Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è disciplinato dagli articoli 9 ss., d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Esso è proponibile, per soli motivi di legittimità, sia a tutela di interessi legittimi che di diritti soggettivi; in ogni caso, ai sensi dell’art. 7, comma 8, Codice del processo amministrativo (d. lgs. n. 04/2010), è ammissibile unicamente nelle materie devolute alla giurisdizione amministrativa.
Ne consegue che non risulta più esperibile a tutela anche dei diritti soggettivi oggetto delle materie (prevalentemente, pubblico impiego privatizzato) devolute al g.o.
La regola dell’alternatività del ricorso straordinario rispetto al ricorso al T.a.r. si ricava dalle seguenti disposizioni:
Storicamente, la scelta della sopravvivenza del ricorso straordinario al Re risale al legislatore del 1889 che, pur dopo la istituzione della IV sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato e della previsione del connesso ricorso, anziché sopprimere, appunto, il ricorso straordinario al Re, optò per la compromissoria soluzione dell’alternatività (secondo il brocardo electa una via non datur recursus ad alteram).
Altra caratteristica del ricorso straordinario è la sua ammissibilità esclusivamente avverso gli atti definitivi, come si ricava dall’art. 34, comma 2, r.d. n. 1054/1024, che parla, appunto, di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario proposto avverso “atti definitivi”. Per atti definitivi si intendono quelli così indicati dal legislatore nelle singole disposizioni, e quelli emessi da organi superiorem non recognoscentes.
Intorno alla definitività, a titolo esemplificativo, la giurisprudenza ha chiarito che avverso i provvedimenti negativi del Questore concernenti il permesso di soggiorno degli stranieri in Italia è ammesso ricorso gerarchico al Prefetto, in quanto tra i due organi sussiste un rapporto di subordinazione funzionale che non consentedi riconoscere ai provvedimenti del Questore un carattere di definitività, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso straordinario (Cons. Stato, sez. I, 3 marzo 2010, n. 03796/2009).
Vantaggi del ricorso straordinario
Svantaggi del ricorso straordinario
I controinteressati “subiscono”, entro certi termini, la scelta del ricorso straordinario in luogo del ricorso giurisdizionale effettuata dal ricorrente principale.
Per tale ragione, in forza di una sorta di “favor” del legislatore verso il ricorso giurisdizionale articolantesi in un doppio grado di giudizio, ai controinteressati è assegnato un termine, oltre che per presentare al Ministero che istruisce l’affare deduzioni, documenti e l’eventuale ricorso incidentale (art. 9, comma 4, D.P.R. n. 1199/1971), anche per presentare “opposizione” alla sede amministrativa, chiedendo, dunque, la traslazione del ricorso dalla sede amministrativa a quella giurisdizionale (art. 10, D.P.R. n. 1199/1971).
Secondo l’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 1199/1971, i controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale. In tal caso, il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione, l’atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all’organo che ha emanato l’atto impugnato ed ai controinteressati e il giudizio segue in sede giurisdizionale.
Secondo il comma 2 dell’art. 10, il collegio giudicante, qualora riconosca che il ricorso è inammissibile in sede giurisdizionale, ma può essere deciso in sede straordinaria dispone la rimessione degli atti al Ministero competente per l’istruzione dell’affare.
Riguardo all’atto di opposizione che gli stessi controinteressati possono proporre, invece, il Consiglio di Stato ha affermato che la notificazione dell’atto di opposizione rende il ricorso straordinario non più procedibile, dal momento che ogni ulteriore questione, ivi compresa l’ammissibilità dell’istanza di trasposizione del giudizio dinanzi al giudice amministrativo, non può più essere oggetto di valutazione in tale sede, essendo rimessa alla potestà decisoria dell’organo giudicante cui è devoluto l’affare. Ne consegue che, una volta effettuata la trasposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in sede giurisdizionale, la riattivazione del procedimento giustiziale amministrativo può avvenire (ai sensi dell’art. 10, comma 2 del d.P.R. n. 1199 del 1971) solo per iniziativa del giudice innanzi a cui il ricorso straordinario è stato trasposto, ove questo rilevi l’inammissibilità dello stesso in sede giurisdizionale ma la possibilità della sua decisione in sede straordinaria (così sez. I, 8 marzo 2010, n. 03511/2008).
La giurisprudenza amministrativa consultiva prevalente (ossia, i pareri del Consiglio di Stato) insistono sulla natura giuridica amministrativa del ricorso straordinario e sugli effetti meramente annullatori del decreto presidenziale decisorio.
Secondo il Consiglio di Stato ad esempio, il ricorso straordinario al Capo dello Stato è un rimedio giustiziale di ordine generale alternativo alla ordinaria azione di annullamento davanti al giudice amministrativo e mira ad offrire una tutela che si esplicita in una decisione costitutiva di annullamento, cioè di rimozione, postuma e riparatoria rispetto all’azione amministrativa di un provvedimento “definitivo”, espressione ultima, in linea verticale, della volontà della pubblica amministrazione, assumendo rilievo preminente la peculiare natura amministrativa dello strumento, diverso sotto questo profilo dai gravami in sede propriamente giurisdizionale (sez. III, 26 marzo 2010, n. 2666/2009).
Dal carattere meramente impugnatorio del ricorso straordinario deriverebbe, secondo la prevalente giurisprudenza consultiva del Consiglio di Stato, l’inettitudine del ricorso straordinario ad essere utilizzato come sede per proporre azione di risarcimento dei danni. Infatti, il ricorso straordinario costituisce un rimedio giustiziale di carattere essenzialmente impugnatorio, volto ad accordare una tutela riparatoria contro atti amministrativi definitivi, alternativo alla ordinaria azione davanti al giudice amministrativo ed offre una tutela che si esplicita in una decisione costitutiva di annullamento del provvedimento di cui venga accertata la contrarietà all’ordine giuridico, con la conseguenza che il risarcimento degli eventuali danni rimane pertanto estraneo all’ambito di cognizione ammesso in sede di ricorso straordinario ai sensi dell’art. 8, primo comma, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Consiglio di Stato, sez. III, 10 marzo 2010, n. 03255/2009).
Il ricorso straordinario viene istruito dal Ministero competente ratione materiae, anche nell’ipotesi in cui ad essere impugnato è, ad esempio, un atto di un ente locale (art. 11, comma 1, D.P.R. n. 1199/1971). Tanto è vero che i ricorsi con i quali si impugnano atti di enti pubblici in materie per le quali manchi uno specifico collegamento con le competenze di un determinato Ministero devono essere presentati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che ne cura la relativa istruttoria (art. 11, comma 3, D.P.R. n. 1199/1971).
Successivamente all’istruttoria, il ricorso viene trasmesso al Consiglio di Stato affinchè questo renda il parere sulla base del quale, poi, il Presidente della Repubblica emanerà il proprio decreto decisorio della controversia (art. 11, D.P.R. n. 1199/1971).
Grazie alla modifica operata dall’articolo 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, il vigente art. 13, comma 1, D.P.R. n. 1199/1971,ha statuito che se la sezione consultiva cui è assegnato il ricorso straordinario “ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l’espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale”, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati.
Prima dell’accennata modifica intervenuta con la legge n. 69/2009, la Corte costituzionale (n. 254/04) aveva negato la qualifica di “giudice a quo” alla sezione consultiva del Consiglio di Stato impedendo di instaurare il giudizio di costituzionalità.
Nello stesso senso depone un’altra storica modifica introdotta dalla stessa legge n. 69/2009: la soppressione del potere del Ministero competente, prima riconosciuto dall’art. 14, D.P.R. n. 1199/1971, “di proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato”, sottoponendo “l’affare alla deliberazione del Consiglio dei Ministri”. Diversamente, ove il Ministro competente per l’istruttoria del ricorso non intendeva proporre al Consiglio dei Ministri una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato, la decisione del Capo dello Stato sul ricorso doveva essere conforme al parere stesso.
Al contrario, grazie all’art. 69, comma 2, legge n. 69/2009, la vigente versione dell’art. 14, D.P.R. n. 1199/1971, stabilisce che la decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente, “conforme al parere del Consiglio di Stato”.
Di tal guisa, il parere del Consiglio di Stato aggiunge al proprio tradizionale carattere “obbligatorio” la “vincolatività” rispetto alla decisione finale del ricorso.
I decreti decisori dei ricorsi straordinari del Presidente della Repubblica non sono impugnabili alla stregua di comuni atti amministrativi (cioè in quanto D.P.R.) né tantomeno sono impugnabili alla stregua dei comuni provvedimenti giurisdizionali di primo grado (quali sentenze del T.a.r.).
Anche il regime dell’impugnazione, dunque, riflette la particolare natura del procedimento decisorio del ricorso straordinario.
Limitati e tipizzati sono le forme di impugnazione, le cui preclusioni si ricollegano al principio dell’alternatività rispetto al ricorso giurisdizionale.
Ammissibilità esclusiva del ricorso straordinario per le materie devolute alla giurisdizione amministrativa.
Estensione del giudizio di ottemperanza