Situazione di emergenza
È una condizione anomala che può instaurarsi nell’azienda, facendo venir meno le condizioni di sicurezza. Può essere causata da:
Livelli di emergenza
L’emergenza generale e quella estesa possono essere attivate dal direttore, dai dirigenti o dalla figura professionale responsabile.
Piano di emergenza
In esso vanno riportati:
Sistemi di intervento
Si configurano come dei dispositivi di protezione collettivi e si distinguono in:
Ai fini di una corretta gestione dell’emergenza è indispensabile verificare la presenza e l’efficacia dei sistemi di allerta e di intervento, nonché l’aggiornamento della formazione/informazione degli addetti.
Dispositivi di protezione individuali per l’emergenza
Sono costituiti da maschere antigas, occhiali, guanti, tute, scarpe ecc.
I requisiti fondamentali che devono avere i DPI per le situazioni di emergenza sono:
Rispetto a tali caratteristiche risultano secondarie quelle richieste ai DPI utilizzati, ove prescritto (v. lezioni precedenti), nel corso della normale attività lavorativa, ossia l’ergonomia, la praticità d’uso e la protezione protratta nel tempo.
Essi, inoltre, devono essere:
Adempimenti del datore di lavoro
Ai fini della gestione di un’emergenza il datore di lavoro deve:
Le squadre di primo soccorso
In attesa che giungano i Soccorsi pubblici, devono intervenire le squadre di emergenza interne costituite dai lavoratori a ciò designati dal datore di lavoro (v. slide precedente); questi non possono rifiutare la designazione, se non per giustificato motivo. Ad essi è affidato il compito di gestire la prima fase dell’emergenza, cercando di agire sulla causa dell’evento e di arginarne le conseguenze, assumendo iniziative per l’evacuazione dai luoghi di lavoro, per il salvataggio e il primo soccorso dei soggetti coinvolti.
I lavoratori addetti all’emergenza e al primo soccorso:
È opportuno controllare periodicamente l’addestramento sia delle squadre di emergenza che del personale di reparto mediante simulazioni, nonché l’efficienza degli impianti ed attrezzature destinate all’emergenza, mediante manutenzione programmata.
Sono gli impianti in cui può verificarsi un incidente rilevante, ossia un evento incontrollato, quale un’emissione, un incendio o un’esplosione di grave entità, dovuto alla presenza di una o più sostanze pericolose, il quale generi, all’interno o all’esterno dello stabilimento, un pericolo grave, immediato o differito, per l’uomo o per l’ambiente.
Un incidente rilevante è caratterizzato da una probabilità di accadimento molto bassa, ma da danni potenziali gravissimi.
L’incidente di Seveso
Il 10 luglio 1976, a Seveso (in Brianza), in seguito all’esplosione di un reattore chimico nello stabilimento della società svizzera ICMESA, si liberò una nube tossica di diossina, che investì un’area molto estesa, causando infiammazioni agli occhi, eruzioni cutanee con cicatrici permanenti (cloracne), contaminazione del suolo, disseccamento di vegetali e danni agli animali (tra gli effetti a lungo termine per l’uomo, sono state segnalate alterazioni dell’apparato riproduttivo e, forse, tumori).
Le Direttive Seveso
L’impatto di tipo sanitario, ambientale, socio-economico e psicologico dell’incidente di Seveso ha portato negli anni all’emanazione di tre direttive, note, appunto, come Direttive Seveso. La prima, del 1982, successivamente definita Seveso I (Dir. 82/501/CEE), stabiliva, ai fini della prevenzione del rischio industriale, che i gestori e i proprietari degli stabilimenti industriali in cui fossero presenti determinate sostanze pericolose (ne venivano individuate 180) in quantità tali da poter dar luogo ad incidenti rilevanti, adottassero idonee precauzioni.
La Direttiva venne recepita in Italia con il DPR 175/88, il quale, tra l’altro, distingueva gli impianti, in base alla tipologia di azienda ed alla quantità e pericolosità degli agenti pericolosi presenti, in impianti sottoposti a Notifica e a Dichiarazione.
Direttiva Seveso II
Quattordici anni dopo la prima Direttiva Seveso, è stata emanata la Direttiva 96/82/CE, detta Seveso II e recepita in Italia con il D. Lgs.334/99.
Principali elementi innovativi
Esclusioni dal campo di applicazione della Seveso II
Dalla Direttiva sono stati esclusi:
a) gli stabilimenti, gli impianti e i depositi militari;
b) i pericoli connessi alle radiazioni ionizzanti;
c) il trasporto di sostanze pericolose su strada, per ferrovia, per via navigabile o aerea;
d) il trasporto di sostanze pericolose in condotta;
e) le industrie estrattive;
f) le discariche di rifiuti.
Direttiva Seveso III
In conseguenza di alcuni gravi incidenti verificatisi in stabilimenti europei tra il 2000 ed il 2001, è stata emanata la Direttiva 2003/105/CE, definita impropriamente Seveso III e recepita in Italia con il D. Lgs. 238/05.
Principali modifiche introdotte dalla Seveso III
Alcune modifiche introdotte dal D. Lgs. 238/05 (di recepimento della Seveso III) rispetto al D. Lgs. 334/99 (di recepimento della Seveso II):
Un’indagine conoscitiva della Confindustria, resa nota nel maggio 2010, ha riferito che sarebbero 1090 le aziende a rischio di incidente rilevante in Italia, con particolare concentrazione in Lombardia (280), Piemonte (100), Veneto (97), Emilia-Romagna (96) e Sicilia (73).
Il 4 luglio 2012 è stata emanata la Direttiva 2012/18/UE, che revisiona la Seveso II, abrogandola dal 1 giugno 2015. Essa è stata originata da due necessità:
Altri punti caratterizzanti:
1. Infortuni e malattie professionali
2. Principali malattie professionali denunciate nel comparto industriale
3. Fattori di rischio fisici: rumore - vibrazioni
4. Fattori di rischio fisici: radiazioni ionizzanti- campi elettromagnetici - videoterminali
5. Rischio biologico - Rischio Chimico e variabili che lo influenzano
6. Agenti chimici pericolosi per la sicurezza e per la salute
8. Agenti cancerogeni. L'amianto
9. Rischio da altri agenti cancerogeni
10. Gestione dell'emergenza - impianti ad alto rischio
11. Sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL)
12. Normativa di riferimento sul sistema sicurezza sul lavoro in Italia
14. Esempi di lavorazioni pericolose: la produzione di pvc
15. Esempi di lavorazioni pericolose: il caso del petrolchimico di Porto Marghera
16. Esempi di lavorazioni pericolose: produzione e applicazione degli asfalti
17. Esempi di lavorazioni pericolose: il trattamento dei rifiuti
18. Esempi di lavorazioni pericolose: cokerie - industria tessile – industria della gomma
Dubini R. – Molfese F., Salute e sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, II Edizione, Napoli, Esselibri S.p.A., 2003.
D.Lgs. 81/2008.
Principali novità introdotte dalla direttiva 2012/18/UE del 4 luglio 2012 (Seveso III)