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Immacolata Niola » 10.Gestione dell'emergenza - impianti ad alto rischio


Gestione dell’emergenza

Situazione di emergenza
È una condizione anomala che può instaurarsi nell’azienda, facendo venir meno le condizioni di sicurezza. Può essere causata da:

  • un incendio o pericolo d’incendio;
  • un’esplosione o pericolo di esplosione;
  • uno spandimento di sostanze infiammabili e/o corrosive;
  • un’emissione incontrollata di gas tossici.

Livelli di emergenza

  • localizzata: riguarda un luogo preciso (una singola postazione di lavoro, parte di un laboratorio o di un reparto ecc.); è interna e viene attivata dal lavoratore addetto all’impianto che mostra segni di criticità o da un suo collega che si accorga dell’insorgere di un problema;
  • locale: riguarda il reparto o le zone circostanti ed è interna; viene attivata dal responsabile del reparto coinvolto;
  • generale: riguarda sia il reparto che le zone di lavoro adiacenti e può essere interna o esterna; potrebbe coinvolgere in parte anche la popolazione;
  • estesa: si estende all’esterno dell’azienda e può avere gravi ripercussioni sulle popolazioni limitrofe.

L’emergenza generale e quella estesa possono essere attivate dal direttore, dai dirigenti o dalla figura professionale responsabile.

Gestione dell’emergenza (segue)

Piano di emergenza

In esso vanno riportati:

  • gli agenti chimici coinvolti, le loro caratteristiche di pericolosità, le quantità, le possibili miscele e gli effetti sull’uomo e sull’ambiente;
  • gli interventi da attuare;
  • le disposizioni per l’allertamento e la chiamata dei servizi deputati all’emergenza sia interni, sia pubblici;
  • le azioni da intraprendere nell’immediato: attivazione dei canali comunicativi, spegnimento macchine, chiusura valvole e rubinetti, azionamento dei sistemi di protezione ecc.;
  • i percorsi e le modalità dell’eventuale evacuazione, anche di terzi estranei all’azienda ma coinvolti nella situazione di pericolo;
  • le misure specifiche per l’assistenza alle persone disabili o non autosufficienti;
  • le modalità di rientro a fine emergenza.

Gestione dell’emergenza (segue)

Sistemi di intervento
Si configurano come dei dispositivi di protezione collettivi e si distinguono in:

  • automatici (rilevatori di fumo, di gas ecc): segnalano l’anomalia e azionano automaticamente i dispositivi di emergenza;
  • semiautomatici: azionano automaticamente i dispositivi di emergenza, ma solo dopo che il lavoratore preposto abbia dato l’autorizzazione;
  • manuali: i dispositivi di emergenza sono azionati manualmente dall’operatore responsabile, che valuta l’opportunità o necessità di un intervento sulla base della percezione di segnali di pericolo.

Ai fini di una corretta gestione dell’emergenza è indispensabile verificare la presenza e l’efficacia dei sistemi di allerta e di intervento, nonché l’aggiornamento della formazione/informazione degli addetti.

Gestione dell’emergenza (segue)

Dispositivi di protezione individuali per l’emergenza
Sono costituiti da maschere antigas, occhiali, guanti, tute, scarpe ecc.
I requisiti fondamentali che devono avere i DPI per le situazioni di emergenza sono:

  1. il rapido utilizzo (facile indossabilità);
  2. l’efficacia dell’azione protettiva per tutta la durata della condizione anomala, compresa la fase di evacuazione.

Rispetto a tali caratteristiche risultano secondarie quelle richieste ai DPI utilizzati, ove prescritto (v. lezioni precedenti), nel corso della normale attività lavorativa, ossia l’ergonomia, la praticità d’uso e la protezione protratta nel tempo.
Essi, inoltre, devono essere:

  • adattabili alle varie emergenze che possono verificarsi;
  • collocati in punti noti a tutti i lavoratori interessati e velocemente accessibili, possibilmente lungo le vie di fuga;
  • disponibili in numero sufficiente a proteggere non solo i dipendenti ma anche gli eventuali visitatori, fornitori e tutti i soggetti che possano trovarsi temporaneamente ed occasionalmente sul luogo dell’emergenza;
  • sottoposti a manutenzione programmata, per garantirne l’efficienza in ogni momento.

Gestione dell’emergenza (segue)

Adempimenti del datore di lavoro
Ai fini della gestione di un’emergenza il datore di lavoro deve:

  • designare preventivamente un certo numero di lavoratori addetti agli interventi di primo soccorso;
  • stabilire gli opportuni contatti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio e lotta antincendio (ambulanze, vigili del fuoco ecc.);
  • informare tutti i lavoratori sulla possibilità che siano esposti ad un pericolo grave e immediato e sulle misure adottate, indicando i comportamenti da assumere;
  • programmare gli interventi e, se necessario, dare disposizioni ai lavoratori di abbandonare immediatamente il posto di lavoro;
  • garantire la presenza sul luogo di lavoro di mezzi antincendio idonei;
  • astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere l’attività, in caso di persistenza di un pericolo grave ed immediato.

Gestione dell’emergenza (segue)

Le squadre di primo soccorso
In attesa che giungano i Soccorsi pubblici, devono intervenire le squadre di emergenza interne costituite dai lavoratori a ciò designati dal datore di lavoro (v. slide precedente); questi non possono rifiutare la designazione, se non per giustificato motivo. Ad essi è affidato il compito di gestire la prima fase dell’emergenza, cercando di agire sulla causa dell’evento e di arginarne le conseguenze, assumendo iniziative per l’evacuazione dai luoghi di lavoro, per il salvataggio e il primo soccorso dei soggetti coinvolti.
I lavoratori addetti all’emergenza e al primo soccorso:

  • devono essere adeguatamente formati e addestrati;
  • non devono sostituirsi agli operatori del Pronto Soccorso fornito dal Servizio Pubblico, a meno che non siano dotati delle competenze specialistiche necessarie;
  • devono cercare di agevolare l’intervento dei Soccorsi pubblici;
  • devono essere in numero sufficiente ed intersostituibili, per tener conto di eventuali assenze per malattie, ferie, periodi festivi ecc;
  • devono disporre di attrezzature adeguate, in relazione alle dimensioni ed ai rischi specifici dell’azienda.

È opportuno controllare periodicamente l’addestramento sia delle squadre di emergenza che del personale di reparto mediante simulazioni, nonché l’efficienza degli impianti ed attrezzature destinate all’emergenza, mediante manutenzione programmata.

Impianti ad alto rischio

Sono gli impianti in cui può verificarsi un incidente rilevante, ossia un evento incontrollato, quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grave entità, dovuto alla presenza di una o più sostanze pericolose, il quale generi, all’interno o all’esterno dello stabilimento, un pericolo grave, immediato o differito, per l’uomo o per l’ambiente.
Un incidente rilevante è caratterizzato da una probabilità di accadimento molto bassa, ma da danni potenziali gravissimi.

L’incidente di Seveso
Il 10 luglio 1976, a Seveso (in Brianza), in seguito all’esplosione di un reattore chimico nello stabilimento della società svizzera ICMESA, si liberò una nube tossica di diossina, che investì un’area molto estesa, causando infiammazioni agli occhi, eruzioni cutanee con cicatrici permanenti (cloracne), contaminazione del suolo, disseccamento di vegetali e danni agli animali (tra gli effetti a lungo termine per l’uomo, sono state segnalate alterazioni dell’apparato riproduttivo e, forse, tumori).

Impianti ad alto rischio (segue)

Le Direttive Seveso
L’impatto di tipo sanitario, ambientale, socio-economico e psicologico dell’incidente di Seveso ha portato negli anni all’emanazione di tre direttive, note, appunto, come Direttive Seveso. La prima, del 1982, successivamente definita Seveso I (Dir. 82/501/CEE), stabiliva, ai fini della prevenzione del rischio industriale, che i gestori e i proprietari degli stabilimenti industriali in cui fossero presenti determinate sostanze pericolose (ne venivano individuate 180) in quantità tali da poter dar luogo ad incidenti rilevanti, adottassero idonee precauzioni.
La Direttiva venne recepita in Italia con il DPR 175/88, il quale, tra l’altro, distingueva gli impianti, in base alla tipologia di azienda ed alla quantità e pericolosità degli agenti pericolosi presenti, in impianti sottoposti a Notifica e a Dichiarazione.

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Direttiva Seveso II
Quattordici anni dopo la prima Direttiva Seveso, è stata emanata la Direttiva 96/82/CE, detta Seveso II e recepita in Italia con il  D. Lgs.334/99.
Principali elementi innovativi

  • viene esteso il campo di applicazione: non riguarda più solo le industrie ma tutti i settori che possono comportare l’impiego o lo sviluppo di agenti pericolosi in quantità superiore ad una certa soglia. Tali agenti vengono ridotti da 180 a 50, ma sono integrati da alcune categorie di sostanze, comprese quelle pericolose per l’ambiente, per cui di fatto aumentano rispetto alla precedente Direttiva;
  • viene introdotto per le aziende di classe A l’obbligo di attuare un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS);
  • viene considerato il possibile effetto domino: gli effetti di un incidente possono amplificarsi per la concentrazione in una stessa area di più stabilimenti;
  • è prevista un’adeguata informazione della popolazione potenzialmente coinvolta e la sua consultazione, soprattutto in caso di nuovi insediamenti civili;
  • viene introdotto il controllo dell’urbanizzazione: nella pianificazione territoriale si deve tener conto della necessità di mantenere opportune distanze tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante e le zone residenziali;
  • viene introdotto l’obbligo per il gestore dello stabilimento, in caso di presenza di sostanze pericolose in quantità superiore ai valori soglia, di trasmettere ai soggetti competenti una notifica ed eventualmente di redigere un Rapporto di Sicurezza.

Impianti ad alto rischio (segue)

Esclusioni dal campo di applicazione della Seveso II
Dalla Direttiva sono stati esclusi:
a) gli stabilimenti, gli impianti e i depositi militari;
b) i pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti;
c) il trasporto di sostanze pericolose su strada, per ferrovia, per via navigabile o aerea;
d) il trasporto di sostanze pericolose in condotta;
e) le industrie estrattive;
f) le discariche di rifiuti.

Direttiva Seveso III
In conseguenza di alcuni gravi incidenti verificatisi in stabilimenti europei tra il 2000 ed il 2001, è stata emanata la Direttiva 2003/105/CE, definita impropriamente Seveso III e recepita in Italia con il D. Lgs. 238/05.

Impianti ad alto rischio (segue)

Principali modifiche introdotte dalla Seveso III

  • viene ulteriormente esteso il campo di applicazione, con l’inclusione di alcune attività minerarie e di un maggior numero di sostanze cancerogene;
  • vengono modificati alcuni limiti di soglia;
  • viene estesa ai lavoratori delle imprese subappaltatrici la consultazione ai fini dell’elaborazione dei piani di emergenza interni;
  • viene rafforzato il diritto della popolazione ad essere informata sulle misure di sicurezza adottate.

Alcune modifiche introdotte dal D. Lgs. 238/05 (di recepimento della Seveso III) rispetto al D. Lgs. 334/99 (di recepimento della Seveso II):

  • abolizione del principio di “silenzio-assenso” nella fase finale dell’istruttoria tecnica per la realizzazione di nuovi stabilimenti a rischio di incidente rilevante;
  • obbligo anche per gli impianti a basso rischio di redigere il Piano di Emergenza Esterno.

Un’indagine conoscitiva della Confindustria, resa nota nel maggio 2010, ha riferito che sarebbero 1090 le aziende a rischio di incidente rilevante in Italia, con particolare concentrazione in Lombardia (280), Piemonte (100), Veneto (97), Emilia-Romagna (96) e Sicilia (73).

Impianti ad alto rischio (segue)

Il 4 luglio 2012 è stata emanata la Direttiva 2012/18/UE, che revisiona la Seveso II, abrogandola dal 1 giugno 2015. Essa è stata originata da due necessità:

  1. rafforzare il livello di protezione esistente, in particolare per quel che riguarda la prevenzione;
  2. modificare l’allegato 1 (contenente l’elenco delle sostanze pericolose che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva), per uniformarlo al nuovo Regolamento CE sulla classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e delle miscele (v. Lezione 6, slide n.1 e n. 2).

Altri punti caratterizzanti:

  • distinzione degli stabilimenti, in base alla quantità di sostanze pericolose presenti, in stabilimenti di soglia inferiore e stabilimenti di soglia superiore (i gestori di questi ultimi devono presentare un rapporto di sicurezza ed un piano di emergenza interno);
  • introduzione di nuove sostanze pericolose;
  • inserimento, tra gli scenari di incidenti rilevanti da considerare, delle calamità naturali;
  • migliore accesso alle informazioni e partecipazione da parte del pubblico, maggiori controlli da parte delle autorità.

I materiali di supporto della lezione

Dubini R. – Molfese F., Salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, II Edizione, Napoli, Esselibri S.p.A., 2003.

D.Lgs. 81/2008.

Arpa Umbria

Principali novità introdotte dalla direttiva 2012/18/UE del 4 luglio 2012 (Seveso III)

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Progetto "Campus Virtuale" dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, realizzato con il cofinanziamento dell'Unione europea. Asse V - Società dell'informazione - Obiettivo Operativo 5.1 e-Government ed e-Inclusion

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