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Clelia Iasevoli » 5.La fattispecie processuale


L’integrazione della fattispecie

L’attività processuale è effettuata in vista del raggiungimento degli effetti riconducibili all’integrazione di una determinata fattispecie. Il che significa che gli atti processuali sono espressione delle posizioni potenziali o concretamente assunte dai soggetti che li pongono in essere. Se l’identificazione di una fattispecie dipende dalla sua struttura, la valenza del suo significato e della sua funzione sono geneticamente connesse alla natura degli effetti ad essa ricollegati.

…La difformità dalla fattispecie…

L’insieme degli elementi richiesti per l’integrazione della fattispecie è costruito sul modello “logico” potere-atto-scopo, che descrive l’attribuzione del potere, la tipologia dell’atto e la funzione nella progressione processuale. Qualora, poi, uno degli elementi risulti in tutto o in parte difforme dalla fattispecie, il verificarsi delle conseguenze tipiche rimane precluso, almeno fino a che l’elemento mancate venga integrato. Ma il fatto giuridico, cioè il comportamento, c’è, sussiste ed è rilevante. Il fatto è il presupposto dell’operatività della regola, vivendo con essa in un rapporto simbiotico che si esprime nell’integrazione dello schema.

L’aspetto finalistico del comportamento

Il principio di legalità diviene criterio di valutazione del comportamento fino a comprenderne l’aspetto teleologico. Il soggetto sceglie di instaurare una certa situazione oggettiva secondo il tenore della disposizione, perché vi è un rapporto di necessarietà tra la condotta – mezzo – e lo scopo funzionale che si raggiunge attraverso la conformità. Per l’integrazione di un fatto giuridico è necessario il concorso di tutti i suoi elementi; e sebbene la condotta abbia un valore quasi totalizzante, essa è valutata dall’ordinamento nel suo insieme sia per l’individuazione dei relativi connotati sia per l’essere presupposto necessario al verificarsi dell’effetto.

L’atto processuale

L’atto processuale, sebbene integri la fattispecie, non è sempre efficace, ma lo è soltanto potenzialmente; ed è questa la premessa per il distinguo tra efficacia e validità, con il duplice risvolto negativo che l’inefficacia si muove sul piano della funzionalità dell’atto, viceversa l’invalidità sul piano della rilevanza. All’interno della fattispecie processuale vi è un nucleo costituito dall’oggetto di qualificazione che rappresenta il criterio di orientamento nella individuazione del confine tra inesistenza ed invalidità dell’atto; la prima si ha nell’ipotesi in cui manca un elemento tipico; la seconda, invece, allorquando l’elemento c’è, ma si presenta viziato.

Il concetto di rilevanza giuridica

L’atto assume rilevanza giuridica se c’è corrispondenza tra lo schema normativo della fattispecie e il complesso degli elementi costitutivi; essa si manifesta sotto il profilo dell’idoneità dell’atto a provocare mutamenti nella sfera delle effettualità giuridiche. Dunque, l’attività di qualificazione ha ad oggetto, da un lato, il riconoscimento del fatto corrispondente allo schema tipico e, dall’altro, l’attribuzione di efficacia all’atto, passando dal piano della mera idoneità al collegamento degli effetti prescritti dalla norma. Il che significa che il concetto di rilevanza è autonomo ed antecedente logicamente al concetto di efficacia.

L’autonomia concettuale dell’efficacia

Abbiamo già osservato che se manca un presupposto di rilevanza la fattispecie è inesistente giuridicamente; diversamente se il presupposto è riscontrabile in maniera viziata, essa si connota per la precarietà. Se a mancare, invece, è un presupposto di efficacia, la fattispecie è da ritenersi perfetta nei suoi elementi strutturali, ma non produttiva in tutto o in parte delle conseguenze giuridiche.

La tipicità dell’atto

In sintesi, la fattispecie processuale assume il valore di tutela delle situazioni soggettive in movimento nel processo, risolvendosi nel parametro di misura della legalità del comportamento e riferendosi ad esso con la predisposizione di modelli. Da qui nasce la tipicità del modello e, quindi, dell’atto processuale. Perciò le norme processuali svolgono un ruolo primario, esse non sono soltanto norme di organizzazione della funzione di ius dicere, ma esplicano una funzione servente alla tutela dei diritti inviolabili, mostrando il profilo dinamico dell’ordinamento.

Il superamento della teoria della strumentalità del processo

E’ormai un dato acquisito il progressivo cedimento del carattere di strumentalità del processo rispetto al diritto sostanziale, che aveva condotto all’affermazione dell’accessorietà del diritto processuale con la conseguente perdita della sua autonomia. Questa tesi risentiva fortemente delle influenze della dottrina tedesca secondo cui dalla costruzione di un sistema legale di valori si origina la circolarità della produzione giuridica attraverso un “apparato di trasmissione” dalla connotazione servente e dalla natura dichiarativa.

… Il rapporto tra diritto sostanziale e processo: oggi

Il rapporto tra diritto sostanziale e processo oggi vede il secondo nelle sembianze di “socio paritario” del diritto penale, sebbene vi sia chi rappresenta il processo come “socio tiranno” del primo in un rapporto di strumentalità inversa. Invero, anche in quest’ultima direzione la strumentalità conduce a risultati negativi in quanto trasforma il processo in luogo privilegiato del controllo sociale.

I materiali di supporto della lezione

G. Conso, I fatti giuridici processuali penali, Milano, 1955,p.48 ss

B. De Giovanni, Fatto e valutazione nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1958, p. 23.

S. Satta, Il diritto, questo sconosciuto, in Soliloqui e colloqui di un giurista, Padova, 1968, 70.

R. Scognamiglio, Fatto giuridico e fattispecie complessa, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, p. 331.

A. Cataudella, Fattispecie, in Enc. dir., vol. XVI, Milano, 1967, p. 926 ss.

R. Scognamiglio, Inefficacia, (dir. priv.), in Enc. giur. Treccani, vol. XVI, Roma, 1989, p. 3.

Falzea, La condizione e gli elementi dell'atto giuridico, Milano, 1941, p. 27.

Falzea, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, p. 27.

G. Filanti, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983, p. 31.

B. De Giovanni, La nullità nella logica del diritto, Napoli, 1964.

T. Padovani, Il crepuscolo della legalità nel processo penale, riflessioni antistoriche sulle dimensioni processuali della legalità penale, in Ind. Pen., 1999, p. 529.

G. Foschini, Tornare alla giurisdizione, Milano, 1971, p. 6. Di recente, si segnala V. Garofoli, Il servo muto e il socio tiranno: evoluzione ed involuzione nei rapporti tra diritto penale e processo, in Dir. pen. e proc., 2004, n. 12, p. 1457.

C. Iasevoli, La risalente pretesa di strumentalità del processo e la distinzione tra fatto giuridico in senso stretto e atto, in La nullità nel sistema processuale penale, Padova, 2008, p. 82.

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Le altre lezioni del corso con podcast

1. Democrazia, legalità e processo

2. La crisi della legalità

4. Il principio di legalità processuale

5. La fattispecie processuale

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