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Raffaele Sibilio » 12.Il sistema politico


Potere, forza e autorità

Per comprendere il sistema politico occorre considerare tre elementi:

  1. Potere;
  2. Forza;
  3. Autorità.

Il concetto di potere ha conosciuto molti tentativi di definizione, tra i più incisivi vi è quello di Weber (1922) che lo definisce come possibilità di affermare la propria volontà in una relazione sociale, anche di fronte ad un’opposizione. Mentre Parsons (1969), parla di capacità di mobilitare le proprie risorse in vista di determinati obiettivi. Nel primo caso l’accento è posto sulla relazione e sull’imposizione di volontà; nel secondo caso sulla capacità organizzativa.

Potere, forza e autorità (segue)

La forza è un concetto più ristretto rispetto al potere e riguarda l’uso della coercizione fisica per imporre la propria volontà agli altri; laddove il potere può esercitarsi anche senza ricorso alla costrizione fisica.
L’autorità, infine, è una forma di potere istituzionalizzato e socialmente legittimato, ciò presuppone, generalmente, che chi esercita il potere lo faccia per conseguire scopi collettivi.
In sintesi, l’autorità è il potere reso disponibile.

Tipologie di autorità

Weber distingue tre fonti di legittimazione dell’autorità:

  1. L’autorità carismatica, fondata sulla devozione e la fede a persone dotate di qualità superiori e di uno straordinario ascendente sugli altri. L’obbedienza, in tal caso, tende ad essere personale ed incondizionata;
  2. L’autorità tradizionale, fondata su consuetudini e costumi. L’obbedienza è personale ma condizionata, da una serie di relazioni e norme informali (es. l’autorità di comando riconosciuta agli anziani di una tribù).
  3. L’autorità razional-legale, fondata su posizioni e regole formali. L’obbedienza è impersonale, perché deriva da un insieme di principi, codici e norme formalizzate. In pratica, non si obbedisce alla persona ma a ciò che essa rappresenta.

Stato e sistema politico

Lo Stato è quella “struttura che ha il potere di allocare le risorse e i servizi del sistema sociale” (Smelser 2007, 313), un’istituzione che si occupa del governo e della cura della “cosa pubblica”.

Il sistema politico, invece, è un complesso di elementi (partiti, gruppi di pressione, sindacati etc.) che influenza e per certi aspetti comprende lo Stato.

Teorie sui sistemi politici

I teorici del conflitto considerano il sistema politico un mezzo per tutelare gli interessi della classe dominante, mentre i funzionalisti lo considerano uno strumento per assicurare benefici comuni, per promuovere i valori della società.
Nel primo caso l’attenzione è focalizzata sulle tensioni e le lacerazioni derivanti dalla competizione per accaparrarsi risorse scarse, nel secondo caso vengono messi in luce, invece, gli aspetti cooperativi del potere e anche i conflitti vengono letti in maniera funzionale alla realizzazione di un sistema politico integrato.

Teorie sui sistemi politici: la teoria di Marx

Secondo Marx, nel sistema politico si riflettono le disuguaglianze del sistema economico: coloro che posseggono i mezzi di produzione (capitalisti) hanno anche il potere, che utilizzano per proteggere i propri interessi di classe. In questo quadro anche la forma di governo democratica è interpretata come una copertura degli interessi di classe, in quanto il diritto di voto conferisce un potere ai lavoratori che non è reale e significativo come quello dei capitalisti, che, controllando la sfera economica, hanno contemporaneamente influenza sul sistema politico.

Teorie dei sistemi politici: la teoria di Parsons

Secondo Parsons il sistema politico è uno strumento di civilizzazione e la vita politica, “un processo cooperativo per la mobilitazione delle risorse” (Smelser, 2007-314), piuttosto che sede di conflitti per il controllo di risorse limitate.
Egli riconosce la presenza di conflitti, così come la disuguaglianza nella distribuzione del potere, ma essi sono considerati in funzione della realizzazione di un sistema politico integrato. Vi sono soggetti (ad esempio, gli agenti di polizia), che per far rispettare le leggi sono dotati di particolari poteri, ma gli stessi soggetti non sono esenti da punizioni e processi in caso di un loro abuso.

Tipi di potere politico: i regimi totalitari

I regimi politici si possono classificare come:

  • regimi totalitari;
  • regimi autoritari;
  • regimi democratici.

Nei regimi totalitari, lo Stato mira ad un controllo assoluto della società e delle sue istituzioni (controllo dei mezzi di comunicazione, dell’economia, delle armi …). Si registra un ampio uso dell’ideologia (si tende a fornire spiegazioni per ogni aspetto della vita), la presenza di un partito unico che consente il controllo totale della vita politica e l’uso del terrore (torture, interrogatori) al fine di mantenere un controllo sulla popolazione.

I regimi autoritari

Nei regimi autoritari, invece, rispetto alla forma precedente esiste un pluralismo politico anche se limitato; l’uso su larga scala dell’ideologia è più limitato rispetto ai regimi totalitari, è meno spinto il tentativo di controllare tutte le dimensioni della vita e i cittadini godono di una certa libertà personale. L’esercizio del potere, anche se non completamente definito sul piano formale, segue delle logiche tutto sommato prevedibili, mentre nel totalitarismo tende a divenire totalmente arbitrario.

I regimi democratici

Nei regimi democratici, il governo è del popolo, che nelle forme moderne lo esercita attraverso suoi rappresentanti eletti per un periodo di tempo limitato (democrazia rappresentativa). Caratteristiche comuni sono l’individualismo (il sistema garantisce che tutti siano uguali davanti alla legge), il governo costituzionale (la legge fondamentale dello stato è rappresentata da un corpo di leggi e tradizioni giuridiche) il consenso dei governati (esso è garantito da un sistema di elezioni periodiche) e il confronto politico regolato (quest’ultimo deve avvenire nel rispetto di reciproca lealtà tra chi detiene temporaneamente il potere e chi svolge un ruolo di opposizione).

La socializzazione e la partecipazione politica

La socializzazione politica è quel processo attraverso il quale un soggetto acquisisce opinioni e atteggiamenti politici. I suoi principali agenti sono la famiglia, la scuola e il gruppo di pari, ma il ruolo più influente è svolto dalla famiglia. Spesso i figli condividono l’impegno dei genitori, così l’impegno e l’interesse verso la politica sono tanto più alti quanto più entrambi i genitori sono attivi e interessati.

La partecipazione politica, invece, si esprime attraverso varie forme: il voto, l’iscrizione a partiti, sindacati, gruppi, la partecipazione a scioperi e manifestazioni o semplicemente informandosi sulle vicende politiche.

La partecipazione politica

Il grado di partecipazione politica, dipende soprattutto dallo status socioeconomico e dall’istruzione, nelle fasce sociali più elevate la partecipazione è più diffusa.
La forma più analizzata è il voto, al riguardo notevoli differenze si riscontrano anche tra i vari Paesi, soprattutto per la presenza di differenti leggi che lo regolano.

Fonte: Racine

Fonte: Racine


Gli attori politici: i partiti

I principali attori politici sono i partiti e i gruppi di pressione.

I partiti fungono da intermediari tra l’individuo e il governo, elaborano programmi politici e li propongono all’elettorato, designano i propri candidati, promuovono campagne elettorali … Nel tempo hanno subito numerose trasformazioni, i passaggi più importanti sono:
la nascita del partito di massa verso la fine dell’800, legata alla necessità di rappresentare la classe operaia;
l’avvento del “partito pigliatutto“, negli anni ‘50, che ricerca il più vasto consenso possibile anche a scapito della propria identità;
la nascita del cartel party, negli anni ‘70, caratterizzato da deboli rapporti con la società e da un forte ruolo del finanziamento pubblico.

Gli attori politici: i gruppi di pressione

I gruppi di pressione o lobbies, sono gruppi sociali che promuovono movimenti, difendono interessi, esercitano pressioni sul governo … Tali attività vengono svolte sia attraverso forme convenzionali e legali (attraverso i media, i contatti personali, le manifestazioni di piazza), sia con forme più subdole e illegali (come la corruzione). La loro “fonte” può essere professionale, religiosa, culturale, etnica, socioeconomica.

Rapporti tra politica ed economia

Lipset (1960) ha sostenuto che un alto livello di sviluppo economico incoraggia la democrazia e la stabilità. Tale tesi ha però il difetto di non separare la democrazia dalla stabilità, infatti, un governo può essere stabile ma non democratico.
Altri studi, invece, hanno cercato di individuare i soggetti che realmente detengono il potere in una democrazia. Si distinguono, a tal riguardo la tesi elitista, sostenuta soprattutto da Mills, che vede il potere concentrato in una cerchia sociale ristretta e quella pluralista, sostenuta da Riesman, che parla di una dispersione di potere tra più gruppi.

I materiali di supporto della lezione

N. J. Smelser, Manuale di sociologia, Bologna, Il Mulino, 2007- capitolo 17

Per approfondimenti:

A.O. Hirsshman, Lealtà, definizione, protesta, Milano, Bompiani, 1982

I. Inglehart, La rivoluzione silenziosa, Milano, Rizzoli, 1983

R. Biorcio, Sociologia politica. Partiti, movimenti sociali e partecipazione, Bologna, Il Mulino, 2003

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