Un altro tipo di descrizione delle fiamme turbolente a diffusione può essere affidato all’analisi di dati sperimentali raccolti su sistemi di combustione disegnati per verificare le correlazioni tra le variabili del campo (T, v, Yi) e la frazione di miscelamento.
In figura è riportato uno schema di principio di un impianto di combustione usabile per questo tipo di caratterizzazioni. In questo caso una fiamma non premiscelata non turbolenta viene generata su un anulo e consente di stabilizzare una fiamma turbolenta diffusiva al termine del condotto centrale nel quale il combustibile (diluito in azoto) fluisce con velocità dell’ordine di decine o centinaia di metri al secondo attraverso un tubo di qualche millimetro. L’elevata velocità rende necessario l’uso della fiamma pilota.
L’aspetto sperimentale più rilevante nella determinazione delle caratteristiche di una fiamma turbolenta è costituito dalla necessità di determinare con una lata risoluzione spaziale e temporale temperatura, concentrazioni delle specie (almeno delle più rilevanti per l’evoluzione delle reazioni chimiche coinvolte) e, possibilmente, dei campi di velocità. In questo ambito negli ultimi anni si sono concentrati gli sforzi dei ricercatori attivi nel campo della messa a punto delle tecniche diagnostiche (essenzialmente basate su misure ottiche).
Una misura puntuale (in un punto) della temperatura, della frazione di miscelamento e delle concentrazioni di alcune specie chimiche è relativamente facile ed è disponibile già da circa 20 anni. Essa si basa sulla determinazione simultanea dei segnali di scattering Raman, delle varie specie in seguito alla illuminazione con un pennello di luce laser. Nel seguito saranno mostrati alcuni risultati ottenuti con tale tecnica che consentono di illustrare la natura fortemente stocastica dei processi e trarre alcune indicazioni di carattere generale.
In tempi più recenti, la disponibilità di sistemi diagnosticci più potenti che sfruttano sensori bidimensionali e complessi sistemi di illuminazione a più lunghezze d’onda e filtri opportuni hanno permesso di determinare il progresso della reazione (in termini di velocità, frazione di miscelamento locale, rapporto di stiramento e temperatura nonché delle concentrazioni locali di alcune specie come l’OH) in un intera sezione piana della fiamma. Tali tecniche sono estremamente complesse e di difficile utilizzo in sistemi reali ma consentono una verifica, sia pure parziale, dei vari modelli teorici elaborati.
Un primo esempio, riportato in figura, è relativo alle misure realizzate in fiamme di idrogeno diluite con il 22% di argon immesso nel flusso d’aria ( =9.2 m/s) con velocità media all’orifizio di 150 m/s. La temperatura e le frazioni molari di H2, O2, N2, H2O in funzione della frazione di miscelamento sono riportate con un punto per ogni misura realizzata e sono riferite ad un solo punto dello spazio (x/D=30, y/D=2).
Le linee continue sono relative alla condizione di equilibrio chimico.
La dispersione di punti è dovuta all’incertezza di misura e allo scostamento dalle condizioni di equilibrio. L’analisi dei dati mostra comunque che una modellazione della frazione di miscelamento è sufficiente per predire le concentrazioni molari delle specie e della temperatura riportate in figura.
Lo scostamento più sensibile si riscontra nella misura della temperatura con valori misurati più bassi di quelli relativi alle condizioni di equilibrio ed è in parte responsabile dello scostamento ben più sensibile della frazione molare di OH, come è rilevabile dalla figura sottostante in cui sono riportati i valori misurati di OH contro ξ (frazione di miscelamento) per le stesse condizioni sperimentali relative alla figura precedente. Anche in questo caso la linea continua è relativa alla condizione di equilibrio adiabatico, mentre l’intervallo di incertezza è rappresentato con due tratti disposti a croce.
La ragione di questo scostamento così accentuato è attribuibile al tempo di ricombinazione dei radicali che è più lungo delle altre reazioni che portano alla formazione di H2O a base bimolecolare.
E’ inoltre da sottolineare che le condizioni locali per cui sono riportate le misure sono lontane dall’estinzione locale.
Un altro esempio di misure, relative ad una fiamma a diffusione turbolenta, è riportato in figura. In tale fiamma, il combustibile è una miscela 45%CO/ 15%H2/ 40%N2 in volume.
Il getto di combustibile fuoriesce da un tubo di 7.2 mm con velocità di 41.9 m/s (fiamma designata col punto) e di 122.8 m/s (fiamma designata col triangolo o con la croce) ed è centrato in una corrente d’aria con velocità media di 15 m/s.
Le misure sono raccolte sull’asse, in due stazioni x/D=10 e x/D=30, la prima delle quali corrisponde alla zona in cui si stabilizza la fiamma allorché si stacca dall’orifizio ad una velocità del getto di 143 m/s. Le misure di temperatura e anidride carbonica corrono lungo la curva relativa all’equilibrio (leggermente al di sopra) solo per valori della frazione di miscelamento “molto diluite”. Per ξ > 0,2 i valori misurati sono dispersi in un campo più ampio e rimangono al disotto delle condizioni di equilibrio per ξ > ξst.
La comparazione della distribuzione delle temperature delle figure precedenti, anche se relativa a due distinte condizioni fluidodinamiche e chimiche (due diversi combustibili), indica che una possibile spiegazione per la larga dispersione dei dati può essere attribuita all’evoluzione instazionaria delle fiamme sottili in condizioni di estinzione locale.
Un’altra possibile spiegazione data da Masri e Dibble R.W.[1] è che la presenza del CO allarga il campo delle frazioni di miscelamento in cui la reazione ha luogo per cui si crea una regione con ossidazione distribuita. Ad avvalorare questa ipotesi concorre l’analisi del processo di estinzione per altri combustibili. Infatti, nel caso delle fiamme a diffusione turbolenta di metano è stato rilevato che la distribuzione delle temperature a fissato valore della frazione di miscelamento è bimodale per cui l’estinzione complessiva della fiamma non passa attraverso un regime di reazione distribuita ma attraverso l’aumento della frequenza locale di estinzione.
Tale comportamento, diverso dal caso relativo alla miscela H2-CO-N2, è giustificato dal fatto che la fiamma di metano rimane sempre sottile poiché la reazione avviene su un campo ristretto delle frazioni di miscelamento.
Per la descrizione di fiamme a diffusione turbolente sembra essere davvero promettente una nuova categoria di modelli numerici, analitici, e concettuali.
L’aspetto comune di questi modelli è la distinzione meccanicistica tra mescolamento e miscelamento e che l’evoluzione lagrangiana di quantità concernenti la cinetica e la diffusione molecolare è rappresentata con semplici schemi.
Questi modelli sono stati classificati da Williams e Liñan [2] come “metodi di campo”. Questi spaziano dal pioneristico ESCIMO al più recente ed avanzato “Linear Eddy Model”, passando attraverso la modellazione di statistiche associate al comportamento di insieme di strutture del tipo a strato reagente isolato stirato e dipendente dal tempo.
I lavori sperimentali, attraverso i quali si verificano modelli numerici o si classificano flussi reagenti o si scoprono nuovi effetti puntuali o multidimensionali, sono limitati da misure di tipo euleriano. I risultati ottenuti in tal modo possono essere correlati ai risultati finali ottenuti con i metodi di campo, ma non permettono un paragone diretto e una interazione con alcune variabili di controllo lagrangiane incluse nei modelli.
La ragione del numero esiguo di misure lagrangiane è che sono difficili da ottenere, particolarmente sono multidimensionali o multicomponenti in domini tridimensionali.
Questo è il caso di molte quantità di interesse nei metodi di campo, cosicché si usano semplificazioni per ridurre la dimensionalità e la multiscalarità nelle simulazioni numeriche e negli esperimenti, considerando una evoluzione temporale o spaziale di uno strato di miscelamento in un flusso bidimensionale isotermo transizionale.
Tale flusso usato come prototipo di configurazione così che le idee sviluppate nei metodi di campo possono essere verificate ed è resa possibile una classificazione di regimi di miscelamento in termini di misure lagrangiane.
I modelli che maggiormente sfruttano le conoscenze delle strutture 1-D e 2-D presentate prima sono quelli basati sull’equazione di trasporto della densità di superficie definita, seguendo la trattazione di Pope [3] e di Trouve et al [4], come la media di insieme del rapporto dell’area di una superficie contenuta in un volume fissato. Pertanto il volume può essere portato fuori dal segno di media e dare luogo all’ ultima uguaglianza.
L’equazione di trasporto della densità di superficie è del tutto simile ad una equazione di bilancio in cui il termine di trasporto convettivo è associato alla velocità totale mediata così come riportato in precedenza:
A sua volta la velocità totale può essere ottenuta come la somma della velocità fluidodinamica media e della velocità di propagazione della isosuperficie.
Infine la produzione di superficie sarà fornita dalla velocità di stiramento medio per la superficie stessa.
Anche in questo caso la velocità di stiramento può essere ottenuta come la somma di due stiramenti (fluidodinamico e diffusivo):
Le superfici a cui si può applicare questa trattazione sono le isosuperfici, le superfici intermateriali o qualsivoglia superficie rappresentata da un onda in propagazione, come una fiamma premiscelata. Questa presentazione fa riferimento ad una isosuperficie a frazione di miscelamento costante, pertanto almeno in alcuni casi ciò è segnalato con il pedice Z. La prima equazione riportata in precedenza,quindi, è relativa all’evoluzione di una generica superficie così come derivata dai seguenti autori: Trouve A., Poinsot T., [4], Vervish L., Bidaux, Bray K.N.C., Kollmann W. [5], Candel S.M., Veynante D., Lacas F.F., Maistret E., Darabiha N., Poinsot T. [6].
Gli autori dimostrano che i termini relativi alla velocità di stiramento dovuta al campo di moto (KVδA) o alla curvatura della isosuperficie (KCδA), nonché i termini di autotrasporto (Iauto) sono modellabili (in flussi senza gradienti di velocità media) come segue:
In tali equazioni, gran parte delle grandezze sono definite in altri capitoli e solo per alcune di esse si rimanda ai lavori prima citati.
Bisogna comunque sottolineare che nell’equazione della densità della superficie di fiamma non compare né un termine di annichilimento delle isosuperfici né un termine di saturazione per cui tale modello si può applicare con successo solo nel caso in cui tale fenomeno non occorra e cioè quando si sia nel regime con miscelamento mescolamento accoppiati con strato di miscelamento isolato.
Infine è utile sottolineare due aspetti concettuali, che non possono essere completamente presentati in questa sede.
Il primo è che le superfici di cui si tratta sono delle isosuperfici, ma che la stessa trattazione può essere estesa al fronte della fiamma premiscelata. In questo caso la trattazione viene condotta per mezzo della cosiddetta funzione “G”.
Per un approfondimento dell’argomento si vedano gli articoli di Peters N. [7] e di Kerstein A.R. et al. [8].
Il secondo è che la trattazione in termini di densità di superficie (isosuperficie, superficie-G, etc.) è equivalente alla trattazione in termini di fiamme sottili, a cui sono associate le parametrizzazioni relative alla velocità di dissipazione.
Per risalire alle grandezze, a cui bisogna riferirsi per intendere l’equivalenza, si veda il lavoro di Meyers e O’Brien del 1981 [9].
1. Combustione: introduzione ed aspetti tecnologici
2. Mezzi gassosi multicomponenti reattivi
3. Combustione omogenea sostanziale: esplosione
4. Combustione omogenea sostanziale/Autoignizione
5. Combustione omogenea in flusso - Regimi instazionari
6. Combustione omogenea in flusso - Regimi stazionari
7. Classificazione dei processi di combustione con propagazione
8. Detonazione
9. Deflagrazione/Teoria termica
10. Deflagrazione Fiamme complesse
11. Deflagrazione - Modelli numerici
12. Combustione controllata dalla diffusione dei reagenti - parte p...
13. Combustione controllata dalla diffusione dei reagenti - parte s...
14. Fiamme a diffusione multidimensionali: classificazione
15. Combustione Controllata dalla Diffusione dei Reagenti:
16. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte prima
17. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte seconda
18. Atomizzazione di combustibili liquidi - parte terza
19. Combustibili
20. Vaporizzazione di gocce in condizioni subcritiche
21. Vaporizzazione
22. Combustione
Masri A.R., Dibble R.W., Twenty-Second. Symposium (International) on Combustion, The Combustion Institute (Pittsburgh), p.607, 1988.
Linan A. Williams F. A. "Fundamental Aspects of Combustion" Oxford Univ Press N.Y., 1993.
Pope S. JB. Int. J. Eng. Sci. 5, 445 (1988).
Trouve A., Poinsot T., J. Fluid Mech., 278, 1, (1994).
Vervish L., Bidaux, Bray K.N.C., Kollmann W., Phis. Fluids 7(10),2496 (1995).
Candel S.M., Veynante D., Lacas F.F., Maistret E., Darabiha N., Poinsot T., “Coherent Flame Model: Application and Recent Extension” in Recent Advances in Combustion Modelling, Larrouturou ed Series on Advances in Mathematics for Applied Sciences, World Scientific, Singapore (1990).
Peters N., J. Fluid Mech., 242,611 (1992).
Kerstein A.R., Ashurst W.T., Williams F.A. Physical review A, 37,2728 (1988)
Meyers R.E., O'Brien E.E., Comb. Sci. Tech. 26,123 (1981).