In questa prima lezione saranno chiariti gli ambiti, le finalità e i confini disciplinari della sociologia e saranno introdotte le principali teorie microsociologiche e macrosociologiche.
In sostanza si cercherà di rispondere alla basilare domanda “Che cos’è la sociologia?” illustrando, per grandi linee, prima le principali prospettive teoriche e, successivamente, i più importanti approcci metodologici di tipo empirico.
La parte finale della lezione, infatti, è dedicata ad una trattazione preliminare delle macrocategorie di metodologie di ricerca attualmente più usate nella disciplina.
Come disciplina scientifica la Sociologia nasce intorno alla metà del XIX secolo, come risposta alla necessità di interpretazione dei profondi mutamenti sociali indotti da 3 sconvolgimenti storici di enorme portata:
La Sociologia è evidentemente un prodotto del mutamento sociale. La società viene messa al centro del discorso scientifico-sociale quando le sue istituzioni, i suoi assetti, i suoi valori e i punti di riferimento, le modalità di interazione degli individui cambiano in modo profondo.
Nei primi anni la Disciplina ebbe una impostazione sostanzialmente teorica, ma già dall’inizio del ‘900, in particolare grazie alla Scuola di Chicago, si intraprese lo studio dei fatti quotidiani attraverso ricerche empiriche.
In Sociologia si fa uso di 5 prospettive fondamentali, tra loro interconnesse:
L’analisi della vita sociale è essenzialmente condotta attraverso 2 livelli di analisi, quello micro-sociologico e quello macro-sociologico.
La microsociologia si occupa delle interazioni sociali quotidiane tra individui. Questo approccio tende a comprendere il significato che le persone attribuiscono agli atteggiamenti e ai comportamenti.
La macrosociologia si occupa delle strutture che sorreggono la vita sociale nel suo insieme: le principali istituzioni, gli ordinamenti politici, i sistemi economici. Si considerano, in particolare, i rapporti tra tali strutture e il loro mutamento nel tempo
Teoria dello scambio. George Homans [1973] ha elaborato una teoria dell’interazione sociale fondata sul rapporto costi-benefici, sul tipo di “ricompensa” ricevuta in relazione ad un comportamento passato e sulla proiezione di future ricompense possibili.
Etnometodologia. Harold Garfinkel [1967, 1974] ha invece utilizzato una prospettiva di analisi fondata sulla conoscenza del “senso comune” che guida le interazioni quotidiane tra le persone.
Il modello drammaturgico di Erving Goffman [1959], basa il suo approccio sul fatto che gli individui si comporterebbero nelle loro interazioni esattamente come attori che interpretano dei personaggi sulla ribalta teatrale. Attraverso la “gestione delle impressioni” gli individui/attori imparano ad ottenere gli effetti voluti sugli altri attori coi quali interagiscono.
Un altro fondamentale approccio è costituito dall’interazionismo simbolico – il cui precursore fu George Herbert Mead [1934], mentre il principale esponente è stato Herbert Blumer [1969].
Secondo gli interazionisti simbolici gli esseri umani non rispondono automaticamente a stimoli esterni, bensì attraverso una elaborazione complessa basata sulla attribuzione di significati sociali, espressi da simboli, agli stimoli ricevuti.
È la conoscenza condivisa dei simboli, che si struttura nel linguaggio, che rende possibile la maggior parte dell’interazione.
A livello “macro” gli approcci dominanti sono 2:
il funzionalismo e la teoria del conflitto.
Agli albori del funzionalismo Herbert Spencer [1897] paragonò la società ad un organismo vivente nel quale ogni parte svolge una funzione specifica nel mantenimento e nello sviluppo della vita.
Ma fu Émile Durkheim a spiegare come per comprendere ogni fatto sociale è indispensabile analizzare sia le funzioni all’interno dell’organismo sociale che la relazione tra queste.
In questa prospettiva anche fatti sociali apparentemente solo negativi (ad esempio fenomeni estremi di devianza) svolgono una funzione sociale precisa e spesso non negativa.
Più recentemente Autori come Talcott Parsons [1951] e Robert Merton [1949], hanno codificato i principi basilari del funzionalismo moderno:
Talcott Parsons. Fonte: Nndb
La teoria del conflitto (o conflittualismo) deriva dal pensiero di Karl Marx [1848].
Per Marx alla base della società e del suo mutamento sono una stratificazione per classi (definite in relazione alla proprietà dei mezzi di produzione) e il conflitto tra queste ultime.
Il conflitto nel sistema non solo è fisiologico ma è anche uno dei principali propulsori del mutamento.
Karl Marx. Fonte: Wikipedia
Alcuni postulati della moderna prospettiva conflittualista sono i seguenti:
La ricerca sociale consiste in una serie di procedure che consentono di formulare delle ipotesi e, attraverso una indagine empirica, di verificarle o falsificarle.
L’ipotesi è definibile come enunciato temporaneo che suggerisce una correlazione tra due concetti.
Tali concetti vanno trasformati in variabili.
I sociologi, infatti, cercano di analizzare i fenomeni studiando le relazioni causa-effetto tra dimensioni misurabili (le variabili, appunto) e di individuare variabili indipendenti e variabili dipendenti.
Nel corso del tempo, si sono sviluppate tecniche di ricerca sempre più sofisticate. Esse possono essere classificate in 4 categorie fondamentali:
Nata già verso la metà dell’800, si è progressivamente affinata ed è andata diffondendosi di pari passo ai suoi progressi tecnici.
Oggi si può considerare la metodologia più usata in assoluto.
Consiste in una procedura per la quale, individuata una popolazione da studiare, se ne seleziona un piccolo gruppo che possa esserne un campione rappresentativo. La composizione di tale campione può avvenire attraverso diverse tecniche con caratteristiche differenti e specifiche. Se ben realizzata, tale procedura consente di generalizzare i risultati ottenuti analizzando dati rilevati dal campione (che di solito è molto molto meno numeroso della popolazione) a tutta la popolazione, ottenendo significative economie in termini di tempi e costi dell’indagine.
Nata negli Stati Uniti intorno al 1920 la ricerca sul campo (o etnografica) fu molto utilizzata dalla Scuola di Chicago (vedi prima). Essa consiste nella presenza diretta del ricercatore “all’interno” della situazione da studiare, per poter osservare direttamente le dinamiche di interazione.
Un’osservazione così ravvicinata (talvolta anche segretamente attuata) presta sicuramente dei vantaggi in termini di qualità delle informazioni rilevate, ma anche alcuni problemi. In particolare, a) il coinvolgimento del ricercatore potrebbe risultare eccessivo e minare la sua obiettività b) una siffatta analisi fornisce risultati spesso buoni ma difficilmente generalizzabili, proprio perché relativi ad una situazione specifica in un contesto specifico.
Uno dei padri della sociologia, Max Weber (1864-1920), usò in modo molto intenso e produttivo il metodo storico.
In particolare, egli riuscì a stabilire un probabile rapporto di co-causazione tra la nascita del capitalismo e l’etica calvinista (celeberrima la sua opera “Etica protestante e spirito del capitalismo“). L’analisi dei processi storici, anche e soprattutto attraverso l’uso dei documenti, rimane per molti sociologi una metodologia di grande importanza ancor oggi.
Max Weber. Fonte: Max Weber
Verso la fine del XIX secolo, il metodo di laboratorio, tipico della psicologia, comincia a diffondersi anche in ambito sociologico.
Per ricerca sperimentale, si intende una procedura di indagine, in genere applicabile su piccoli gruppi di individui, grazie alla quale si predispone un ambiente altamente controllato in cui vengono indotte “sperimentalmente” precise interazioni tra gli individui studiati.
Di solito si costituiscono 2 gruppi di individui: il gruppo sperimentale, che viene sottoposto ad un determinato stimolo, e il gruppo di controllo, al quale non viene fornita alcuna sollecitazione specifica. L’osservazione e la misurazione delle reazioni dei 2 gruppi può fornire indicazioni preziose.
Questa metodologia di ricerca è molto usata nello studio delle dinamiche di leadership, di cooperazione e competizione.
A partire dalla sua nascita le applicazioni della sociologia sono estremamente sensibili ai problemi e alle emergenze sociali. Ma la riflessione sociologica, oltre che cercare di interpretare i problemi, spesso contribuisce farli emergere.
Al giorno d’oggi il panorama applicativo della sociologia è sterminato e va dalle ricerche sui consumi al comportamento elettorale degli individui, dallo studio dei fenomeni criminali a quello dei new-media, dal supporto alla elaborazione di politiche sociali allo studio delle modalità di fruizione del tempo libero, dall’organizzazione del lavoro ai fenomeni di devianza, fino alla cosiddetta ricerca valutativa che riguarda la valutazione di impatto delle politiche pubbliche.
1. Introduzione alla Sociologia
2. La cultura
7. Devianza e controllo sociale
9. Disuguaglianza, stratificazione e classi sociali
10. La famiglia
11. La religione
13. Comportamento collettivo e movimenti sociali
N. J. Smelser, Manuale di Sociologia, Bologna, il Mulino, 2007 – capitolo primo.
Per approfondimenti:
L. Gallino, Dizionario di sociologia, Torino, Utet, 1978.
L.A. Coser, I maestri del pensiero sociologico, Bologna, il Mulino, 1983.
R.A. Wallace e A. Wolf, La teoria sociologica contemporanea, Bologna, il Mulino, 1983.
1. Introduzione alla Sociologia
2. La cultura
7. Devianza e controllo sociale
9. Disuguaglianza, stratificazione e classi sociali
10. La famiglia
11. La religione
13. Comportamento collettivo e movimenti sociali
14. Mutamento sociale e culturale
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