Il trattamento dell’acqua di alimentazione degli impianti termici ha lo scopo di evitare la formazione di incrostazioni calcaree e depositi e il verificarsi di fenomeni corrosivi. Per quanto concerne le modalità di trattamento e quindi di prevenzione, nonostante i due lati del problema (incrostazione e corrosione) vengano separati, il problema è da considerarsi unico e interconnesso in quanto le formazioni calcaree si associano e spesso agevolano l’insorgere di nuovi fenomeni corrosivi.
Le incrotazioni calcaree si formano a casusa della precipitazione dei carbonati, principalmente di calcio e di magnesio, in corrispondenza dell’aumento della temperatura dell’acqua. La bassa conduciblità termica del calcare (circa 100 volte inferiore a quella del ferro e circa 600 volte inferiore a quella del rame) fa in modo che esso si comporti come un ottimo isolante termico; per tale motivo, per arrivare allo stesso rendimento termico, è necessaria una temperatura al focolare più alta e dunque un maggior consumo di combustibile.
Le incrostazioni calcaree tendono a comparire, in maggior misura, sulle superfici metalliche di scambio termico (caldaia, scambiatori) e con spessori molti dosuniformi, il che comporta grosse variazioni di temperatura da punto a punto delle superfici di scambio, con sollecitazioni e stress differenziati del metallo.
In tal modo l’impianto innanzitutto dura di meno; inoltre esso richiede con maggiore frequenza interventi di riparazione e o sostituzione di componenti.
Per gli impianti a vapore di piccola e media potenzialità, utilizzati per il riscaldamento ad uso civile, quali impianti a vapore a bassa pressione o ad acqua surriscaldata (max 180 °C), i trattamenti previsti dalla normativa sono principalmente tre:
Di norma si può distinguere tra in trattamento esterno (filtrazione – addolcimento) con funzione antincrostante e trattamento integrativo (condizionamento chimico, additivazione prodotto filmante) con funzione anti-corrosiva.
Fondamentale per i generatori di vapore è l’addolcitore, che ha il compito di abbassare la durezza dell’acqua. Esso va dimensionato innanzitutto in base alla capacità ciclica richiesta e poi, in secondo luogo, in base alla portata massima. La capacità di ciclo rappresenta la quantità di acqua addolcita che l’apparecchio è in grado di erogare tra due siccessive rigenerazioni. La portata massima indica invece la massima portata che può essere erogata istantaneamente, senza che si creino eccessive perdite di carico.
Con il termine corrosione si indicano genericamente tutti i processi di degrado a cui vanno soggetti i metalli, con l’interazione con l’ambiente in cui essi si trovano ad operare, e che comportano in sostanza un’ossidazione dei metalli stessi. Si tratta spesso di fenomeni molto articolati , che si presentano in circostanze e sotto forme varie delle quali non sempre è possibile formulare un’adeguata spiegazione. Una prima distinzione si può fare tra corrosione elettrochimica, che avviene ad umido, e corrosione chimica, che avviene sia a secco che a umido.
Di queste due tipologie la più significativa, nel nostro caso, è la corrosione in ambiente umido. In letteratura tecnica è disponibile una teoria elettrochimica che permette di spegare lo svolgimento dei processi corrosivi in ambiente umido. Tale teoria sostiene che l’umidità sulla superficie di un metallo funge da tramite per lo scambio di ioni tra punti a diverso potenziale elettrico. Ogni metallo, posto in contatto con un solvente, ad esempio l’acqua, ha una certa tendenza a lasciare andare in soluzione i suoi atomi sotto forma di ioni (teoria di Nernst).
In particolare il ferro, a contatto con una soluzione, tende a dissociarsi in forma ionica secondo l’equilibrio:
Fe→ Fe++ + 2e-
Ogni fenomeno chimico o fisico capace di rompere l’equilibrio di cui sopra, quindi qualsiasi fenomeno in grado di sottrarre ioni Fe++ o elettroni, determina uno scioglimento del ferro e quindi una corrosione. Per avere una sottrazione di elettroni basta che ci siano zone a differente potenziale tali da favorire il procedere della reazione di dissoluzione del ferro. Durante la corrosione del ferro in acqua, ogni atomo di ferro cede due elettroni e si ionizza positivamente. Gli elettroni migrano nel circuito fino al catodo e, reagendo con gli idrogenioni, danno luogo allo sviluppo di idrogeno gassoso.
Gli ioni di ferro liberati all’anodo sono attirati dal gruppo OH- sempre presente nella soluzione e, combinandosi con esso, portano alla formazione di un composto instabile che è l’idrossido ferroso Fe(OH)2, il quale precipita depositandosi nella zona anodica. Da quanto detto risulta che il processo anodico e il processo catodico non possono verificarsi separatamente. Ciascun processo alimenta l’altro ed il circuito elettrico si chiude attraverso la soluzione elettrolitica. In realtà la corrosione vera e propria però si verifica solo nelle zone anodiche, sulle quali si manifesta la dissoluzione del metallo e la formazione di ossido; le zone catodiche, al contrario, sono sempre protette.
Diverse e numerose sono le cause che possono generare una differenza di potenziale tra due punti di una struttura metallica immersa nell’acqua:
Con l’avanzare della corrosione e con l’accumularsi dei suoi prodotti nelle zone catodiche e anodiche, la differenza di potenziale tende a scemare; in tal caso si parla di polarizzazione. In particolare, nel caso del ferro, l’idrogeno gassoso che si forma al catodo tende ad invilupparlo ed isolarlo elettricamente, così da ostacolare la neutralizzazione delle cariche e quindi la corrosione. Allo stesso tempo gli ossidi che si formano all’anodo generano su di esso una pellicola generalmente poco permeabile che protegge il metallo e rallenta, o arresta completamente, il processo di dissoluzione del metallo stesso. Questo fenomeno, che va sotto il nome di passivazione, rappresenta un’importante proprietà degli acciai inossidabili, ricchi di cromo e nichel. Infatti l’acciaio si definisce inossidabile non perché non si ossida, ma proprio perché è ricoperto da uno strato sottilissimo di ossidi di cromo e nichel che impediscono un’ulteriore corrosione dello strato metallico sottostante.
La stessa azione protettiva possono svolgere alcuni sali, presenti nell’acqua o formatisi in seguito alla corrosione, i quali si depositano sulle superfici del metallo formando uno strato impermeabile (additivi anticorrosivi). Infine un’azione protettiva analoga viene svolta da speciali composti organici (o inorganici) definiti inibitori di corrosione. Se non intervengono gli effetti di polarizzazione visti in precedenza, la corrosione prosegue fino a distruggere completamente il metallo.
Le maggiori cause che alimentano la corrosione sono:
Se si potessero annullare definiticamente tutte le cause di corrosione del ferro a bassa temperatura, la corrosione della caldaia avverrebbe ugualmente per il fatto che il deposito di Fe(OH)2, prodotto dalla corrosione, non resisterebbe alle alte velocità dell’acqua nei tubi. In realtàalle In realtà, alle temperature di esercizio delle caldaie, si verificano altri fenomeni di protezione del ferro. Infatti, nel campo di temperature comprese fra 200°C e 570°C, avvengono delle reazioni di trasformazione dell’idrato ferroso in magnetite (Fe3O4).
- infragilimento da idrogeno, dovuto agli ioni H+ che, diffondendo in seno al metallo, provocano la decarburazione della perlite secondo la reazione Fe3C + 2H2 = 3Fe + CH4. Il metallo rimane infragilito e, se il processo di decarburazione arriva ai limiti estremi, si verifica lo scoppio del tubo senza una deformazione plastica che ne denunci il cedimento
- corrosione sotto scaglia, che ha la stessa origine dell’infragilimento da idrogeno, ma è un processo di corrosione topico che procede con velocità maggiore. Il tubo indebolito si deforma plasticamente nella zona interessata, formando un rigonfiamento che precede lo scoppio.
La varietà dei fattori che intervengono nei processi di corrosione rende tale fenomeno assai spesso complicato, per cui risulta difficile l’indagine e l’analisi.
Si possono comunque dare delle norme pratiche, seguendo le quali si possono gestire gli impianti con una certa tranquillità.
Queste norme sono le seguenti:
La formazione di idrogeno si manifesta fino a quando viene raggiunto un determinato equilibrio (dipendente dalla temperatura) tra ferro, idrogeno e magnetite. La formazione di uno strato compatto e omogeneo di magnetite nel ferro reattivo porta la reazione sopra menzionata ad un equilibrio stabile, in assenza di elementi chimico-fisici perturbatori. E’ quindi fondamentale che la superficie interna delle tubazioni durante l’esercizio sia ricoperta da uno strato omogeneo e compatto di magnetite. Per temperature superiori a 570°C l’unico ossido di ferro stabile è l’ossido ferroso FeO, che però ha un’azione protettiva poco efficace poiché è di natura polverulenta ed è quindi facilmente asportabile.
Diversi meccanismi possono generare una fratturazione della pellicola degli ossidi, i principali sono:
colpi di fiamma (flame impingement).Un’instabilità delle fiamme può provocare surriscaldamenti localizzati dei tubi. Anche in questo caso si verifica il distacco di scaglia ed aumenta il tasso di reazione metallo-acqua, con passivazione anormale.
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