolsero il largo costruito dai benedettini di S. Maria a Cappella vecchia, nel 1635, antistante alla loro nuova fabbrica religiosa. L’edificazione dei due grandi palazzi nobiliari dei principi di Calabritto e dei Coscia-Partanna, ivi prospettanti, e restaurati poi rispettivamente dal Vanvitelli e dal Gioffredo, resero infatti il largo di grande prestigio in relazione anche alla vicina Riviera di Chiaia, talché si rese necessaria una sua più qualificata configurazione. Questa è testimoniata dai continui provvedimenti di allineamento e livellazione del largo, fino alla demolizione nel 1836 della chiesa di Cappella nuova.
L’attuale configurazione della piazza si deve però alla mancata realizzazione di un edificio centrale, nello spazio lasciato libero dalle demolizioni, al cui posto venne eretta la colonna monumentale.

Napoli. Piazzetta di Portosalvo e fontana della tartaruga  nello spazio di pertinenza della chiesa di Portosalvo lungo via Marina (foto dell’a. 2006).

Napoli. Piazzetta di Portosalvo e fontana della tartaruga nello spazio di pertinenza della chiesa di Portosalvo lungo via Marina (foto dell'a. 2006).


La storia delle piazze napoletane

In definitiva possiamo affermare che nel riscrivere una storia urbanistica delle piazze napoletane bisogna tener conto dell’iniziativa privata e in particolare dell’iniziativa degli ordini religiosi nella quale ritroviamo la volontà di lasciare liberi spazi innanzi alle fabbriche.
All’iniziativa di questi enti ed istituzioni si deve infatti tutta una serie di spazi e sagrati, lasciati liberi o acquisiti a tal fine, rinunziando al lucro dei cospicui affitti, e che pur se questi larghi non esprimono un carattere di grandiosità monumentale, pur sempre creano un notevole vantaggio urbanistico e ambientale nella serrata struttura viaria della Napoli seicentesca.

Le lezioni del Corso

I materiali di supporto della lezione

Per questa Lezione si è fatto riferimento alla ricerca da operata sulle piazze storiche volute dagli ordini religiosi a Napoli tra Sei e Settecento

e al saggio pubblicato nel 1989 negli Atti su “Le Piazze storiche”, Reggio Calabria 1988.

Saggio che qui si allega in PDF per il riferimento contestuale a tutte le immagini e le cartografie T. Colletta, Le piazze seicentesche degli ordini religiosi, 1989. Tutte le immagini unite alla Lezione sono in riferimento al tema trattato, ma indipendenti e non corrispondenti al titolo di ciascuna scheda.

Per approfondimenti ulteriori sul tema:

T. Colletta, Napoli. La cartografia pre-catastale, numero monografico di “Storia della città”, 1985;

T. Colletta, Napoli. La chiesa di San Demetrio e Bonifacio a piazza Teodoro Monticelli, in AA.VV, Il patrimonio dell'Ateneo federiciano, vol.I, Napoli 2005.

Le piazze

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