L’individuazione della categoria dei servizi pubblici risponde all’esigenza di riconoscere quelle attività che la pubblica amministrazione ritiene necessario gestire direttamente, oppure sotto il suo controllo, perché, per il benessere della collettività, ritiene essenziale garantire a tutti i cittadini l’accesso all’utilizzazione di quello specifico servizio.
L’art. 43 della Costituzione contiene precise indicazioni per l’individuazione dei servizi di pubblica utilità (o servizi pubblici).
Anche in sede europea, all’art. 36 della Carta dei Diritti dei Cittadini Europei, si è sentita l’esigenza di garantire a tutti gli individui l’accesso ai servizi di interesse economico generale; riconoscendo, così, l’esistenza di una categoria di attività economiche il cui espletamento deve essere regolamentato per fini di interesse generale.
“Ai fini di utilità generale, la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori e di utenti determinate imprese o categorie di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Art. 43 Cost.
Le indicazioni che emergono dalla lettura dell’art. 43 per l’individuazione delle attività di pubblica utilità (generalmente dette anche servizi pubblici) possono così sintetizzarsi:
Accesso ai servizi di interesse economico generale
“Al fine di promuovere la coesione sociale e territoriale dell’Unione, questa riconosce e rispetta l’accesso ai servizi d’interesse economico generale quale previsto dalle legislazioni e prassi nazionali, conformemente al trattato che istituisce la Comunità Europea.”.
Art. 36 Carta dei Diritti dei Cittadini Europei.
Dalla lettura dell’art. 36, si evince che i servizi di interesse economico generale (come sono stati definiti in sede europea) presentano requisiti analoghi a quelli che sono stati evidenziati per i servizi di pubblica utilità (previsti all’art. 43 della Costituzione Italiana) e cioè:
Sebbene gli articoli richiamati dall’art. 16 TCE
“sanciscono l’estensione della regola della concorrenza anche ai servizi di interesse economico generale e limitano gli aiuti concessi dagli stati alle imprese [...] in sostanza, il principio della concorrenza e del libero mercato, nell’ambito dei servizi di interesse economico generale, non ha valore assoluto, ma è limitato dal raggiungimento dei fini sociali e dal rispetto dei valori fondanti l’Unione, quali lo sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, la solidarietà, l’elevato livello dell’occupazione e la protezione dell’ambiente della salute e dei consumatori” (Lucarelli, 2001: 251-252). E’ per questo che l’Art.86 del TCE prevede espressamente una deroga al principio della concorrenza in modo tale che nulla “osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata“.
Art. 86 del Trattato istitutivo della Comunità Europea (Gazzetta ufficiale C 17 del 19.1.2001):
La nozione di servizio di interesse economico generale, non è l’unico termine utilizzato in sede europea; nei documenti ufficiali si fa riferimento al servizio universale, al servizio di base ed al servizio specifico per differenziare le attività presenti all’interno di tale comparto.
Un altro aspetto del settore dei servizi di pubblica utilità che va sottolineato riguarda la non coincidenza fra questo settore e quello dei servizi pubblici essenziali.
La legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali all’art. 1 ha cercato di dare indicazioni precise su quali attività il legislatore intendesse fare rientrare nella categoria dei servizi pubblici essenziali.
Dalla sua lettura si nota come in questa categoria rientrino un buon numero di servizi di pubblica utilità, ma anche alcune attività connesse con la funzione pubblica dello Stato (l’amministrazione della giustizia, la protezione ambientale, le dogane) e viene fatto un accenno ad alcuni servizi bancari (come il pagamento degli stipendi e delle pensioni); attività queste che non rientrano fra quelle definite di pubblica utilità in quanto non caratterizzate, rispettivamente, dal requisito di attività economica, oppure poiché non riservate per legge allo Stato.
I servizi di pubblica utilità sono sempre caratterizzati dalla capacità di creare valore socioeconomico per la collettività. All’interno di questa categoria possiamo distinguere:
La categoria dei servizi pubblici viene definita una categoria aperta, soggetta ad ampliarsi o a restringersi, secondo le valutazioni politiche e sociali fatte dagli organi competenti, relativamente all’interesse generale che una certa prestazione riveste per la collettività. Si deve, infatti, rilevare l’esistenza di attività, come quella bancaria, quella assicurativa o quella editoriale, che, pur rivestendo il carattere di essenzialità nella vita della collettività, non è ritenuto necessario da parte dello Stato riconoscerne la caratteristica di attività di pubblica utilità, con la conseguente assunzione diretta della responsabilità della gestione.
Queste attività danno vita all’ampia categoria dei cosiddetti servizi pubblici virtuali, termine mutuato da una corrente pubblicistica francese la quale sostiene che quando l’attività presenta un evidente carattere di interesse generale, e non è stata dalla legge eretta a servizio pubblico propriamente detto, essa costituisce un servizio virtuale. Ciò permette all’amministrazione di imporre, in certe condizioni, al privato che la gestisce delle “obbligazioni di servizio pubblico”, cioè la pubblica amministrazione può richiedere, nell’interesse collettivo, il rispetto di norme che limitino la libertà delle aziende nella loro attività.
Alla funzione pubblica dello Stato appartengono precise prestazioni il cui espletamento è obbligatorio e che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini; esse sono connesse alla sua stessa esistenza ed ai poteri-doveri attribuitigli e sono attività di tipo amministrativo come: la giustizia, la difesa, l’ordine pubblico.
Alla funzione sociale, invece, attengono altre prestazioni, la cui esecuzione è rimessa ai poteri discrezionali della pubblica amministrazione – tenendo conto di valutazioni di interesse generale – che ricadono, invece, nell’ambito delle attività economiche. Tali attività possono essere, a differenza delle prime, delegate a terzi, ma sempre gestite sotto la responsabilità dell’ente delegante (Mele, 1984: 7). Le attività che fanno parte della funzione sociale sono proprio quelle attività che in un certo momento storico sono definite da un provvedimento legislativo attività di pubblica utilità.
Secondo alcuni autori l’ambito dei servizi di pubblica utilità, viene esteso a tutta l’intera attività amministrativa dello Stato, intendendo i servizi pubblici “come ogni forma di attività di un ente pubblico diretta a soddisfare i bisogni pubblici” (Alessi, 1956: 2 segg.).
Invece, Zuelli, nella individuazione delle attività di pubblica utilità, attribuisce a tali attività l’essenzialità del riconoscimento giuridico, ma definisce la caratteristica economica come il momento pre-giuridico indispensabile. (Zuelli, 1973: 4-15).
1. Le Aziende di servizi pubblici: origine e caratteristiche gestionali
2. La creazione del valore socioeconomico
3. Tipologie di gestione delle aziende di servizi pubblici
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10. Le componenti dell'offerta delle aziende di servizi pubblici
11. L'orientamento alla qualità nei servizi pubblici e nella Pubblica Amministrazione
12. La progettazione delle indagini di customer satisfaction
Alessi R. (1956), Le prestazioni amministrative rese ai privati, Milano
Amaduzzi (1963), L'azienda nel suo sistema e nell'ordine delle sue rilevazioni, 2° ed., Torino, UTET
L'orientamento strategico dell'impresa, Torino, UTET
Farneti G. (1998), “L'economicità nelle imprese, nelle aziende pubbliche e nelle onlus”, Azienditalia, Ipsoa, n. 4
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