Si continua con la definizione del campo di studi e sulla complessità degli studi sulle città nell’intento di orientare lo studente tra la storia urbana e la storia della città.
Ci si può riferire all’etimologia polis, che in greco significa cittadella, cioè forma spaziale e a politeia, civis, che evoca il parente, il compagno, cioè cittadinanza,ovvero associazione di abitanti. Già Fustel De Coulanges nel 1864(trad.it. p.156), ricordava a proposito della polis greco-latina che “cittadinanza e città non erano sinonimi presso gli antichi: la cittadinanza era “associazione religiosa e politica delle famiglie e delle tribù; la città era il luogo di riunione, il domicilio, il santuario dell’associazione”.
Si individua così chiaramente la dualità e l’interferenza tra i due campi di analisi nello studio delle città: da un lato la società e dall’altro lato la forma spaziale Dice giustamente Roncayolo (pp.5-6 della Premessa) ciò evidenzia le differenti correnti e scuole di analisi nel privilegiare l’una o l’altra delle due componenti. E aggiungiamo noi tale dualità va vista nel suo articolarsi nel tempo, non solo oggi. La città ha avuto una sua evoluzione nel tempo e si è articolata in vario modo, nello stesso luogo e no, ha avuto esperienze urbane di varia natura in una combinazione di successivi apporti delle varie generazioni che non possono essere ridotti al solo gioco di casualità locali e frazionate, ma vanno indagate con i metodi della storia, cui prima facevamo riferimento.
Il Metodo storico di indagine sulla città costruita si basa sullo studio delle fonti: scritte e iconografiche e principalmente sulla fonte primaria che è la città stessa, come complesso manufatto urbano nella sua presenza reale odierna, dalla quale non si può prescindere e che quindi va indagata sul campo con tutti i suoi elementi.
Ancora il Tenenti (p.851) si sofferma nel differenziare e precisare una certa confluenza a proposito di Storia Urbana e Storia dell’Urbanistica o dell’urbanizzazione.
Egli scrive le esigenze della storia urbana sono state decisive per lo sviluppo e la crescita della storia dell’urbanistica. Nel corso degli ultimi decenni infatti sempre più i loro punti di vista tendono a confondersi in uno. Bisogna riconoscere egli scrive che la storia dell’urbanistica ha costituito, principalmente in Italia, ma non soltanto in Italia, una delle dimensioni e forse anche la più forte di un rinnovamento e di un approfondimento della storia delle città.
E pure se le diatribe universitarie e l’antagonismo verificatosi tra storia dell’architettura e storia dell’urbanistica, gravitando entrambe intorno ad un medesimo oggetto: la città; sul piano scientifico si traduce in una concorrenza costruttiva.
Sono infatti gli stessi specialisti (architetti, urbanisti, ingegneri, storici, storici dell’arte, geografi etc..) che si occupano della stessa impresa intellettuale.
E secondo Tenenti ciò porterà all’accrescimento dell’esigenza di una storia urbana più strutturata e più completa, alla quale non potrà non condurre il laboratorio di studi oggi in atto.
Per Storia dell’Urbanistica è lo stesso Roncayolo (su cui ci siami intrattenuti nella Lezione n.2) a centrare l’argomento degli studi di storia urbanistica, o dell’urbanistica indicando i pericoli che possono incorrere nelle analisi di storia urbana, troppo omnicomprensive; e siamo così entrati nel cuore del dibattito della differenziazione tra la storia urbana e la storia urbanistica, così come viene concordemente oggi intesa dagli storici – architetti.
Si vuole dire cioè che la storia urbanistica, più che la storia urbana, pur non volendosi minimamente sottrarsi alla confluenza in una “Storia totale”, ma anzi contribuire ad incoraggiare l’orientamento in atto della intera disciplina storica verso nuovi interessi, verte sulla “riscoperta dei metodi storici della progettazione urbana e delle stratificazioni temporali che hanno prodotto i sistemi insediativi” ed in tal senso proprio può offrire anche più di un solido argomento alla impostazione di metodi di intervento coerenti con le esigenze attuali e future” (da E.Guidoni, p.5 dell’Editoriale al n.5 di “Storia della città”).
In tal senso, e ci tengo a sottolinearlo, si pone con tutta evidenza la precisa coscienza del ruolo tecnico, dell’allievo architetto, ma anche politico del ricercatore nell’ottica di un superamento di schemi ed abitudini e deformazioni specialistiche.
Bisogna analizzare, dice sempre il Guidoni (Storia dell’ Urbanistica .Il Medioevo. sec.VI-XI, Bari 1991, p. 4 dell’Introduzione) l’urbs, ovvero la città materiale, mentre fino ad oggi troppo spesso si è tenuto in maggiore considerazione la civitas , ovvero l’insieme dei cittadini.
Talchè si è avuto il distaccco delle fonti dalla realtà materiale delle città: dalla loro origine, formazione e trasformazione e dall’analisi dei suoi elementi primari (impianto, mura, piazze, strade, tessuti urbani, architetture civili e religiose e militari etc..), mentre al contrario si è avuto una prevalenza di considerazione al riguardo della città dei cittadini.
Nello studio delle città non si può analizzare un campione a fondo, per poi generalizzare per dare delle risposte ad un problema, è un metodo non adatto e improponibile per la storia dell’urbanistica, dove non solo sono autonome e “diverse ” le storie delle singole città, ma lo sono anche tutta una serie di strutture intermedie (scrive E.Guidoni, Editoriale al n.5 di “Storia della città” del 1980). Bisogna cioè seguire nel dettaglio le modifiche del tessuto urbano per quanto si riferisce agli ultimi cinque secoli e rintracciare quel disegno progettuale specificamente urbano, basato sul costruito reale, che come scrive sempre il Guidoni potrebbe identificarsi con la Gramsciana “estrinsecazione sociale” del progetto del singolo o dei singoli operatori.”
E’ sopratutto sulla consistenza reale dell’urbs o meglio di alcune delle sue parti che si è esercitata positivamente oggi la ricerca archeologica, specialmente per la città antica e per la città altomedievale e medievale, per cui scarseggiano le fonti scritte, operando più o meno intensamente in tutti i paesi europei.
A riguardo si possono considerare positivamente gli esempi di archeologia urbana svolti a Napoli: la cattedrale o Duomo (1970-1980) e il monastero di San Lorenzo(1980- 1990), il porto in piazza Municipio (2003-2004) per le evidenze stratificate della città greco romana, il sacello di S.Aspreno per la città altomedievale.
Sul Tema dell’Archeologia urbana torneremo in una prossima lezione.
Importante acquisizione è la considerazione che ogni esempio di città storica va studiato secondo iuxta propria principia. Qui è bene approfondire il discorso per comprendere con quale rapporto di importanza, di reciproco chiarimento debbano essere impiegati caso per caso quegli strumenti operativi che, abbiamo chiamato modelli urbanistici, perchè non ricadono sotto l’etichetta figurativa e possano apparire ad un esame sommario, come facenti parte di un sistema di schemi senza tempo, ricorrenti con lo stesso significato presso civilta’ diverse e in periodi storici diversi.
Sarebbe questo un errore enorme!
Esemplificazioni di errori in due casi di studio:
Da queste considerazioni nasce la necessità per lo storico dell’urbanistica e delle città di considerare la formazione di una serie di strumentazioni d’indagine da porre in atto nello studio dei tessuti urbani e degli insediamenti, di cui parleremo nelle prossime lezioni, e la necessità di una profonda, pur se lenta, opera di “scavo” archeologico e storiografico collettivo, disciplinare e internazionale.
Esemplificazioni di errori in due casi di studio
1. L’impianto a scacchiera di tipo ippodameo.
E’ quindi necessario evitare, dice giustamente il Guidoni di definire come “ippodameo” l’impianto de la Valletta a Malta , essendo invece un primo tentativo di distinguere le aree occupate dai “Cavalieri” da quelle occupate dai “Pedoni” sulla base di una diversa e complementare conformazione materiale dello spazio urbano. Identicamente, aggiungiamo noi, lo stesso errore viene articolato su Napoli: quando si parla della città antica e si definisce l’impianto a scacchiera quando invece è d’epoca greca e per strigae! Invece è ben noto (cfr. oggi gli studi di M.Napoli,, E. Greco, B. D.’Agostino…1970, 1983, 1989, e la “Napoli Antica”, catalogo della mostra permanente del 1985) è evidente l’impianto greco di Napoli impostato per strigae in plateai e stenopoi….del 476 a.Cr. sul tessuto attuale. L’importanza dell’archeologia urbana come fonte per la storia urbana della città antica è fondamentale, quando si parla dell’impianto e della sua attuale conservazione. Tema sul quale torneremo nelle prossime lezioni.
Napoli. Restituzione del bacino naturale del porto romano di Neapolis, di impianto greco, sul tessuto attuale della città (da T.Colletta, Napoli città portuale e mercantile…,op.cit.).
2. L’utopia rinascimentale.
L’utopia rinascimentale ha condotto all’errore sul piano urbanistico di ampliamento lungo il decumano inferiore da Alfonso d’Aragona alla metà del ‘400. Ad iniziare dallo Hamberg nel 1965, che individua questo piano quale trasposizione grafica di un disegno di Fra’ Giocondo da Verona, conservato agli Uffizi. Invece questo disegno , recto e verso , altro non e’ che una planimetria e una sezione di una scala chiocciola! (cfr. E.Guidoni in Editoriale a “Storia della città n.5.). Il saggio su Fra Giocondo di V. Fontana del 1987 riprende l’ipotesi di E.Guidoni di lettura del disegno contro le ipotesi susseguite a quelle dell’Hamberg di R. Pane, G.C. Argan ,C. De Seta, etc…
Da qui nasce la necessità per lo storico dell’urbanistica e delle città di considerare la formazione di una serie di strumentazioni d’indagine da porre in atto nello studio dei tessuti urbani e degli insediamenti, di cui parleremo nelle prossime lezioni, e la necessità di una profonda, pur se lenta, opera di”scavo” archeologico e storiografico collettivo, disciplinare e internazionale prima di formulare erronee considerazioni generali.
Il dominio però di studi che noi vogliamo privilegiare sono le strutture materiali e le organizzazioni dello spazio nelle città europee.
E’ infatti compito della storia urbanistica lo studio e conoscenza delle città storiche basandosi su di ampliamento degli orizzonti disciplinari e condurre un lavoro di coordinamento tra i varii studi interdisciplinari che si rivolgono alle città.
E’ difatti oggi concordemente riconosciuta una interdisciplinarietà agli studi storici sulle città in tal senso l’interesse della nostra ricerca suggerisce come la città deve essere vista e studiata.
La città va studiata sopratutto in quanto insieme di strutture costruite – la città di pietre – analizzate nella loro evoluzione, nelle loro implicazioni reciproche, e i loro condizionamenti multipli, oltre che nei loro significati sociali e culturali nel senso più largo, nel loro uso e nella loro destinazione.
La città va studiata quindi, come vuole il Guidoni,non solo secondo i tradizionali criteri di descrizione , di cronaca e di amministrazione, ma con accento alla realtà materiale della città: la restituzione planimetrica attuale e storica, il rilievo delle fabbriche, l’iconografia e la cartografia storica, le case, il tessuto delle strade e delle piazze, l’archeologia di questi elementi, ovvero, rintracciati con lo scavo, ove non fossero più a vista.
Identicamente secondo lo stesso metodo va studiato il territorio della città, ossia il paesaggio urbano circostante e facente parte dell’insediamento.
Ci si propone cioè, da una parte, di tendere verso una sintesi, e uno sguardo d’insieme e dall’altra di costituire una conoscenza articolata e dialettica degli uomini creatori e della loro produzione collettiva, ossia una conoscenza globale adeguata.
Non è affatto certo che la storia delle città e del paesaggio esista già, nè sopratutto che esistano già gli storici capaci di realizzarla in maniera integrale; ma ciò che è importante è che ciascuno dovrà apportare in maniera convergente il suo prezioso contributo ad un sapere che è in via di elaborazione.
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T. Colletta, Pozzuoli città fortificata in epoca vicereale. Una mappa inedita conservata alla Biblioteca Nazionale di Parigi, in "Storia dell'Urbanistica. Campania I", numero monografico su Pozzuoli a cura di T.Colletta, luglio-dic. 1988, pp.7- 40, ill.36.
T. Colletta, La ricerca conservativa urbana, in "Bollettino del Dipartimento di Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali", n.0, aprile 1990.
T. Colletta, Napoli e Amalfi tra IX e XII secolo, (con E.Giacalone), numero monografico di "Storia dell'Urbanistica / Campania", n.VI, 2002, pp. 120. Recensito da A.Milone in “Rassegna del Centro di cultura e Storia Amalfitana”, N. Sanno XIII(XXXIII dell'intera serie), giugno 2003, pp.211-214.
T.Colletta, Il valore urbano, in D.Mazzoleni ,M.Sepe ( a cura di), Rischio sismico, paesaggio,architettura: l'Irpinia,contributi per un progetto, Centro di competenza AMRA, Napoli 2005, pp.59-66.
T. Colletta, Archeologia urbana e storia urbanistica, in “Archeologia,città, paesaggio”, a cura di R.Genovese, (Atti del Convegno ICOMOS, 16-17 Dicembre 2005), Arte Tipografica, Napoli 2007 ,pp. 93-11 e n. 12 ill.a colori pp. 288-291.