Fino agli ‘70 dello scorso secolo la disciplina dell’intermediazione finanziaria in Italia coincideva sostanzialmente con quella dell’attività bancaria incentrata sulla legge bancaria degli anni ‘30.
Il complesso processo di produzione normativa della disciplina del mercato mobiliare prende avvio essenzialmente nel 1974 con la creazione delle Commissione nazionale per le società e la borsa.
Questo processo subisce una brusca accelerazione durante gli ani ‘90 anche ad opera del recepimento di numerose direttive comunitarie.
La fase iniziale di regolazione dei mercati finanziari è piuttosto timida. Difatti, alla Consob, al momento della sua costituzione, vengono affidati solo due compiti:
Negli anni successivi l’evoluzione della Consob è il metro di misura dell’evoluzione dell’intera disciplina dei mercati mobiliari.
Un primo passo in avanti è rappresentato dalla istituzione nel 1977 di un nuovo mercato regolamentato italiano, il mercato ristretto, la cui disciplina tuttavia ricalca a grandi linee quella della borsa valori.
Una vera e propria svolta si realizza nel 1983 con l’approvazione delle legge 23 marzo 1983, n. 77 che segna l’ampliamento delle competenze della Consob ad attività non necessariamente connesse con la borsa. Questo significa la nascita di una prima disciplina rivolta al mercato mobiliare in quanto tale.
La legge n. 77/1983 introduce per la prima volta in Italia una disciplina dei controlli sulle attività di raccolta del risparmio non bancario, definite “sollecitazione al pubblico risparmio”.
Secondo la legge n. 77 la Consob controlla tutti coloro «che intendono procedere all’acquisto o alla vendita mediante offerta al pubblico di azioni o di obbligazioni anche convertibili, o di qualsiasi altro valore mobiliare italiano o estero, ivi compresi i titoli emessi da fondi di investimento mobiliari e immobiliari, italiani o esteri, ovvero sollecitare con altri mezzi il pubblico risparmio» (cfr. artt. 1-18 ss.).
La portata delle modifiche, introdotte con la legge n. 77/1983, alla legge n. 216/1974 è attestata dalla nozione di valore mobiliare. Per tale si intende: «ogni documento o certificato che direttamente o indirettamente rappresenti diritti in società, associazioni, imprese o enti di qualsiasi tipo, ivi compresi i fondi di investimento italiani od esteri; ogni documento o certificato rappresentativo di un credito o di un interesse negoziabile e non; ogni documento o certificato rappresentativo di diritti relativi a beni materiali o proprietà immobiliari, nonché ogni documento o certificato idoneo a conferire diritti emessi dagli enti di gestione fiduciaria (…)» (art. 1\18-bis legge n. 216/1974).
L’ampia portata di questa nozione segna l’estensione dei controlli della Consob a tutto il mercato mobiliare, ferme restando le discipline relative a banche e assicurazioni che non vengono incluse in queste disposizioni.
La legge n. 77/1983 introduce in Italia i fondi comuni di investimento, da tempo presenti in altri Paesi europei.
La disciplina del mercato mobiliare viene ampliata da ulteriori interventi legislativi.
La legge 6 giugno 1985, n. 281, riforma la Consob sotto il profilo istituzionale:
Questa legge introduce, altresì, nuove norme volte a rendere più trasparente il mercato, come quelle sugli obblighi di segnalazione delle partecipazioni rilevanti nel capitale delle società quotate.
Nel 1988 nasce uno specifico “Mercato secondario dei titoli di Stato”, che rappresenta un modello organizzativo destinato ad influire sensibilmente sulla futura disciplina dei mercati regolamentati in quanto fondato su elementi privatistici in un più generale quadro di controlli pubblicistici ed amministrativi.
La successiva legge 2 gennaio 1991, n. 1 (c.d. legge SIM) introduce la prima disciplina organica delle attività di intermediazione mobiliare; vengono istituite le società di intermediazione mobiliare; i mercati borsistici sono oggetto di incisivi interventi di riforma.
I controlli sono ripartiti tra la Consob e la Banca d’Italia e vengono introdotte regole pervasive dirette a disciplinare la prestazione dei vari servizi, in una prospettiva di rafforzamento della tutela degli investitori.
La legge n.1/1991 rappresenta la base per il recepimento delle direttive 93/22/CEE e 93/6/CEE in materia di servizi di investimento.
Successivamente il d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 84 introduce e disciplina le società di investimento a capitale variabile che, insieme ai fondi comuni, vanno ad ampliare il novero degli investitori istituzionali operanti sul mercato mobiliare.
Ancora, la legge 17 maggio 1991, n. 157 introduce, sulla base del diritto comunitario, una disciplina dell’insider trading e amplia gli obblighi di comunicazione al pubblico degli investitori quotati, segnando una profonda evoluzione rispetto allo schema della legge n. 216/1974.
La successiva legge 18 febbraio 1992, n. 149 introduce in Italia la disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e, in particolare, dell’OPA obbligatoria.
Infine, il d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 completa la gamma degli investitori istituzionali italiani introducendo la disciplina dei fondi pensione e della previdenza complementare.
Dopo la seconda metà degli anni ‘90 il processo di crescita e di trasformazione dei mercati finanziari accelera ulteriormente.
Le innovazioni legislative si susseguono rapidamente a seguito della introduzione di nuovi prodotti e strumenti finanziari, della crescente integrazione dei mercati, dell’aumento della concorrenza.
Questo fenomeno riguarda sia i Paesi europei che i principali sistemi mondiali.
L’evoluzione normativa del mercato mobiliare, tuttavia, è un fenomeno più recente se raffrontato alla disciplina bancaria. Nell’arco di poco più di trenta anni l’ordinamento italiano ha visto susseguirsi ininterrottamente una serie di provvedimenti normativi che hanno mutato radicalmente il quadro di riferimento del settore.
Nell’ambito di questo processo evolutivo l’anno 1996 rappresenta un momento di svolta in occasione del recepimento delle direttive 93/22/CEE e 93/6/CEE in materia di servizi di investimento.
La direttiva 93/22/CEE rappresenta il corrispondente, in materia bancaria, della seconda direttiva di coordinamento.
Gli aspetti più significativi della direttiva sono:
Per la prima volta viene sancito il principio che, non soltanto i soggetti (gli intermediari) possono spostarsi all’interno della UE, ma anche i mercati possono prestare i propri servizi in diversi Paesi connettendosi “a distanza” con i sistemi di negoziazione dei vari ordinamenti.
Questo aspetto è ovviamente enfatizzato dall’affermarsi di nuove tecnologie e dalla trasformazione delle strutture delle borse in mercati telematici.
Si pone anche l’esigenza di regolamentare la concorrenza che può sorgere dal fatto soggetti e mercati possono circolare liberamente e, dunque, le operazioni tendono a concentrarsi sui mercati migliori, cioè quelli dove operatori e investitori possono trovare le condizioni più favorevoli.
Il recepimento della direttiva rappresenta così l’occasione per un ripensamento complessivo della disciplina del mercato mobiliare, per favorire lo sviluppo del mercato finanziario italiano.
La legge 6 febbraio 1996, n. 52 delega il Governo a recepire le direttive 93/22/CEE e 93/6/CEE, prevedendo però un passo ulteriore: la redazione di un testo unico dell’intermediazione finanziaria.
L’art. 21, comma 4 della legge delega prevede un riordino normativo che concerne:
In tale ambito il Governo ha il potere di modificare anche la «disciplina relativa alle società emittenti titoli sui mercati regolamentati, con particolare riferimento al collegio sindacale, ai poteri delle minoranze, ai sindacati di voto e ai rapporti di gruppo, secondo criteri che rafforzino la tutela del risparmio e degli azionisti di minoranza».
Con il d.lgs. n. 415/1996 si recepisce la normativa comunitaria sui servizi di investimento. Questa normativa rappresenta però solo una tappa di un percorso più ampio che doveva condurre all’emanazione del testo unico dell’intermediazione finanziaria.
I tempi brevi imposti dalla legge Comunitaria portano ad un rapido avvio dei lavori per la redazione di un Testo Unico “della finanza” ad opera di una commissione di esperti, insediata presso il Ministero del tesoro, con la partecipazione, tra l’altro, di rappresentanti della Banca d’Italia e della CONSOB, successivamente integrata in considerazione dell’ampiezza delle tematiche di diritto societario considerate dalla delega come oggetto della riforma.
Lo schema di decreto preparato dalla commissione, presieduta da Mario Draghi, viene presentato alle Camere nel dicembre 1997 e, percorso l’iter necessario, è definitivamente approvato da parte del Consiglio dei Ministri il 20 febbraio 1998.
Le finalità e lo spirito della riforma sono chiari: il perimetro d’azione del TUF è limitato ai soggetti diversi dalle banche e dalle società finanziarie e, quindi, concerne SIM, fondi comuni mobiliari e immobiliari, aperti e chiusi, società di investimento a capitale variabile, ecc. che svolgono attività in strumenti finanziari, con l’obiettivo di omogeneizzare e semplificare la disciplina in materia di requisiti e procedure per la costituzione, requisiti di professionalità e onorabilità degli esponenti aziendali e dei partecipanti al capitale, le regole di vigilanza.
Il TUF si presenta come legge di principi e di allocazione di poteri.
Il ricorso alla delegificazione consente di dosare gli interventi di normativa secondaria in funzione del tipo di attività svolta, garantendo maggiore flessibilità alla disciplina così da adattarla rapidamente alle mutevoli esigenze del settore finanziario, sulla base dell’esperienza del TUB.
Sempre sulla scia del settore bancario, viene perseguita la despecializzazione dell’attività.
La riforma di intermediari e mercati, tuttavia, non era ritenuta sufficiente a favorire la domanda e l’offerta di investimento, nel quadro più ampio di una rivalutazione del sistema dei mercati nell’allocazione del risparmio. Di pari importanza, viene considerata una riforma dei destinatari degli investimenti – le società quotate – della quale il dibattito teorico, ormai in corso da qualche anno, ha individuato le linee imprescindibili, orientate a realizzare una società “aperta e stabile”, di cui l’ampliamento della delega legislativa ha tenuto conto.
Rilevante è, altresì, la realizzazione di forme efficaci di controllo, esterne e interne alle società, al fine di prevenire e gestire le crisi di impresa.
Anche la disciplina dei gruppi è oggetto di riforma, sulla falsariga della disciplina predisposta per il settore bancario, con la valorizzazione del ruolo della capogruppo, diretta referente delle autorità di controllo.
Infine, le carenze sul piano informativo del funzionamento del mercato mobiliare vengono affrontate integrando l’azione delle autorità, promuovendo organi e codici di autoregolamentazione.
In questa prospettiva, dunque, il TUF, fin dalla sua emanazione si pone come provvedimento che va ben oltre i confini delle direttive comunitarie del 1993 e del “decreto Eurosim”, che si “limitano” alla disciplina degli intermediari e dei mercati: si approda, invece, grazie alla “occasione storica” del recepimento di quelle direttive – e probabilmente anche al grado di maturità raggiunto dal dibattito interdisciplinare ed internazionale riguardante la c.d. corporate governance – ad un ripensamento globale della normativa, anche di quella riguardante gli emittenti.
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F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.
R. COSTI, Il mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.
M. RISPOLI FARINA, G. ROTONDO, Il Mercato finanziario, Giuffrè Milano, 2005.
Letture consigliate:
ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Rapporto sulla società aperta, Il Mulino, Bologna, 1996.
G. MINERVINI, L'istituzione del controllo pubblico sulle società per azioni. Prime valutazioni, in Giur. comm. 1974, I.
A. PREDIERI, Il nuovo assetto dei mercati finanziari e creditizi nel quadro della concorrenza comunitaria, Giuffrè, Milano, 1993.