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Raffaele Sibilio » 15.Incertezza e rischio


La società del rischio

Tra i caratteri più tipici della società postmoderna vi sono il rischio e l’incertezza.
Crescono sia i rischi costruiti o artificiali, sia quelli naturali, quest’ultimi si potenziano ancor più in seguito ad inadeguate politiche di gestione territoriale.
La globalizzazione ha evidenziato la necessità oltre che di una più equa distribuzione della ricchezza, anche di una più equa distribuzione dei rischi. Tale esigenza nasce da un’incongruenza: nella gran parte dei casi la produzione della ricchezza è localizzata ma i rischi e i pericoli che ne derivano incidono sull’ecosistema planetario nel suo complesso (es. produzione di clorofluorocarburi ed “effetto serra”).

Rischio ed identità

Ma la questione del rischio va al di là dei problemi distributivi, legandosi anche all’esistenza stessa dell’essere umano e a quelli che sono stati definiti rischi disintegrazione della sua identità (Cfr. Sibilio, 2003, 20).
L’uomo postmoderno viene visto come un modello serializzato assemblabile, un insieme di esperienze e competenze in continua e rapidissima evoluzione. Il numero di relazioni consentite dalla società contemporanea e la loro velocità consentono di allargare il “campo relazionale” ma allo stesso tempo lo rendono più flessibile e precario. La stessa identità umana è sempre più temporanea, mutevole, fragile..

Rischio ed identità (segue)

Anche la libertà dalla distanza, generata dall’abbattimento dei vincoli spazio-temporali da parte delle nuove tecnologie, rende più complesso il rapporto tra identità e luogo: siamo sempre più ovunque e, nel contempo, in nessun luogo completamente. L’uomo contemporaneo è sempre “parzialmente dislocato” (Luhmann). Anche questo aspetto può essere visto come conseguenza della modularizzazione dell’esistenza.

Sicherheit e Unsicherheit

Lo stato di modularità implica una condizione di Unsicherheit, in cui si realizza una spaventosa sinergia di incertezza e insicurezza esistenziale.
Nel termine tedesco Sicherheit, si possono rintracciare i tre concetti di sicurezza esistenziale, certezza e incolumità personale e nella società attuale tutti e tre tendono ad essere messi in una crisi profonda quanto generalizzata. Tanto che Bauman ritiene opportuno invertire l’assunto fruediano della correlazione tra l’avanzamento della Civiltà ed aumento della Sicherheit; ora è la Sicherheit ad essere sacrificata all’espansione della libertà.

Cos’è il rischio?

La prospettiva quantitativa definisce il rischio come il prodotto tra il danno potenziale di un evento e la probabilità che quest’ultimo ha di verificarsi. Quella costruttivista invece preferisce individuarlo come il risultato di processi di negoziazione e dialettici tra i diversi attori sociali (gruppi, istituzioni, individui). Questa costruzione sociale del rischio, anche se fortemente criticata, ha favorito interessanti approcci empirici, sia in termini micro sia macro sociologici.

Sociologia dei rischi ambientali

Le principali teorie nella sociologia dei rischi ambientali sono:

  • La teoria della Risikogesellschaft;
  • La teoria della modernizzazione ecologica;
  • L’approccio ecologico-simbolico;
  • La teoria Resource-Dependency.

La teoria della Risikogesellschaft

Ulrich Beck descrive la società attuale come il luogo dove si è già compiuto il passaggio a quella che lui definisce la modernizzazione di secondo ordine, ovvero la società del rischio (Risikogesellschaft), dove la logica di distribuzione della ricchezza tende ad essere sostituita da quella della distribuzione del rischio.

La teoria della Risikogesellschaft (segue)

Secondo Beck i rischi ambientali nella società attuale, rispetto alla modernità, sono difficilmente individuabili sia perché spesso intangibili, sia perché si svincolano da un’individuazione dei colpevoli e delle vittime, sia perché trascendono una logica generazionale.

La sua prospettiva supera le problematiche ambientali, così che arriva ad affermare che i rischi, quale fattore destabilizzante, potrebbero condurre la società all’autodistruzione.
Il problema riguarda la fiducia nella scienza, che spesso paradossalmente diventa essa stessa generatrice di incertezze.

La teoria della modernizzazione ecologica

Si sviluppa in risposta ai fallimenti della politica ambientale degli anni ‘70 e ‘80. Nel complesso cerca di eliminare il classico antagonismo tra il progresso economico e una gestione ambientale responsabile e lo fa tracciando una serie di pratiche:

  • l’adozione di meccanismi produttivi più puliti e con minor intensità tecnologica (processo di super-industrializzazione);
  • l’implementazione di rigorose regole ambientali;
  • lo sviluppo di integrate strategie di gestione che coinvolgano procedure, processi produttivi e regolamentazioni;

La teoria della modernizzazione ecologica (segue)

  • l’applicazione del principio precauzionale (l’assenza di certezza scientifica è una ragione insufficiente per procrastinare l’assunzione di misure preventive di sicurezza per la riduzione dei rischi ambientali);
  • l’assunzione della responsabilità ambientale da parte di attori pubblici e privati;
  • la creazione di un network soprannazionale, con la collaborazione di governi, organizzazioni e rappresentanze del mondo produttivo e del lavoro.

Anche se tali principi hanno ispirato alcune iniziative, presentano delle importanti difficoltà applicative.

L’approccio ecologico-simbolico

Si concentra sulla disgiunzione tra comunità umane e micro-ambiente contestuale. La comparsa di rischi di contaminazione altera la visione individuale della vita e della sicurezza personale, producendo nelle comunità colpite anomia ed erosione della fiducia nelle Istituzioni (Eldestein, 1988; Erikson, 1994), inoltre, la presenza di contaminazioni invisibili genera ulteriori forme di paura e panico.
Tale approccio studia soprattutto situazioni empiriche legate ad eventi determinati, evidenziando l’elevata tensione che caratterizza le comunità odierne.

La teoria Resource-Dependency

La teoria si propone di valutare gli impatti culturali ed economici del degrado ambientale, a differenza dell’approccio precedente che registra soprattutto i rischi per la salute.
Presupposto fondamentale è la convinzione che nella valutazione e gestione dei rischi ambientali sia opportuno tenere in alta considerazione, oltre alle opinioni degli esperti, anche quelle legate alla cultura tradizionale delle popolazioni interessate.

Habermas: la razionalità comunicativa

Dall’analisi di tali teorie emergono due problematiche: una epistemologica, che evidenzia come la questione dei rischi ambientali necessiti di approcci integrati metadisciplinari, e l’altra partecipativa, che sottolinea l’esigenza di coinvolgimento di tutta la comunità.
La soluzione è delineata in una razionalità comunicativa che stimoli un agire orientato alla comprensione con finalità di scambio e condivisione, una situazione comunicativa dove il consenso è prodotto in modo argomentativo, attraverso discorsi e discussioni, dove tutti partecipano in condizioni di uguaglianza di competenze e possibilità (Habermas, 1987).

Habermas: la razionalità comunicativa (segue)

Si evidenzia, quindi, la necessità di un nuovo discorso ambientale in grado di realizzare un maggior coinvolgimento e una maggiore collaborazione tra governi, imprese, organizzazioni, senza trascurare le popolazioni coinvolte.
Alla base di questo nuovo approccio c’è la fiducia e il consenso verso la scienza e soprattutto verso il mondo istituzionale.

I materiali di supporto della lezione

R. Sibilio, Analisi sociologica e rischi ambientali, Torino, Giappichelli editore, 2003- capitolo 2, 3.

Per approfondimenti:

U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma, Carocci, 2000.

U. Beck, Conditio Humana. Il rischio nell'era globale, Roma-Bari, Laterza, 2008.

A. Giddens, Le conseguenze della modernità. Fiducia, rischio, sicurezza e pericolo, Bologna, Il Mulino, 1994.

Ulrick Beck Fonte: Globalautonomv

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