Vai alla Home Page About me Courseware Federica Living Library Federica Federica Podstudio Virtual Campus 3D La Corte in Rete
 
Il Corso Le lezioni del Corso La Cattedra
 
Materiali di approfondimento Risorse Web Il Podcast di questa lezione

Francesca Sorrentini » 9.Il settore terziario: natura e localizzazione dei servizi


Articolazione della lezione

Obiettivo
Conoscere l’articolazione e la localizzazione delle attività terziarie.

Argomenti

  • La terziarizzazione dell’economia
  • Le classificazioni dei servizi
  • La distribuzione dei servizi sul territorio
  • Il modello di Christaller

Espansione del settore terziario

In passato il terziario era considerato un settore residuale, mentre oggi il suo peso è preponderante, a causa dei mutamenti nell’organizzazione industriale e dell’evoluzione dei sistemi socioeconomici.

In tutti i paesi si è registrata una crescita degli occupati nelle attività terziarie, accompagnata da una diminuzione di quelli impiegati nel settore agricolo, e in  particolare nelle realtà industrializzate l’aumento è stato tanto più forte quanto maggiore è stato il tasso di sviluppo economico. Pertanto, la percentuale di occupati nel terziario è un chiaro indicatore di benessere economico e sociale.

Nelle realtà sottosviluppate, invece, il terziario presenta differenze nei caratteri strutturali e spaziali, poiché spesso accoglie i lavoratori espulsi dai settori primario e secondario, che praticano attività con scarsissima produttività (piccolo commercio, servizi personali).

Evoluzione dell’occupazione nei settori economici in alcuni paesi (%).

Evoluzione dell'occupazione nei settori economici in alcuni paesi (%).


La terziarizzazione dell’economia

L’incremento del numero di occupati non significa, però, che da una fase industriale basata sulla produzione materiale si sia passati ad una fondata sul terziario. Infatti, la produzione industriale non si riduce, ma si registra una forte crescita delle attività terziarie rivolte all’industria e all’agricoltura, cioè attività di progettazione, di ricerca applicata, di programmazione informatica, di telecomunicazioni.

Inoltre, accanto ai servizi rivolti alla produzione (alle imprese industriali) o al terziario (terziario del terziario), che divengono sempre più strategici per lo sviluppo economico, si è verificata l’espansione di numerosi servizi per il consumo finale, anche a causa di:

  • crescita complessiva del reddito delle famiglie;
  • aumento del tempo libero (in particolare per la fascia dei pensionati e degli anziani);
  • crescente importanza attribuita alla salubrità dell’ambiente e alla qualità della vita.

Classificazione dei servizi

Considerato che:

  • la maggiore complessità dei settori primario e secondario e del mercato provoca profonde trasformazioni nella quantità e nella qualità del lavoro, accrescendo i servizi alla produzione (ricerca, progettazione, innovazione, servizi gestionali, finanziari, logistici, formativi, promozionali, marketing ecc.);
  • il miglioramento del tenore di vita e l’aumento della vita media fanno crescere il bisogno di servizi alle persone e alle famiglie

Pertanto, si rende necessaria una classificazione, sempre più articolata, del settore dei servizi, ragionando in particolare sulla funzione economica e sulla posizione gerarchico-territoriale degli stessi.

Classificazione dei servizi

I criteri di classificazione dei servizi sono due:

1. Merceologico –Si basa sul tipo di servizio offerto, non distingue la qualità e il livello delle attività e, dunque, non consente di individuare il destinatario finale. Distingue i seguenti comparti:

  • trasporti e comunicazioni;
  • commercio;
  • credito e assicurazioni;
  • servizi per le imprese;
  • servizi collettivi di interesse pubblico e amministrazione pubblica.

Classificazione dei servizi (segue)

2. Funzionale – Considerata la qualità del servizio, si distinguono:

  • servizi per le famiglie – Destinati al consumo finale (ad esempio, commercio al minuto, servizi para-commerciali, come bar e ristoranti, turistici, per la cura della persona, di riparazione e manutenzione…);
  • servizi per la collettività o di uso collettivo – Sono organizzati e gestiti dallo Stato (Terziario pubblico) o affidati ad imprese private (Terziario privato), con lo scopo di migliorare le condizioni socioeconomiche del Paese (come la Pubblica Amministrazione, i trasporti, l’assistenza medica, l’istruzione) ;
  • servizi per le imprese – Destinati a sostenere le industrie, si sono ampliati e diffusi in seguito ai processi di deverticalizzazione della produzione delle grandi imprese. In base al grado di innovazione tecnologica e organizzativa che incorporano, si distinguono in:
    • tradizionali (tenuta della contabilità, i trasporti ordinari ecc.);
    • avanzati (ricerca e sviluppo, ricerche di mercato, consulenza finanziaria, logistica…).
  • attività quaternarie – Non sono propriamente servizi, ma attività di comando, decisione, pianificazione, orientamento politico e culturale (ad esempio, il governo politico e la direzione delle grandi società industriali, che hanno una funzione strategica per lo sviluppo del sistema economico).

Orientamenti territoriali dei servizi

La localizzazione delle attività terziarie sul territorio non è uniforme e segue la distribuzione spaziale della popolazione:

  • grandi centri, numero molto elevato e diversificato di servizi;
  • piccole città, si limitano a fornire un numero ridotto di servizi.

Il servizio offerto è più raro e specializzato a mano a mano che si passa dai centri piccoli a quelli grandi. Pertanto, quanto maggiore è la concentrazione spaziale dei servizi tanto più forte è la loro capacità di attrarre popolazione dal territorio circostante (raggio di azione).
In base al raggio geografico dell’utenza si distinguono tre tipi di servizi:

  • comuni o banali – Volti a soddisfare le esigenze quotidiane o settimanali di buona parte delle famiglie e/o imprese (ad esempio bar, negozi alimentari, sportelli bancari, trasporti pubblici, ufficio postale, scuola dell’obbligo…), sono piuttosto diffusi sul territorio;
  • di livello medio – Ad essi accedono solo una parte della popolazione oppure si rivolgono molte famiglie o imprese con frequenza mensile o settimanale (ad esempio, abbigliamento specializzato, consulenze fiscali, agenzie di viaggio, scuole superiori) e sono presenti in città medie e medio-piccole;
  • rari – Vi si ricorre eccezionalmente o sono richiesti da utenti specializzati (ad esempio, negozi di alta moda, servizi per le imprese, grandi università, ospedali con reparti specializzati) e sono localizzati solo nelle grandi città.

Orientamenti territoriali dei servizi (segue)

La distribuzione delle attività terziarie segue una logica gerarchica, alla quale corrisponde una distribuzione gerarchica degli insediamenti. Tuttavia, la posizione di questi ultimi non corrisponde alla quantità di popolazione: i servizi rari sono concentrati in poche città, ma Milano, ad esempio, pur avendo lo stesso numero di abitanti di Napoli, si posiziona su un livello gerarchico più alto, così come Tokyo rispetto a Città del Messico.

L’organizzazione gerarchica dei centri, che dipende dalla localizzazione «spontanea» delle attività terziarie, può essere modificata o indirizzata dalla politica territoriale dello Stato. Con tali interventi è possibile limitare la concentrazione di un numero eccessivo di attività terziarie (sia banali sia rare) nella stessa zona.

Orientamenti territoriali dei servizi (segue)

La localizzazione di attività terziarie e industriali non sempre si concentra nelle grandi città, anche per l’incremento dei costi di insediamento, di congestione ed ecologici.
Ne consegue che molti servizi, per i quali la distanza non assume importanza (servizi telematici), si espandono in aree decentrate.
Tale processo di depolarizzazione non interessa i servizi superiori e le attività quaternarie, che, invece, accentuano la tendenza alla concentrazione nei principali centri.

Il modello di località centrali secondo Christaller

Walter Christaller (1893-1969) teorizza in merito alle leggi che determinano il numero, la distribuzione e la dimensione delle città, sulla base della distribuzione dei beni e dei servizi offerti.

Concetti sui quali si fonda il modello:

  • Località centrale – Centro di offerta di servizi;
  • Funzioni non basiche (o residenziali) – Attività che soddisfano solo la domanda della popolazione locale;
  • Funzioni basiche (o di esportazione) - Attività che, oltre a soddisfare la domanda locale, servono la popolazione di un territorio più ampio;
  • Prezzo effettivo di un determinato servizio centrale – Il prezzo di mercato e del costo di trasporto che il consumatore deve sostenere per trasferirsi dal luogo di residenza a quello di offerta dello stesso.

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

  • Area di mercato (o regione complementare) – Hinterland entro il quale una città esercita il monopolio sulla vendita di determinati beni e sull’offerta di certi servizi, poiché solo essa può offrirli ad un dato prezzo ed entro un raggio di azione;
  • Soglia del servizio – Numero minimo di clienti necessari per rendere remunerativa l’attivazione del servizio;
  • Portata del servizio – Distanza massima che il consumatore è disposto a percorrere per approvvigionarsi di un determinato bene e/o servizio;
  • Rango di un servizio centrale – Individua la collocazione del servizio centrale nell’ordinamento gerarchico, che posiziona i servizi sulla base della loro area di mercato e della loro densità;
  • Ordine di una località centrale – Il livello gerarchico di una località centrale è definito dal servizio di rango più elevato che essa fornisce.

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Postulati relativi alle caratteristiche:

del territorio

  • isotropia dello spazio;
  • distribuzione uniforme sul territorio (densità) dei consumatori;

del mercato

  • regime di concorrenza perfetta;
  • i costi del trasferimento dal luogo di residenza al centro di offerta del servizio sono a carico del consumatore;
  • la quantità domandata di un determinato servizio è funzione lineare inversa del suo prezzo effettivo (che comprende il costo del trasferimento);

dell’agire degli operatori

  • conoscenza dell’organizzazione territoriale del mercato (cioè della localizzazione dei centri di offerta);
  • razionalità e omogeneità di comportamento (cioè perseguimento della minimizzazione del prezzo effettivo, attraverso la scelta del centro di offerta più vicino al proprio luogo di residenza).

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Christaller considera la città come il luogo di produzione (o di offerta) di servizi. I consumatori per acquistarli dovranno recarsi nelle aree urbane, percorrendo distanze più o meno ampie. Ne consegue che ogni punto di offerta di un servizio avrà la sua area di mercato, determinabile con i concetti di soglia e di portata.

Il prezzo di un bene o di un servizio è dato da:

costo di localizzazione + costo di produzione + costo di trasporto

Se ipotizziamo l’impossibilità di agire sui costi di localizzazione e di produzione, l’unico fattore in grado di mutare il prezzo effettivo è il costo di trasporto. Quindi, all’aumentare della distanza dal luogo di offerta aumenterà il prezzo effettivo del servizio e, di conseguenza, diminuirà la domanda dello stesso.


Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Il grafico a sinistra indica che il prezzo pagato dal consumatore, per un dato bene o servizio, è direttamente proporzionale alla distanza tra il luogo di residenza del consumatore e quello dell’offerente.
Il grafico a destra, invece, mostra come all’aumentare della distanza, e quindi del prezzo, la quantità domandata di un bene tende a diminuire.
Al crescere della distanza dal punto di vendita aumenteranno proporzionalmente i costi di trasporto che il consumatore dovrà sostenere. Lo stesso accadrà nel caso in cui sia il produttore a trasportare il bene verso il consumatore.


Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Pertanto, secondo Christaller la domanda sarà massima in prossimità del luogo di produzione, sarà decrescente allontanandosi da questo luogo, fino ad annullarsi.

Anche per Christaller esisterà un luogo in cui risiede il consumatore “indifferente”, ovvero colui il quale ha un interesse limitato ad acquistare il servizio da quel punto di offerta.

Individuando tutti i consumatori “indifferenti” è possibile delimitare l’area di mercato del produttore.

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Si avranno n località centrali che si configurano come centri di offerta di un servizio e n aree di mercato circolari di uguale ampiezza. L’organizzazione dello spazio assume la struttura di tanti centri tra loro tangenti, tra i quali, però, ci sono delle aree la cui popolazione non è servita.

Ponendo il vincolo che tutti i consumatori debbano essere serviti, sarà necessario prevedere una parziale sovrapposizione delle aree di mercato. Pertanto, i commercianti di un determinato servizio entrano in concorrenza per attirare i consumatori delle zone di intersezione. Accettando l’ipotesi che i consumatori si rechino al negozio o ufficio che consente di ridurre il costo di trasporto, le zone di sovrapposizione dei cerchi sono divise da una bisettrice e le aree di mercato diventano esagonali.


Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Gli esagoni risultano più piccoli per alcuni servizi, più grandi per altri. Infatti, alcuni servizi rari, che non possono essere presenti in tutti i luoghi centrali, si collocano all’interno di reti di esagoni di dimensioni più vaste. Esistono, pertanto, località centrali di rango differente, cioè di ordine inferiore e superiore. Ogni località centrale di rango più elevato offre più beni e servizi rispetto a quelli di grado inferiore.

La quantità e qualità dei servizi aumentano al crescere delle dimensioni demografiche del centro abitato.

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Christaller ha dedotto un modello in cui le città, i centri minori, i villaggi sono disposti a distanze regolari tra loro, secondo linee geometriche che formano delle reti esagonali.

Al centro dell’esagono si immagina la città principale, sui vertici quelle minori, mentre i lati potrebbero rappresentare le vie di comunicazione.


Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Christaller ha individuato sette livelli o ordini diversi che compongono la scala gerarchica. A tale proposito si evidenzia che:

  • a ogni livello corrisponde un insieme di beni e servizi che hanno analoghe condizioni di mercato;
  • secondo tale scala, una località centrale di un ordine possiede tutte le funzioni presenti nelle località di livello inferiore, con l’aggiunta di servizi che quelle precedenti non hanno;
  • per ciascuna località di ordine superiore si rileva «a cascata» una pluralità di centri di ordine inferiore fino a giungere al villaggio, che rappresenta la località centrale di livello più basso e di numero più elevato;
  • le località centrali di ordine superiore, dotate di servizi specializzati e rari, esercitano un controllo (dominanza) su quelle di ordine inferiore, fornite di servizi meno specializzati e meno rari;
  • gli abitanti di una località di “basso rango”, infatti, per approvvigionarsi di servizi più rari, dovranno ricorrere a località centrali d’ordine più elevato.

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

I rapporti tra località centrali di livello differente, secondo Christaller, avvengono secondo una regola ben precisa, detta sistema K, in cui K indica quanti centri di ordine inferiore sono serviti da un centro di ordine immediatamente superiore.

Il numero dei centri varia a seconda della funzione e, in particolare, secondo tre principi:

  • del mercato
  • del trasporto
  • dell’amministrazione

Il modello di località centrali secondo Christaller (segue)

Alcuni limiti del modello:

  • la distanza è sempre meno condizionante, perché in molti casi l’obiettivo di rendere minimi gli spostamenti diventa secondario rispetto al vantaggio di accedere a centri di offerta specializzati;
  • fa dipendere l’offerta dei beni centrali (e dunque la dimensione della città) dalla domanda dell’area complementare, principio valido per le città preindustriali che offrivano beni e servizi prodotti localmente a una regione rurale limitrofa;
  • nella scelta del consumatore non si considera anche la sua percezione.

I materiali di supporto della lezione

FORMICA C., Lo spazio geoeconomico. Strutture e problemi, Torino, UTET, 1999.

Ulteriori riferimenti bibliografici:

CAPPELLIN R., Teorie e modelli dello sviluppo spaziale delle attività di servizio, “Giornale degli Economisti”, 1990, n. 3-4, pp. 205-229.

CHRISTALLER W., Le località centrali della Germania meridionale.

PENNAROLA F., Economia e organizzazione delle attività terziarie, Milano, Etas Libri, 1995. Un'indagine economica-geografica sulla regolarità della distribuzione e dello sviluppo degli insediamenti con funzioni urbane (taduzione italiana), Milano, Franco Angeli, 1980.

  • Contenuti protetti da Creative Commons
  • Feed RSS
  • Condividi su FriendFeed
  • Condividi su Facebook
  • Segnala su Twitter
  • Condividi su LinkedIn
Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

Fatal error: Call to undefined function federicaDebug() in /usr/local/apache/htdocs/html/footer.php on line 93