In questa lezione parleremo di meccanica quantistica, ossia quella branca della scienza che si è sviluppata per descrivere la natura degli elettroni presenti negli atomi.
Useremo la teoria quantistica per parlare di struttura elettronica.
Gran parte della attuale comprensione della struttura elettronica deriva dall’analisi della luce emessa o assorbita dalle sostanze.
Quindi inizieremo con lo studio della luce.
La luce visibile, quella, cioè, che possiamo percepire con i nostri occhi, è una radiazione elettromagnetica. Tutte le radiazioni elettromagnetiche (come la luce visibile, le onde radio o le micronde) sono costituite da energia che propaga nello spazio sotto forma di campi elettrici e magnetici che oscillano su piani ortogonali.
Ogni campo è descritto
come un’onda sinusoidale.
Lo spettro elettromagnetico
Nel vuoto, le onde si propagano tutte alla stessa velocità (la velocità della luce, C=300 000 km/s), ma differiscono nella frequenza e, quindi, nella lunghezza d’onda.
La luce visibile, sezione allargata in basso, rappresenta una piccolissima parte dello spettro.
L’energia delle radiazioni aumenta dalle onde radio (a destra) ai raggi gamma (a sinistra).
Natura particellare della luce
Gli esperimenti condotti da Einstein portarono alla teoria secondo la quale la luce ha proprietà di particelle (teoria fotonica della luce). Queste “particelle” prive di massa, oggi chiamate fotoni, sono pacchetti di energia.
L’energia di ogni fotone è proporzionale alla frequenza della radiazione, secondo la legge:
E = hν (legge di Planck)
La teoria quantistica era sconvolgente per gli scienziati dell’epoca abituati al concetto di materia ed energia secondo la fisica classica.
Teoria classica
Teoria quantistica
Le teorie attuali sostengono che sia l’energia sia la materia hanno una duplice natura, corpuscolare ed ondulatoria.
Questo carattere duale della materia e dell’energia è noto come dualismo onda-particella.
Un’altra osservazione concernente materia ed energia che i fisici dei primi del novecento non erano in grado di spiegarsi riguardava la luce che un elemento può emettere quando è vaporizzato e poi eccitato termicamente o elettricamente.
Se gli atomi di un elemento, in fase gassosa, sono sottoposti ad un intenso campo elettrico, gli atomi assorbono energia, e si dicono “eccitati”. Gli atomi eccitati emettono luce, ma solo a certe lunghezze d’onda. Ad esempio, lo spettro prodotto dall’idrogeno quando viene fatto attraversare da una scarica elettrica, quindi quando gli somministriamo energia, non è uno spettro continuo.
Idrogeno allo stato gassoso viene messo in un tubo a pressione ridotta e si applica un voltaggio elevato, cosi da avere l’eccitazione degli atomi.
La luce emessa dall’atomo eccitato viene fatta passare attraverso un prisma così da scomporla nelle relative lunghezze d’onda.
Ogni lunghezza d’onda è rappresentata da una linea colorata, separata da regioni nere.
Tali regioni corrispondono alle lunghezze d’onda assenti.
Uno spettro continuo è, infatti, uno spettro che contiene luce di tutte le lunghezze d’onda.
Lo spettro prodotto dall’idrogeno è uno spettro a righe (cioè contiene radiazioni corrispondenti a specifiche lunghezze d’onda)
Le quattro righe di emissione dell’idrogeno atomico
Prendendo elementi chimici allo stato gassoso ed eccitandolo per mezzo di una scarica elettrica, viene emessa luce, e si vede che elementi diversi emettono luce che ha righe spettrali differenti, ad esempio l’azoto ha il seguente spettro di emissione:
mentre l’ossigeno ha uno spettro differente, quello mostrato in basso:
La parola atomo deriva dal greco àτομος (atomos), che vuol dire indivisibile.
In realtà l’atomo non è indivisibile, e composto da particelle subatomiche.
Ogni atomo è costituito da:
Un’immagine artistica relativamente accurata del nucleo dell’elio con i protoni rossi ed i neutroni blu. Nella realtà il nucleo ha una simmetria sferica.
Nel 1911, Ernest Rutherford fece un esperimento cruciale, con lo scopo di convalidare il modello atomico di Thomson. Egli bombardò un sottilissimo foglio di oro con particelle alfa. L’esperimento portò alla constatazione che i raggi alfa non venivano quasi mai deviati; solo l’1% dei raggi incidenti era deviato considerevolmente dal foglio di oro (alcuni venivano completamente respinti).
Sulla base di questo fondamentale esperimento, Rutherford propose un modello di atomo in cui quasi tutta la massa dell’atomo fosse concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato positivamente) e gli elettroni gli ruotassero attorno così come i pianeti ruotano attorno al sole (modello planetario).
L’atomo era comunque largamente composto da spazio vuoto, e questo spiegava il perché del passaggio della maggior parte delle particelle alfa attraverso la lamina.
Rutherford intuì che i protoni da soli non bastavano a giustificare tutta la massa del nucleo e formulò l’ipotesi dell’esistenza di altre particelle, che contribuissero a formare l’intera massa del nucleo. Nel modello atomico di Rutherford non compaiono i neutroni, perché queste particelle furono successivamente scoperte da Chadwick nel 1932.
Il modello di Rutherford presentava un problema fondamentale: un nucleo, carico positivamente, ed un elettrone (carico negativamente), si attraggono reciprocamente.
Secondo la fisica classica, una particella in moto deve emettere una radiazione e quindi perdere energia. Se questo valeva anche per gli elettroni, essi dovevano collassare sul nucleo.
Per superare questo problema Bohr (1913) presentò il suo modello atomico in cui si immagina che:
Bohr rappresenta l’atomo come un sistema planetario, con i pianeti (elettroni) che orbitano intorno al sole (nucleo).
Una fondamentale assunzione della teoria di Bohr era che un elettrone in un atomo rimane nel suo livello energetico più basso se non perturbato. Se si fornisce energia l’elettrone può passare da un livello energetico ad un altro; tornando al livello più basso l’energia viene ri-emessa.
Questo modello spiegava gli spettri di emissione degli atomi eccitati.
Quando l’elettrone passa dallo stato con n = 1 allo stato con n = 2 è assorbita energia.
Quando l’elettrone ritorna allo stato fondamentale (stato n = 1), l’energia è emessa
Ad ogni orbita permessa è assegnato un valore detto n oggi detto
numero quantico principale.
L’energia di un elettrone dipende dalla sua distanza dal nucleo.
L’elettrone si muove in orbite circolari attorno al nucleo secondo un moto descritto dalla fisica classica.
L’elettrone possiede solo una serie fissa di orbite permesse, dette stati stazionari.
Quando viene assorbita energia un elettrone si muove da uno stato a più bassa energia verso uno stato a più alta energia.
Viene emessa luce quando un elettrone decade da un livello a più alta energia verso un livello a più bassa energia.
L’energia delle radiazioni è uguale alla differenza di energia tra i due livelli.
Di conseguenza la sua energia è quantizzata.
Il più basso livello di energia in cui può stare l’elettrone di un atomo si chiama stato fondamentale.
Quando assorbe energia salta ad un livello maggiore, che si chiama stato eccitato.
Nonostante il grande successo nello spiegare le righe spettrali dell’atomo di idrogeno, il modello di Bohr non era in grado di prevedere nessun altro spettro atomico perché basato sull’ipotesi che gli elettroni hanno orbite fisse.
Rimane comunque fondamentale il concetto che gli atomi hanno livello energetici quantizzati.
Nel 1924 De Broglie propone la sua teoria in base alla quale anche l’elettrone può essere descritto sia come onda che come particella.
L’idea di fondo della tesi De Broglie è quella di associare agli elettroni, una lunghezza d’onda secondo la relazione: λ = h /mn
in cui: λ è la lunghezza d’onda, h la costante di Planck, e mn è la quantità di moto.
In realtà, non è possibile fare nessun esperimento che dimostri che l’elettrone si comporta contemporaneamente come onda e come particella.
Oggi è accettato il dualismo onda-particella, cioè l’idea che l’elettrone ha effettivamente entrambe le proprietà.
Il concetto di una particella di materia che si comporta come un’onda può sembrare strano. Un libro è certamente un solido, e se ci cade su un dito del piede certo non ci sembrerà un’onda, almeno non come ci siamo abituati a pensare a un’onda del mare.
Ma nell’equazione di De Broglie la massa appare al denominatore, questo significa che, quando più un oggetto è pesante, tanto più la lunghezza d’onda è piccola.
Nel 1927, il fisico tedesco Werner Heisemberg formula il principio di indeterminazione secondo cui è impossibile conoscere simultaneamente la posizione esatta e la quantità di moto di una particella.
Il fatto che le particelle si comportino anche come onde, porta come conseguenza che non è possibile conoscerne contemporaneamente e con assoluta precisione la posizione e la velocità (in realtà il momento lineare).
Non si tratta di un problema tecnologico, superabile con il progresso tecnico: è l’operazione stessa di misurare la posizione della particella che rende irrimediabilmente indeterminato il suo momento (e viceversa).
Per oggetti macroscopici, la massa e quindi il momento sono molto grandi, per cui l’indeterminazione è trascurabile.
Nel 1926, il fisico austriaco Erwin Schrodinger (Nobel per la fisica 1933) dedusse un’equazione che rappresenta una delle più importanti conquiste della fisica ed in particolare della meccanica quantistica.
Questa complessa equazione può essere semplificata in
H ψ = E ψ
dove E è l’energia dell’atomo, la lettera greca psi (ψ) è la funzione d’onda, cioè una descrizione matematica del moto dell’elettrone.
Il simbolo H (operatore hamiltoniano) rappresenta un’insieme di operazioni matematiche che, effettuate su una funzione d’onda, forniscono lo stato energetico permesso.
Il quadrato di ψ dà infatti la probabilità di reperire l’elettrone in una determinata regione dello spazio.
Ogni soluzione dell’equazione (cioè, ogni stato energetico permesso) è associata ad una data funzione d’onda, detta anche orbitale atomico.
Per un dato livello energetico si può rappresentare questa probabilità con un diagramma della densità elettronica, detto anche rappresentazione della nuvola elettronica.
Con l’equazione di Schrödinger si possono ottenere i valori corrispondenti alle regioni di alta probabilità elettronica intorno al nucleo.
L’orbitale viene definito come la zona dello spazio intorno al nucleo dove si ha la maggiore probabilità di trovare l’elettrone (maggiore densità elettronica).
Nello spazio a tre dimensioni, tre valori numerici sono necessari per identificare la posizione di un oggetto nello spazio.
Un orbitale è rappresentato da tre numeri quantici n, l, ml.
Uno è in relazione con la dimensione dell’orbitale, il secondo con la forma ed il terzo con il suo orientamento nello spazio.
Livello energetico principale (numero quantico principale), definito da un numero intero n = 1,2,3,4…
Esso indica la dimensione relativa di un orbitale e quindi la distanza relativa dal nucleo.
Indica il livello energetico, maggiore è il valore di n più alto è il livello energetico
Ogni livello energetico principale è suddiviso in sottolivelli energetici, definiti da una lettera s, p, d, f (numero quantico secondario)
Il numero quantico secondario (detto anche numero di momento angolare), il cui simbolo è l, definisce il modo in cui la nube elettronica è disposta intorno al nucleo, cioè la “forma” dell’orbitale.
Il numero quantico l può assumere ogni valore intero compreso tra 0 ed n–1, quindi:
se n = 1 –> l = 0
se n = 2 –>l = 0, 1
se n = 3 –> l = 0, 1, 2
se n = 4 –> l = 0, 1, 2, 3
n = 1 –> 1s
n = 2 –> 2s e 2p
n = 3 –>3s, 3p e 3d
n = 4 –>4s, 4p, 4 d e 4f
e così via.
Si dice che:
gli orbitali che hanno lo stesso valore di n appartengono allo stesso strato (o livello)
gli orbitali che hanno lo stesso valore sia di n che di l appartengono allo stesso sottostrato (o sottolivello)
Il numero quantico magnetico, simbolo ml, indica l’orientazione dell’orbitale rispetto agli altri, e può assumere valori interi tra –1 e +l.
Per ogni sottolivello, esistono dunque 2l+1 orbitali diversi.
2
a. Per un orbitale 4s quali sono i valori possibili per n, l ed ml?
b. Quando n =4, quali sono i valori possibili per l?
c. Quanti orbitali sono presenti nello strato elettronico con n= 5? Quanti sottostrati? Con quali lettere si indicano i sottostrati?
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