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Giovanni Maria Carlomagno » 16.Applicazioni - parte terza


Prese d’aria subsoniche

Il ciclo Joule(che forse più correttamente dovrebbe essere chiamato ciclo Brayton), mostrato sul piano h,T-s in figura, è quello che meglio rappresenta il funzionamento di una turbina a gas anch’essa schematicamente rappresentata in figura nei suoi principali componenti.
Il fluido (normalmente aria), inizialmente nelle condizioni ambiente indicate dal punto 1, passa attraverso il compressore, che ne fa isoentropicamente aumentare la pressione fino al punto 2 e attraversa poi la camera di combustione, dove la sua entalpia totale aumenta seguendo una trasformazione che può essere schematizzata come un’isobara fino al punto 3.


Prese d’aria subsoniche (segue)

Successivamente il fluido espande in turbina fino al punto 4 raggiungendo nuovamente la pressione ambiente relativa al punto 1.
Idealmente, il ciclo si chiude con la trasformazione 4-1 che rappresenta uno scambio di calore dal sistema all’ambiente, anch’esso isobaro. In realtà, c’è un continuo ricambio di fluido anche perché la combustione tenderebbe ad esaurire rapidamente l’ossigeno presente nell’aria.
La maggiore lunghezza del tratto 3 → 4 rispetto al tratto 1 → 2, dovuta alla divergenza delle isobare sul piano T-s, permette di ottenere in turbina un lavoro maggiore di quello speso per muovere il compressore (uguale a quello relativo alla sola parte 3 → 3a).


Prese d’aria subsoniche (segue)

Questo eccesso di energia disponibile (3a → 4) si può ad esempio impiegare per muovere una macchina operatrice (un generatore di energia elettrica, una pompa, etc.). Peraltro, una turbina a gas può essere utilizzata anche per applicazioni propulsive aeronautiche e, in questo caso, l’eccesso di energia serve, o per accelerare il fluido a valle della turbina e generare così una maggiore spinta (turbogetto), ovvero per muovere un’elica (turboelica), o infine, per realizzare entrambe le cose (turbofan). Gli aerei di linea moderni sono spesso propulsi da turbofan.
Per un buon funzionamento del compressore è necessario che il numero di Mach del fluido sia sufficientemente basso e, possibilmente, abbia una distribuzione uniforme della velocità nella sezione d’ingresso al motore.
Evidentemente, qualsiasi macchina che utilizzi l’aria come fluido di lavoro consiste in un sistema aperto (cioè con continuo ricambio d’aria) e deve esserci una presa d’aria che la capti dall’esterno (in inglese: air inlet).
Quando la macchina è ferma, la presa d’aria è costituita da un convergente che serve solo ad accelerare e convogliare l’aria (anch’essa ferma perché proviene dall’ambiente) nel compressore.
In queste circostanze, la presa d’aria si comporta da effusore ed il suo progetto è relativamente semplice.


Prese d’aria subsoniche (segue)

Nel seguito, ove si tratteranno turbine a gas per impieghi aeronautici, anche se semanticamente improprio, si utilizzerà il termine presa d’aria solo per indicare quelle prese che, nelle condizioni di progetto, si comportano da diffusori, ossia quelle che rallentano il fluido.
Infatti, la funzione principale delle prese d’aria per applicazioni aeronautiche è di decelerare l’aria ma, se progettate bene, esse possono essere utilizzate anche per aumentare nel contempo la pressione all’ingresso del compressore, risparmiando lavoro allo stesso e aumentando di conseguenza l’efficienza del ciclo termodinamico.
Poiché la trasformazione del fluido nella presa è omoenergetica (perché il fluido non ha praticamente modo di scambiare calore, né scambia lavoro), questo aumento è tanto maggiore quanto minore è la produzione di entropia derivante dal processo di decelerazione. L’aumento massimo si ottiene, quindi, con una trasformazione anche reversibile (isoentropica).

Prese d’aria subsoniche (segue)

Evidentemente, l’aumento della pressione idealmente ottenibile isoentropicamente a monte del compressore è una funzione crescente del numero di Mach di crociera del velivolo Mc. Ciò deriva dalla:

p_o=p_a\Biggl(1+\frac{\gamma-1}2 M_c^2\Biggr)^\frac \gamma{\gamma-1}

in cui po rappresenta la pressione di ristagno e pa la pressione ambiente.
Da questa relazione si intuisce che, per avere un aumento significativo della pressione, è necessario avere numeri di Mach relativamente elevati. Per questo motivo, le prese d’aria propriamente dette sono utilizzate prevalentemente nei motori dei velivoli a relativamente alto numero di Mach.
Anche nelle applicazioni automobilistiche un aumento della pressione a monte del sistema d’iniezione permetterebbe di ottenere un migliore rendimento volumetrico del motore ma, normalmente, non sono utilizzate prese d’aria particolari perché il numero di Mach delle vetture è troppo basso.
L’unica eccezione si ha per le automobili da competizione per le quali anche un piccolo aumento del rendimento volumetrico (ad una velocità pari a 300km/h, il massimo aumento di pressione ottenibile è di poco superiore al 4%) può essere significativo.

Prese d’aria subsoniche (segue)

Nella quasi totalità dei casi, i motori per applicazioni aeronautiche devono funzionare sia in condizioni di crociera che al punto fisso (cioè con l’aeroplano fermo) che, infine, in situazioni intermedie.

Ciò comporta la necessità di studiare il funzionamento del sistema presa d’aria-compressore all’aumentare della velocità del velivolo fino a quella massima di crociera Vc. Questa fase iniziale viene generalmente denominata di avviamento.

L’unico tipo di motore aeronautico che non ha al suo interno un compressore è l’autoreattore (ramjet, utilizzato talvolta nei missili supersonici). Però, anche in questo caso, è necessario avviare la presa.

In questo paragrafo e nel successivo si indicherà con Mc il numero di Mach di crociera ed, invece, con M il numero di Mach del velivolo se diverso da quello di crociera.

Inoltre, si intende sempre valida la trasformazione galileiana del sistema di riferimento e, quindi, si tratterà il velivolo fermo investito da una corrente a velocità V.

Prese d’aria subsoniche (segue)

Come si vede dalla figura, una presa d’aria subsonica è costituita solo da un condotto divergente che, in condizioni di crociera, deve far rallentare l’aria.
Inizialmente (al punto fisso) l’aeroplano, e quindi l’aria, non si muovono.
Quando il motore è spento, la portata è chiaramente nulla e il fluido ha ovunque velocità nulla. Anche la pressione nella presa non varia, ed è ovunque uguale alla pressione ambiente (che coincide con quella di ristagno) così come indicato dalla curva di funzionamento o. La curva di funzionamento disegnata si protrae ovviamente fino all’infinito a monte.
Con aeroplano sempre fermo, all’accensione del motore, il compressore inizia a girare riducendo la pressione al suo ingresso rispetto a quella ambiente e fissandola, per esempio, al punto A. Se si suppone che il moto nella presa sia isoentropico, quasi-unidimensionale e quasi-stazionario, la curva di funzionamento, indicata con la lettera a, è fissata dalla sola geometria del diffusore.


Prese d’aria subsoniche (segue)

Poiché anche la pressione ambiente è fissata, è necessario che l’aria in prossimità della presa sia accelerata, diminuendo così la sua pressione statica all’esterno della presa in modo da portarsi nelle condizioni del punto A’ imposte dalla curva a. Quest’accelerazione avviene, come mostrato in figura, con un convergente fittizio che si sviluppa all’esterno della presa d’aria e convoglia in essa aria proveniente da tutte le direzioni.
Anche per questo motivo, la presa d’aria, vedasi la figura, deve avere un bordo d’attacco arrotondato. Occorre osservare che, convergendo le linee di corrente da tutte le direzioni, la parte sinistra della curva a (relativa all’esterno della presa d’aria) rappresenta il profilo di pressione solo sull’asse della presa.
Ad una certa distanza dalla presa, dove la velocità (il numero di Mach) è molto bassa, si recupera la pressione di ristagno coincidente con quella ambiente.


Prese d’aria subsoniche (segue)

All’aumentare della velocità di rotazione del compressore, la pressione nella sezione di uscita della presa (ingresso al compressore) diminuisce mentre la portata aumenta e la curva di funzionamento può diventare la b.
Se si volesse far diminuire la pressione all’uscita della presa d’aria fino al valore definito dal rapporto r1 si raggiungerebbero il valore massimo della portata e la condizione sonica nella sezione d’ingresso della presa (bocca della presa), punto di funzionamento C’.
Un’ulteriore diminuzione della pressione provocherebbe la formazione di un’onda d’urto nel divergente della presa d’aria, ma non aumento di portata.
Come sarà più chiaro poi, in altre condizioni di funzionamento, all’esterno della presa d’aria, si può avere sia un’espansione che una compressione.


Prese d’aria subsoniche (segue)

Come mostrato in figura, se ora l’aereo si muove alla velocità V, anche se la pressione ambiente non varia, il rapporto pa/po (che è uguale a p∞/po) diminuisce perché la pressione di ristagno aumenta. Al variare della pressione imposta dal compressore si hanno tre possibili modalità di funzionamento. Quello descritto dalla curva c è simile a quanto appena analizzato.
La pressione imposta dal compressore è tale che nel punto C’ la pressione risulta minore di quella ambiente ed è quindi necessario avere un’espansione all’esterno della presa con un convergente esterno (figura in basso).
Solo ad una certa distanza dalla presa, lì dove i filetti fluidi risultano praticamente paralleli tra di loro, si recupera la pressione ambiente.


Prese d’aria subsoniche (segue)

È utile, a questo punto, introdurre il concetto di area di cattura che è definita come l’area della sezione retta, posta all’infinito a monte (in pratica, dove i filetti fluidi risultano paralleli tra loro), da cui proviene l’aria che passa attraverso la presa.
Per come è definita, l’area di cattura (che può essere maggiore o minore della bocca) si può calcolare, dalla conservazione della massa, mediante la:

A_c=\rho VA/(\rho_\infty V\infty)=\dot m /(\rho_\infty V_\infty)


Prese d’aria subsoniche (segue)

Nel caso della curva c, l’area di cattura è maggiore dell’area della bocca, in quanto le linee di corrente, all’esterno della presa, debbono essere convergenti per avere un’espansione del fluido. Al punto fisso, poiché la V è identicamente nulla, l’area di cattura deve essere infinitamente grande, il che comporta che le linee di corrente convergono da tutte le direzioni.
Se la pressione imposta dal compressore è quella particolare relativa al punto B, la curva seguita è la b e il funzionamento della presa si dice corretto.
Infatti, la pressione relativa al punto B’ è proprio uguale alla pressione ambiente e l’area di cattura è uguale a quella della bocca della presa d’aria.
All’esterno della presa il fluido non deve né espandersi, né comprimersi per cui il relativo tubo di flusso ha sezione costante.


Prese d’aria subsoniche (segue)

Aumentando ulteriormente la pressione immediatamente a monte del compressore fino al valore indicato con il punto A, si ha un funzionamento con spillamento d’aria all’esterno della presa; i filetti fluidi della corona circolare tra l’area di cattura e quella di ingresso della presa non entrano nel motore.
In questo caso la pressione a monte della presa deve aumentare cosicché deve essere ivi presente un divergente; l’area di cattura risulta quindi minore di quella all’ingresso della presa. In conclusione, le prese d’aria divergenti possono innalzare la pressione del fluido con una compressione solo interna, o di tipo misto. Nel primo caso, l’aumento di pressione avviene solo all’interno del diffusore (curva b) mentre, nel secondo, la compressione ha luogo anche all’esterno.




Prese d’aria subsoniche (segue)

Fra i tre tipi di funzionamento elencati, il migliore è chiaramente quello corretto; infatti in questo caso la resistenza aerodinamica sulle pareti esterne della presa d’aria è minore. È, comunque, importante notare che, qualora la presa funzionasse seguendo la curva di funzionamento corretto b, un aumento (rispettivamente una diminuzione) della velocità del velivolo (del numero di Mach M) provocherebbe una diminuzione (risp. aumento) del rapporto pa/po e quindi dell’area di cattura, ovvero ci si sposterebbe su una curva di funzionamento simile a quella indicata con a (risp. c).


Prese d’aria supersoniche

Quando il numero di Mach di crociera Mc del velivolo è relativamente basso (Mc ≤ 1.6), la presa d’aria di tipo semplicemente divergente può essere utilizzata anche in regime supersonico.

Per fissare le idee, si supponga che il compressore mantenga costante il rapporto p/po all’uscita della presa d’aria (ingresso al compressore) e, cioè, si fissi una curva di funzionamento all’interno della stessa, ad esempio quella individuata dai punti B-B’ di figura.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Nel caso in cui la condizione di volo provochi la formazione di un’onda d’urto, i diagrammi delle figure seguenti sono sempre adimensionalizzati rispetto alla pressione di ristagno a valle dell’onda d’urto.
È necessario sottolineare che quest’ipotesi è equivalente a fissare il numero di Mach in ogni sezione della presa d’aria, in particolare quello nel punto B’, ed implica che pB aumenti all’aumentare del numero di Mach.
L’ipotesi fatta non lede la generalità del problema e consente una notevole semplificazione nella descrizione dello stesso permettendo una migliore comprensione della fenomenologia coinvolta.
Il funzionamento, a partire dal punto fisso fino al raggiungimento del Mach unitario, è analogo a quello descritto in precedenza. La curva c è stata rappresentata per un velivolo che vola in condizioni soniche (M = 1).


Prese d’aria supersoniche (segue)

Superando di poco la velocità del suono si ha, come mostrato dalla curva d, la formazione di un’onda d’urto a monte della presa d’aria, praticamente normale nella zona di interesse (zona dell’area di cattura). Il diffusore si comporta, infatti, quasi come un corpo tozzo ed è quindi necessario avere un’onda d’urto staccata che informi la corrente della presenza della presa.
Il diagramma di pressione indicato dalla curva d mostra che, a valle dell’urto, è necessario che si formi un divergente esterno per comprimere ulteriormente il fluido. Quindi, anche in queste condizioni l’area di cattura è minore dell’area della bocca della presa d’aria.
Per semplicità di rappresentazione, questa compressione esterna è descritta ancora dalla parte della curva c a valle dell’onda d’urto. Aumentando ancora il numero di Mach, l’onda tende ad avvicinarsi alla presa d’aria e il diagramma di pressione diventa quello indicato, ad esempio, dalla curva e.


Prese d’aria supersoniche (segue)

L’avvicinarsi dell’onda d’urto alla presa d’aria all’aumentare del numero di Mach può essere spiegato considerando che il Mach a valle di un’onda d’urto è una funzione decrescente di quello a monte.
Poiché per bassi valori supersonici di M il numero di Mach imposto nel punto B’ risulta minore di quello a valle dell’onda d’urto, al diminuire di quest’ultimo (e cioè all’aumentare di M), ci si avvicina alle condizioni del punto B’ ed è quindi necessaria una compressione esterna minore.
Ne consegue che l’onda d’urto si avvicina alla bocca della presa d’aria.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Quando M è tale che il numero di Mach a valle dell’onda d’urto sia uguale a quello corrispondente al punto B’, l’onda si porta esattamente sulla bocca della presa d’aria e si ha il cosiddetto funzionamento corretto (curva f) della presa d’aria.
In queste condizioni la parete esterna della presa d’aria provoca la formazione di onde d’urto oblique e, per ridurne la resistenza aerodinamica, essa è normalmente costruita con uno spigolo per quanto possibile vivo e con un angolo di deviazione relativamente basso, così come mostrato in figura.
Va comunque osservato che una tale geometria può causare separazione della corrente, in particolare al punto fisso.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Un ulteriore aumento del numero di Mach di volo provoca l’ingresso dell’onda d’urto all’interno della presa d’aria con un aumento del numero di Mach a monte dell’onda e, di conseguenza, una maggiore caduta di pressione di ristagno.
La curva di funzionamento è quella indicata con la lettera g e, per le ipotesi fatte, a valle dell’onda si segue la restante porzione della curva B’-B.
Più esattamente, nell’ambito di una trattazione bidimensionale, sulla bocca della presa esisterebbe un ventaglio di espansione per la presenza di una convessità che, dopo la riflessione sull’asse di simmetria, riflettendosi sulla superficie concava del divergente, genererebbe l’onda d’urto interna.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Per completare l’analisi, è opportuno discutere come si modificano le curve di funzionamento all’aumentare, o al diminuire, della pressione imposta dal compressore (cioè immediatamente prima di esso) rispetto a quella relativa al funzionamento corretto (curva b), per un fissato valore del numero di Mach.
Nel caso di aumento della pressione (curva a), l’onda si allontana dalla bocca della presa perché il numero di Mach all’ingresso deve diminuire ed è quindi necessaria una compressione esterna; lo spillamento dovuto alla compressione esterna provoca una diminuzione della portata di massa.
Nel caso in cui si ha una diminuzione della pressione in ingresso al compressore (curva c), l’onda d’urto si porta all’interno del divergente ma la portata rimane costante perché le condizioni sulla bocca non variano.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Per quanto detto, una presa d’aria formata da un semplice condotto divergente può essere utilizzata solo quando la caduta di pressione di ristagno, associata all’onda d’urto, è sufficientemente piccola, cioè per numeri di Mach di crociera relativamente bassi. Un limite ragionevole si ha per Mc minore di circa 1.6. Infatti, in queste condizioni, la caduta di pressione di ristagno risulta inferiore al 10%. Per numeri di Mach maggiori, la caduta di pressione di ristagno diventa rapidamente troppo grande (ad es., per Mc = 1.8, la pressione di ristagno, a valle dell’urto, diminuisce di quasi il 20%) per cui è necessario utilizzare una presa d’aria convergente divergente.

La curva di funzionamento ideale per quest’ultimo tipo di presa d’aria sarebbe una curva simile a quella indicata dalle lettere c-l nella figura a lato, con un numero di Mach all’ingresso del diffusore uguale a quello di crociera.


Prese d’aria supersoniche (segue)

La fase iniziale di avviamento è analoga a quella già descritta per le prese d’aria subsoniche semplicemente divergenti; l’unica differenza è che, nel convergente della presa, la pressione diminuisce e poi aumenta nel divergente.
Se il compressore impone una pressione (all’uscita della presa) pari a quella del punto A, la curva di funzionamento all’interno della presa d’aria è fissata al punto B’ ed è necessario avere un convergente esterno.

Anche in questo caso, per quanto detto in precedenza, l’area di cattura è infinita e le linee di corrente convergono da tutte le direzioni, per cui la parte di curva all’esterno della presa d’aria rappresenta il profilo di pressione solo sull’asse della presa stessa.


Prese d’aria supersoniche (segue)

La presa si strozza (portata massima) quando il rapporto tra la pressione a monte del compressore e quella di ristagno (al punto fisso uguale a quella ambiente) è uguale ad r1.
Per analizzare la fase successiva supponiamo, che il compressore mantenga costante il rapporto p/po, all’uscita della presa d’aria, ad es. pari a r1.
Una particolare condizione di funzionamento, in regime subsonico, è quella mostrata nella curva b, che ha area di cattura uguale a quella della bocca.
Un aumento (diminuzione) di M provoca gli stessi effetti già discussi nel caso di una presa d’aria semplicemente divergente (curve c e a rispettivamente).


Prese d’aria supersoniche (segue)

La curva d corrisponde al funzionamento in condizioni soniche. Anche la curva e, in cui è presente un’onda d’urto, è analoga al caso precedente.
In particolare il numero di Mach a valle dell’onda d’urto risulta maggiore di quello relativo al punto B’ si ha una compressione esterna con spillamento.
Aumentando il numero di Mach di volo al valore relativo al punto C’, l’onda d’urto è ancora esterna alla presa d’aria e occorre, come si vedrà in seguito, un’ulteriore accelerazione per portarla sulla bocca.
L’onda d’urto, infatti, si porta nella sezione di ingresso dell’ugello (curva g) solo se, e quando, il numero di Mach a valle dell’onda è uguale a quello relativo al punto B’.


Prese d’aria supersoniche (segue)

La curva d corrisponde al funzionamento in condizioni soniche. Anche la curva e, per la quale si ha un’onda d’urto, è analoga al caso precedente; in particolare, il numero di Mach a valle dell’onda d’urto risulta maggiore di quello relativo al punto B’ e si ha una compressione esterna con un conseguente spillamento.
Aumentando il numero di Mach di volo al valore relativo al punto C’, l’onda d’urto è ancora esterna alla presa d’aria e occorre, come si vedrà in seguito, un’ulteriore accelerazione per portarla sulla bocca.
L’onda d’urto, infatti, si porta all’ingresso dell’ugello (curva g) solo se, e quando, il numero di Mach a valle dell’onda è uguale a quello relativo al punto B’.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Risulta, allora, utile introdurre il diagramma riportato nella figura a lato che rappresenta, in funzione di M, sia il numero di Mach a valle dell’onda d’urto My, che quello subsonico isoentropico Mi relativo allo stesso rapporto A/A* corrispondente a M.

Il calcolo di Mi è molto semplice: partendo da M > 1 si calcola il valore A/A* e, da questo, si calcola il valore subsonico corrispondente.

Il diagramma di My altro non è che il grafico di M2 in funzione di M1 = M visto per le onde d’urto.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Si supponga ora che il velivolo debba volare al numero di Mach di crociera supersonico Mc e che esso acceleri da velocità subsoniche sino a raggiungere il valore Mc. Si supponga, poi, che il rapporto tra l’area di ingresso e quella di gola della presa d’aria sia quello critico relativo a Mc, il che, di fatto, determina il corrispondente valore subsonico MB (cioè Mi) sulla bocca della presa.
Non appena M > 1, si forma un’onda d’urto davanti alla presa che, in accordo con quanto già detto, all’aumentare del numero di Mach sino al valore Mc, avanza verso la bocca.
Poiché Mcy è maggiore di MB, anche quando il velivolo raggiunge il numero di Mach di crociera, l’onda si troverà ancora a monte della presa. Per portare l’onda sulla bocca del convergente, e quindi inghiottirla nella presa d’aria, si deve aumentare M fino a raggiungere il valore indicato con Mo (curva n) nella figura. Risulta dunque necessario operare un “overspeeding” (da cui il pedice o) e solo successivamente ci si può riportare a Mc.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Quando M = Mo, la curva di funzionamento è la g. L’onda è attaccata alla bocca del diffusore e risulta instabile. Una leggera perturbazione può far avanzare l’onda all’interno della presa d’aria che la può inghiottire.
Come per le gallerie supersoniche, l‘onda si sposta in una sezione del diffusore che ha la stessa area della bocca della presa (curva h).
A questo punto, la presa d’aria è stata avviata e si può diminuire il numero di Mach fino al valore di crociera, in modo da avvicinare l’onda alla gola del diffusore (diminuendo quindi il numero di Mach a monte) riducendo così la caduta di pressione di ristagno.
Si vuole, quindi, far funzionare la presa secondo la curva C’OB.
Chiaramente non conviene portare l’onda proprio nella sezione di gola, perché, essendo instabile agli spostamenti verso monte, può essere espulsa rendendo necessaria una nuova procedura d’avviamento.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Per semplificare la progettazione delle prese d’aria, il diagramma di destra è alternativamente espresso con il diagramma di sinistra, in termini del rapporto A*/A che è proprio il rapporto tra l’area di gola (nella quale si verifica M = 1) e quella d’ingresso. La superficie dei diagrammi può essere suddivisa in tre zone: la zona sottostante alla curva isoentropica, che rappresenta il dominio per cui l’onda si trova senz’altro a monte del diffusore; la zona sovrastante alla curva relativa alle onde d’urto normali, che rappresenta il dominio per cui l’onda si trova senz’altro nel divergente della presa d’aria; la zona intermedia fra le due curve, che rappresenta una zona d’isteresi.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Se si arriva nella zona centrale da sinistra, l’onda si trova all’esterno della presa d’aria mentre, arrivando da destra, l’onda è all’interno del divergente.
Esaminando i diagrammi si può notare come, per una presa d’aria a geometria fissa, anche per moderati valori di Mc, il valore di Mo sia nettamente maggiore e che, inoltre, la curva superiore presenta un valore asintotico.
Comunque, pur se fosse teoricamente possibile raggiungere il numero di Mach di overspeeding, la resistenza aerodinamica aumenterebbe drasticamente rendendo necessario sovradimensionare sia il motore che le strutture del velivolo per poter raggiungere un così elevato numero di Mach.


Prese d’aria supersoniche (segue)

Per questo motivo una presa d’aria convergente divergente è normalmente realizzata a geometria variabile, come schematicamente rappresentato in figura, nella quale il movimento verso sinistra (destra) della cerniera posta a destra fa diminuire (aumentare) l’area di gola della presa stessa. In questo caso è possibile seguire la curva s del diagramma, ossia portarsi al Mach di crociera, ingoiare l’onda ad un rapporto A*/A più elevato e successivamente variare il rapporto delle aree per ridurre la caduta di pressione di ristagno.
Se è possibile variare in modo significativo il rapporto delle aree, risulta ancora più conveniente seguire una curva simile a quella indicata con q, e cioè ingoiare appena si può l’onda con una grande area di gola e poi accelerare
fino al Mach di crociera variando contemporaneamente il rapporto delle aree. Ciò consente di far funzionare meglio il motore grazie alla minore caduta di pressione di ristagno della corrente durante l’avviamento.


Prese d’aria supersoniche (segue)


Prese d’aria supersoniche (segue)


Prese d’aria supersoniche (segue)


Prese d’aria supersoniche (segue)


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