La competenza funzionale si sostanzia nelle attribuzioni di funzioni (e/o di poteri) ad un giudice competente, già individuato secondo i criteri di “ripartizione” per materia e per territorio. Si tratta della distribuzione dei compiti di istituto finalisticamente orientati allo sviluppo del processo quanto ai singoli atti, alla funzione in sé, alla fase e al grado. Peraltro, se nell’accezione positiva la competenza funzionale assume la valenza di criterio di attribuzione dei compiti d’ufficio ad un determinato organo e/o giudice, nell’accezione negativa essa si risolve nel limite all’ulteriore svolgimento della funzione in virtù dell’attività precedentemente compiuta nella stessa fase e/o in altro grado, che può compromettere l’imparzialità del giudice. Ed è questo il valore costituzionale tutelato dalla categoria.
Se, dunque, la competenza funzionale del giudice è posta a tutela della sua imparzialità, la categoria non si iscrive nel percorso di tutela della precostituzione al quale appartengono la competenza per materia e per territorio, sebbene tra i due valori costituzionali vi sia un nesso strumentale interno, che scandisce l’ordine delle individuazioni: si applicano prima i criteri di ripartizione di cui agli artt. 4, 5 ss. c.p.p. e, poi, si passa alla ripartizione delle attività giudiziali. Il che significa che la competenza funzionale non deroga ai criteri generali di competenza, ma li presuppone. Per questa via l’ordinamento garantisce il diritto dell’imputato – quanto al fatto – alla precostituzione e – quanto all’atto – il diritto all’imparzialità del giudice, che coinvolge il versante della distribuzione dei compiti d’istituto.
Gli ambiti della precostituzione e dell’imparzialità si intersecano sotto il profilo del limite delle attribuzioni funzionali in aderenza alle opzioni legislative del conferimento della conoscenza del fatto ad un giudice e non ad un altro (es. artt. 328; 416; 438; 444; 447; 455; 458 c.p.p.). E con l’attenzione rivolta alla fonte attributiva dei poteri si scopre la peculiarità del fenomeno di normazione della categoria soprattutto con riferimento ai riti alternativi. Ciò separa ulteriormente i confini di essenza e di struttura della competenza funzionale dalle regole dell’incompetenza per materia e per territorio, sottolineandone l’estraneità anche sul fronte sanzionatorio della nullità ex art. 178 lett. a) c.p.p., a cui la dottrina tradizionale riconduce entrambe le situazioni sulla base di un errato rapporto di identificazione.
Quanto alla ritenuta intersezione tra il vizio di competenza funzionale e il vizio di competenza per materia si obietta che l’ordinamento – a tutela della precostituzione – definisce l’incompetenza ex art. 21 c.p.p. stabilendo ora i tempi dell’eccepibilità, ora della deducibilità e della rilevabilità dell’inosservanza; quindi la norma si traduce in regola di azionabilità del diritto, guardando prevalentemente agli interessi delle parti. E nell’intento di ripristinare subito la legalità del processo la legge affida al giudice di appello il potere di annullamento e di trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente (art. 24 comma 1 c.p.p.) quando riconosce che il giudice di primo grado era incompetente ex art. 21 comma 1 c.p.p. Invero, il potere di annullamento non è indice della sussistenza di una fattispecie sanzionatoria di nullità, ma piuttosto della volontà di recuperare il presupposto di legittimazione del processo.
Sul versante effettuale non si rinviene la comminatoria della nullità degli atti compiuti dal giudice incompetente perché a monte non vi è una causa di invalidità, cioè non vi è difformità dell’atto dal modello legale. Per questa ragione l’inosservanza delle norme sulla competenza non produce l’inefficacia delle prove già acquisite (art. 26 comma 1 c.p.p.) e comporta l’inefficacia della misura cautelare nell’ipotesi di inattività del giudice competente, decorsi i venti giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti (art. 27 c.p.p.). Si tratta di scelte inerenti agli atti più importanti del processo, che assumono un significato preciso in direzione della validità delle attività espletate e della loro conservazione. Il difetto di competenza riguarda il giudice e non si riverbera sulla conformità degli atti allo schema legale; perciò essi sono validi e conservano efficacia.
In sintesi, quando si assimila l’incompetenza funzionale all’incompetenza per materia ed in questa prospettiva la si sanziona con la nullità assoluta, si disperde l’autonoma essenza dei valori sottesi, confondendo l’itinerario per la precostituzione del giudice con la disciplina delle attribuzioni dei poteri ed entrambi con il vizio di capacità generica del giudice ex art. 178 lett.a) c.p.p. Il legislatore predispone gli itinerari normativi sia per l’azionabilità del diritto alla precostituzione sia per l’azionabilità del diritto al giudice naturale, ricorrendo a rimedi di ripristino della legalità del processo estranei alla logica della nullità degli atti. Si vuole dire che la disciplina della competenza (artt. 4 ss.; 21; 24, 26; 27; 28 ss. c.p.p.) prevede i rimedi correttivi a tutela della precostituzione (art. 25 comma 1 Cost.); viceversa le regole dell’incompatibilità (artt. 34; 36; 37 ss. c.p.p.) svelano la natura di incompetenza funzionale, offrendo gli strumenti posti a tutela della naturalità ed imparzialità del giudice.
Dunque, per queste situazioni di incapacità specifica di esercizio della funzione giudiziale l’ordinamento ha privilegiato il principio di conservazione degli atti, ricorrendo soltanto come estrema ratio alla sanzione dell’inefficacia degli stessi (artt. 27 e 42 comma 2 c.p.p.). Quando, poi, l’incompetenza funzionale si manifesta sotto il profilo delle regole di attribuzione di specifiche attività al singolo magistrato e/o al collegio, essa logicamente crea limiti reciproci e, quindi, l’impossibilità che l’uno o l’altro compiano altri atti o conoscano il merito della vicenda. Per tale verso la sua essenza negativa di limite – ovvero di sbarramento – all’ulteriore esercizio della funzione produce l’abnormità dei provvedimenti eventualmente emessi, perché provenienti da un giudice privo di potere.
Il punto di intersecazione tra le due categorie – competenza funzionale, competenza per materia – va circoscritto al rapporto di presupposizione, oltre il quale si espande l’autonomia delle attribuzioni funzionali coinvolgendo il versante dell’imparzialità del giudice e degli strumenti di tutela correlati. Ciò non solo evidenzia l’estraneità ontologica della competenza funzionale alla capacità generica sanzionata con l’art. 178 lett.a) c.p.p., ma la sottrae definitivamente ai criteri di competenza in senso tecnico. Ne consegue che il vizio di incompetenza funzionale è azionabile dall’interessato con lo strumento della ricusazione oppure con il ricorso per cassazione per abnormità del provvedimento emanato in difetto di potere. Nel primo caso il rimedio è volto a ripristinare l’imparzialità del giudice, nel secondo caso a rimettere il processo nei binari della legalità. Si tratta di meccanismi procedurali a tempo, la cui omessa attivazione si traduce in un atteggiamento di acquiescenza, che determina il consolidamento degli effetti della pronuncia del giudice, capace sul piano astratto e generale e competente per materia e per territorio.
Più specificamente, l’autonomia dei percorsi normativi rivela la relazione di strumentalità diretta tra precostituzione e naturalità, ponendosi la prima come presupposto servente alla seconda, che è concetto di sintesi le cui componenti identificative sono rappresentate dai distinti valori della terzietà, della imparzialità, nonché dell’indipendenza funzionale interna del giudice/persona fisica. La precostituzione è depositaria del bisogno di certezza in ordine all’organo/ufficio individuato ante factum attraverso canoni predeterminati; la naturalità esprime, invece, un valore di sintesi che, all’interno della giurisdizione si riferisce al singolo giudice/persona fisica ed implica i connotati di idoneità di esercizio della funzione, di indipendenza e di imparzialità quanto all’atto e/o al procedimento.
All’esterno della giurisdizione la formula vive nella contrapposizione tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione speciale in cui il criterio di orientamento è costituito dagli elementi di qualificazione normativa della specialità: l’oggetto della controversia, l’organizzazione giudiziaria, le peculiarità procedurali, la doppia funzione amministrativa e giudiziaria di taluni soggetti non togati. Sul piano concettuale precostituzione e naturalità si sdoppiano perché l’una ha come parametro di riferimento l’organo ed è strumentale ed ontologicamente antecedente all’altra che ha come parametro di riferimento il giudice/persona fisica. Se la precostituzione è valore assoluto contrapposto alla straordinarietà, la naturalità si atteggia come fattore di orientamento della competenza legata all’ontologia del fatto che si giudica e/o al soggetto contro cui si procede, funzionando in via sussidiaria nelle interrelazioni tra giudici speciali e tra questi e il giudice ordinario.
Con riguardo alla competenza funzionale in senso orizzontale la naturalità del giudice è intrinsecamente connessa alla forma di giudizio o alla specifica attività da espletare; entrambi i termini di relazione presuppongono la precostituzione del giudice, confermando che il modello processuale condiziona i tratti della funzione del singolo organo e/o giudice. Da qui l’autonomia degli itinerari normativi sia per l’azionabilità del diritto alla precostituzione sia per l’azionabilità del diritto al giudice naturale. Come già osservato la disciplina della competenza (artt. 4 ss.; 21; 24; 26; 27; 28 ss. c.p.p.) prevede i rimedi correttivi posti a tutela della precostituzione (art. 25 comma 1 Cost.); l’incompetenza funzionale appartiene, invece, all’itinerario dell’incompatibilità (artt. 34; 36; 37; ss. c.p.p.) posto a presidio della naturalità ed imparzialità del giudice.
1. Democrazia, legalità e processo
3. Il conflitto tra le due Corti
4. Il principio di legalità processuale
8. L'incompatibilità del giudice per gli atti compiuti nel procedimento
9. L'opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione
10. La difformità della richiesta di rinvio a giudizio dal modello legale
11. Le vicende dell'imputazione
12. Il principio di correlazione tra l'accusa contestata e la sentenza
13. La nullità della sentenza per difetto di contestazione
14. L'invalidità della domanda di accesso ai riti alternativi
15. Il ricorso immediato della persona offesa e l'inerzia del pubblico ministero
Cass. pen. sez. unite 25 gennaio 2005 n. 4419 in riv. pen. 2005 pag 1390 slide 3 limite delle attribuzioni funzionali
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