Analizzeremo in questa lezione le diverse fasi del rapporto tra la città e il porto di Napoli.
Storia della città portuale napoletana che abbiamo suddiviso in due sezioni relativamente alla periodizzazione che abbiamo voluto individuare:
I . la costruzione della città portuale e mercantile;
II. la disarticolazione tra città-porto e la separazione dalla riva portuale iniziata nel Settecento.
La prima sezione della Lezione è suddivisa in due parti e la seconda in tre parti.
Napoli città-portuale e Napoli città storica allontanata dal porto. L’approccio storico città-porto ci consente di distinguere quattro grandi periodi nella storia dei rapporti tra città e porto a Napoli:
1. Nel periodo greco-romano la città antica aveva un approdo e non un porto costruito.
Tra Duecento e Cinquecento vi è una fusione morfologica in cui la città e il porto si costruiscono insieme per un funzionamento attivo della città portuale, tra Castelnuovo e la piazza del mercato.
2. Tra XVI e XVII secolo si costituiscono le mura di fortificazione meridionale la città si espande ad occidente ma il porto mantiene la sua localizzazione e, non si adegua alle nuove dimensioni urbane. Il viceregno opera solamente a fini militari il ridisegno del fronte a mare.
La seconda sezione è suddivisa in tre parti: dalla separazione dalla riva portuale nel Settecento alla disarticolazione tra città-porto, fino ai progetti di recupero del fronte a mare storico.
Napoli. Il Fronte a mare del porto storico dal molo San Vincenzo al Beverello dalla nave (foto dell'a. 2007)
Conoscere gli strati più antichi della stratificazione insediativa è un obbligo nei lavori di restauro nel centro antico di Napoli. Inoltre è d’obbligo per fondare una coscienza ambientale nei cittadini far conoscere la natura storico-archeologica dei luoghi urbani, di cui certo Napoli rappresenta un unicum per elevata stratificazione storica più che bimillenaria.
(da T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile. La città bassa il porto ed il mercato dall’Alto medioevo al Viceregno spagnolo, Roma, Kappa Edizioni, 2006)
L’ubicazione del porto della Neapolis è stata più volte dibattuta, sia in sede di studi archeologici che di studi di storia antica, ma poche sono le certezze, benchè sia da tutti riconosciuta l’efficienza dell’approdo napoletano, uno scalo naturale, esteso in un’ampia insenatura, e ben protetto dal promontorio di Pizzofalcone, ove era localizzata la città vecchia, l’antica Palepolis.
E’ evidente che la storia urbana di Napoli antica si è fortemente avvantaggiata dalle recenti “scoperte” (2003-2004) dell’ archeologia urbana, sebbene occasionali essendo in relazione allo scavo della Linea 1 della Metropolitana. (Per l’importanza dell’archeologia urbana come fonte per la Storia della città vedi la Lezione n.8)
Pertanto la certificazione del sito del porto romano della città di Neapolis ha posto una conclusione veritiera, con il reperimento di tre grandi imbarcazioni romane, ad un secolo di dibattiti sulla localizzazione dell’antico bacino di approdo e di conseguenza sull’urbanizzazione della fascia costiera.
Scoperta archeologica delle 3 barche a 15 metri al di sotto del livello attuale di piazza Municipio che ha confermato l’esistenza del bacino portuale antico in questo sito.
La questione del porto in età greco-romana e l’identificazione archeologica odierna dell’originaria insenatura naturale.
La scoperta del porto romano di Neapolis al di sotto di 15 metri della piazza Municipio, cuore della città contemporanea ha dato la possibilità di ricostruire l’antica linea di costa.
I livelli dello scavo effettuato tra il 2002-2004 sono esposti nella nuova sala del Museo Archeologico insieme a tutti i materiali marittimi ritrovati.
L’archeologia urbana ha posto con certezza l’ubicazione dell’approdo in epoca antica e ha definitivamente risolto la lunga diatriba tra storici, euditi, geografi e architetti ed archeologi di dove fosse ubicato l’antico bacino della città antica ed il suo approdo.
Neapolis (la “città nuova”) nasce come città commerciale di popolazione greche (calcidesi, pithecusani, ateniesi cioè gli abitanti della vecchia polis) e ben presto diviene un rilevante porto di scambio e di commerci con le terre d’oltremare e con le ricche regioni agricole dell’interno dell’Italia peninsulare.
Napoli greca e poi romana aveva un porto aperto un approdo allungato lungo la riva senza difese lungo la spiaggia, essendo la città sulle tre terrazze difesa dalle alte pareti tufacee e dalla lontananza dall’ampia insenatura naturale (circa 400 metri).
Il continuo ampliamento della città antica verso quest’insenatura naturale e la riva oltre le mura costituisce in sei secoli la spinta alla costruzione della città dalla “parte di basso”, ossia al di sotto altimetricamente delle tre terrazze dell’altura -il “Pendino”- su cui si era costituito l’insediamento greco originario del V sec. a Cr.
A differenza però dell’antico impianto urbanistico, a plateiai e stenopoi, non rimaneva alcuna traccia evidente dell’insenatura naturale del porto napoletano fino al dicembre 2003; anzi, come è ben noto, il problema della localizzazione dell’antico porto tra Palepolis e Neapolis era stato oggetto di dispute tra più autori e studiosi nell’arco di più secoli. Storici, archeologi, filologi ed eruditi hanno proposto una serie di soluzioni diverse hanno proseguito nel dibattito con disparità di opinioni nell’ultimo secolo.
Il bacino naturale antico doveva essere compreso, secondo questi accreditati studi geognostici e rilievi geotecnici, nell’area compresa tra PortoSalvo, la parte bassa di piazza Municipio e lo sperone di tufo su cui sorse lo Chateau-neuf angioino, profonda insenatura utilizzata fin dall’antichità greca con funzioni portuali e di approdo.
Le conclusioni odierne demoliscono le varie tesi degli storici patri e degli archeologi, nella proposta ipotesi restituiva planimetrica, fondata su rilievi geognostici, che amplia notevolmente l’insenatura naturale verso occidente, fino al luogo ove fu costruito il castello angioino.
La questione del porto antico è ripresa oggi in maniera sistematica, non solamente sulle fonti scritte e sulle indagini puntuali, ma sulla base delle “scoperte” archeologiche effettuate in occasione del tracciamento della nuova Linea 1 della Metropolitana di Napoli, tra il dicembre 2003 ed il febbraio 2004, ad opera della Soprintendenza Archeologica.
Il ritrovamento di 3 grandi barche d’epoca romana.
Durante i lavori di scavo condotto in piazza Municipio sono stati ritrovati, ad una profondità di circa 15 metri al disotto del livello attuale della città, i materiali del porto antico, testimoniata dai pali in legno di ormeggio dalle cime, dalle gamene etc. unitamente alle tre grandi barche d’epoca romana capovolte nel terreno.
Tutto il materiale rinvenuto è oggi conservato nella nuova sala del Museo Archeologico Nazionale accanto alla “Stazione Museo” della Metropolitana.
Ciò che va sottolineato è che l’insenatura portuale naturale, così come si viene oggi a delineare, con la conoscenza materiale della Napoli antica ottenuta dall’archeologia, era separata dalla città murata, all’interno della quale si svolgeva la vita economica e civile dei cittadini e l’attività di mercato, essendo l’approdo delle barche e la riva, lontano dal centro di circa 400 metri e presumibilmente doveva essere ad esso collegato da una strada, presumibilmente l’attuale via Medina.
Neapolis La città greco romana ed il bacino portuale (da Mostra al Nuovo Museo Archeoilogico di Napoli, foto dell'a.2007).
Il decentramento della città dal nucleo originario greco-romano verso il mare avviene nel corso di più secoli ad iniziare dall’alto Medioevo.
La vera riorganizzazione strutturale della città portuale si ebbe in periodo angioino con la costruzione prima dello Chateau neuf, la reggia nuova turrita sul mare, e poi del nuovo molo innanzi alla nuova residenza reale.
Riorganizzazione complessiva, condotta su una scala più vasta e più profonda che non quella architettonica, della quale si fecero promotori Carlo I e Carlo II con specifiche operazioni urbanistiche condotte per fare di Napoli una città portuale con il ridisegno del fronte a mare ed una diversa organizzazione del tessuto urbano.
Il trasferimento del mercato da una posizione di centralità, conservata per tutto il periodo tardo antico e altomedievale nel cuore della città alta, in una posizione decentrata, esterno alla cinta muraria verso oriente, alla fine del Duecento fu un’operazione di decentramento di grande rilievo urbanistico. Diversamente aveva operato Carlo I nel decentrare la nuova sede regia sul mare ad occidente della città murata preesistente.
(per il Mercato pubblico e la nuova piazza al Campo Moricino vedi la Lezione n.15)
La configurazione della costa si andò modificando ed evolvendo morfologicamente: essa si contrae e avanza di centinaia di metri, sia per il continuo deposito di detriti dalle colline e sia per il problema dell’insabbiamento del mare, forse causa prima dell’interramento dell’ampia ansa naturale.
Il fenomeno detto del “ritiro del mare” fece sì che l’area portuale ad occidente si venne a ridurre di ampiezza e profondità e la riva avanzò notevolmente come si è cercato di evidenziare nelle piante di restituzione del periodo alto medievale accluse al testo su <<Napoli portuale e mercantile>>.
Inoltre nell’ampliamento dell’abitato verso sud-ovest e sud est l’approdo dovette avanzarsi rispetto alle mura e andò svolgendosi anche lungo tutto il litorale da occidente verso oriente per una notevole estensione in lunghezza. un nuovo e grande porto si ebbe per volere di Carlo II d’Angiò innanzi alla reggia.
La costruzione di un nuovo molo è attestata dalle fonti in periodo angioino (1302) ed è rappresentato per la prima volta dal mare nella Tavola Strozzi.
La costruzione del nuovo porto e degli arsenali in periodo angioino (1270- 1310) innanzi la nuova reggia turrita di Castel nuovo
Lo stesso anno 1302 Carlo II sovrano francese decretò l’inizio dei lavori per il nuovo porto. Fondamentale per la nuova strutturazione della città bassa lungo la costa, anche in termini difensivi, fu il rinnovo del bacino portuale e la creazione di un nuovo grande molo in diretto contatto con la sede dei regnanti. La nuova organizzazione in relazione alle volontà regie di incrementare i traffici militari, marittimi e commerciali fondava sull’ampliamento della capienza del bacino portuale, nell’intenzione di operare uno stretto legame tra il molo nuovo da erigere e la reggia turrita. La nuova situazione urbanistica ci verrà illustrata nella famosa Tavola Strozzi del 1473, dopo gli interventi aragonesi. Dal 1300 quando si diede commissione “pro portu faciendo in Neapoli” fino all’inizio effettivo dei lavori nel 1302, l’Angioino si dedica alla realizzazione dell’opera con determinazione: prima rendendo inalienabili tutte le aree circonvicine del demanio pubblico, e poi gravando la popolazione con specifiche tassazioni: il dazio sul vino esportato e dal 1306 la nuova imposta -la “gabella del buon danaro- per agevolare la non indifferente copertura finanziaria della costruzione molo-porto.
(da T. Colletta, Napoli città portuale…, cap. IV)
Con la realizzazione del nuovo mercato si attua la localizzazione nella fascia costiera sia delle principali strutture mercantili pubbliche (Dogane, Logge, Fondaci, Osterie, Banchi, Portici ed Archi), sia delle colonie forestiere e straniere, con la conseguente particolare strutturazione viaria mercantile organizzatasi in funzione delle attività portuali e delle esigenze mercantili marittime da est verso ovest. (per il Mercato pubblico e la nuova piazza al Campo Moricino vedi la Lezione n.15)
Il decentramento della sede regia nella fortezza sulla costa all’estremità occidentale della città sul mare, dal lato opposto alla sede del potere normanno-svevo in Castel Capuano, presupponeva la volontà di legare l’autorità sovrana al porto ed ai traffici marittimi. I lavori ordinati ed iniziati da Carlo I d’Angiò investirono l’intera area occidentale e proseguirono con Carlo II con il nuovo porto.
Si realizza così, già alla metà del Trecento, un fronte a mare di più di 2 chilometri di lunghezza, dalla reggia turrita di Castelnuovo al castello-forte del Carmine, parte integrante ed integrata del meccanismo portuale e del cospicuo volume di traffici, Napoli si definisce come a città portuale e mercantile.
La ricostruzione, tramite planimetrie restitutive, delle fasi di accrescimento della particolare struttura urbanistica di questa larga fascia marittima della città di Napoli nel continuo avanzamento della linea di costa è stata operata nelle tre tavole accluse al testo di base.
L’ampliamento del fronte a mare storico di Napoli e le sue trasformazioni in periodo vicereale.
L’intero sviluppo di circa 2 km di lunghezza e l’avanzamento delle successive cinte murarie visibili nelle piante ricostruttive operate riguardano la parte della città bassa ad est.
Lo spostamento del fronte a mare oltre Castelnuovo verso Castel dell’Ovo ad occidente ed il forte sviluppo sulla riva occidentale si ebbe con la costruzione dell’arsenale vicereale nel 1577-78, ad ovest di Castel nuovo. Ossia oltre l’isolotto di San Vincenzo, ove era il grande torrione trecentesco di difesa della costa.
Torrione circolare di San Vincenzo ben visibile in tutta la cartografia storica di Napoli dal mare dalla Tavola Strozzi, alla Duperac-Lafrery alla pianta Carafa demolito alla fine del ‘700 per ampliare la darsena.
L’immagine che segue testimonia il valore architettonico, paesaggistico e ambientale del fronte a mare del porto storico di Napoli sotto la collina di San Martino.
Napoli. Il fronte a mare storico con la reggia vicereale-borbonica ed il molo San Vincenzo, il Castelnuovo ed il molo Beverello visto dal mare (foto dell'a. 2006)
Il fronte a mare si amplia notevolmente e con la costruzione della nuova reggia vicereale da parte del Fontana ( 1602) costituendo un polo militare nuovo voluto dai viceré ad occidente comprensivo del nuovo palazzo ben protetto dal recinto di Castelnuovo ad oriente, con la nuova porta urbana marittima detta dell’arsenale e l’Arsenale medesimo.
Il progetto per una grande trasformazione della città portuale napoletana si ebbe alla fine del Cinquecento (1597-1602) con l’inizio del nuovo molo secondo il progetto dell’ingegnere maggiore del regno Domenico Fontana che unì l’isolotto di San Vincenzo alla terraferma.
L’architetto urbanista previde un complesso di infrastrutture viarie per la realizzazione ed il funzionamento della nuova struttura portuale.
I lavori iniziati furono sospesi nel 1599 per le catastrofi marittime e per le ben note ragioni di avversione al progetto del Fontana non furono più proseguiti (da T. Colletta, Napoli città portuale e… , 2006, cap. VI)
Napoli. Restituzione degli interventi del Fontana a Napoli sulla pianta Carafa (da T. Colletta, Napoli città portuale e…,2006)
L’impegno dei viceré fu costante nel cercare di isolare maggiormente la zona militare: arsenale-darsena-reggia, ma non riuscirono a realizzare il nuovo porto militare, e il molo angioino-aragonese rimane l’unico porto per la Napoli cinque-seicentesca.
Come bene illustra l’architetto certosino Bonaventura Presti nello splendido disegno manoscritto di tutto il Fronte a mare da Castel Dell’Ovo al Carmine datato 1666 e firmato, conservato alla Biblioteca Apostolica Vaticana.
Il fronte a mare presenta un nucleo vicereale portuale con scopi militari ben definiti che è nettamente separato dalla città portuale e mercantile dei secoli angioino-aragonesi che rimane ad est, mentre la città si espande verso occidente.
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La Lezione è una sintesi delle mie ricerche su Napoli città portuale e sul porto storico dal periodo antico a quello angioino aragonese e fino al progetto per il nuovo porto di Domenico Fontana della fine del Cinquecento.
Vedi il libro di testo: T. Colletta, Napoli città portuale e mercantile. La città bassa il porto ed il mercato dall'VIII al XVII secolo, Roma Kappa Edizioni, 2006, capp. IV, V e VI.
Per maggiori approfondimenti vedi i saggi :
T. Colletta, Domenico Fontana a Napoli: i progetti urbanistici per l'area del porto, in "Storia della città", n.44, L'Urbanistica di Sisto V,/3, ott.-nov.1987, pp.76-119, ill.18.
T. Colletta,I progetti e i lavori per il porto di Napoli dalla fine del XVI al XVII secolo, nota presentata al XXIII Convegno di Storia dell'Architettura:"L'architettura a Roma e in Italia (1580-1621)", Roma 24-26 marzo 1988, in"Rassegna/ANIAI", n.2,1990.
T. Colletta, The historical Naples' waterfront and the rehabilitation-reconversion of the military spaces. The Acton dock, the Bourbon dockyard and the San Vincenzo pear, in “Revue Méditerranée”, n. 3-4 - volume 111 – 2008, pp. 120-129.
T. Colletta (a cura di ), Tra Storia e recupero. Le città portuali dell'Impero Spagnolo nell'età di Filippo II. L'età del confronto e la riqualificazione dei loro fronte a mare storici, “Storia dell'Urbanistica /Campania”, n. IX, 2009, pp. 110.