La raccolta delle ceneri può avvenire in due modi: sotto forma di ceneri fuse o di particolato.
Per la raccolta delle ceneri allo stato fuso, ad esempio nel caso di combustione di CDR con basso punto di fusione delle ceneri, uno o più bruciatori addizionali a metano sono diretti verso il fondo della camera di combustione, in modo da mantenere fluide le ceneri. Queste scorrono attraverso un anello di raccolta, raffreddato ad acqua, fino ad un serbatoio riempito con acqua. Il sistema consente la raccolta di circa il 50% delle ceneri.
Per ceneri ad alto punto di fusione (Temperatura di fusione superiore a 1300° C), le ceneri stesse sono raffreddate in sospensione con i gas combusti dalle pareti schermate e refrigerate ad acqua della camera di combustione. Circa l’80% delle ceneri resta nei gas di scarico (il 20% precipita in fase solida sul fondo della camera, e viene rimosso meccanicamente), dimodoché sono necessari dispositivi di raccolta di tipo meccanico (filtri o precipitatori elettrostatici).
Per la pulizia delle superfici a convezione, si usano soffiatori di fuliggine azionati ad aria compressa o vapore.
I problemi di corrosione dei corpi metallici delle caldaie hanno grande importanza, in particolare nel caso di utilizzo di combustibili di basso pregio come il CDR o gli RSU, particolarmente ricchi di sostanze corrosive, nonché per la tendenza a contenere la temperatura di scarico al camino.
Il fenomeno di corrosione, a danno del surriscaldatore dell’evaporatore e dell’economizzatore, è da attribuirsi alla alta concentrazione di cloro nei gas combusti, tale valore dipende principalmente dalla composizione degli RSU, nei quali il cloro varia da un minimo di 0.47% ad un massimo di 0,72%. Approssimativamente la metà del cloro contenuto nell’RSU, è di natura organica, mentre l’altra metà deriva da materiali plastici come ad esempio il PVC. Il cloro presente, durante la combustione, produce acido cloridrico HCl sotto forma di gas molto pericoloso perché corrosivo. Assumendo una concentrazione percentuale ideale di cloro dello 0,5% all’interno dell’RSU tal quale, possiamo affermare che la concentrazione di HCl si attesta intorno alle 580 ppmv.
Oltre alla concentrazione del cloro, ad aggravare la situazione è l’elevata temperatura. Con temperature di vapore surriscaldato maggiori di 350°-380°, è possibile raggiungere all’esterno dei condotti, a contatto con i fumi, valori di temperatura maggiori di400°C, entrando in una zona dove l’aggressione acida incrementa rapidamente.
I meccanismi di corrosione, sono principalmente due:
L’ossidazione attiva si verifica quando il metallo di cui è costituito lo scambiatore si trova alla temperatura di circa450°C. Tale processo è costituito da diverse fasi:
2HCl + 0.5 O2 → Cl2 + H2O
2NaCl + Fe2O3 + ½ O2 → Na2Fe2 O4 + Cl2
2. Il cloro che si è formato sulla superficie delle tubazioni, riesce a penetrare nelle incrostazioni di ossido e reagisce con il ferro, o con il metallo di cui è composto il tubo, dando vita a cloruri metallici. Le reazioni sono le seguenti:
Fe + Cl2 → FeCl2(s)
Fe + 2HCl → FCl2(s) + H2(g)
3. I cloruri metallici sotto forma di vapori, fuoriescono dalle incrostazioni, che ricoprono i tubi in parte staccandole. I cloruri metallici sono così liberi di reagire con l’ossigeno presente intorno alle tubazioni, si formano così cloro e ossidi metallici.
FeCl2(s) → FeCl2(g)
3FeCl2 + 2O2 → Fe3O4 +3Cl2
2FeCl2 + 1,5 O2 → Fe2O3 + 2Cl2
Nell’ultima fase il cloro in fase gassosa, rilasciato dalle reazioni esaminate, si diffonde nella maggior parte dei gas. In parte tale cloro tende nuovamente a reagire con il ferro o il metallo di cui sono costituiti i fasci tubieri, formando nuovamente cloruri metallici volatili.Il ciclo di reazioni esaminate dimostra come il metallo viene continuamente asportato dalle superfici degli scambiatori sotto forma di cloruri.
Quando i cloruri di sali contenuti nei gas di combustione vengono a contatto con le superfici dei tubi più freddi, condensano e formano una miscela liquida. Questi reagiscono con i gas SO2 e SO3, formando solfati alcalini, come mostrano le reazioni:
2NaCl(s,l) + SO2 + O2 → Na2SO4 + Cl2
2KCl(s,l) + SO2 + O2 → K2SO4 +Cl2
I depositi di tali sostanze, favoriscono in due modi la corrosione, il cloro da il via a una serie di reazioni come quelle già viste in precedenza per l’ossidazione; mentre la presenza di solfati alcalini di sodio e di potassio, uniti alla vanadina V5O2, derivante dal combustibile, producono un eutettico a basso punto di fusione a consistenza vetrosa aderente alle pareti degli scambiatori e fortemente corrosivo sia per gli strati protettivi di ossido sia per le parti metalliche.
Vari fattori influenzano il fenomeno della corrosione, nei generatori di vapore di un impianto di termovalorizzazione.
Una particolare reazione, che risulta essere benefica nei confronti degli effetti della corrosione del cloro e dei cloruri, è quella di solfatazione dei sali alcalini, contenuti nei gas combusti. Questa reazione chimica trasforma i cloruri in sali solfati. Il cloro rilasciato reagisce con il vapore d’acqua e forma acido cloridrico sottoforma di gas. I sali solfati sono molto meno aggressivi dei semplici solfati a temperature elevate.
L’esperienza costruttiva ha messo in evidenza diversi modi di affrontare il problema della corrosione. Questi possono essere suddivisi in due categorie principali:
Gli interventi primari sono:
1. Limitazione della temperatura di parete. Ciò porta al noto limite superiore di450 °C per la temperatura di surriscaldamento. Oltre tale valore, di cui si è più volte tentato il superamento al fine di incrementare il rendimento dei cicli, l’ossidazione presenta caratteristiche catastrofiche.
2. Riduzione dell’eccesso d’aria. Limitando questo a pochi punti percentuali, si ha prevalentemente formazione di CO2 rispetto ad altri ossidi. Per limitare l’emissione di incombusti (che causano inquinamento e sensibili perdite di rendimento) occorre, però, un sistema di controllo della combustione accurato e pronto ad adeguarsi a variazioni anche piccole del carico.
3. Evitare le temperature di parete più pericolose. Particolarmente aggressive sono le miscele H2O ÷ H2SO4 a concentrazioni intermedie (40 ÷ 50% per l’acciaio), che si formano preferenzialmente per determinate differenze di temperatura tra gas e parete. In definitiva, occorre contenere entro limiti ragionevoli l’abbassamento della temperatura al camino (100 -180 °C a seconda del tipo di combustibile impiegato; i valori minimi sono caratteristici del gas naturale).
Gli interventi secondari:
a) Aggiunta di sostanze che innalzano il punto di fusione delle ceneri. Assolve a tale compito la dolomite, CaMg(CO3)2 che ha effetti positivi anche nella prevenzione di eventuali corrosioni. È di frequento utilizzo anche l’ossido di magnesio MgO.
b) Introduzione di inibitori di corrosione nel circuito fumi. Alcuni additivi (dolomite, ammoniaca, ossidi di zinco) assorbono fisicamente l’anidride solforica. Altri (zinco ed additivi speciali) agiscono come anticatalizzatori per l’ossidazione di SO2.
c) Adozione di materiali protettivi. Le superfici del surriscaldatore sono le più corrose a causa delle elevate temperature. Il rivestimento è costituito da una superlega alla base di nichel, l’INCONEL 625. L’elevato costo di questo materiale, rende necessario un accurato studio della temperatura, per ricercare le zone del surriscaldatore dove bisogna utilizzarlo. Lo strato protettivo di INCONEL non altera gli scambi termici ed è resistente all’acido cloridrico (HCl) e al cloro gassoso (Cl2). Inoltre recenti sperimentazioni hanno dimostrato che le proprietà protettive sono scarse tra i 400°-420°, mentre si incrementano a partire dai 450° fino ad un picco di 540°. La maggior parte dei fasci scambiatori dei termovalorizzatori opera a circa 420°, temperatura alle quale l’INCONEL non è raccomandato.
d) Metodologie di applicazione di materiali protettivi. Oltre la scelta dei materiali per proteggere le tubazioni è molto importante la metodologie applicativa di questi. Le tecnologie scelte sono la spruzzatura ad alta velocità, con torcia ad ossigeno-combustibile (HVOF high velocity oxsy-fuel), e la spruzzatura al plasma. Entrambe le lavorazioni riducono, a meno dell’1%, la porosità dell’isolante, che normalmente è del 5%. Test sperimentali hanno dimostrato un’ottima resistenza all’erosione dei materiali sottoposti ai trattamenti sopra indicati, poiché questi producono microstrutture solide ed omogenee. L’utilizzo congiunto di materiali, quali l’INCONEL, e lavorazioni, come l’HVOF, hanno innalzato la durata, dei banchi di tubi dei surriscaldatori, a più di tre anni.
1. Generalità e classificazione dei generatori di vapore
2. Combustibili
6. Tecniche di denitrificazione
11. Il circuito acqua - vapore
12. L'economizzatore
13. L'evaporatore
15. Incrostazioni calcaree e corrosione nei tubi
16. Degasaggio e demineralizzazione
17. Generatori di vapore e termovalorizzazione - Parte Prima
18. Generatori di vapore e termovalorizzazione - Parte Seconda
19. I materiali impiegati nei generatori di vapore