Una buona parte dei risultati già ottenuti per un ugello convergente, sono validi anche nel caso di un ugello convergente divergente collegato ad un serbatoio.
La differenza fondamentale tra questo caso e quello di un ugello solamente convergente è che, mentre per quest’ultimo la:
era applicabile solo per valori di pa/po ≤ p*/po, poiché un ugello conver-gente divergente raggiunge le condizioni di strozzamento per pa/po = r1 > p*/po, la suddetta relazione è applicabile per tutti i valori pa/po < r1.
Ne consegue che i diagrammi già visti in precedenza devono essere corrispondentemente modificati.
In particolare il diagramma di Fig.1 si modifica così come rappresentato in Fig.2 nella quale il punto A di Fig. 1 è spostato verso destra (poiché r1 po > p*) e quindi il campo dei valori di pa per il quale la portata di massa resta costante (0 ≤ pa ≤ r1 po) viene ad essere esteso rispetto al caso di un ugello semplicemente convergente.
Per quanto riguarda invece il diagramma di Fig.1, nel caso di un ugello convergente divergente, esso viene ad essere modificato così come è mostrato nella Fig.2.
Il punto B di Fig.1 si sposta verso sinistra [poiché pa/r1 < pa (po/p*)] e la zona per la quale la portata di massa non dipende linearmente dalla pressione di ristagno si riduce conseguentemente.
In definitiva, con riferimento al problema riguardante la portata di massa, l’ugello convergente divergente, poiché strozza ad un rapporto di pressione maggiore di quello dell’ugello semplicemente convergente, presenta un campo della pressione ambiente per il quale la portata resta costante (per po = cost), ovvero un campo della pressione di ristagno per il quale la portata dipende linearmente dalla pressione di ristagno stessa (per pa = cost), entrambi più estesi di quelli relativi all’ugello convergente.
Corrispondentemente, il solido della portata di figura, valido per un ugello convergente, si modificherà presentando, in questo caso, la superficie triangolare OCA più estesa in quanto la semiretta determinata dal segmento OA ruoterà di una certa quantità (determinata da r1) verso il piano .
Per r2 < pa/po < r1 , si ha un’onda d’urto nel divergente e nella sezione di uscita dell’ugello è valida la condizione di Kutta . Tale situazione è schematicamente rappresentata in figura nella quale il segno = sta proprio a significare una pressione nella sezione di uscita dell’ugello, e nel getto fuoriuscente da esso, uguale a quella dell’ambiente in cui l’ugello scarica.
In effetti, in questo caso, quanto dettato dalla teoria di moto quasi-unidimensionale isoentropico non è completamente vero. Infatti, quando in una corrente il gradiente di pressione in direzione assiale è favorevole (dp/dx < 0), lo strato limite alle pareti dell’ugello è molto sottile per cui i risultati di moto non viscoso sono ingegneristicamente applicabili. Viceversa, un gradiente di pressione sfavorevole (dp/dx > 0) come quello presente nel divergente a valle dell’onda d’urto può indurre separazione della corrente dalla parete con la formazione di onde d’urto oblique all’interno del divergente ed una zona di ricircolo. Questo comportamento è schematicamente mostrato nella figura.
Tale separazione è tanto più possibile quanto maggiore risulta il dp/dx e quindi quanto maggiore è l’angolo di divergenza. Pertanto, questa fenomenologia è tipica degli ugelli propulsivi nei quali motivi di peso e di ingombro richiedono divergenti relativamente corti e quindi ad elevato angolo di divergenza. È stato sperimentalmente trovato da Green che, ad esempio, per ugelli conici con angolo di semiapertura a α/2 pari a 15°, il punto di separazione si ha all’incirca nella sezione in cui la pressione statica ps è data dalla curva a tratto intero del diagramma. È possibile notare che, per ugelli progettati con un elevato rapporto di espansione po / pa, la separazione avviene non appena la pressione ps (nella sezione in cui il flusso separa) scende al di sotto della pressione ambiente di circa l’1% della pressione di ristagno. Una regola più generale, anche se più grossolana, fissa il punto di separazione nella sezione in cui ps è circa pari a 0.4 pa, curva tratteggiata, perché in tal caso:
Per pa/po = r2, l’onda d’urto si porta esattamente nella sezione di uscita dell’ugello. Il segno – indica una pressione inferiore a quella ambiente.
Attenzione: in entrambe le due precedenti condizioni, come nelle successive riportate in questo paragrafo, sono stati trascurati gli effetti viscosi che si accompagnano al mescolamento del getto con il gas presente nell’ambiente ed è stato di conseguenza possibile rappresentare il confine del getto uscente dall’ugello con una linea parallela all’asse di quest’ultimo.
Se il rapporto di pressione diminuisce a partire da r2, l’onda d’urto normale, già presente all’uscita dell’ugello per pa/po = r2, darebbe luogo ad una ricompressione della corrente effluente dall’ugello troppo forte. Ne consegue che, almeno in prossimità della periferia della sezione di uscita (che è direttamente a contatto con la pressione ambiente), deve esistere un’onda d’urto obliqua. A causa del rapporto di pressione tra valle e monte dell’onda d’urto relativamente alto, a quest’onda d’urto obliqua corrisponde una soluzione forte (che comporta un più elevato valore di ε) per cui il numero di Mach a valle di essa è senz’altro subsonico e quindi l’onda d’urto non può riflettersi.
Inoltre, l’onda d’urto obliqua provoca una deviazione della corrente verso il basso, per cui, affinché il getto possa comunque effluire nell’ambiente, la linea di corrente periferica del getto a valle dell’onda deve avere una curvatura del tipo rappresentato in figura.
Questo evento, unitamente al fatto che sull’asse dell’ugello la corrente deve continuare diritta per motivi di simmetria, fa sì che l’angolo d’inclinazione ε rispetto alla corrente dell’onda d’urto, che parte obliqua alla periferia dell’ugello, vada man mano aumentando sino a divenire uguale a 90° sull’asse dell’ugello (dando ivi luogo ad una deviazione nulla).
La curvatura delle linee di corrente del getto dopo l’onda d’urto è causata proprio dal gradiente di pressione esistente tra asse e periferia del getto, generato dalla inclinazione variabile dell’onda.
Il campo di moto a valle di tale onda d’urto è ovviamente tutto subsonico, non uniforme e l’uguaglianza della pressione della corrente con quella ambiente è rispettata solo alla periferia del getto.
Man mano che il rapporto di pressione pa/po continua a diminuire, il numero di Mach a valle dell’onda d’urto aumenta progressivamente diventando infine supersonico. A questo punto però, l’angolo di deviazione della corrente dovuto all’onda d’urto obliqua ha un valore molto elevato ed il numero di Mach a valle della stessa è solo debolmente supersonico.
Ne consegue che la corrente non può essere raddrizzata, in direzione dell’asse dell’ugello, dall’onda riflessa in quanto risulta (|-δ | > δmax), onda a λ.
Si verifica poi, una riflessione dell’onda d’urto al confine del getto (superficie libera) mediante un ventaglio di espansione. La linea tratteggiata di figura rappresenta ancora una linea di slip per la quale vale quanto già detto.
Qualora quest’ultima condizione non si verificasse, si avrà una intersezione alla Mach, o a doppio λ, così come mostrata nella foto.
Per ulteriori diminuzioni del rapporto pa/po, il numero di Mach a valle dell’onda d’urto obliqua continua ad aumentare e contemporaneamente la deviazione della corrente indotta dall’onda tende a diminuire. È allora possibile una riflessione regolare dell’onda d’urto.
Dopo l’onda d’urto riflessa, la pressione della corrente è maggiore di quella ambiente, ancorché con un numero di Mach in generale maggiore di uno. Quindi, la prima onda di Mach del ventaglio di espansione non è ortogonale alla corrente (che in questa zona è parallela all’asse dell’ugello) bensì inclinata di un angolo μ = arcsin1/M . Comunque, a valle di questa zona, il getto evolve in modo simile a quanto visto per un ugello convergente sottoespanso.
Per pa/po = r3 la pressione della corrente supersonica presente nella sezione di uscita dell’ugello è esattamente uguale a quella ambiente e quindi teoricamente non sono presenti onde nel getto effluente dall’ugello stesso.
In effetti, se si osserva un getto in tali condizioni (ad esempio mediante la tecnica schlieren), si può notare che esso è attraversato da una serie di onde di Mach, praticamente parallele tra di loro, dovute alle piccole irregolarità sempre presenti sulle pareti dell’ugello e/o all’impossibilità di mantenere sperimentalmente il rapporto di pressione pa/p precisamente uguale a r3.
L’angolo di inclinazione μ di queste onde di Mach rispetto alla corrente consente, tra l’altro, di valutare il numero di Mach all’uscita dell’ugello mediante la relazione M = 1/sin μ, qualora quest’ultimo sia incognito.
Infine per pa/po < r3, a valle della sezione di uscita dell’ugello è presente un ventaglio di espansione. Anche in questo caso la prima onda del ventaglio di espansione non è ortogonale alla corrente bensì inclinata di un angolo di μ = arcsin1/ M.
Ci si riferisce, qui di seguito, a situazioni del tipo rappresentato in figura e cioè a rapporti di pressione tali che r2<pa/po < r1 . Nel caso in cui la posizione dell’onda d’urto normale nel divergente è nota, la determinazione delle condizioni all’uscita dell’ugello è immediata. Occorre, infatti, procedere come già indicato in precedenza, ovvero attraverso la determinazione di A2* / A1* causata dall’onda d’urto e, quindi, la determinzione del M nella sezione di uscita mediante:
avendo posto: A2* = A*
Se, invece, si conosce il numero di Mach all’uscita e si vuole conoscere la posizione dell’urto, occorre osservare che, la costanza, sia della portata di massa nell’ugello che della temperatura di ristagno della corrente, impongono:
dove con A* e po sono state indicate l’area critica e la pressione di ristagno a monte dell’onda d’urto. Poiché la Au / A* è un dato del problema ed il rapporto Au / AF* è deducibile dalla conoscenza di Mu, si può ricavare il rapporto tra le due pressioni di ristagno, noto il quale si conosce anche il numero di Mach a monte dell’onda d’urto e di conseguenza la posizione di quest’ultima.
Infine, nel caso in cui sia nota la pressione nella sezione di uscita, dalla costanza della portata di massa si ha:
ovvero, nel caso di gas più che perfetto:
e semplificando:
dove con A* e po sono state indicate l’area critica e la pressione di ristagno a monte dell’onda d’urto.
Per l’ipotesi fatta di pu nota, il secondo, o il terzo membro, della precedente relazione è anch’esso noto per cui è possibile porlo uguale alla costante B.
Quadrando e risolvendo, tenendo conto della:
per la cui validità è solo necessario che il moto sia omoenergetico e non isoentropico, si ottengono le due radici:
di cui è necessario scartare quella con il segno negativo che condurrebbe a valori complessi del numero di Mach all’uscita dell’ugello.
A questo punto, è possibile applicare la:
e quindi ricavare il rapporto tra le pressioni di ristagno a monte ed a valle dell’urto, il numero di Mach a monte di esso ed infine la posizione dell’onda d’urto nel divergente.