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Marilena Rispoli » 13.Disciplina dei contratti e separazione patrimoniale


La disciplina dei contratti

I contratti sono disciplinati dall’art. 23 TUF che si applica alla conclusione di contratti in materia di servizi di investimento, in aggiunta alle norme di diritto comune.

La tutela dell’investitore, nella disciplina dei servizi e attività di investimento, si basa anche sulla previsione di specifiche norme che attengono alla formazione e alla conclusione dei contratti.

L’art. 23 stabilisce, come regola generale, l’obbligo di adottare – per i contratti aventi ad oggetto servizi di investimento e, se previsto, anche servizi accessori – la forma scritta. Fa eccezione il contratto relativo al servizio di consulenza, per il quale la forma scritta non è richiesta.

Un esemplare del contratto deve essere consegnato al cliente.

La regola della forma scritta può essere derogata, se previsto dal regolamento emanato dalla Consob sentita la Banca d’Italia, «per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti».

La norma riafferma così la figura dell’investitore “professionale” che giustifica l’attenuazione o, persino, la disapplicazione di regole tipicamente volte ad assicurare la tutela di controparti deboli.

Inoltre, l’art. 23 consente di derogare alla forma scritta “per motivate ragioni tecniche”, ossia in relazione a particolari operazioni o tipi di operazioni, per le quali la forma scritta si riveli non necessaria o non opportuna.

La disciplina dei contratti (segue)

Nel caso in cui sia prevista una forma specifica per il contratto, la violazione della previsione comporta la nullità dello stesso. L’art. 23 TUF prevede che si tratti di un caso di nullità relativa, ossia di una nullità che può essere fatta valere soltanto dall’investitore (in deroga ai principi generali di cui agli artt. 1418 ss. c.c.).
Sulla scia del TUB, l’art. 23 TUF dispone, altresì, la nullità di ogni pattuizione che rinvii agli usi la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente; in caso di violazione, nulla è dovuto dal cliente, ma il contratto resta valido.

La collocazione autonoma della norma dopo quella che prevede le regole generali di comportamento si giustifica per vari motivi.

Anzitutto, nelle principali esperienze straniere, la materia dei contratti con i clienti viene normalmente intesa come strettamente collegata alla disciplina dei comportamenti degli intermediari.
In secondo luogo, la nozione di “comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori” si ritiene sia sufficientemente ampia da ricomprendere anche la fase di stipulazione dei contratti, con particolare riguardo, quantomeno ai profili che attengono alla trasparenza e all’informazione dell’investitore.

La disciplina dei contratti. La normativa secondaria della Consob

Su tali basi teoriche, il Regolamento intermediari (art. 37), dopo avere ribadito la necessità della forma scritta (per i soli contratti relativi ai servizi di investimento diversi dalla consulenza), disciplina i profili che attengono alla “trasparenza” del rapporto contrattuale.

In particolare, la Consob dispone che il contratto con l’investitore deve:

a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate
b) stabilire il periodo di efficacia e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto medesimo;
c) indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni
d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all’investitore a rendiconto dell’attività svolta
e) indicare e disciplinare, nei rapporti di esecuzione degli ordini dei clienti, di ricezione e trasmissione di ordini, nonché di gestione di portafogli, la soglia delle perdite, nel caso di posizioni aperte che possano determinare passività effettive o potenziali superiori al costo di acquisto degli strumenti finanziari, oltre la quale è prevista la comunicazione al cliente (segue)

La disciplina dei contratti. La normativa secondaria della Consob (segue)

f) indicare le remunerazioni spettanti all’intermediario o i criteri oggettivi per la loro determinazione, specificando le relative modalità di percezione e, ove diversamente comunicati, gli incentivi ricevuti in conformità dell’art. 52 TUF
g) indicare se e con quali modalità e contenuti, in connessione con il servizio di investimento, può essere prestata la consulenza in materia di investimenti;
h) indicare le altre condizioni contrattuali convenute con l’investitore per la prestazione del servizio
i) indicare le eventuali procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, ai sensi dell’art. 32-ter TUF

Come si nota, la Consob si astiene dall’intervenire sul contenuto delle obbligazioni contrattuali, limitandosi a richiedere che il contratto contenga determinate informazioni.

Infine, va segnalato che nell’ambito della prestazione di servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati non si applica l’art. 1933 c.c. (c.d. eccezione di gioco), contribuendo così a dare certezza in merito all’efficacia e agli effetti delle operazioni in derivati.

Va ricordato, infine, che nello svolgimento dei servizi, le imprese di investimento e le banche possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente (art. 21, comma 2). Possibilità estesa anche ai servizi accessori.

La graduazione delle regole in funzione della natura dell’investitore

Nella disciplina dei comportamenti degli intermediari vi è da sempre la tendenza a differenziare il contenuto e l’applicabilità delle regole di condotta nei riguardi di clienti “esperti” o “professionali”.

La ragione fondamentale di tale impostazione è da ravvisare nella necessità di individuare un giusto equilibrio tra le esigenze di regolamentazione e vigilanza del settore dell’intermediazione finanziaria, con quelle di efficienza e stabilità della disciplina.

La qualificazione dell’investitore come “soggetto esperto” giustifica la disapplicazione di numerose regole di comportamento, altrimenti concepite essenzialmente per la tutela del contraente “comune”, effettivamente bisognoso di protezione.

Naturalmente, la disapplicazione di alcune regole di comportamento nei confronti di tali investitori non implica l’integrale sottrazione del relativo servizio o attività alla disciplina di settore.

La graduazione delle regole in funzione della natura dell’investitore. Le categorie di clienti dopo la MiFID

L’impostazione fin qui esaminata è stata mantenuta, ma rielaborata dalla direttiva MiFID, la quale distingue tre categorie diverse di investitori in funzione delle quali viene graduata la portata delle regole di condotta:

  1. clienti al dettaglio
  2. clienti professionali
  3. controparti qualificate

Al fine di individuare i soggetti che rientrano in queste categorie, è necessario partire dalla identificazione delle nozioni di “controparti qualificate” e di “clienti professionali”, in quanto i clienti al dettaglio sono tutti quelli che non rientrano nelle prime due categorie.

Il TUF [art. 6, comma 2-quater, lett. d)] afferma che la categoria delle controparti qualificate comprende tutti i soggetti che operano professionalmente sul mercato dei capitali, ai quali si aggiungono, eventualmente, altri soggetti, individuati dalla Consob, sentita la Banca d’Italia.

La graduazione delle regole in funzione della natura dell’investitore. I clienti professionali

I clienti professionali sono direttamente definiti dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; spetta al Ministro dell’economia individuare i clienti professionali pubblici e i relativi criteri di identificazione (art. 6, comma 2-quinquies, e 2-sexies). Nell’ambito dei clienti professionali si possono distinguere due sottocategorie:

  1. i clienti professionali di diritto
  2. i clienti che, su richiesta, possono essere trattati come “professionali”

Per i primi, la classificazione discende dal possesso di criteri oggettivi, mentre per i secondi spetta all’intermediario valutare la fondatezza della richiesta tenendo conto degli indici stabiliti dal legislatore.
Si considerano clienti professionali di diritto:

  1. i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari, siano essi italiani o esteri, quali banche, imprese di investimento ecc. fino agli agenti di cambio
  2. le imprese di grandi dimensioni che presentano a livello di singola società, almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: totale di bilancio 20 mil. €; fatturato netto di 40 mil. €; fondi propri 2 mil. €
  3. gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti che svolgono cartolarizzazione di attività o altre operazioni finanziarie

I clienti professionali su richiesta

I clienti professionali su richiesta sono soggetti, diversi dai clienti professionali di diritto, che facciano espressa richiesta di essere trattati come clienti professionali, purché vengano rispettati i seguenti criteri e procedure.

In primo luogo, l’intermediario ha l’onere di accertare l’esperienza e la conoscenza del cliente. Ai sensi del Regolamento intermediari (allegato 3), la disapplicazione di regole di condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita quando, dopo avere effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente, l’intermediario possa ragionevolmente ritenere che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume.

Segue. I clienti professionali su richiesta

Il Regolamento prevede una serie di indici dai quali è possibile ricavare elementi utili per la valutazione della richiesta del cliente:

  • il possesso dei requisiti di professionalità, previsti per dirigenti e amministratori dei soggetti autorizzati, a norma delle direttive comunitarie del settore finanziario
  • il cliente ha effettuato operazioni di dimensioni significative sul mercato con una certa frequenza; il valore del portafoglio di strumenti finanziari del cliente, inclusi i depositi in contanti, superi 500.000 €; il cliente lavora o ha lavorato nel settore finanziario per almeno un anno in una posizione professionale che presupponga la conoscenza di operazioni e servizi prestati
  • in caso di persone giuridiche, la valutazione è condotta con riguardo alla persona autorizzata ad effettuare operazioni per conto della stessa

L’Allegato 3 al Regolamento intermediari disciplina, analiticamente, la procedura da seguire per poter procedere alla classificazione “su richiesta” di un cliente come professionale.

La graduazione delle regole in funzione della natura dell’investitore. Ulteriori caratteristiche introdotte dalla MiFID

Oltre ai nuovi criteri di classificazione dei clienti, la MiFID ha introdotto una serie di ulteriori novità.

  1. La classificazione della clientela è “mobile“: il cliente che sia classificato in una determinata categoria può, salvo eccezioni, chiedere di essere trattato diversamente e, quindi, di passare in una categoria superiore o inferiore
  2. La richiesta del cliente di essere classificato diversamente dalla sua destinazione “naturale” può essere formulata anche limitatamente a singoli servizi, attività, strumenti o prodotti; è possibile, quindi, che un medesimo cliente chieda di essere trattato diversamente (dallo stesso intermediario) in funzione dei singoli rapporti od operazioni
  3. La richiesta dell’investitore di essere trattato diversamente può essere rigettata dall’intermediario, sia quando la richiesta riguardi la classificazione in una categoria superiore, sia nel caso opposto
  4. La classificazione di un cliente all’interno delle diverse categorie incide, come detto, sulla portata delle regole di condotta. Nei confronti dei clienti classificati come controparti qualificate vengono disapplicate pressoché tutte le regole di condotta previste per la prestazione dei servizi di investimento, ferma restando la disciplina dei conflitti di interessi. Nei confronti dei clienti professionali, invece, le regole vengono disapplicate in parte, in base alle singole diposizioni

L’esternalizzazione di funzioni aziendali

La MiFID regola attentamente l’esternalizzazione di funzioni aziendali (c.d. outsourcing) da parte degli intermediari, ciò al fine di evitare che si provochi un sostanziale “svuotamento” delle funzioni svolte dai medesimi, un aumento dei rischi connessi con la prestazione dei servizi e la loro eventuale deresponsabilizzazione.

A tal fine il Regolamento congiunto Consob-Banca d’Italia dispone che quando, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento, gli intermediari affidano a un terzo l’esecuzione di funzioni operative essenziali o importanti, o di servizi o attività di investimento, essi devono adottare misure ragionevoli per attenuare i rischi connessi.

L’esternalizzazione non deve ridurre l’efficacia dei controlli, né impedire alle autorità di vigilanza di controllare che gli intermediari adempiano a tutti i loro obblighi (art. 19 Reg.).

L’esternalizzazione di funzioni aziendali (segue)

Gli intermediari che esternalizzano funzioni operative essenziali o importanti, o qualsiasi servizio o attività di investimento, restano pienamente responsabili del rispetto di tutti gli obblighi previsti e devono assicurare che:

a) l’esternalizzazione non determini la delega della responsabilità da parte degli organi aziendali
b) non siano alterati il rapporto e gli obblighi dell’intermediario nei confronti della clientela
c) non sia messo a repentaglio il rispetto delle condizioni che l’intermediario deve soddisfare per poter essere autorizzato e per conservare l’autorizzazione alla prestazione di servizi o attività di investimento
d) non venga soppressa o modificata nessuna delle altre condizioni alle quali è stata subordinata l’autorizzazione dell’intermediario

Inoltre, è richiesta l’adozione di tutte le misure necessarie ad assicurare il corretto svolgimento del rapporto e, in generale, la sana e prudente gestione.

In definitiva, l’esternalizzazione delle funzioni aziendali è considerata come una scelta di rilievo per l’assetto organizzativo dell’intermediario, da sottoporre ad attenta analisi e da accompagnare con specifici presidi organizzativi e contrattuali.

La separazione patrimoniale

Il TUF (art. 22) sancisce il principio della separazione patrimoniale per tutti gli strumenti finanziari e le somme di denaro detenute dagli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori.

Nella prestazione di tali servizi, gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’intermediario, nonché gli strumenti finanziari detenuti a qualsiasi titolo dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti.

Su questo patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, né quelle dei creditori dell’eventuale depositario o sub-depositario o nell’interesse degli stessi.

Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi.

Per i conti relativi a strumenti finanziari e a somme di denaro depositate presso terzi, non operano le compensazioni legali e giudiziali e non può essere pattuita la compensazione convenzionale rispetto ai crediti vantati dal depositario o dal sub-depositario nei confronti dell’intermediario o del depositario.

La separazione patrimoniale (segue)

La separazione patrimoniale opera su due distinti livelli:

  1. è separato il patrimonio proprio dell’intermediario rispetto a quello degli investitori
  2. sono separati i singoli patrimoni riferibili agli investitori che intrattengono rapporti con l’intermediario

La finalità della disciplina è, evidentemente, la tutela degli investitori dai possibili rischi di confusione che possono manifestarsi in relazione alla sorte dei patrimoni affidati agli intermediari per lo svolgimento dei servizi di investimento.

Va ricordato che il principio non vale per le somme di denaro affidate alle banche, per le quali trova applicazione la disciplina del deposito bancario (art. 1834 c.c.), in base alla quale la banca acquista la proprietà del denaro depositato dalla clientela, essendo poi tenuta alla restituzione del tantudem.

La rilevanza più significativa del principio di separazione patrimoniale si ha nel caso di sottoposizione dell’intermediario a procedure concorsuali, nell’ambito delle quali si rende particolarmente importante riuscire a identificare esattamente gli strumenti finanziari e le somme di denaro di spettanza di ciascun investitore.

La separazione patrimoniale (segue)

A corollario di tale disciplina, l’art. 22, comma 2, TUF dispone che, salvo consenso scritto dei clienti, l’intermediario o la banca non possono utilizzare nell’interesse proprio o di terzi, gli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, da esse detenuti a qualsiasi titolo. Gli intermediari non possono, inoltre, utilizzare le disponibilità liquide da essi detenute a qualsiasi titolo.

Il divieto di utilizzo del patrimonio mira a rafforzare la valenza del principio di separazione: esso può essere disatteso, limitatamente ai soli strumenti finanziari, se consta il consenso scritto del cliente.
Il divieto non è stato esteso anche al denaro detenuto dalle banche nella prestazione dei servizi, poiché anche in questo caso si applica l’art. 1834 c.c.

La violazione delle regole in materia di separazione patrimoniale è oggetto di specifica sanzione in base all’art. 168 TUF.

La responsabilità dei soggetti abilitati e la violazione delle regole di condotta

La violazione delle regole di condotta può essere fonte di responsabilità per l’intermediario.

In proposito, il TUF (art. 23, comma 6) prevede che nei giudizi di risarcimento dei danni arrecati al cliente nella prestazione dei servizi, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta, che nel caso di specie è ovviamente quella dell’operatore professionale.

A prescindere dal complesso rapporto tra questa norma e i principi di diritto comune, essa contribuisce a dare certezza al contenuto dell’onere probatorio che incombe sul soggetto danneggiato, eliminando sotto questo profilo, le distinzioni che possono derivare dalla natura (contrattuale o aquiliana) della responsabilità dell’intermediario.

Il mancato rispetto delle regole di condotta può anche rilevare sul piano dell’irrogazione di eventuali sanzioni amministrative (art. 190 TUF), irrogate dalla Consob o dalla Banca d’Italia, secondo le rispettive competenze.

Materiali di studio e indicazioni bibliografiche

Si consiglia di consultare le fonti normative citate:

TUF e normativa secondaria

In particolare il Regolamento intermediari

Vedi anche:
Consob
Banca d’Italia

I materiali di supporto della lezione

F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.

R. COSTI, Il mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.

R COSTI, L. ENRIQUES, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, vol. VII, Padova 2004.

M. RISPOLI FARINA, G. ROTONDO, Il Mercato finanziario, Giuffrè Milano, 2005.

Letture consigliate:

G. ALPA, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, p. 372.

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