Imperium domi militiaeque.
Nel suo programma di restaurazione oligarchica Silla promosse una serie di provvedimenti tesi alla riconquista del monopolio delle giurie da parte dei senatori, al potenziamento delle corti permanenti a scapito delle competenze assembleari ed alla riorganizzazione e al riordino della procedura.
6 o 7 quaestiones perpetuae
Ad esempio:
Console nel 59, grazie all’accordo strategico politico di natura privata tra Cesare Pompeo e Crasso chiamato ‘I triumvirato’ (del 60 a.C.) – strutturalmente diverso dal cd. ‘II triumvirato’ del 43, vera e propria magistratura straordinaria quinquennale istituita con legge -, dopo aver varato una legislazione agraria di favore per i veterani di Pompeo, ottenne il comando di due province: la Gallia Cisalpina, con l’Illirico e la Gallia Narbonese.
Il patto di Lucca del 56 rafforzò l’intesa tra i triumviri con ulteriore distribuzione di compiti, ma la sconfitta militare di Crasso contro i Parti nel 53 determinò una serie di crepe nell’edificio costituzionale: il consolato sine conlega di Pompeo nel 52, le leggi fatte approvare per impedire il ritorno di Cesare, in Gallia con comando proconsolare, e la sua candidatura al consolato inasprirono il confronto tra i due, causando l’inizio della guerra civile all’inizio del 49, con il famoso passaggio del Rubicone da parte di Cesare nella sua discesa verso Roma.
La vittoria di Cesare a Farsalo (9 agosto del 48) e la fuga di Pompeo in Egitto determinarono la serie di dittature annualmente rinnovate che Cesare cumulò con il consolato ergendosi ad unico signore di Roma.
Il progetto costituzionale di Cesare, secondo buona parte della dottrina, era segnato dall’esautoramento sostanziale degli organi repubblicani e dall’eliminazione delle condizioni di privilegio della nobilitas, ed era finalizzato all’instaurazione di un regime accentatro.
Estremamente variegata fu la legislazione cesariana: abbondanti gli interventi sull’organizzazione centrale del potere e sull’amministrazione territoriale. Egli degradò il Senato a mero organo consultivo composto principalmente da suoi partigiani (per questo il numero dei membri fu portato a 900); le magistrature cessarono di avere l’antico prestigio e fu aumentato il numero dei relativi titolari (i pretori arrivarono a 16, i questori a 40); fu concessa la cittadinanza romana a molti stranieri; furono regolate le frumentationes (distribuzioni di grano alla popolazione); fu sottratta la potestà di riscossione delle imposte ai publicani e concessa alle stesse comunità locali.
Cesare nominò consoli per il 44 a.C. se stesso e il fidato Marco Antonio, e attribuì invece la pretura a Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino. Quest’ultimo, spinto forse dalla delusione per non aver ottenuto il consolato, raccolse la sorda insofferenza di ampia parte della nobilitas, e organizzò una congiura anticesariana. Si cercò da subito l’appoggio di Marco Bruto, lontanissimo discendente – pare – di quel Lucio Giunio Bruto che nel 509 a.C. aveva deposto il re Tarquinio il Superbo e istituito la repubblica, e appariva, iconograficamente e ideologicamente il capo ideale di un movimento che si proponeva di uccidere un nuovo tiranno.
Alle Idi di Marzo, in occasione di una seduta del senato, Cesare fu subito attorniato dai congiurati, di cui tentò inutilmente di schivare le pugnalate. Appena vide anche Bruto farglisi contro, pronunciando le ultime parole che sono state eternate nella memoria: Tu quoque, Brute, fili mi!, si coprì il capo e cadde trafitto da ventitré coltellate.
Il racconto è in Svetonio, Divus Caesar, 81 ss., Plutarco, Caesar, 63 ss., Cassius Dio, Historiae Romanae, 44.19.
Approfondimento 1
Cicero, de lege agraria 3.2.5. Omnium legum iniquissimam dissimillimamque legis esse arbitror eam quam L. Flaccus interrex de Sulla tulit, ut omnia quaecumque ille fecisset essent rata. Nam cum ceteris in civitatibus tyrannis institutis leges omnes extinguantur atque tollantur, hic rei publicae tyrannum lege constituit. Est invidiosa lex siculi dixi, verum tamen habet excusationem; non enim videtur hominis lex esse, sed temporis. Di tutte le leggi la più iniqua e la più dissimile da una legge mi sembra essere quella che l’interrè Lucio Flacco propose su Silla, affinché fosse ratificato tutto ciò che quello avesse fatto. Infatti, mentre nelle altre città con l’istituzione della tirannide sono estinte e abolite tutte le leggi, questo stabilisce con una legge un tiranno per lo Stato. È una legge odiosa, come ho già detto, ma tuttavia ha una giustificazione: non sembra essere la legge di un uomo, ma di un tempo.
Velleius, Historia Romana 2.28.3. Primus ille, et utinam ultimus, exemplum proscriptionis invenit, ut in qua civitate petulantis convicii iudicium histrioni ex albo redditur, in ea iugolati civis Romani publice constitueretur auctoramentum, plurimumque haberet, qui plurimos interemisset, neque occisi hostis quam civis uberius foret praemium fieretque quisque merces mortis suae. [4] Nec tantum in eos, qui contra arma tulerant, sed in multos insontis saevitum. Adiectum etiam, ut bona proscriptorum venirent exclusique paternis opibus liberi etiam patendorum honorum iure prohiberentur simulque, quod indignissimum est, senatorum filii et onera ordinis sustinerent et iura perderent.
(Silla) fu il primo – e magari fosse stato l’ultimo – ad inventare le proscrizioni, poi prese ad esempio, e così nella città dove si concede un’azione giudiziaria secondo l’editto per lo scherno ingiurioso di un attore petulante, si stabiliva pubblicamente una ricompensa per l’uccisione di un cittadino romano ed aveva di più chi più uccideva; né il premio era più ricco se si uccideva un nemico, e ciascuno diventava il prezzo della propria uccisione. [4] Si infierì non solo verso chi si era schierato con le armi dall’altra parte ma anche contro molti innocenti. E si aggiunse anche questo: che i beni dei proscritti fossero venduti e che ai loro figli, spogliati delle ricchezze paterne, fosse vietato di ricoprire cariche magistratuali.
Sallustius, de Catilinae coniuratione 29.1-3. Ea cum Ciceroni nuntiarentur, ancipiti malo permotus, quod neque urbem ab insidiis privato consilio longius tueri poterat neque, exercitus Manli quantus aut quo consilio foret, satis conpertum habebat, rem ad senatum refert, iam antea volgi rumoribus exagitatam. [2] Itaque, quod plerumque in atroci negotio solet, senatus decrevit, darent operam consules, ne quid res publica detrimenti caperet. [3] Ea potestas per senatum more Romano magistratui maxuma permittitur: exercitum parare, bellum gerere, coercere omnibus modis socios atque civis, domi militiaeque imperium atque iudicium summum habere; aliter sine populi iussu nullius earum rerum consuli ius est.
Quando apprese queste notizie Cicerone, preoccupato del doppio pericolo, poiché non poteva più a lungo difendere la città con le sue iniziative private, né era abbastanza informato sulla consistenza dell’esercito di Manlio o sui suoi piani, riferì la cosa, che già correva sulle bocche di tutti, al senato. [2] Quindi, come avviene di solito nei momenti d’emergenza, il senato decretò che i consoli provvedessero affinché la repubblica non subisse alcun danno. [3] Questa è la potestà immensa che, secondo il costume romano, si concede dal senato al magistrato: apprestare eserciti, condurre le azioni militari, esercitare qualsiasi coercizione su alleati e cittadini, avere il comando supremo in pace e in guerra; diversamente, senza deliberazione del popolo, il console non ha nessun potere per compiere queste cose.
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8. Le rivendicazioni plebee. Verso il decemvirato legislativo
10. Le leggi Valerie Orazie. Tribuni della plebe e plebisciti
11. Il tribunato militare. La censura. Il Senato.
12. Le 'leggi' del compromesso licinio-sestio. Il consolato
13. La pretura: in particolare, l'editto del pretore e la procedura...
14. La struttura della lex publica
15. Nomina e compiti del dittatore. Le magistrature minori
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17. La crisi dell'agricoltura e le riforme di Tiberio e Caio Gracco...
18. L'ascesa al potere di Silla e la crisi della repubblica
19. La repressione criminale: dalle quaestiones straordinarie alle ...
21. Senatusconsulta. L'attività normativa del princeps: edicta man...
22. La giurisprudenza nel Principato
23. Il dominato: dalla tetrarchia di Diocleziano alle innovazioni d...
24. Cognitio extra ordinem: in particolare la procedura criminale
25. Le raccolte postclassiche di diritto. La legge delle citazioni
26. I Codici pregiustinianei. Le leggi romano-barbariche
27. Giustiniano: in particolare il Codex, le Institutiones, i Diges...
28. Quaesitor urnam movet. Un'immagine della procedura per quaestio...
29. Tra aequitas e ius gentium: tracce di un processo popolare in S...
30. Causa Serviliana: una magna contentio giudiziaria nel 51 a.C.
F. Hinard, Silla, (ed. orig. fr. Paris 1985) Roma 2003
L. Canfora, Giulio Cesare. Il dittatore democratico, Laterza, Roma-Bari, 1999
Augusto Fraschetti, Giulio Cesare, Laterza, Roma-Bari, 2005