La disuguaglianza è il processo sociale per il quale gli individui hanno un diverso accesso alle ricompense sociali, in funzione delle loro caratteristiche.
Tale fenomeno interessa tutte le epoche e tutte le società.
Secondo storici ed antropologi in ogni cultura di ogni tempo sono esistiti meccanismi di differenziazione del prestigio legati a determinati fattori: la bellezza, la conoscenza, il coraggio …
Tuttavia, la disuguaglianza nell’accesso alle ricompense nelle società preletterate, poco strutturate e con una bassissima divisione del lavoro, era molto minore rispetto a quella delle società più complesse.
Secondo Max Weber sono 3 le principali componenti della disuguaglianza sociale:
È dal complesso intreccio di questi 3 fattori che deriva la stratificazione sociale, definibile come l’organizzazione relativamente stabile della società in gruppi caratterizzati da diverse possibilità di fruizione delle ricompense sociali.
Una spiegazione dell’origine della disuguaglianza fu fornita da Durkheim in termini prettamente “funzionali”. Nel senso che in ogni società – in relazione al contesto – esistono funzioni considerate più importanti di altre, esse sono espletate dagli individui più capaci. Ciò da origine ad una gerarchia di funzioni e competenze.
Tale approccio tende a sottovalutare – pur non ignorandolo – il fatto che l’accesso a certe professioni dipende non solo dalle abilità individuali ma anche da una serie di altri fattori di varia natura (ad es. posizioni familiari consolidate o altri elementi contingenti).
Un’altra spiegazione dell’origine della disuguaglianza fu formulata da Warner tra gli anni ‘30 e ‘40 del XX sec.
Warner effettuò uno studio empirico su una comunità (Yankee City) che lo portò a concludere che la posizione sociale di un determinato ceto lavorativo era definita dalla somma delle rappresentazioni che i membri della comunità davano di esso.
L’articolazione della stratificazione dipenderebbe dunque dal prestigio percepito.
La posizione di Warner fu molto criticata per vari motivi. Uno dei più convincenti è di ordine metodologico e riguarda il fatto che in una piccola comunità il giudizio sul prestigio sociale delle varie occupazioni lavorative è indissolubilmente legato a quello sulle specifiche persone che le svolgono, essendoci una conoscenza personale diretta tra quasi tutti gli abitanti.
Sono state formulate, per altro, anche critiche più radicali che avanzano dubbi sull’adeguatezza del criterio del prestigio rispetto a quello del potere.
Secondo Karl Marx la classe di appartenenza di un individuo è determinata da elementi di carattere strutturale.
In particolare, nella società capitalistica è il possesso dei mezzi di produzione la variabile fondamentale per stabilire l’appartenenza di classe.
Per Marx è la dimensione economica (struttura) la componente fondamentale della società, su cui si eleva l’intera sovrastruttura sociale.
Tutto ciò, ovviamente, ha un peso enorme sul modo di concepire la stratificazione sociale.
Rispetto alla riflessione sulla stratificazione sociale Weber critica l’eccessiva importanza attribuita da Marx alla dimensione economica a scapito di altri elementi quali potere e prestigio.
Bisogna notare, inoltre, come nella sua evoluzione il capitalismo si sia progressivamente allontanato dalla situazione descritta da Marx, in relazione a molti aspetti fondamentali.
Nelle società attuali, ad esempio, moltissimi individui non sono collocabili nella classe operaia, nonostante non abbiano alcun controllo dei mezzi di produzione.
Donald J. Treiman, grazie ad uno studio comparativo su 53 nazioni, ha concluso che i sistemi di valutazione dell’importanza sociale delle occupazioni lavorative (e delle relative ricompense) sono ovunque simili.
La teoria di Treiman può essere così sintetizzata:
Nelle loro interazioni quotidiane gli individui, più o meno consapevolmente, continuamente si studiano reciprocamente per carpire informazioni circa il loro status e, dunque, livello di prestigio sociale. Ciò anche per regolare il loro comportamento e le loro aspettative.
La valutazione della collocazione sociale di un individuo attraverso l’interpretazione di elementi esteriori è denominata generalizzazione di status.
Come ogni generalizzazione essa non è esente da errori (es. un uomo ben vestito alla guida di una bella auto può essere un venditore ambulante che ha vinto alla lotteria).
Si definisce mobilità sociale, il processo attraverso il quale si realizzano cambiamenti verticali o orizzontali nella collocazione sociale di individui singoli o di interi gruppi sociali.
L’esito della mobilità sociale verticale è un cambiamento del livello di prestigio del soggetto.
La mobilità orizzontale, invece, consiste in un mutamento di collocazione che non ha ripercussioni sul prestigio (es. un venditore di terreni cambia lavoro e comincia a fare il rappresentante di macchine per la pasta).
La mobilità sociale collettiva (di gruppo) può dipendere da vari fattori.
Uno dei più importanti è sicuramente il processo di riorganizzazione della struttura sociale. Quest’ultima può essere pacifica o violenta, estremamente lenta e graduale (si pensi ai processi di modernizzazione, urbanizzazione, affermazione del capitalismo, etc.) ma anche molto più repentina (ad es. gli effetti di una rivoluzione).
Se in una società viene data maggior importanza agli status assunti, la mobilità sociale tende ad essere individuale.
Se a godere di maggior considerazione sono gli status ascritti, la mobilità tende ad essere di gruppo.
Il miglior esempio del primo caso è fornito dal sistema delle caste dell’antica India, in cui era difficilissimo per l’individuo migliorare la propria posizione sociale: l’unica forma possibile di mobilità era quella dell’intera casta.
Il “sistema americano” è agli antipodi: in esso indubbiamente contano anche gli status ascritti ma sono decisamente ampi i margini di mobilità legati alle scelte del singolo.
1. Introduzione alla Sociologia
2. La cultura
7. Devianza e controllo sociale
9. Disuguaglianza, stratificazione e classi sociali
10. La famiglia
11. La religione
13. Comportamento collettivo e movimenti sociali
N. J. Smelser, Manuale di Sociologia, Bologna, il Mulino, 2007 – capitolo nono.
Per approfondimenti:
L. Gallino, Dizionario di sociologia, Torino, Utet, 1978.
A. Giddens, La struttura di classe nelle società avanzate, Bologna, il Mulino, 1975.
R. Dahrendorf, Classi e conflitto di classe nella società industriale, Bari, Laterza, 1970.
1. Introduzione alla Sociologia
2. La cultura
7. Devianza e controllo sociale
9. Disuguaglianza, stratificazione e classi sociali
10. La famiglia
11. La religione
13. Comportamento collettivo e movimenti sociali
14. Mutamento sociale e culturale
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