Tali sono i casi, ad esempio, del volo degli uccelli e della propulsione ad elica, o a getto, di navi e aeroplani e anche, in taluni casi, di auto.
In questi casi, l‘aumento della quantità di moto del fluido per unità di tempo produce una spinta che, quasi sempre, agisce all’incirca nella stessa direzione del moto del corpo. Ad esempio, l’elica di un aeroplano fa aumentare la portata di quantità di moto dell’aria che attraversa il cerchio che essa spazza e ciò genera la spinta. L’aumento della portata di quantità di moto è uguale alla forza di trazione esercitata dall’elica sull’aereo.
La propulsione a getto è considerata generalmente diversa da quella ad elica poiché, accelera un fluido ad alta, o relativamente alta, pressione, attraverso un condotto (di qui la diversità) dando luogo a una corrente confinata ad alta velocità (getto) con conseguente diminuzione della pressione stessa e generazione della spinta. Va comunque precisato che, anche a valle di un’elica, è presente un getto di aria ad alta velocità, ma non confinato.
In linea di principio, non vi è alcuna limitazione sul tipo di fluido da utilizzare nella propulsione a getto anche se dal punto di vista pratico sono più facilmente realizzabili tre tipi diversi di condizioni e quindi di propulsori.
1 – Il fluido è acqua, o aria, che, captato dall’ambiente, si muove in un condotto in cui si trova un’elica mossa da un motore esterno che ne aumenta la pressione consentendo quindi di accelerare successivamente il fluido in un ugello ed, in definitiva, facendone aumentare la portata di quantità di moto (elica intubata).
2 – Il fluido è aria che, dopo essere stata prelevata dall’atmosfera, viene inizialmente compressa, successivamente riscaldata (bruciando in essa del combustibile) ed infine accelerata ad una velocità maggiore di quella in ingresso per aumentarne la portata di quantità di moto (ramjet, o turbojet). Nel caso del ramjet (in italiano: statoreattore), la compressione avviene esclusivamente nella presa d’aria (supersonica), viceversa nel caso del turbogetto, pur avvenendo parzialmente nella presa d’aria, essa è prevalentemente realizzata mediante un compressore. In questo ultimo caso, come già visto, il compressore è azionato da una turbina che sfrutta parte del salto entalpico disponibile. la restante parte essendo utilizzata per accelerare il fluido. Sia lo statoreattore che il turbogetto ricadono nella classe dei motori respiranti in quanto, come l’uomo, hanno bisogno dell’aria esterna per funzionare. Va fatto notare che anche il tipo precedente di propulsore può essere considerato un motore respirante, perché preleva dall’esterno il fluido da accelerare.
3 – Il terzo tipo di propulsore a getto utilizza come fluido ad alta pressione i prodotti gassosi di una reazione chimica (combustione) tra un combustibile e un comburente, entrambi portati a bordo del motore (motore a razzo, o endoreattore, in lingua inglese rocket engine). Non avendo bisogno di respirare fluidi, il motore a razzo può funzionare anche nello spazio dove non esistono fluidi nell’ambiente circostante ed è, quindi, un motore non respirante.
In pratica, i primi due tipi di propulsori hanno in comune il fatto che il fluido entra ed esce dal propulsore stesso (respirano) mentre nel terzo esiste solo l’uscita di fluido.
Attenzione: Per motivi di rendimento termico, nel caso del turbogetto, si può anche utilizzare una parte del salto entalpico rimanente nei gas combusti per muovere un’elica intubata, generalmente posta all’esterno del turbogetto, che accelera una quantità di aria che non passa attraverso la camera di combustione. Si parla in questo caso di turbofan, che è, tipicamente, il propulsore dei moderni aerei di linea.
Il motore a razzo, detto anche endoreattore, è schematicamente composto da uno, o due, serbatoi nei quali sono presenti sia il combustibile che il comburente (in generale separati tra loro se almeno uno dei due è fluido, ovvero mescolati tra loro se entrambi in fase solida), da una camera di combustione e da un ugello che ha lo scopo di accelerare i gas combusti.
Nella camera di combustione, i gas combusti si trovano ad un’elevata temperatura e un’elevata pressione, mentre la velocità (o meglio, il numero di Mach) è generalmente bassa per cui: le condizioni dei gas combusti nella camera di combustione possono essere praticamente assunte pari a quelle di ristagno.
Attraverso l’ugello, generalmente del tipo convergente divergente, i gas combusti sono di solito accelerati ad una velocità supersonica Vu che dipende essenzialmente dalla natura dei reagenti, dalla loro velocità di reazione, dall’area di gola A* e da quella della sezione di uscita Au dell’ugello.
Analoga dipendenza esisterà per la pressione pu nella sezione di uscita.
Nell’ipotesi di moto quasi-unidimensionale e quasi-stazionarionella sezione di uscita, l’applicazione dell’equazione del bilancio della quantità di moto al volume di controllo tratteggiato in figura conduce alla determinazione della spinta totale sulla superficie interna del razzo:
nella quale rappresenta la portata di massa dei prodotti della combustione scaricati dall’ugello.
Non considerando la forza peso della massa contenuta nel razzo e supponendo, verosimilmente, i vettori e paralleli tra loro, si può scrivere:
Attenzione: Questa spinta è quella che il fluido esercita sulla superficie interna delle pareti del razzo.
La positività della quantità in parentesi mostra che la direzione e il verso della spinta, così come rappresentati in figura, sono corretti e sono quelli di .
Il modulo della spinta generata dal razzo risulta quindi pari a:
Nell’ipotesi di razzo fermo rispetto all’atmosfera (al banco, o al punto fisso), considerando invece come volume di controllo quello indicato in figura, delimitato dalla superficie esterna delle pareti del razzo, su questa superficie agirà una spinta addizionale, dovuta alla pressione atmosferica. Il calcolo di questa spinta è semplice
Considerando il razzo non funzionante e quindi circondato dalla pressione atmosferica, sulla sua superficie esterna deve agire una forza risultante nulla (a meno della trascurabile spinta di Archimede comunque diretta secondo la verticale).
Pertanto, la spinta risultante sulle pareti esterne (che in pratica non cambia se il razzo funziona) deve essere uguale ed opposta a quella che la pressione atmosferica esercita sulla superficie di scarico dell’ugello e quindi:
La spinta addizionale , ovviamente, va a sommarsi vettorialmente a quella data dalla:
Ne consegue che la spinta netta sulle pareti del razzo (inclusa cioè quella derivante dalla pressione atmosferica) risulta uguale a:
La quantità è detta spinta dovuta al getto mentre la restante parte è chiamata spinta dovuta alla pressione.
Risulta interessante trovare le condizioni per le quali, ad un assegnato valore della portata dei gas di scarico, ed al variare dell’area della sezione di uscita dell’ugello, corrisponde il valore massimo della spinta netta. Differenziando la:
si ha:
Ritenendo valida (nelle ipotesi di moto omoenergetico ed isentropico e cioè in assenza di onde d’urto interne all’ugello) l’equazione di Bernoulli:
nella quale si trascura il termine gravitazionale e ricordando che:
si ottiene infine:
Questa relazione mostra che il valore massimo della spinta si ha per pu = pa e cioè quando la spinta dovuta alla pressione è nulla. Ne consegue che la Au deve essere tale da condurre all’espansione corretta della corrente. In tale ipotesi, la massima spinta del razzo è data da:
La quantità:
viene detta impulso specifico (da non confondere con quella già definita in precedenza) che, per razzi ben proporzionati, risulta funzione essenzialmente della natura della coppia combustibile-comburente.
E’ d’uso introdurre anche il coefficiente di spinta, parametro adimensionale, definito come:
Sostituendo le:
si ottiene:
dove con r è stato indicato il rapporto di espansione, sia rispetto alla pressione di uscita che a quella ambiente.
Per un dato gas ed in assenza di onde d’urto, il rapporto di espansione ru è funzione di γ e del rapporto tra le aree Au / A* attraverso le:
Ne consegue che il coefficiente di spinta risulta funzione dal rapporto tra le aree Au / A*, oltre che di ra e γ.
In figura è stato diagrammato il valore del coefficiente di spinta in funzione di Au / A* per diversi valori di ra e per γ = 1.2 (valore medio, abbastanza usuale per i gas combusti).
Come già visto in precedenza, è possibile notare che il coefficiente di spinta è massimo per pu = pa cioè quando la spinta dovuta alla pressione è nulla. Poiché peraltro le curve per un dato ra sono abbastanza piatte in prossimità del massimo, nella pratica si preferisce progettare l’ugello con un valore del rapporto Au / A* leggermente minore di quello ottimale soprattutto al fine di contenerne il peso e le dimensioni.
Per quanto detto in precedenza, il funzionamento dell’ugello per valori di ru < 0.4 ra dà luogo a separazione della corrente all’interno dell’ugello per cui il relativo tratto delle curve non risulta più valido e, per questo motivo e stato rappresentato con una curva tratteggiata.
Nelle ipotesi di moto quasi unidimensionale nelle sezioni di ingresso ed uscita e con riferimento alla figura, l’applicazione dell’equazione del bilancio della quantità di moto al volume di controllo del motore consente di calcolare il modulo della spinta agente sulle sue pareti interne, dato dalla relazione:
nella quale il segno positivo indica una spinta orientata in verso opposto a quello della x.
Per un’elica intubata:
mentre per il ramjet, o un turbogetto, si ha:
dove rappresenta la portata di carburante trascurabile rispetto alla massa totale, per questo non considerata nell’equazione precedente. Per un turbogetto che utilizzi un idrocarburo, la risulta generalmente compresa tra il 3% ed il 5% della , qualora non sia presente anche una eventuale post-combustione.
In analogia con quanto fatto per il motore a razzo, la spinta netta sul motore al banco risulterà pari a quanto mostrato nella figura a lato.
Quando il motore è investito da un fluido in moto subsonico, si preferisce spesso riferire la spinta non alle condizioni nella sezione di ingresso bensì alle condizioni di pressione e velocità della corrente indisturbata che lo investe, e cioè alle condizioni presenti nella sezione di cattura.
In tal caso conviene riferirsi al volume di controllo, rappresentato in figura, composto da una parte esterna al motore (a monte di esso e costituita dal tubo di flusso del fluido che entra nel motore) e dal motore stesso. Applicando l’equazione del bilancio della quantità di moto al volume in esame si ottiene:
In cui: S rappresenta la spinta su tutte le superfici impermeabili del volume di controllo scelto (superficie laterale del tubo di flusso più pareti interne del motore); Ragg indica la resistenza cosiddetta aggiuntiva derivante dall’integrale di pressione esteso alla sola superficie laterale del tubo di flusso che risulta essere una forza in direzione assiale; la L è la spinta sulle pareti interne del motore e la Ac è l’area della sezione di cattura nella quale il fluido ha velocità V∞. In questa formulazione la spinta può essere espressa mediante la:
per cui la resistenza aggiuntiva è data da:
e la spinta netta avrà la forma:
nella quale si possono individuare:
spinta del getto (jet thrust)
resistenza di presa dinamica (ram drag)
spinta di pressione (pressure thrust)
nuova resistenza aggiuntiva (additive drag)
Se l’area di cattura coincide con quella di ingresso al motore si ha:
Tale è anche il caso di un fluido che investe il motore a velocità supersonica senza alcuna onda d’urto a monte della presa d’aria.
Anche in condizioni di fuori progetto, la resistenza aggiuntiva è una piccola frazione della spinta così come lo è generalmente la spinta di pressione.
Per condizioni di progetto si intendono quelle di pu = p∞, per le quali la spinta di pressione è nulla e la spinta totale è massima.
Trascurando le quantità di cui sopra e considerando che, per quanto detto, è possibile trascurare la portata del combustibile, si può scrivere:
relazione che mostra che la spinta netta è praticamente uguale alla differenza tra la spinta del getto e la resistenza di presa dinamica.
In realtà, ciascuna di queste due quantità assume, in un turbogetto, un valore notevolmente più elevato della spinta netta.
Di conseguenza, un piccolo aumento percentuale della spinta del getto, realizzato attraverso una accurata progettazione dell’ugello propulsivo e comunque degli organi interni del motore, si traduce in un aumento sostanziale della spinta netta del motore.
In un turbogetto, la spinta generata dalla portata unitaria di aria che lo attraversa:
è chiamata spinta specifica (specific thrust). Un altro parametro molto utilizzato è il consumo specifico di carburante (Thrust Specific Fuel Consumption) TFSC definito dalla:
dove con:
è stato indicato il rapporto tra le portate massiche di aria e carburante.
Per determinare la spinta nelle relazioni viste in precedenza è necessario determinare sia la pu che la Vu.
Queste grandezze possono essere valutate con buona approssimazione applicando la teoria del moto omoenergetico, isoentropico, quasi-unidimensionale e quasi-stazionario al moto nell’ugello posto a valle della turbina del turbogetto, o della camera di combustione del motore a razzo.