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Roberto Vona » 13.La gestione dei rapporti verticali nei canali di distribuzione


Indice della lezione

Obiettivo Formativo

Fornire una panoramica sulla logistica per le imprese commerciali

Indice della Lezione

  • Il potere dei membri di un canale; fonti del potere coercitive e non coercitive.
  • La conflittualità all’interno del canale: origini ed effetti.
  • Conciliazione, compromesso e cooperazione.
  • Evoluzione storica delle relazioni interne ai canali di distribuzione.
  • L’allargamento della catena del valore tramite la cooperazione sistemica verticale.
  • La conflittualità interna al canale e il valore strategico/tattico della relazioni tra operatori.
  • Gli effetti della strategia di integrazione verticale per l’impresa industriale e gli ostacoli al suo successo.
  • Le organizzazioni contrattuali.
  • Il trade marketing e la reingegnerizzazione dei canali distributivi.
  • La tecnica del DPC/DPP e il suo utilizzo per massimizzare l’output di tutta la “filiera”.
  • Il Key Account Management.
  • La possibile evoluzione futura.

Tipologie di confluttualità intracanale

“Il potere di un membro di un canale è rappresentato dalla sua capacità di controllare le variabili su cui si fondano le scelte strategiche e operative di un altro soggetto operante a un livello diverso del canale; tale potere riduce il livello di controllo, che l’agente dominato esercitava inizialmente sulle proprie scelte”
[El Ansary e Stern, 1992]

Tipologie di confluttualità intracanale.

Tipologie di confluttualità intracanale.


Variabili rilevanti nei processi distributivi


Excursus storico

Pre Rivoluzione industriale:

  • Tessuto produtivo molto frammentato,
  • Mancanza di operatori del trade specializzati.

Post Rivoluzione industriale:

  • La leaderiship del canale spetta al mercante.

Sviluppo tecnologico:

  • Integrazione verticale a valle dell’industria (brand loyalty).

Excursus storico (segue)

Cambiamento dei costumi:

  • Modernizzazione del tessuto distributivo;
  • Aumento del potere negoziale della distribuzione (store loyalty).

Attualmente:

  • Conflitto industria e distribuzione in diversi settori;
  • Partnership senza leadership riconosciuta.

Canale e valore d’uso

Un canale può essere considerato come l’estensione di una catena del valore, che oltrepassa i confini dell’impresa industriale fino a raggiungere il consumatore finale. Il canale crea un surplus di valore nei casi in cui esista una differenza positiva tra l’utilità marginale di un acquisto (comprensivo di beni e servizi) e il relativo costo di produzione.
Esisterà sempre un valore “utile” (valore d’uso) finché il consumatore sarà disponibile a sostenere un determinato sacrificio in denaro (prezzo) per avere in cambio uno specifico prodotto.
Il valore d’uso creato nel canale può essere massimizzato tramite il coordinamento e la cooperazione che attivano una “spirale evolutiva” alla base dei processi di diffusione dell’innovazione.
Un approccio di questo tipo si basa su una modifica da relazioni interaziendali buyer-seller, a favore della collaborazione nelle diverse aree funzionali.
Modelli come il Direct Product Profitability permettono di evidenziare la contribuzione dei singoli prodotti alla redditività complessiva del canale.

Mappa delle relazioni collaborative intrachannel

Mappa delle relazioni collaborative intrachannel

Struttura del potere e caratteristiched elle relazioni.

Struttura del potere e caratteristiched elle relazioni.


Il potere nei canali distributivi

I fattori principali che ostacolano l’adozione di strategie di integrazione verticale con riferimento alle attività di distribuzione, sono classificabili in una delle tre seguenti “incompatibilità”:

  • divario di assortimenti esistente tra i differenti stadi operativi del canale;
  • eterogeneità dei processi da integrare;
  • capacità manageriali non sempre adeguate.

Il franchising

A valle delle attività manifatturiere si riscontra un impiego diffuso di soluzioni manageriali di gestione dei flussi distributivi basate su regolamenti contrattuali.
Negli ultimi anni si è assistito a uno sviluppo eccezionale di una particolare forma di controllo delle relazioni nei sistemi verticali di vendita, regolata da strumenti di natura giuridica: il franchising.
Questa forma contrattuale rappresenta una alternativa rispetto all’integrazione verticale che favorisce la diffusione delle innovazioni nel canale “a costi contenuti”, purché si riesca a instaurare tra franchisor e franchisee un clima collaborativo e rispettoso dei rispettivi ruoli nel sistema.

Vantaggi e ssvantaggi
A valle delle attività manifatturiere si riscontra un impiego diffuso di soluzioni manageriali di gestione dei flussi distributivi basate su regolamenti contrattuali.
Negli ultimi anni si è assistito a uno sviluppo eccezionale di una particolare forma di controllo delle relazioni nei sistemi verticali di vendita, regolata da strumenti di natura giuridica: il franchising.
Questa forma contrattuale rappresenta una alternativa rispetto all’integrazione verticale che favorisce la diffusione delle innovazioni nel canale “a costi contenuti”, purché si riesca a instaurare tra franchisor e franchisee un clima collaborativo e rispettoso dei rispettivi ruoli nel sistema.

Il trade marketing

Mutamento radicale dell’industira nella filosofia alla base della gestione delle relazioni con le imprese commerciali che può essere condensato nei seguenti comportamenti essenziali:

  • evitare di intraprendere iniziative potenzialmente discriminatorie nei confronti della distribuzione;
  • sperimentare sempre nuovi progetti di collaborazione verticale;
  • implementare un sistema informativo di marketing che permetta l’utilizzo di metodologie innovative di programmazione e controllo dei processi distributivi;
  • adeguare le strutture organizzative commerciali ai cambiamenti avvenuti nel tessuto distributivo.

Il programma Efficient Consumer Response

Negli ultimi anni alcune grandi imprese industriali e commerciali operanti nel largo consumo per difendere gli spazi di mercato conquistati dai prodotti di marca, hanno dato vita a un progetto di revisione critica di tutte le attività della filiera produttivo-distributiva, denominato ECR (Efficient Consumer Response), per operare significativi recuperi di efficienza a vantaggio dell’intero canale.
Da questo programma sono nati degli esperimenti nell’ambito del sottoprogetto CRP (Continuous Replenishment Program), finalizzati a verificare l’applicabilità nel concreto di procedure automatizzate di ripristino, da parte del produttore, dei livelli di scorta del Ce.Di. del distributore, basate sullo scambio di dati in tempo reale.

Effetti dello sviluppo del mercato

Direct Product Cost e Direct Product Profitability è uno strumento gestionale utile a misurare il grado di redditività lorda di ognuno dei prodotti inseriti in assortimento.

E’ anche un supporto quantitativo prezioso per favorire lo sviluppo di relazioni verticali di canale collaborative, incentrate sulla valorizzazione oggettiva delle prestazioni intrachannel.
Il modello, formulato originariamente dal FMI (Food Marketing Institute) in collaborazione con la McKinsey, consente di attribuire i costi diretti di “produzione” alle singole referenze, dopo averli classificati in categorie (fattori “produttivi”) e in centri di costo (fasi di “lavorazione”), al fine di stimare “la quota di utilizzazione dei diversi fattori produttivi per ciascun prodotto attraverso la base di imputazione che meglio rispecchia tale consumo”.


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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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