I contratti sono disciplinati dall’art. 23 TUF che si applica alla conclusione di contratti in materia di servizi di investimento, in aggiunta alle norme di diritto comune.
La tutela dell’investitore, nella disciplina dei servizi e attività di investimento, si basa anche sulla previsione di specifiche norme che attengono alla formazione e alla conclusione dei contratti.
L’art. 23 stabilisce, come regola generale, l’obbligo di adottare – per i contratti aventi ad oggetto servizi di investimento e, se previsto, anche servizi accessori – la forma scritta. Fa eccezione il contratto relativo al servizio di consulenza, per il quale la forma scritta non è richiesta.
Un esemplare del contratto deve essere consegnato al cliente.
La regola della forma scritta può essere derogata, se previsto dal regolamento emanato dalla Consob sentita la Banca d’Italia, «per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti».
La norma riafferma così la figura dell’investitore “professionale” che giustifica l’attenuazione o, persino, la disapplicazione di regole tipicamente volte ad assicurare la tutela di controparti deboli.
Inoltre, l’art. 23 consente di derogare alla forma scritta “per motivate ragioni tecniche”, ossia in relazione a particolari operazioni o tipi di operazioni, per le quali la forma scritta si riveli non necessaria o non opportuna.
Nel caso in cui sia prevista una forma specifica per il contratto, la violazione della previsione comporta la nullità dello stesso. L’art. 23 TUF prevede che si tratti di un caso di nullità relativa, ossia di una nullità che può essere fatta valere soltanto dall’investitore (in deroga ai principi generali di cui agli artt. 1418 ss. c.c.).
Sulla scia del TUB, l’art. 23 TUF dispone, altresì, la nullità di ogni pattuizione che rinvii agli usi la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente; in caso di violazione, nulla è dovuto dal cliente, ma il contratto resta valido.
La collocazione autonoma della norma dopo quella che prevede le regole generali di comportamento si giustifica per vari motivi.
Anzitutto, nelle principali esperienze straniere, la materia dei contratti con i clienti viene normalmente intesa come strettamente collegata alla disciplina dei comportamenti degli intermediari.
In secondo luogo, la nozione di “comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori” si ritiene sia sufficientemente ampia da ricomprendere anche la fase di stipulazione dei contratti, con particolare riguardo, quantomeno ai profili che attengono alla trasparenza e all’informazione dell’investitore.
Su tali basi teoriche, il Regolamento intermediari (art. 37), dopo avere ribadito la necessità della forma scritta (per i soli contratti relativi ai servizi di investimento diversi dalla consulenza), disciplina i profili che attengono alla “trasparenza” del rapporto contrattuale.
In particolare, la Consob dispone che il contratto con l’investitore deve:
a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche, indicando il contenuto delle prestazioni dovute e delle tipologie di strumenti finanziari e di operazioni interessate
b) stabilire il periodo di efficacia e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le modificazioni del contratto medesimo;
c) indicare le modalità attraverso cui l’investitore può impartire ordini e istruzioni
d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione da fornire all’investitore a rendiconto dell’attività svolta
e) indicare e disciplinare, nei rapporti di esecuzione degli ordini dei clienti, di ricezione e trasmissione di ordini, nonché di gestione di portafogli, la soglia delle perdite, nel caso di posizioni aperte che possano determinare passività effettive o potenziali superiori al costo di acquisto degli strumenti finanziari, oltre la quale è prevista la comunicazione al cliente (segue)
f) indicare le remunerazioni spettanti all’intermediario o i criteri oggettivi per la loro determinazione, specificando le relative modalità di percezione e, ove diversamente comunicati, gli incentivi ricevuti in conformità dell’art. 52 TUF
g) indicare se e con quali modalità e contenuti, in connessione con il servizio di investimento, può essere prestata la consulenza in materia di investimenti;
h) indicare le altre condizioni contrattuali convenute con l’investitore per la prestazione del servizio
i) indicare le eventuali procedure di conciliazione e arbitrato per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, ai sensi dell’art. 32-ter TUF
Come si nota, la Consob si astiene dall’intervenire sul contenuto delle obbligazioni contrattuali, limitandosi a richiedere che il contratto contenga determinate informazioni.
Infine, va segnalato che nell’ambito della prestazione di servizi e attività di investimento, agli strumenti finanziari derivati non si applica l’art. 1933 c.c. (c.d. eccezione di gioco), contribuendo così a dare certezza in merito all’efficacia e agli effetti delle operazioni in derivati.
Va ricordato, infine, che nello svolgimento dei servizi, le imprese di investimento e le banche possono, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente (art. 21, comma 2). Possibilità estesa anche ai servizi accessori.
Nella disciplina dei comportamenti degli intermediari vi è da sempre la tendenza a differenziare il contenuto e l’applicabilità delle regole di condotta nei riguardi di clienti “esperti” o “professionali”.
La ragione fondamentale di tale impostazione è da ravvisare nella necessità di individuare un giusto equilibrio tra le esigenze di regolamentazione e vigilanza del settore dell’intermediazione finanziaria, con quelle di efficienza e stabilità della disciplina.
La qualificazione dell’investitore come “soggetto esperto” giustifica la disapplicazione di numerose regole di comportamento, altrimenti concepite essenzialmente per la tutela del contraente “comune”, effettivamente bisognoso di protezione.
Naturalmente, la disapplicazione di alcune regole di comportamento nei confronti di tali investitori non implica l’integrale sottrazione del relativo servizio o attività alla disciplina di settore.
L’impostazione fin qui esaminata è stata mantenuta, ma rielaborata dalla direttiva MiFID, la quale distingue tre categorie diverse di investitori in funzione delle quali viene graduata la portata delle regole di condotta:
Al fine di individuare i soggetti che rientrano in queste categorie, è necessario partire dalla identificazione delle nozioni di “controparti qualificate” e di “clienti professionali”, in quanto i clienti al dettaglio sono tutti quelli che non rientrano nelle prime due categorie.
Il TUF [art. 6, comma 2-quater, lett. d)] afferma che la categoria delle controparti qualificate comprende tutti i soggetti che operano professionalmente sul mercato dei capitali, ai quali si aggiungono, eventualmente, altri soggetti, individuati dalla Consob, sentita la Banca d’Italia.
I clienti professionali sono direttamente definiti dalla Consob, sentita la Banca d’Italia; spetta al Ministro dell’economia individuare i clienti professionali pubblici e i relativi criteri di identificazione (art. 6, comma 2-quinquies, e 2-sexies). Nell’ambito dei clienti professionali si possono distinguere due sottocategorie:
Per i primi, la classificazione discende dal possesso di criteri oggettivi, mentre per i secondi spetta all’intermediario valutare la fondatezza della richiesta tenendo conto degli indici stabiliti dal legislatore.
Si considerano clienti professionali di diritto:
I clienti professionali su richiesta sono soggetti, diversi dai clienti professionali di diritto, che facciano espressa richiesta di essere trattati come clienti professionali, purché vengano rispettati i seguenti criteri e procedure.
In primo luogo, l’intermediario ha l’onere di accertare l’esperienza e la conoscenza del cliente. Ai sensi del Regolamento intermediari (allegato 3), la disapplicazione di regole di condotta previste per la prestazione dei servizi nei confronti dei clienti non professionali è consentita quando, dopo avere effettuato una valutazione adeguata della competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del cliente, l’intermediario possa ragionevolmente ritenere che il cliente sia in grado di adottare consapevolmente le proprie decisioni in materia di investimenti e di comprendere i rischi che assume.
Il Regolamento prevede una serie di indici dai quali è possibile ricavare elementi utili per la valutazione della richiesta del cliente:
L’Allegato 3 al Regolamento intermediari disciplina, analiticamente, la procedura da seguire per poter procedere alla classificazione “su richiesta” di un cliente come professionale.
Oltre ai nuovi criteri di classificazione dei clienti, la MiFID ha introdotto una serie di ulteriori novità.
La MiFID regola attentamente l’esternalizzazione di funzioni aziendali (c.d. outsourcing) da parte degli intermediari, ciò al fine di evitare che si provochi un sostanziale “svuotamento” delle funzioni svolte dai medesimi, un aumento dei rischi connessi con la prestazione dei servizi e la loro eventuale deresponsabilizzazione.
A tal fine il Regolamento congiunto Consob-Banca d’Italia dispone che quando, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento, gli intermediari affidano a un terzo l’esecuzione di funzioni operative essenziali o importanti, o di servizi o attività di investimento, essi devono adottare misure ragionevoli per attenuare i rischi connessi.
L’esternalizzazione non deve ridurre l’efficacia dei controlli, né impedire alle autorità di vigilanza di controllare che gli intermediari adempiano a tutti i loro obblighi (art. 19 Reg.).
Gli intermediari che esternalizzano funzioni operative essenziali o importanti, o qualsiasi servizio o attività di investimento, restano pienamente responsabili del rispetto di tutti gli obblighi previsti e devono assicurare che:
a) l’esternalizzazione non determini la delega della responsabilità da parte degli organi aziendali
b) non siano alterati il rapporto e gli obblighi dell’intermediario nei confronti della clientela
c) non sia messo a repentaglio il rispetto delle condizioni che l’intermediario deve soddisfare per poter essere autorizzato e per conservare l’autorizzazione alla prestazione di servizi o attività di investimento
d) non venga soppressa o modificata nessuna delle altre condizioni alle quali è stata subordinata l’autorizzazione dell’intermediario
Inoltre, è richiesta l’adozione di tutte le misure necessarie ad assicurare il corretto svolgimento del rapporto e, in generale, la sana e prudente gestione.
In definitiva, l’esternalizzazione delle funzioni aziendali è considerata come una scelta di rilievo per l’assetto organizzativo dell’intermediario, da sottoporre ad attenta analisi e da accompagnare con specifici presidi organizzativi e contrattuali.
Il TUF (art. 22) sancisce il principio della separazione patrimoniale per tutti gli strumenti finanziari e le somme di denaro detenute dagli intermediari nella prestazione dei servizi di investimento e dei servizi accessori.
Nella prestazione di tali servizi, gli strumenti finanziari e le somme di denaro dei singoli clienti, a qualunque titolo detenuti dall’intermediario, nonché gli strumenti finanziari detenuti a qualsiasi titolo dalla banca, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’intermediario e da quello degli altri clienti.
Su questo patrimonio non sono ammesse azioni dei creditori dell’intermediario o nell’interesse degli stessi, né quelle dei creditori dell’eventuale depositario o sub-depositario o nell’interesse degli stessi.
Le azioni dei creditori dei singoli clienti sono ammesse nei limiti del patrimonio di proprietà di questi ultimi.
Per i conti relativi a strumenti finanziari e a somme di denaro depositate presso terzi, non operano le compensazioni legali e giudiziali e non può essere pattuita la compensazione convenzionale rispetto ai crediti vantati dal depositario o dal sub-depositario nei confronti dell’intermediario o del depositario.
La separazione patrimoniale opera su due distinti livelli:
La finalità della disciplina è, evidentemente, la tutela degli investitori dai possibili rischi di confusione che possono manifestarsi in relazione alla sorte dei patrimoni affidati agli intermediari per lo svolgimento dei servizi di investimento.
Va ricordato che il principio non vale per le somme di denaro affidate alle banche, per le quali trova applicazione la disciplina del deposito bancario (art. 1834 c.c.), in base alla quale la banca acquista la proprietà del denaro depositato dalla clientela, essendo poi tenuta alla restituzione del tantudem.
La rilevanza più significativa del principio di separazione patrimoniale si ha nel caso di sottoposizione dell’intermediario a procedure concorsuali, nell’ambito delle quali si rende particolarmente importante riuscire a identificare esattamente gli strumenti finanziari e le somme di denaro di spettanza di ciascun investitore.
A corollario di tale disciplina, l’art. 22, comma 2, TUF dispone che, salvo consenso scritto dei clienti, l’intermediario o la banca non possono utilizzare nell’interesse proprio o di terzi, gli strumenti finanziari di pertinenza dei clienti, da esse detenuti a qualsiasi titolo. Gli intermediari non possono, inoltre, utilizzare le disponibilità liquide da essi detenute a qualsiasi titolo.
Il divieto di utilizzo del patrimonio mira a rafforzare la valenza del principio di separazione: esso può essere disatteso, limitatamente ai soli strumenti finanziari, se consta il consenso scritto del cliente.
Il divieto non è stato esteso anche al denaro detenuto dalle banche nella prestazione dei servizi, poiché anche in questo caso si applica l’art. 1834 c.c.
La violazione delle regole in materia di separazione patrimoniale è oggetto di specifica sanzione in base all’art. 168 TUF.
La violazione delle regole di condotta può essere fonte di responsabilità per l’intermediario.
In proposito, il TUF (art. 23, comma 6) prevede che nei giudizi di risarcimento dei danni arrecati al cliente nella prestazione dei servizi, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di avere agito con la specifica diligenza richiesta, che nel caso di specie è ovviamente quella dell’operatore professionale.
A prescindere dal complesso rapporto tra questa norma e i principi di diritto comune, essa contribuisce a dare certezza al contenuto dell’onere probatorio che incombe sul soggetto danneggiato, eliminando sotto questo profilo, le distinzioni che possono derivare dalla natura (contrattuale o aquiliana) della responsabilità dell’intermediario.
Il mancato rispetto delle regole di condotta può anche rilevare sul piano dell’irrogazione di eventuali sanzioni amministrative (art. 190 TUF), irrogate dalla Consob o dalla Banca d’Italia, secondo le rispettive competenze.
Si consiglia di consultare le fonti normative citate:
In particolare il Regolamento intermediari
Vedi anche:
Consob
Banca d’Italia
1. Diritto del mercato finanziario: profili definitori generali e delimitazione della materia
2. Diritto del mercato finanziario: evoluzione della disciplina (aspetti generali)
3. Diritto del mercato finanziario: evoluzione della disciplina (aspetti generali) - Parte seconda
4. La direttiva MiFID. Principi generali
5. La direttiva MiFID: impianto normativo e profili generali di disciplina
6. Le autorità di controllo sui mercati mobiliari e finanziari
7. La vigilanza sui soggetti abilitati - parte prima
8. La vigilanza sui soggetti abilitati - parte seconda
9. Strumenti finanziari, servizi e attività di investimento - parte prima
10. Strumenti finanziari, servizi e attività di investimento - parte seconda
11. Servizi e attività di investimento: riserva di attività e accesso
12. Disciplina degli intermediari. Regole di condotta e di organizzazione interna
13. Disciplina dei contratti e separazione patrimoniale
14. Le specificità dei singoli servizi e attività di investimento
15. L'offerta fuori sede e le tecniche di comunicazione a distanza
F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.
R. COSTI, Il mercato mobiliare, Giappichelli, Torino, 2010.
R COSTI, L. ENRIQUES, Il mercato mobiliare, in Trattato di diritto commerciale diretto da G. Cottino, vol. VII, Padova 2004.
M. RISPOLI FARINA, G. ROTONDO, Il Mercato finanziario, Giuffrè Milano, 2005.
Letture consigliate:
G. ALPA, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca, borsa, tit. cred., 1998, I, p. 372.