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Rita Santamaria » 19.Principali reazioni del catabolismo delle proteine. Degradazione degli amminoacidi e ciclo dell'urea


Degradazione delle proteine

La degradazione delle proteine, sia quelle della dieta che quelle cellulari, assicura un continuo apporto di amminoacidi alle cellule.
Particolarmente importanti sono le proteine alimentari che contengono amminoacidi essenziali, quelli che il nostro organismo è incapace di sintetizzare (Figura 1).

Gli amminoacidi vengono utilizzati principalmente per la sintesi di proteine, nucleotidi, ormoni ed altri composti azotati.
Gli amminoacidi in eccesso rispetto alle necessità biosintetiche della cellula non possono essere accumulati, ma sono ossidati a scopo energetico.
In tal caso, perdono il gruppo amminico, che segue un destino particolare, e lo scheletro carbonioso viene ossidato a CO2 e H2O.

Negli animali gli amminoacidi sono degradati ossidativamente in tre diverse situazioni metaboliche:

  • in caso di dieta ricca di proteine;
  • durante il normale turnover delle proteine cellulari;
  • durante il digiuno (carboidrati non disponibili);
  • in caso di diabete mellito (carboidrati non utilizzati in modo adeguato).
Fig. 1 Amminoacidi essenziali e non essenziali

Fig. 1 Amminoacidi essenziali e non essenziali


Digestione delle proteine alimentari

La degradazione delle proteine della dieta avviene nel tratto gastrointestinale (Figura 2).
Inizia nello stomaco, dove la secrezione di HCl favorisce la denaturazione delle proteine.

Sulle proteine denaturate agiscono gli enzimi proteolitici (peptidasi o proteasi) che idrolizzano il legame peptidico
Vi sono vari tipi di peptidasi con diversa specificità:

  • carbossipeptidasi;
  • amminopeptidasi;
  • pepsina;
  • tripsina;
  • chimotripsina.

Il principale enzima proteolitico dello stomaco è la pepsina.
La degradazione delle proteine prosegue ad opera di altri enzimi proteolitici nel lume intestinale, dove la secrezione di bicarbonato riporta il pH alla neutralità.

In seguito all’azione delle proteasi, le proteine alimentari sono completamente degradate ad amminoacidi che vengono trasferiti all’interno delle cellule intestinali, da qui nel sangue ed infine al fegato.

Fig.2 La digestione delle proteine alimentari

Fig.2 La digestione delle proteine alimentari


Degradazione delle proteine cellulari

Il turnover delle proteine (degradazione e sintesi) è un processo che avviene continuamente nella cellula e serve per riciclare gli amminoacidi e per degradare le proteine difettose.
L’emivita delle proteine è estremamente variabile (da mezzo minuto a molti giorni).
Alcune, come le proteine strutturali e l’emoglobina sono proteine a lunga vita (t ½ > 200 ore).
Altre, come gli enzimi, gli ormoni e gli anticorpi sono proteine a breve vita (t ½ < 2 ore).
Di solito, le proteine difettose sono degradate più rapidamente.
Negli eucarioti la degradazione delle proteine endogene avviene:

  • nei lisosomi, per azione di proteasi lisosomiali (proteine cellulari a vita lunga, proteine extracellulari, proteine di membrana);
  • nel citosol, per azione di proteasi ATP-dipendenti (proteine cellulari a vita breve, proteine anomale).

In figura 3 sono riportati alcune caratteristiche particolari che possono essere presenti sulla proteina e che ne influenzano l’emivita.

Fig. 3 Segnali che influenzano l’emivita di una proteina

Fig. 3 Segnali che influenzano l'emivita di una proteina


Ubiquitina

Negli eucarioti la degradazione delle proteine cellulari è spesso segnalata dall’ubiquitina.
L’ubiquitina è una piccola proteina (76 aa) altamente conservata che etichetta le proteine che devono essere degradate.
Il residuo di glicina carbossiterminale dell’ubiquitina lega covalentemente i residui di lisina della proteina da degradare.
L’idrolisi dell’ATP fornisce l’energia per la formazione di questi legami.
Molte molecole di ubiquitina si legano alla proteina da degradare.
Il legame dell’ubiquitina alla proteina richiede l’intervento di tre enzimi (E1, E2, E3) (Figura 4).
Le proteine etichettate con l’ubiquitina sono successivamente degradate da proteasi specifiche in un grande complesso multiproteico, il proteasoma 26 S.
Difetti nel meccanismo di ubiquitinazione sono implicati in un gran numero di malattie (tumori, fibrosi cistica, malattie neurodegenerative).
Lo sviluppo di farmaci in grado di inibire la funzione del proteasoma può creare le potenzialità di trattamento per alcune di queste patologie.

Fig. 4 Il processo di degradazione ubiquitina-dipendente

Fig. 4 Il processo di degradazione ubiquitina-dipendente


Degradazione ossidativa degli amminoacidi

Gli amminoacidi liberi, derivanti dalla degradazione delle proteine alimentari e di quelle cellulari, sono utilizzati principalmente come precursori nella sintesi proteica.
Inoltre, alcuni amminoacidi sono utilizzati per la sintesi di importanti molecole, come nucleotidi, gruppo eme, ormoni, ammine biologiche.

Gli amminoacidi in eccesso vengono metabolizzati.
In questo caso viene rimosso dapprima il gruppo amminico, che viene convertito in ione ammonio che successivamente entra nel ciclo dell’urea.
Lo scheletro carbonioso dell’amminoacido, in funzione del gruppo R, viene opportunamente trasformato in:

  • piruvato;
  • intermedi del ciclo dell’acido citrico;
  • acetil CoA;
  • acetoacetil CoA.

Nella Figura 5 è schematicamente riportato il destino degli amminoacidi.

Fig. 5 Destino degli amminoacidi

Fig. 5 Destino degli amminoacidi


Reazione di transaminazione

La prima tappa del catabolismo degli amminoacidi è il distacco del gruppo amminico dall’amminoacido ed il suo trasferimento ad un chetoacido (Figura 6).
Questa reazione è catalizzata dalle amminotransferasi (transaminasi), il cui gruppo prostetico è il piridossalfosfato (PLP), derivante dalla piridossina (vitamina B6).
Il piridossalfosfato passa reversibilmente dalla forma aldeidica (piridossalfosfato) che accetta il gruppo amminico dall’amminoacido, alla forma amminata (piridossammina fosfato) che dona il gruppo amminico al chetoacido accettore.
Il primo substrato (amminoacido) si lega all’enzima, dona il gruppo amminico al PLP, che diventa piridossammina fosfato, e si allontana come chetoacido.
Il secondo substrato (chetoacido) si lega all’enzima, accetta il gruppo amminico dalla piridossammina fosfato ed esce sotto forma di amminoacido (meccanismo catalitico a ping-pong).
Nella maggior parte delle reazioni di transaminazione il chetoacido accettore è l’α-chetoglutarato
Le reazioni di transaminazione sono reversibili e possono essere utilizzate anche per sintetizzare amminoacidi da chetoacidi. Per questo motivo, sono reazioni sia cataboliche che anaboliche.

Fig. 6 La reazione di transaminazione.

D.L. Nelson, M.M. Cox, I  principi di biochimica di Lehninger, Zanichelli,  5a edizione, 2010, traduzione di P. L. Ipata, P. Capini, E. Regola, revisione di E. Melloni, F. Salamino

Fig. 6 La reazione di transaminazione. D.L. Nelson, M.M. Cox, I principi di biochimica di Lehninger, Zanichelli, 5a edizione, 2010, traduzione di P. L. Ipata, P. Capini, E. Regola, revisione di E. Melloni, F. Salamino


Destino dello scheletro carbonioso

Lo scheletro carbonioso di alcuni amminoacidi può essere convertito, con opportune reazioni enzimatiche, in piruvato o in intermedi del ciclo dell’acido citrico (α-chetoglutarato, succinil CoA, fumarato, ossalacetato).
Questi amminoacidi possono essere utilizzati per la gluconeogenesi e sono detti glucogenici.

Lo scheletro carbonioso di altri aminoacidi può essere convertito, con opportune reazioni enzimatiche, in acetoacetil CoA e acetil CoA.
Questi amminoacidi, che possono essere utilizzati per la sintesi degli acidi grassi e possono produrre corpi chetonici, sono detti chetogenici.

Per alcuni amminoacidi, una parte dello scheletro carbonioso viene degradata in un modo, l’altra parte nell’altro modo; si tratta amminoacidi sia glucogenici che chetogenici (triptofano, isoleucina, fenilalanina, tirosina, treonina).

La figura 7 riassume schematicamente il destino dello scheletro carbonioso.

Fig. 7 Destino dello scheletro carbonioso

Fig. 7 Destino dello scheletro carbonioso


Reazione di deamminazione ossidativa

Nella maggior parte delle reazioni di transaminazione il gruppo amminico dell’amminoacido viene trasferito all’α-chetoglutarato formando glutammato.
Il glutammato può essere deamminato ossidativamente con formazione di ione ammonio (NH4+) nella reazione di deamminazione ossidativa.
L’altro prodotto della reazione è l’α-chetoglutarato, che può entrare nel ciclo dell’acido citrico o essere utilizzato per la sintesi di glucosio o per le reazioni di transaminazione (Figura 8).
La reazione è catalizzata dalla glutammico deidrogenasi, un enzima allosterico complesso, il cui modulatore positivo è l’ADP e quello negativo è il GTP.
La reazione è reversibile e serve anche per sintetizzare glutammato (amminazione riduttiva). Per questo motivo, questa reazione è sia catabolica che anabolica.
La glutammico deidrogenasi può utilizzare come cofattore sia il NAD+ che il NADP+ .
Il NAD+ viene utilizzato nella reazione di deamminazione ossidativa, mentre nella reazione di amminazione. riduttiva il donatore di equivalenti riducenti è il NADPH.
La reazione di deamminazione ossidativa avviene nel mitocondrio.

Fig. 8 La reazione catalizzata dalla glutammico deidrogenasi. 

D.L. Nelson, M.M. Cox, I  principi di biochimica di Lehninger, Zanichelli,  5a edizione, 2010, traduzione di P. L. Ipata, P. Capini, E. Regola, revisione di E. Melloni, F. Salamino

Fig. 8 La reazione catalizzata dalla glutammico deidrogenasi. D.L. Nelson, M.M. Cox, I principi di biochimica di Lehninger, Zanichelli, 5a edizione, 2010, traduzione di P. L. Ipata, P. Capini, E. Regola, revisione di E. Melloni, F. Salamino


Destino dello ione ammonio

L’NH4+ prodotto dalla demolizione degli amminoacidi e dal catabolismo dei nucleotidi pirimidinici viene in parte utilizzato per la biosintesi dei composti azotati.
Tuttavia, l’eccesso di NH4+ deve essere eliminato perché risulta tossico per la cellula.
La rimozione dell’eccesso di ammoniaca implica la reazione di amminazione riduttiva catalizzata dalla glutammico deidrogenasi

NH4+ + α-chetoglutarato + NADPH + H+ → glutammato + NADP+ + H2O

Questa reazione però consuma α-chetoglutarato, sottraendolo al ciclo dell’acido citrico

Per di più, l’eccesso di NH4+ può determinare una carenza di glutammato, a causa della conversione del glutammato in glutammina

Glutammato + NH4+ + ATP → glutammina + ADP + Pi

Una carenza di glutammato può avere sul cervello ancora altri effetti, in quanto sia il glutammato che un suo derivato, l’acido γ-amminobutirrico (GABA), svolgono anche funzioni di neurotrasmettitori.

In definitiva, un eccesso di ammoniaca è dannoso perché può causare variazioni del pH intracellulare e consumare α-chetoglutarato, ATP e glutammato.

Trasporto di NH4+ dai tessuti al fegato

Nella maggior parte dei vertebrati, l’eccesso di NH4+ viene convertito in urea nel ciclo dell’urea.
Dai tessuti lo ione ammonio deve essere trasportato al fegato, dove ha luogo il ciclo dell’urea.
Lo ione NH4+ può essere trasportato sotto forma di glutammina, sintetizzata dalla glutammina sintetasi nella reazione:

NH4++ glutammato + ATP → glutammina + ADP + Pi

La glutammina, attraverso la circolazione sanguigna, è trasportata al fegato dove l’enzima glutamminasi la converte in glutammato e ione NH4+.
Lo ione ammonio può così entrare nel ciclo dell’urea.

Trasporto di NH4+ dal muscolo al fegato

Nel muscolo lo ione NH4+ può essere trasportato al fegato anche sotto forma di alanina, mediante il ciclo glucosio-alanina (Figura 9).
Il glutammato, prodotto mediante la reazione di transaminazione, può cedere il gruppo amminico al piruvato formando alanina

glutammato + piruvato α-chetoglutarato + alanina

L’alanina attraverso la circolazione sanguigna viene trasportata al fegato dove, per reazione di transaminazione, cede il gruppo amminico all’α-chetoglutarato, formando piruvato e glutammato

alanina + α-chetoglutarato piruvato + glutammato

Il glutammato viene deamminato ossidativamente producendo ione NH4+, che può così entrare nel ciclo dell’urea.

L’altro prodotto della reazione di transaminazione, il piruvato, viene utilizzato per la gluconeogenesi.

Fig. 9 Il ciclo glucosio-alanina

Fig. 9 Il ciclo glucosio-alanina


Ciclo dell’urea

Il ciclo dell’urea consiste di 5 reazioni che avvengono parte nel mitocondrio e parte nel citosol (Figura 10).
1) La prima reazione è catalizzata dalla carbamil fosfato sintetasi e produce carbamil fosfato
2 ATP + HCO3- + NH4+ carbamilfosfato
Questa reazione consuma 2 molecole di ATP.

2) Il gruppo carbamilico del carbamilfosfato viene trasferito all’ornitina per formare citrullina (enzima ornitina transcarbamilasi)
carbamilfosfato + ornitina citrullina
L’ornitina e la citrullina sono amminoacidi non proteici.

Fig. 10 Schema del ciclo dell’urea

Fig. 10 Schema del ciclo dell'urea


Ciclo dell’urea

3) La citrullina mediante un trasportatore viene trasportata nel citosol, dove condensa con l’aspartato formando argininsuccinato (enzima argininsuccinato sintetasi)
citrullina + aspartato + ATP argininsuccinato + AMP + PPi
La reazione consuma 1 molecola di ATP.

4) L’argininsuccinato viene scisso dall’argininsuccinasi in arginina e fumarato
argininsuccinato → arginina + fumarato

Il fumarato può entrare nel ciclo dell’acido citrico.

5) L’arginina viene idrolizzata dall’arginasi per generare urea ed ornitina.
L’ornitina mediante un trasportatore ritorna nella matrice mitocondriale e il ciclo può ricominciare.

Regolazione e costo energetico del ciclo dell’urea

Il ciclo dell’urea è regolato a due livelli:

  • a lungo termine, a livello della sintesi degli enzimi del ciclo;
  • a breve termine, nella reazione catalizzata dalla carbamil fosfato sintetasi che produce carbamil fosfato.

La carbamil fosfato sintetasi è un enzima allosterico, il cui attivatore è l’N-acetilglutammato.

Per quanto riguarda il costo energetico, il ciclo dell’urea consuma 3 molecole di ATP ma il collegamento con il ciclo dell’acido citrico riduce il dispendio energetico della sintesi dell’urea.

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