Obiettivo Formativo
Fornire una panoramica sulla logistica per le imprese commerciali
Indice della Lezione
“Il potere di un membro di un canale è rappresentato dalla sua capacità di controllare le variabili su cui si fondano le scelte strategiche e operative di un altro soggetto operante a un livello diverso del canale; tale potere riduce il livello di controllo, che l’agente dominato esercitava inizialmente sulle proprie scelte”
[El Ansary e Stern, 1992]
Pre Rivoluzione industriale:
Post Rivoluzione industriale:
Sviluppo tecnologico:
Cambiamento dei costumi:
Attualmente:
Un canale può essere considerato come l’estensione di una catena del valore, che oltrepassa i confini dell’impresa industriale fino a raggiungere il consumatore finale. Il canale crea un surplus di valore nei casi in cui esista una differenza positiva tra l’utilità marginale di un acquisto (comprensivo di beni e servizi) e il relativo costo di produzione.
Esisterà sempre un valore “utile” (valore d’uso) finché il consumatore sarà disponibile a sostenere un determinato sacrificio in denaro (prezzo) per avere in cambio uno specifico prodotto.
Il valore d’uso creato nel canale può essere massimizzato tramite il coordinamento e la cooperazione che attivano una “spirale evolutiva” alla base dei processi di diffusione dell’innovazione.
Un approccio di questo tipo si basa su una modifica da relazioni interaziendali buyer-seller, a favore della collaborazione nelle diverse aree funzionali.
Modelli come il Direct Product Profitability permettono di evidenziare la contribuzione dei singoli prodotti alla redditività complessiva del canale.
I fattori principali che ostacolano l’adozione di strategie di integrazione verticale con riferimento alle attività di distribuzione, sono classificabili in una delle tre seguenti “incompatibilità”:
A valle delle attività manifatturiere si riscontra un impiego diffuso di soluzioni manageriali di gestione dei flussi distributivi basate su regolamenti contrattuali.
Negli ultimi anni si è assistito a uno sviluppo eccezionale di una particolare forma di controllo delle relazioni nei sistemi verticali di vendita, regolata da strumenti di natura giuridica: il franchising.
Questa forma contrattuale rappresenta una alternativa rispetto all’integrazione verticale che favorisce la diffusione delle innovazioni nel canale “a costi contenuti”, purché si riesca a instaurare tra franchisor e franchisee un clima collaborativo e rispettoso dei rispettivi ruoli nel sistema.
Vantaggi e ssvantaggi
A valle delle attività manifatturiere si riscontra un impiego diffuso di soluzioni manageriali di gestione dei flussi distributivi basate su regolamenti contrattuali.
Negli ultimi anni si è assistito a uno sviluppo eccezionale di una particolare forma di controllo delle relazioni nei sistemi verticali di vendita, regolata da strumenti di natura giuridica: il franchising.
Questa forma contrattuale rappresenta una alternativa rispetto all’integrazione verticale che favorisce la diffusione delle innovazioni nel canale “a costi contenuti”, purché si riesca a instaurare tra franchisor e franchisee un clima collaborativo e rispettoso dei rispettivi ruoli nel sistema.
Mutamento radicale dell’industira nella filosofia alla base della gestione delle relazioni con le imprese commerciali che può essere condensato nei seguenti comportamenti essenziali:
Negli ultimi anni alcune grandi imprese industriali e commerciali operanti nel largo consumo per difendere gli spazi di mercato conquistati dai prodotti di marca, hanno dato vita a un progetto di revisione critica di tutte le attività della filiera produttivo-distributiva, denominato ECR (Efficient Consumer Response), per operare significativi recuperi di efficienza a vantaggio dell’intero canale.
Da questo programma sono nati degli esperimenti nell’ambito del sottoprogetto CRP (Continuous Replenishment Program), finalizzati a verificare l’applicabilità nel concreto di procedure automatizzate di ripristino, da parte del produttore, dei livelli di scorta del Ce.Di. del distributore, basate sullo scambio di dati in tempo reale.
Direct Product Cost e Direct Product Profitability è uno strumento gestionale utile a misurare il grado di redditività lorda di ognuno dei prodotti inseriti in assortimento.
E’ anche un supporto quantitativo prezioso per favorire lo sviluppo di relazioni verticali di canale collaborative, incentrate sulla valorizzazione oggettiva delle prestazioni intrachannel.
Il modello, formulato originariamente dal FMI (Food Marketing Institute) in collaborazione con la McKinsey, consente di attribuire i costi diretti di “produzione” alle singole referenze, dopo averli classificati in categorie (fattori “produttivi”) e in centri di costo (fasi di “lavorazione”), al fine di stimare “la quota di utilizzazione dei diversi fattori produttivi per ciascun prodotto attraverso la base di imputazione che meglio rispecchia tale consumo”.
1. Servizi Commerciali e formule distributive
3. Lo sviluppo della varieta tipologica nel commercio al dettaglio e all'ingrosso
5. Le decisioni strategiche fondamentali
6. Il controllo direzionale nelle imprese commerciali
7. La gestione delle attività operative di marketing
8. La gestione degli acquisti e delle attività logistiche
9. Il category management nelle imprese commerciali del grande dettaglio.
11. Le innovazioni tecnologiche nella gestione dell'impresa commerciale
12. Le politiche distributive dell'impresa industriale
13. La gestione dei rapporti verticali nei canali di distribuzione