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Giuseppe Langella » 11.Il circuito acqua - vapore


Premessa

I generatori di vapore sono apparecchiature destinate alla produzione di calore utile e sono ormai diffuse nella tecnica moderna, non solo negli impianti motori delle centrali termoelettriche tradizionali e di tipo nucleare (anche se in quest’ultimo caso presentano caratteristiche del tutto particolari), negli impianti di propulsione e soprattutto ausiliari di molte navi, ma anche in numerose applicazioni industriali: procedimenti di produzione della carta, di essiccamento, di distillazione, azionamento di macchine quali ad esempio magli e presse. Troviamo anche impiego negli impianti di riscaldamento, che possono essere ad acqua calda o appunto a vapore e nella tradizione ferroviaria, in particolare in quei paesi dove per la presenza di cospicui giacimenti di carbone, non si è ancora generalizzata la trazione elettrica. Si può dire con certezza quindi che le caldaie a vapore di cui esistono svariatissime soluzioni costruttive spesso molto differenti per caratteristiche funzionali e dimensionali, rappresentano una indispensabile parte delle conoscenze di base di qualsiasi tecnico del settore meccanico.

Premessa

Data la complessità di questa apparecchiatura, partiamo da un modello semplificato e gradualmente complichiamo introducendo di volta in volta caratteristiche e problematiche relative. Per definire questo modello semplificato, partiamo dalla più semplice ed immediata definizione di generatore di vapore:

un generatore di vapore è un apparecchiatura atta a fornire un fluido con un buon contenuto entalpico ed una discreta pressione.

Questa definizione comporta necessariamente che un generatore di vapore debba presentare un ingresso oltre che un’uscita per il fluido freddo, detto anche fluido termovettore, che verrà poi riscaldato, il quale alle condizioni iniziali di ingresso, ha un contenuto entalpico inferiore a quello di uscita. Per fare ciò, ovvero portare un fluido da un certo contenuto entalpico ad uno maggiore è necessario spendere energia in una certa forma, poiché bisogna che il fluido lo assorba e lo incameri onde avere le condizioni finali.

Premessa

In base a quanto detto, un generico generatore di vapore può essere schematizzato come indicato in figura. Come si può notare lo schema è approssimativamente molto utile perché ci consente alcune osservazione su queste prime relazioni:

mi = mM

Possiamo dire infatti che i G.V tranne casi particolari, sono tutti sistemi aperti il che implica la necessaria soddisfazione del principio di conservazione della massa. Se non fosse verificata la costanza della portata massica avremmo degli “infelici” fenomeni in stazionari che complicherebbero la trattazione. La seconda relazione:

hi >> hi

che è possibile solo se al sistema viene addotto calore,  comporta un aumento di temperatura ma non in genere di pressione (lavoriamo infatti su un isobara). Si è detto che all’uscita, il fluido presenta una pressione e una temperatura maggiore di quelle di ingresso; il fluido infatti, prima di entrare nel sistema viene pressurizzato (a monte quindi dello scambio energetico) e successivamente riscaldato. In tal modo il lavoro di compressione e nettamente inferiore al caso di compressione in fase vapore.

Premessa

La condizione di trasporto di calore al fluido freddo da riscaldare e da mandare all’utenza presuppone anche la presenza di un fluido caldo che è quello prodotto dalla combustione e tale condizione di scambio energetico è assicurata se:

Tfe   >Tu

Ossia la temperatura del fluido caldo sia maggiore di quella del fluido nel condotto o meglio sia maggiore di quella di uscita del fluido desiderato. Da tali condizioni si evince che per avere tale somministrazione di energia si necessita di un bruciatore che riscaldi il fluido caldo esterno al condotto e tale bruciatore può essere dei più svariati tipi: il fluido caldo infatti non è caldo di per sé ma c’è “qualcosa” che lo rende tale.

Premessa

Pertanto possiamo affinare la definizione di G.V, asserendo che esso è un sistema aperto dal lato del fluido freddo , mentre dal lato della sorgente calda possiamo avere 2 casi:

  • sistema aperto
  • sistema chiuso.

Nel primo caso si ha l’introduzione nel sistema di sostanze che reagendo tra loro sviluppano in un processo esotermico calore dopo di che si scaricano nell’aria i residui di detta combustione. In tal caso dobbiamo tener conto dell’equazione di conservazione della portata massica ovvero: \dot m_c + \dot m_{aria}=\dot m_f Nel secondo caso la sorgente può essere un sistema chiuso, caso non infrequente, basti pensare ai generatori termonucleari. Detto impianto è ovviamente chiuso (per le radiazioni e quindi per ragioni di sicurezza) ed in esso viene immesso periodicamente del combustibile (barre di uranio) che generano calore per un certo periodo di tempo terminato il quale va rimpiazzato il combustibile esaurito (operazione non semplice). Il nostro studio è incentrato essenzialmente sui sistemi “aperti”.

Premessa

Sulla base di quanto sino ad ora asserito, un secondo aspetto essenziale per un G.V è che esso costituisce di fatto un’apparecchiatura atta a produrre e a scambiare calore, poiché esso trasporta calore al fluido termovettore. La parete che infatti divide il condotto del G.V da quello del fluido caldo è una parete diabatica e lo deve essere il più possibile in quanto si desidera il miglior scambio termico tra i due fluidi, mentre le restanti pareti sono adiabatiche in modo da ridurre le perdite di calore e quindi economiche relativamente al combustibile bruciato a vuoto. La parete diabatica è utile anche perché i due fluidi sono a pressioni diverse.

Premessa

La differenza di pressione nasce poiché il fluido caldo, composto in origine da aria e combustibile, produce calore per combustione: l’ossigeno è disponibile a pressione ambiente e non certo a quella del fluido freddo. Se volessimo potremmo avere fluido caldo alla pressione del fluido freddo all’uscita e quindi ad una pressione maggiore semplicemente comprimendolo con un compressore ma tale operazione comporta un aggravio economico conseguente la spesa di energia meccanica. Per recuperare tale dispendio, si potrebbe pensare di far passare i fumi della combustione per una turbina, in modo da recuperare in parte tale energia consumata, ma tale soluzione aggiuntiva comporta dei problemi in quanto far lavorare una turbina con un fluido caldo o meglio con fumi caldi non è ne facile né economico. In ultima analisi si preferisce dunque far lavorare il fluido caldo a temperatura e pressione ambiente. Se fosse possibile, ed è possibile, far lavorare il fluido freddo a pressione e temperatura ambiente, la parete divisoria non avrebbe motivo di esistere. In realtà essa serve anche ad evitare il mescolamento delle portate massiche in uscita: il condotto del fluido freddo restituisce in uscita un liquido caldo (o comunque ad una temperatura maggiore di quella iniziale), mentre la combustione fornisce fumi, ovvero gas caldi; si evita in questo modo la formazione di una miscela bifasica scura e calda, di nessuna utilità.

Premessa

Abbiamo visto nella prima lezione che i GV si distinguono in GV a tubi di fumo e GV a tubi d’acqua. La prima tipologia è diffusa fino a pressioni di esercizio inferiori ai 30 bar ed è caratterizzata da tubi percorsi da fumi a pressione atmosferica e lambiti esternamente da vapore in pressione, a sua volta contenuto in un corpo cilindrico di grosso diametro. I GV di grossa potenzialità e funzionanti a pressioni elevate, sono invece del tipo a tubi d’acqua. Il motivo di tale scelta, non è tanto da ricercare nella maggiore superficie di scambio termico ma è di natura strettamente meccanica.

Premessa

Nel caso infatti di recipienti in pressione sappiamo dalla formula delle caldaie che nella sezione resistente insistono due risultanti, una delle tensioni e l’altra delle forze di pressione che per l’equilibrio hanno modulo uguale e pari a: \sigma_t=\frac{PD}{2s}Dalla quale si intuisce che per limitare le è conveniente prendere tubi di diametri D il più piccoli possibile. Infatti fermo restando la pressione p, per diminuire l’entità delle , possiamo fare 2 cose:

  • o aumentare lo spessore s
  • diminuire il diametro D del tubo.

Nel primo caso però l’aumento dello spessore comporta un aumento del materiale e quindi uno svantaggio economico, mentre nel secondo caso la diminuzione di D porta ad una diminuzione del materiale e quindi risulta positiva.

Il percorso del vapore

Analisi dell’evoluzione del fluido freddo

Si consideri il caso di un GV a tubi d’acqua , completo di surriscaldatore. Il liquido saturo proveniente dal condensatore viene pressurizzato fino ad 1, introdotto nel generatore di vapore, dove viene riscaldato nell’ECONOMIZZATORE (1-2), vaporizzato nell’EVAPORATORE (2-3) e surriscaldato nel SURRISCALDATORE (3-4) isobaricamente fino al punto 4. Tale processo apparentemente semplice è in realtà più complesso perché: se la portata massica del fluido freddo è uguale in ingresso ed in uscita quella volumetrica non lo è perché varia al variare della densità. A pressioni non molto elevate, vi è una differenza di ben tre ordini di grandezza tra densità della fase liquida e densità della fase vapore. Il problema che sorge è dunque come gestire tale cambiamento di portata volumetrica. Ricordiamo che la portata volumetrica si può esprimere come prodotto tra velocità e sezione di passaggio. Aumentare la velocità implica fare sezioni più piccole, quindi D piccoli e avere costi d’impianto minori, ma in contrapposizione si hanno perdite di carico elevate in quanto quest’ultime crescono con il quadrato delle velocità.

Il percorso del vapore

Al fine di evidenziare qualche considerazione, procediamo con un analisi numerica qualitativa, su un esempio: Si ipotizzi di produrre vapore a 40 bar partendo da una temperatura di 70 °C per giungere ad una temperatura di 540 °C. Si valutino le quantità di calore per unità di massa, qI, qII, qIII, necessarie ai processi consecutivi di riscaldamento del liquido, vaporizzazione e surriscaldamento del vapore.

Il percorso del vapore

Quanto ricavato da un punto di vita squisitamente analitico, può essere letto anche dallo stesso diagramma, nel quale è facilmente intuibile che la maggior parte del calore da somministrare al fluido è ceduta per vaporizzarlo. Ovviamente va pure detto che ciò è vero a pressioni non molto elevate, in quanto al crescere della pressione verso la pressione critica, il calore di vaporizzazione diminuisce fino ad annullarsi. Nei GV ipercritici infatti non vi è un vero e proprio passaggio di fase in quanto non vi è differenza di densità tra fase liquida e vapore. Nella maggior parte dei casi le tre sezioni attraversate consecutivamente dal vapore non sono attraversate nello stesso ordine anche dal fluido caldo, né in contro corrente, né in equicorrente; rispondendo ad esigenze di minimizzazione dei delta T e di ripartizione percentuale del calore necessario, i fumi interagiscono prima con l’evaporatore, poi con il surriscaldatore e infine con l’economizzatore.

Percorso del vapore e percorso dei fumi

Percorso del vapore e percorso dei fumi


I materiali di supporto della lezione

D. Annaratone, Generatori di Vapore, Edizioni Libreria CLUP.

Esercitazioni di Generatori di Vapore

Appunti delle lezioni di Generatori di Vapore del Prof. G. Langella.

D. Annaratone, GENERATORI DI VAPORE, Edizioni Libreria CLUP.

Appunti di Generatori di Vapore

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