Sociali: acquisizione di uno status analogo a quello dei patrizi, ad es. attraverso la libertà di conubium e gli effetti giuridici da essa conseguenti
Politiche: partecipazione alla vita cittadina in condizioni di parità con i patrizi, anche per l’accesso alle magistrature (condivisione del governo della respublica)
Economiche: rimozione dei privilegi economici dei patrizi, attraverso una distribuzione equa dell’ager publicus ed il superamento dell’istituto del nexum
Definizione: Legittimazione a contrarre iustae nuptiae per individui appartenenti a ordinamenti diversi.
Originato probabilmente dalla volontà di tenere separati gruppi politicamente distinti come Romani e stranieri, e in seguito patrizi e plebei, esso è caratterizzato dal riconoscimento automatico della legittimità della discendenza e dalla possibilità per i figli legittimi di aspirare a cariche elettive.
Introduzione o conferma del divieto di conubium ad opera della seconda commissione decemvirale nelle ultime due tavole (cd. iniquae)
Nel 445 a.C.:
Proposta del tribuno Gaio Canuleio di abolizione del divieto di conubium fra patrizi e plebei – Rifiuto plebeo al dilectus come arma di lotta per l’approvazione della proposta – Accoglimento patrizio del plebiscito con una lex che prende il nome dal tribuno promotore e non dal magistrato rogante.
Lex Canuleia de conubio patrum et plebis: iustae le nuptiae tra patrizi e plebei.
Veniva meno l’esclusione dei figli nati dall’unione dalla partecipazione alla vita dei sacra gentilicia e alla capacità di prendere i pubblici auspici e cadeva ogni preclusione giuridico-religiosa all’esercizio dell’imperium da parte dei plebei
Liv. 3.9.5: ut quinqueviri creentur legibus de imperio consulari scribendis
Le fonti presentano le prime richieste per la redazione di un corpus di leggi come un tentativo di limitare l’imperium dei consoli
Struttura:
Funzioni:
Liv. 3.31.7. Tum abiecta lege quae promulgata consenuerat, tribuni lenius agere cum patribus: finem tandem certaminum facerent. Si plebeiae leges displicerent, at illi communiter legum latores et ex plebe et ex patribus, qui utrisque utilia ferrent quaeque aequandae libertatis essent, sinerent creari. [8] Rem non aspernabantur patres; daturum leges neminem nisi ex patribus aiebant. Cum de legibus conveniret, de latore tantum discreparet, missi legati Athenas Sp. Postumius Albus A. Manlius P. Sulpicius Camerinus, iussique inclitas leges Solonis describere et aliarum Graeciae ciuitatium instituta mores iuraque noscere.
[segue ]
[segue Liv. 3.31.7]
Allora, messa da parte la legge, che da quando era stata presentata al popolo era invecchiata i tribuni presero ad agire con maggiore moderazione nei confronti dei patres perché si ponesse una buona volta fine ai contrasti. Se non piacevano loro le leggi «plebee», consentissero almeno che venissero nominate di comune accordo delle persone, scelte sia tra i patrizi che tra i plebei, le quali presentassero delle proposte di legge utili sia agli uni che agli altri e tali da rendere eguale per tutti la libertà. [8] I patrizi non disprezzavano l’idea; ma dicevano che nessuno che non fosse patrizio avrebbe potuto dettar leggi. Avendo raggiunto un accordo sulla necessità delle leggi, e rimanendo in disaccordo soltanto su chi avrebbe dovuto proporle, furono mandati come ambasciatori ad Atene Spurio Postumio Albo, Aulo Manlio, Publio Sulpicio Camerino, con il mandato di trascrivere le leggi di Solone di prendere conoscenza delle istituzioni dei costumi e degli Ordinamenti giuridici delle altre città della Grecia.
Liv. 3.33.1. Anno trecentensimo altero quam condita Roma erat iterum mutatur forma civitatis, ab consulibus ad decemviros, quemadmodum ab regibus ante ad consules venerat, translato imperio. [2] Minus insignis, quia non diuturna, mutatio fuit. Laeta enim principia magistratus eius nimis luxuriavere; eo citius lapsa res est repetitumque duobus uti mandaretur consulum nomen imperiumque. [3] Decemviri creati Ap. Claudius, T. Genucius, P. Sestius, L. Veturius, C. Iulius, A. Manlius, P. Sulpicius, P. Curiatius, T. Romilius, Sp. Postumius.
L’anno 302 dalla fondazione di Roma si ebbe un nuovo radicale mutamento nell’assetto delle istituzioni giuridiche e politiche cittadine ed il potere passò dai consoli ai decemviri così come prima era passato ai consoli dai re. [2] Ma questa volta il cambiamento fu meno notevole, perché non durò a lungo. Ben accetta all’inizio, quella magistratura degenerò poi in modo straordinario e perciò ben presto ebbe termine e si rivolle che a due uomini soltanto fossero affidati il titolo e l’imperium dei consoli. [3] Furono eletti decemviri Appio Claudio, Tito Genucio, Publjo Sestio, Lucio Veturio, Gaio Giulio, Aulo Manlio, Publio Sulpicio, Publio Curiazio, Tito Romilio e Spurio Postumio.
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