Liv. 2.8.1. Latae deinde leges, non solum quae regni suspicione consulem absolverent, sed quae adeo in contrarium verterent ut popularem etiam facerent; inde cognomen factum Publicolae est. [2] Ante omnes de provocatione adversus magistratus ad populum sacrandoque cum bonis capite eius qui regni occupandi consilia inisset gratae in volgus leges fuere. [3] Quas cum solus pertulisset, ut sua unius in his gratia esset, tum deinde comitia collegae subrogando habuit. [4] Creatus Sp. Lucretius consul, qui magno natu, non sufficientibus iam viribus ad consularia munera obeunda, intra paucos dies moritur. Suffectus in Lucreti locum M. Horatius Pulvillus.
Furono poi presentate delle leggi che non solo assolsero il console dal sospetto di aspirare al regno, ma che giunsero a capovolgere talmente la situazione da renderlo addirittura popolare. Da ciò il soprannome di «Publicola». [2] Più di tutte furono gradite alla gente la legge sull’appello al popolo contro le decisioni dei magistrati e l’altra sulla consacrazione agli dèi della persona e dei beni di chi concepisse propositi di diventare re. [3] E soltanto dopo aver portato a termine da solo la procedura per la loro approvazione, perché tutto e soltanto suo fosse il merito, provvide a convocare i comizi per la sostituzione del collega. [4] Fu eletto console Spurio Lucrezio il quale, già anziano, non bastandogli le forze per sostenere i compiti del consolato, morì pochi giorni dopo. In sostituzione di Lucrezio, fu eletto quindi Marco Orazio Pulvillo.
Liv. 3.55.4. Aliam deinde consularem legem de provocatione, unicum praesidium libertatis, decemvirali potestate eversam, non restituunt modo, sed etiam in posterum muniunt sanciendo novam legem, [5] ne quis ullum magistratum sine provocatione crearet; qui creasset, eum ius fasque esset occidi, neve ea caedes capitalis noxae haberetur.
Inoltre, (i consoli Valerio e Orazio) non solo rimisero in vigore la legge consolare sul diritto di appello al popolo, insostituibile presidio della libertà, abolita dal potere decemvirale, ma la resero anche più salda per l’avvenire, facendo approvare una nuova legge [5] con la quale si vietava che si creasse un qualsiasi magistrato immune da provocatio; chi lo avesse creato avrebbe potuto essere ucciso lecitamente per il diritto umano e divino e quell’uccisione non sarebbe stata ritenuta un delitto capitale.
Liv. 10.9.3. Eodem anno M. Valerius consul de provocatione legem tulit diligentius sanctam. Tertio ea tum post reges exactos lata est, semper a familia eadem. [4] Causam renovandae saepius haud aliam fuisse reor quam quod plus paucorum opes quam libertas plebis poterat. Porcia tamen lex sola pro tergo ciuium lata videtur, quod gravi poena, si quis verberasset necassetve civem Romanum, sanxit; Valeria lex cum eum qui provocasset virgis caedi securique necari vetuisset, si quis adversus ea fecisset, nihil ultra quam “improbe factum” adiecit. Id, qui tum pudor hominum erat, visum, credo, vinclum satis validum legis: nunc vix serio ita minetur quisquam.
Nello stesso anno il console Marco Valerio presentò una legge sulla provocatio, munita di disposizioni più rigorose per assicurarne l’efficacia. Era la terza volta che siffatta legge veniva presentata dopo la cacciata dei re, sempre da appartenenti alla stessa famiglia. [4] La causa di questo ripetuto rinnovarla, penso non sia stata altra che questa: il prevalere della prepotenza di pochi sulla libertà della plebe. La stessa cosa, tuttavia, non avvenne con la legge Porcia, proposta per proteggere l’intangibilità della schiena dei cittadini, perché essa comminava una grave pena a chi fustigasse o uccidesse un cittadino romano; [5] la legge Valeria, invece, dopo aver vietato di fustigare e decapitare chi si fosse appellato al popolo, non prevedeva contro il trasgressore nient’altro, limitandosi a considerare il suo comportamento «improbo». [6] Ma questo – tanto era allora il sentimento dell’onore degli uomini – sembrò una sanzione sufficiente a garantire l’osservanza della legge stessa: ben difficilmente oggi si potrebbe minacciare sul serio una simile sanzione.
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E. Tassi Scandone, Leges Valeriae de provocatione. Repressione criminale e garanzie costituzionali nella Roma repubblicana, Napoli 2008