A partire dagli anni ‘70 del ‘900, vi sono stati diversi momenti di riflessione, codificati da decisioni politiche che hanno cercato di indicare le linee guida per procedure economico-gestionali che, da una prospettiva ampia di tipo socio-politico, avrebbero potuto determinare un approccio sostenibile fuori dalla logica indifferente del risorsismo esacerbato.
Già nel 1972 la Dichiarazione di Stoccolma sull’ambiente auspicava, infatti, una più prudente attenzione per le conseguenze delle azioni umane sull’ambiente naturale e la difesa dell’ambiente diventava un imperativo per l’umanità.
Negli anni ‘80 la riflessione economico-politica si volse ad individuare i parametri di una possibile conciliazione tra crescita economica, sviluppo ed un’equa distribuzione delle risorse.
Sviluppo sostenibile.Fonte Wikipedia
In definitiva, possiamo affermare che, sin dal 1988, da quando cioè la Commissione Mondiale delle Nazioni Unite per l’Ambiente e lo Sviluppo (WCED) produsse il rapporto Our Common Future, la sostenibilità è diventata un primario obiettivo politico, uno dei principali strumenti di programmazione economica e una guida fondamentale, così come è detto nel rapporto, per programmare e gestire i sistemi globali.
Dopo il Rapporto Bruntland, la Conferenza di Rio del ‘92 si ebbe, quindi, il passaggio dall’enunciazione di principi ad una fase operativa, infatti con Agenda 21 veniva indicato il cosiddetto Programma d’Azione per il XXI secolo, che poneva lo sviluppo sostenibile come una prospettiva da perseguire per tutti i popoli del mondo.
Quando nel 2002, a Johannesburg, si è tenuto il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile organizzato dalle Nazioni Unite, lo sviluppo sostenibile è stato considerato come l’unica possibilità per realizzare una crescita che potesse tener conto sia degli aspetti economici che di quelli sociali e ambientali, al fine di determinare una struttura sociale più ricca ma nello stesso tempo più equa nel rispetto dei diritti delle generazioni future.
Lo sviluppo sostenibile, inteso come uno sviluppo che soddisfa i bisogni presenti senza eccessivo danno per le generazioni future, sembrava essere, in definitiva, l’unico che potesse rispondere pienamente all’assioma ambientalista dell’agire localmente e pensare globalmente dove la dimensione della globalità va letta sia in termini spaziali che temporali.
Tuttavia lo stesso concetto di sviluppo sostenibile rappresenta una sorta di contraddizione in termini o meglio un volano involontario per conseguenze non ecocompatibili.
E’ impossibile infatti pensare ad uno sviluppo inteso come risultante tra conservazione e innovazione senza dover mettere in conto la necessità di un consumo in termini di dispendio di risorse proprio poiché ogni azione umana non si determina mai a costo zero, ne consegue che qualsiasi intervento si ponga in essere, esso si determinerà sempre con un impatto che apporterà delle modifiche all’area di intervento prima, e in seguito al sistema nella sua globalità.
Lo sviluppo sostenibile. Fonte Es
Bisognerà allora chiedersi:
Sarà sufficiente ridurre quest’impatto alla capacità di carico che questo o quel sistema ci rivela come punto antecedente il limite del collasso globale?
Occorre ricordare che Sostenere ha un’accezione sia passiva che attiva.
Nell’accezione attiva il non umano sostiene il mondo umano quale fondo per l’agire, quale risorsa sia pure esauribile per fini umani, ma nella sua accezione passiva il non umano sostiene, sopporta l’azione di homo faber che, inesorabilmente, espande l’artificiale sul naturale sino a fagocitarlo.
La soluzione per i problemi ambientali è riuscire a mantenere nei limiti del possibile questa accezione passiva?
Le domande da porsi sono queste:
è la sostenibilità e dunque lo sviluppo sostenibile il parametro di riferimento corretto che deve guidare le nostre decisioni e le nostre azioni?
E’ forse vero che il traguardo di uno sviluppo sostenibile consentirebbe di sospendere o quanto meno rallentare il declino fisico del mondo, e darebbe tempo alle conquiste della scienza e della tecnica per trovare nuove soluzioni per fare nuove proposte volte a superare l’ineludibilità di un comune tragico destino?
A ben vedere ci rendiamo ben presto conto che stiamo argomentando sempre all’interno dell’accettazione di una dimensione di utilizzabilità del non umano per fini umani.
Ci muoviamo in un diffuso perdurante ottimismo nei confronti della scienza in grado di garantire il mantenimento di uno stato di dominio da parte dell’uomo che dominerà, sfrutterà, ma questa volta nei termini di una sostenibilità che, probabilmente, scongiurerà o quanto meno allontanerà il momento del collasso del sistema globale.
In tale prospettiva il non umano ha sempre e comunque un valore solo strumentale, è una valorazione che, in definitiva, si fonda su un antropocentrismo volto ad affermare, sia pure con modalità argomentative più sofisticate, ancora una volta un’eccedenza valoriale dell’umano.
La sostenibilità è strettamente connessa ad altre parametrazioni concettuali, e tra queste un posto di rilievo è occupato dalla biodiversità, pilastro dell’esistenza biologica.
Quando l’agire umano interferisce con la possibile esistenza o conservazione di una biodiversità localizzata a rapporti limitati tra le specie o generalizzati a più forme biotiche, si determina una condizione di potenziale pericolo per l’esistenza dell’ecosistema globale ed ecco quindi che lo sviluppo, frutto dell’agire complesso e molteplice posto in atto dalla specie umana, si concilia soltanto con un’ipotesi di sviluppo sostenuto dal rispetto della biodiversità.
La capacità di carico, individuata nell’ambito del concetto di pratica sostenibile, in effetti non fa altro che adeguare l’agire a tale parametro onde non interferire in maniera insostenibile con la poliformità delle esistenze biotiche che si relazionano nel sistema mondo.
Con il concetto di sostenibilità e del connesso concetto di sviluppo sostenibile si passa, quindi, da un’idea di tensione alla conquista del naturale per un illimitato progresso dell’umano a discapito del naturale ad un’idea di uno sviluppo che si deve realizzare in un’ottica di momentaneo sfruttamento dei soli frutti che il capitale natura, peraltro intoccabile nella sua interezza, può consentire.
Accanto e parallelamente alla diffusione di tali considerazioni, sono state individuate, quindi, molteplici strutture metodologiche di progettazione, gestione e controllo finalizzate a realizzare attività sostenibili da un punto di vista ambientale.
Tra queste ricordiamo:
Tuttavia va ricordato che, con esse, ci si muove sempre nell’ottica di un concetto di sostenibilità che, paradossalmente, non tiene conto dell’ineluttabilità della legge entropica, secondo la quale, per piccolo che possa essere il dispendio di energia, questo c’è sempre e dunque l’offesa all’ambiente, per quanto sostenibile nel breve e medio termine, è tale che non potrà essere portata all’infinito e dunque prima o poi si determinerà comunque il collasso del sistema.
In effetti, occorrerebbe operare un’ulteriore riflessione per poter individuare nuove parametrazioni di metodo al fine di raggiungere l’obiettivo di un agire non sostenibile bensì ecocompatible in senso pieno.
Si dovrebbe dare spazio ad una riflessione sui fondamenti etici della complessiva questione ambientale, nella convinzione che la finalità dell’ecocompatibilità è solo strumento della realizzazione di una finalità più profonda quale la valorazione etica non solo dell’esistenza nella sua componente socio-economica, quanto di tutta la realtà ecosistemica intesa come comunità biotica.
In definitiva quello che occorre fare è superare una valorazione strumentale del non umano e porre in atto un altro tipo di valorazione che faccia riferimento ad un valore intrinseco, indipendente dall’utilizzabilità possibile.
Da ciò deriverà un nuovo modo di relazionarsi al non umano non più nei termini dell’utilizzabilità come fondo per l’impiego, ma come a qualcosa che se non ha pari dignità valoriale con l’umano, ha il diritto di realizzare il proprio progetto di vita.
Un agire ecocompatibile è dunque una agire che deve favorire, agevolare, creare le migliori condizioni per la realizzazione del progetto di vita di tutte le realtà biotiche. Progetto che non deve essere mai ostacolato, rallentarlo sia pure per criteri utilitaristici o in nome di un non precisato sviluppo.
La pratica etica che discende dal riconoscimento di un valore intrinseco del non umano e dunque dalla scelta dell’ecocompatibilità pone in atto un atteggiamento di preservazione che tende a superare la conservazione intesa come modalità di sfruttamento ed espansionismo umano, sia pure illuminato da criteri di sostenibilità.
Preservare significa dunque riconoscere un valore intrinseco a tutte le realtà biotiche e agire in modo tale da poter favorire i progetti di vita di queste realtà evitando le offese possibili determinate da un atteggiamento risorsistico cercando di predefinire le migliori condizioni per la realizzazione di un percorso che faciliti e consenta al meglio la realizzazione del progetto vitale di qualsiasi realtà biotica.
In tale prospettiva di senso scaturisce un atteggiamento completamente diverso da quello che sottende il criterio della sostenibilità.
Questa, infatti, deriva da una valorazione strumentale, si fonda su un criterio che al massimo della sua valenza etica riesce a produrre il principio della conservazione: occorre conservare il mondo per le generazioni future, occorre conservare le risorse di cui dispone il pianeta. E’ possibile consumarle finché lo sfruttamento è sostenibile in modo da non depauperare quella stessa risorsa che potrebbe essere indispensabile alla vita umana….
In definitiva, nella prospettiva della sostenibilità la capacità di carico che non dobbiamo superare è la capacità dell’offesa che pur vogliamo continuare a fare al mondo non umano o che comunque consideriamo come ineludibile effetto dell’agire dell’uomo che si espande nel mondo, è il prezzo del progresso, dell’innovazione che cerchiamo di attuare riferendoci al principio prudenziale della minima offesa.
Una diversa valorazione del non umano, una valorazione intrinseca, ci consentirà, invece, di andare oltre la sostenibilità e di realizzare una completa ecocompatibilità tra l’agire dell’uomo e l’esistenza di tutte le realtà biotiche, farà in modo che l’uomo realizzi il proprio progetto di vita con le urgenze che lo caratterizzano in termini di sviluppo e innovazione senza per questo impedire, rallentare il progetto di vita delle altre realtà biotiche.
E’ forse un’ utopia questa?
Si tratta di un obiettivo fuori dalla portata dell’agire umano?
E’ forse un sofistico ragionamento che lega la diversità semantica ad un piano che non riguarda la realtà concreta e neppure la sfiora?
Certamente sono riflessioni che richiedono la necessità di una presa in carico di responsabilità più complesse, più difficili da realizzare.
La sostenibilità, obiettivo tra l’altro ancora non del tutto raggiunto, è comunque relativamente più agevole da realizzare, l’ecocompatibilità, invece, impegna l’uomo anche a operare delle rinunce laddove il proprio progetto potrebbe modificare od ostacolare le possibilità vitali del non umano.
Nondimeno tutta la riflessione teoretica e metodologica che è stata condotta in questi decenni intorno alla sostenibilità al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile ha avuto un’importanza epocale, e tuttavia essa va riletta e reinterpretata da una nuova prospettiva, proprio alla luce di una valorazione intrinseca del non umano e non più solo strumentale.
Questa scelta farà in modo, come abbiamo già visto, di porre al posto del principio di conservazione, quale ideale riferimento per le nostre azioni, il principio di preservazione: prima che si asservi la natura, occorre pre-servarla dai possibili danni di un agire che è sempre un modificare, un interagire che provoca inesorabilmente cambiamenti e non sempre positivi per il progetto di vita delle diverse realtà biotiche.
In conclusione possiamo certamente affermare che il percorso fatto sin qui verso la sostenibilità è pur sempre un percorso preparatorio ad un rinnovamento ed arricchimento prospettico che investe l’agire umano in tutte le sue manifestazioni e che, prevalentemente, possiamo riferire all’agire economico quale summa dell’impatto che il mondo umano ha sul mondo naturale.
Nondimeno l’agire umano non dovrà essere orientato alla sostenibilità, ma dovrà essere ecocompatibile e questo non nell’ottica di una trasposizione semantica superficiale o di un semplice cambio di termini, ma nella consapevolezza che la sostenibilità, sin qui perseguita, non porta ad un effettivo superamento dell’atteggiamento arrogante e non previdente dell’uomo, superamento necessario per il mantenimento dell’equilibrio globale.
Bisognerà prendere coscienza che non è la crescita il parametro nodale dello sviluppo globale che per essere non fittizio, dovrà essere non solo sostenibile, ma ecocompatibile con la realtà biofisica del sistema in cui si realizza.
In definitiva, non è possibile agire senza tenere conto che se esiste un processo entropico determinato e accelerato dal processo evolutivo che comunque è inarrestabile, è ormai un obiettivo ineludibile, la necessità di regolarne la dinamica, di frenare o di accelerare la velocità di alcuni suoi vettori al fine di mantenere costante e positiva la relazione tra l’umano e il naturale, tra l’esistenza biotica di tutti i viventi, i loro bisogni e la loro aspirazione ad un costante progresso nell’incivilimento.
2. L'eccedenza valoriale dell'umano
3. La tecnica il mito del progresso e l'economia
4. La prospettiva antropocentrica biocentrica e scientifica
5. La valorazione: conservazione e preservazione
6. Sostenibilità ed ecocompatibilità
7. L'ecologia della mente di Gregory Bateson
8. John Passmore e la responsabilità per la natura
9. Hans Jonas e il principio responsabilità
10. L'Ethos ecologico-cristiano di Alfons Auer
M. G. Di Domenico, Ecoetica, per una relazione globale avvalorante, Luciano Editore Napoli 2009
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8. John Passmore e la responsabilità per la natura
9. Hans Jonas e il principio responsabilità
10. L'Ethos ecologico-cristiano di Alfons Auer
11. L'ecologia profonda di Arne Naess
12. Edgar Morin: oltre l'ominizzazione
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