La vancomicina, insieme alla teicoplanina, appartiene alla classe degli antibiotici glicopeptidici così denominati per la presenza nella loro struttura di vari aminoacidi e di una porzione zuccherina.
Questa classe di antibiotici riveste una particolare importanza nel trattamento di infezioni gravi sostenute da batteri gram-positivi resistenti ad altri farmaci antibatterici come, ad esempio, gli antibiotici beta-lattamici.
Gli antibiotici glicopeptidici sono adoperati soprattutto in ambito ospedaliero.
La struttura chimica della vancomicina, riportata a lato, è molto complessa.
Si tratta di una sostanza di elevato peso molecolare.
Nella porzione peptidica è composta da aminoacidi aromatici clorurati e ponti eterei. Alcuni aminoacidi hanno configurazione L, altri configurazione D. La presenza di aminoacidi con configurazione D riduce la suscettibilità della sostanza agli enzimi proteolitici.
La porzione glicidica dell’antibiotico contiene un aminozucchero.
Nell’ossatura della vancomicina è possibile identificare tre sistemi ciclici che contribuiscono a limitare la flessibilità della molecola.
La presenza di un gruppo carbossilico e di un gruppo aminico conferisce alla vancomicina proprietà anfotere. Al pH fisiologico questa sostanza è presente in soluzione prevalentemente come zwitterione.
La vancomicina viene estratta da un actinomicete: lo Streptococcus orientalis.
Da un punto di vista biosintetico la vancomicina deriva dall’assemblaggio e da successive modifiche di monomeri aminoacidici e glicidici.
Data la complessità della sua struttura, la produzione per sintesi chimica di questo antibiotico è assolutamente improponibile.
Sebbene siano stati messi a punto derivati e analoghi della vancomicina (in particolare dimeri) dotati di maggiore potenza antibatterica in vitro, nessuna di queste sostanze si trova attualmente in commercio come farmaco.
La vancomicina interferisce con la sintesi del peptidoglicano attraverso un singolare meccanismo d’azione. Essa si lega con alta affinità al frammento acil-D-Ala-D-Ala del peptidoglicano in fase di maturazione impedendo le successive tappe di transglicosidazione e di transpeptidazione.
Pertanto, la vancomicina non può essere definita un inibitore enzimatico poiché essa interagisce direttamente con il substrato dell’enzima.
La vancomicina risulta attiva su molte specie di batteri gram-positivi (cocchi e bacilli) compresi quelli resistenti agli antibiotici beta-lattamici.
Tra i batteri che ricadono nel suo spettro d’azione è compreso lo stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA).
L’azione in vitro ed in vivo è batteriostatica.
L’inattività della vancomicina nei confronti dei batteri gram-negativi dipende dalla incapacità di questo antibiotico, date le notevoli dimensioni molecolari, di attraversare le porine della membrana esterna.
I batteri acquisiscono resistenza nei confronti della vancomicina producendo forme mutate di peptidoglicano nelle quali il residuo terminale D-Ala è rimpiazzato da un residuo di acido L-lattico.
Tale modifica comporta la perdita di affinità tra vancomicina e substrato peptidoglicanico.
I ceppi resistenti alla vancomicina sono di solito resistenti anche alla teicoplanina.
La vancomicina è indicata nel trattamento di infezioni piuttosto gravi, tra cui:
La vancomicina viene somministrata per infusione endovenosa lenta nel trattamento di infezioni sistemiche oppure per via orale nel trattamento di infezioni enteriche.
Nell’adulto le dosi per la somministrazione parenterale sono comprese tra 1-2 grammi/die suddivise in 2-3 somministrazioni.
Per via orale si somministrano di solito 4 capsule da 250 mg al giorno.
La vancomicina ha una scarsissima biodisponibilità orale poiché non viene assorbita a livello della mucosa intestinale.
Una volta somministrata per via orale si lega poco alle proteine plasmatiche e presenta una discreta distribuzione nei tessuti.
Il suo volume apparente di distribuzione ammonta a circa 0,40 L/Kg.
Nel liquido cefalorachidiano raggiunge concentrazioni pari a circa il 20% di quelle plasmatiche.
L’eliminazione della vancomicina è prevalentemente renale con una emivita che si aggira sulle 6 ore.
In caso di insufficienza renale va adeguatamente aggiustata la posologia per evitare reazioni avverse da sovradosaggio.
La vancomicina per via sistemica è un farmaco poco maneggevole. Per tale motivo viene somministrata per infusione endovenosa lenta in ambiente ospedaliero.
Gli effetti collaterali comprendono soprattutto nefrotossicità, ipotensione, ototossicità (raramente).
Quando viene somministrata per via orale la vancomicina è molto meglio tollerata. Gli effetti indesiderati, in tal caso, comprendono nausea, vomito, e diarrea.
La vancomicina è controindicata nei pazienti con storie di allergie a questo antibiotico o alla teicoplanina. Trattandosi di un antibiotico che può causare tossicità renale dovrebbe essere evitato il suo impiego nei pazienti con nefropatie.
La nefrotossicità della vancomicina viene potenziata dall’uso concomitante di un antibiotico aminoglicosidico.
Durante il trattamento con vancomicina è opportuno monitorare i suoi livelli plasmatici al fine di minimizzare la sua potenziale tossicità.
La vancomicina non viene somministrata per via intramuscolare perché l’iniezione nel muscolo è molto dolorosa e può provocare anche la necrosi dei tessuti.
La vancomicina non dà luogo a particolari interazioni farmacocinetiche con altri farmaci.
La vancomicina non deve essere associata agli aminoglicosidi nè all’amfotericina B per evitare il rischio di reciproco potenziamento della nefrotossicità caratteristica di questi antibiotici.
La vancomicina:
A – è un antibiotico semisintetico
B – è un antibiotico naturale di natura glicopeptidica
C – agisce come inibitore enzimatico
D – attraversa agevolmente le membrane cellulari
E – è caratterizzato da un ampio spettro d’azione
Perché la vancomicina non può essere somministrata per via intramuscolare?
Quali sono le indicazioni terapeutiche della vancomicina?
Quali sono le controindicazioni della vancomicina?
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