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Antonio Cavaliere » 16.Atomizzazione di combustibili liquidi - parte prima


Energia e Combustibili Liquidi

La produzione di energia da combustione di combustibili liquidi copre approssimativamente un terzo della domanda mondiale corrente di energia.

Nonostante negli ultimi anni tale percentuale sia in costante declino, i combustibili liquidi rimangono largamente la principale fonte di energia per il trasporto (terrestre, aereo e marittimo) ed una significativa percentuale delle fonti di energia per la generazione di elettricità.

Questo scenario non dovrebbe vedere significativi cambiamenti nel medio periodo.

Tali considerazione danno una misura chiara della rilevanza della ricerca e dello sviluppo di processi e tecnologie di alimentazione dei combustibili liquidi ai sistemi di combustione per l’avanzamento della scienza e delle tecnologie della combustione.

Area superficiale

La necessità di frammentare un liquido nasce, in genere, dalla opportunità di aumentare la superficie dell’interfaccia liquido-gas al fine di migliorare l’efficienza dello scambio di calore, materia e quantità di moto tra le due fasi e, dunque, dell’intero processo.

Nel campo della combustione di liquidi è necessario procedere ad una preventiva frammentazione del liquido al fine di garantire la compatibilità dei tempi di vaporizzazione e miscelamento del combustibile con l’aria di combustione con i tempi di residenza caratteristici dei processi tecnologici.

Questo processo riveste una importanza cruciale per la realizzazione di processi di combustione caratterizzati da un accettabile grado di efficienza e di emissione di inquinanti.

Atomizzazione e frammentazione

Nella pratica è di uso comune il termine atomizzazione per indicare la separazione di un volume liquido che conduce alla formazione di una dispersione (più o meno fine) di particelle liquide (gocce).

Letteralmente il termine atomizzazione richiama una frammentazione molto spinta (fino al livello degli atomi) del liquido.

In realtà il termine frammentazione appare più appropriato a descrivere il processo fisico e andrebbe più propriamente utilizzato per indicare l’insieme dei processi fisici che portano alla disgregazione di un volume liquido in particelle più piccole.

A causa della oramai largamente accettata consuetudine tecnica di usare il termine atomizzazione esso sarà usato nel seguito per fare riferimento alle tecnologie ed ai sistemi utilizzati nella frammentazione di liquidi. Facendo riferimento ai processi fisici coinvolti nella disgregazione di un volume liquido si farà uso del più appropriato termine di frammentazione.

Dimensioni e velocità delle gocce

La necessità, già richiamata in precedenza, di incrementare l’area superficiale di un combustibile liquido al fine di garantire efficienti processi di scambio di energia e materia implica la generazione, a partire da un volume iniziale di liquido, di un grande numero di gocce di dimensioni le più piccole possibile.

Difatti nella pratica comune la qualità di un processo di atomizzazione è misurata dalla funzione di distribuzione delle dimensioni delle gocce realizzata: a dimensioni più piccole corrisponde una qualità migliore del processo.

In generale è anche desiderabile avere una funzione di distribuzione caratterizzata da una varianza bassa. Nelle applicazioni di combustione ciò è legato principalmente alla necessità di evitare code di gocce di dimensioni molto grandi che possono facilitare la formazione di inquinanti e ridurre l’efficienza generale del processo di combustione.

Un altro parametro interessante ai fini del processo di combustione è anche la energia cinetica residuale associata alle gocce per la sua rilevanza sulla fluidodinamica generale del processo di combustione. In particolare è di rilievo la funzione di distribuzione congiunta di dimensioni e velocità delle gocce.

Modello concettuale della frammentazione

Le dimensioni finali delle gocce di uno spray sono determinate dal meccanismo di frammentazione della struttura liquida originale (rottura primaria – primary breakup), dall’eventuale ulteriore frammentazione delle gocce primarie (rottura secondaria – secondary breakup) e dai possibili meccanismi di coalescenza delle gocce in seguito a urti tra di esse.

La rottura primaria di una struttura liquida è il passo iniziale di ogni processo di frammentazione. La definizione di un modello fisico per la rottura primaria è praticamente irrealizzabile e sono generalmente adottati solo modelli concentuali e/o statistici per la sua descrizione.

Il modello concettuale più comune è basato sulla ipotesi di un meccanismo a cascata di frammentazione di gocce (a partire da una o più gocce iniziali) di dimensioni progressivamente più piccole. Questo approccio si ispira al modello di frammentazione a cascata di di particelle solide proposto da Kolmogorov.

Il raggiungimento del limite finale della cascata si ottiene al raggiungimento di un bilanciamento tra le forze disgregatrici (principalmente dovute a stress aerodinamici indotti dalla velocità relativa all’interfaccia liquido-gas) e la pressione capillare che si viene a generare in corrispondenza di tale interfaccia.

La fisica della frammentazione

Nell’ambito dello schema concettuale illustrato in precedenza, la rottura di una struttura liquida (goccia, getto, lamina) avviene a causa dell’instaurarsi all’interfaccia tra liquido e gas di oscillazioni ondose che, in particolari condizioni, possono amplificarsi fino a portare alla disgregazione della struttura stessa o, comunque, favoriscono il distacco di porzioni di liquido da essa.

Energia cinetica, dovuta alla velocità di trasporto della struttura liquida o di una corrente gassosa che interagisce con essa, o energia meccanica, fornita per mezzo di dispositivi vibranti o in movimento, viene utilizzata al fine di promuovere tali oscillazioni e quindi il processo di frammentazione.

Nel processo di frammentazione le forze capillari, legate alla tensione superficiale, e le forze inerziali, dovute alla velocità relativa tra le due fasi, sono le cause dell’instaurarsi delle oscillazioni.

Di contro la viscosità agisce in maniera da ridurre le instabilità della struttura liquida ritardandone la sua disgregazione e incrementando le dimensioni delle strutture formate.

Tensione superficiale: definizioni

La tensione superficiale (σ) è la forza per unità di lunghezza che si esercita nel piano tangente alla superficie di discontinuità liquido-gas su un arbitrario segmento della superficie. La tensione superficiale si misura in N/m.

Alternativamente la tensione superficiale può essere definita come il lavoro per unità di area necessario per realizzare un’incremento infinitesimo di una superficie liquido-gas a partire dallo stato di equilibrio. Questo lavoro viene immagazzinato dal liquido come una energia potenziale (superficiale).

In pratica, in un liquido, la tensione superficiale e la densità di energia superficiale coincidono.

E’ evidente che da un punto di vista energetico l’energia superficiale di un volume di liquido tende ad essere la minima possibile. Per tale motivo una goccia di liquido tende ad assumere, in assenza di perturbazioni esterne, una forma sferica.

Pressione capillare

Per una sfera di raggio R l’energia superficiale sarà:

σ·4πR2

per una riduzione del raggio della sfera pari a dR dovuto all’azione della tensione superficiale, sarà necessario fornire una energia pari a: ΔE=8πR σ dR

All’equilibrio la riduzione di energia superficiale relativa alla riduzione del raggio sarà bilanciata da una variazione di pressione ∆P all’interfaccia. Il lavoro eseguito dalla tensione superficiale per bilanciare tale pressione sarà: L=ΔP 4R2 dR

Ne segue che:

LE →  ΔP 4πR2 dR=8πR σ dR → ΔP= 2σ/R

che è la particolarizzazione dell’equazione di Young-Laplace per una interfaccia sferica.
La quantità ∆P viene detta pressione capillare.


Equazione di Young-Laplace

L’equazione di Young-Laplace permette di calcolare la pressione capillare che si genera su di una interfaccia liquido-gas a causa della tensione superficiale.

Per una generica interfaccia l’espressione della equazione di Young-Laplace è:

\Delta P = \sigma \nabla \vec{n}=2\sigma H=\sigma \left(\frac 1R_1 + \frac 1R_2 \right)

Dove R1 ed R2 sono i raggi dell’ellissoide osculatore nel punto considerato.

Le forze capillari crescono al decrescere delle dimensioni caratteristiche delle interfacce.

pressione capillare

Per una sfera \Delta P = \frac {2\sigma}{R}

Per un cilindro \Delta P = \frac \sigma R

Valore della tensione superficiale

I valori della tensione superficiale per le principali sostanze sono generalmente disponibili in forma tabellare.
Esistono, inoltre, alcune correlazioni che permettono di determinare la tensione superficiale di sostanze organiche. La più famosa è quella proposta da Macleod nel 1923:

\sigma^{1/4} = P (\rho_l-\rho_v)

Dove ρl e ρv sono le densità molari del liquido e del vapore.

La quantità P e detta Parachor ed è tabellata per i vari gruppi funzionali. Applicando una semplice regola di additività è possibile calcolare il valore di σ per una vasta classe di sostanze.

In generale il valore della tensione superficiale decresce al crescere della temperatura fino ad annullarsi in corrispondenza del punto critico.


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