In esecuzione della direttiva 93/13/CEE veniva emanata la normativa sulle clausole abusive, poi confluita sotto gli artt. 33 ss. cod. cons. Nota caratteristica è la introduzione di una disciplina di controllo del contenuto del contratto, che poi si articola in due fondamentali atteggiamenti a seconda che sia conferito o meno rilievo alla presenza di una trattativa individuale. In particolare sono considerate vessatorie le clausole che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto: alcune clausole sono considerate nulle in quanto non siano oggetto di trattativa individuale (art. 33); altre sono dichiarate nulle quantunque oggetto di trattativa (art. 36). Non è all’uopo sufficiente la mera dichiarazione di presenza di una trattativa individuale, ma la stessa deve essere reale e dunque effettivamente svolta.
La valutazione della vessatorietà non attiene alla determinazione dell’oggetto del contratto o all’adeguatezza del corrispettivo dei beni o servizi, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile (art. 34). Ciò implica che l’assenza di trasparenza comporti un controllo di vessatorietà anche dell’equilibrio economico, oltre che di quello giuridico.
Massima
Nelle controversie tra consumatore e professionista, ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. U, del d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (e già dell’art. 1469 bis, terzo comma, cod. civ.) la competenza territoriale esclusiva spetta al giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza od il domicilio elettivo e si presume vessatoria la clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa. Pertanto, mentre spetta al consumatore, ex art. 34, comma 5, Codice del Consumo, che agisca in giudizio di allegare e provare che il contratto è stato predisposto dal professionista e che le clausole costituenti il contratto corrispondono a quelle vessatorie di cui all’art. 33, comma 2, del citato d.lgs, spetta viceversa al professionista superare tale presunzione, dando prova che la sottoscrizione della clausola derogatrice della competenza ha costituito l’esito di una trattativa consapevole, seria ed effettiva, essendo a tal fine insufficiente la mera aggiunta a penna della clausola, nell’ambito di un testo contrattuale dattiloscritto, o la mera approvazione per iscritto della clausola medesima.
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Corte di Cassazione, Sezione III civile, 26 settembre 2008, n. 24262